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Autore: p a n d o r a    05/10/2012    1 recensioni
Salve, mi chiamo Naminé Tnetsixeton, ho sedici anni, i miei genitori e la mia matrigna sono morti e io, bhè, vivo in un collegio-riformatorio. Come ci sono finita? Lunga storia. Il succo è che ho praticamente accusato il sindaco della mia ex città di avere potere magici con i quali ha ucciso i miei genitori. Sono pazza, eh?
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naminè, Roxas, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La tua bellezza effimera ti rende dannatamente bello.
Cap. 3 - Una macchina fotografica e un nastrino rosso.
 
Quella mattina mi svegliai molto presto, non so come mai ma avevo una sensazione positiva della giornata. Mi alzai e mi guardai allo specchio, dopodiché presi la mia macchina fotografica e mi feci una foto. Sembravo uno zombie vivente. Mi presi le punte dei capelli tra l’indice e il medio della mano sinistra sfiorandomele appena con la destra e presi una decisione.

“Mi voglio tagliare i capelli.”

Kairi sobbalzò dal letto.

“Cooooosaaa?!?!? Ma cosa ti viene in mente?”

In un momento si ritrovò dietro di me con i miei capelli in mano ad esaminare le mie punte e tutto questo mi dava leggermente fastidio, così le diedi un leggero schiaffo sulle mani. Non mi piaceva essere toccata, non dopo il mio passato. Sotto il suo sguardo stupito presi i vestiti nell’armadio e mi rifugiai nel bagno a cambiarmi, dopo esserne uscita mi diressi direttamente verso la mensa per fare colazione. Arrivata a destinazione mi misi in fila con il mio vassoio in mano, ma non sapevo che cosa mi aspettava. Infatti, non me ne ero resa ancora conto, però davanti a me c’era Xion con le sue amiche oche che, non appena mi riempirono il vassoio, me lo rovesciarono addosso.

“Oh, scusa. Che sbadata, pensavo fossi il secchio dell’immondizia! Aspetta, prendi anche questo già che ci sei.”

Detto questo mi rovesciò in testa anche il suo frullato al cioccolato. Che nervi, la volevo uccidere con le mie mani.

“Senti mi spieghi che problema hai?”

Stavo.. Urlando? Forse i nervi mi avevano portato all’esasperazione e non ce la facevo più a tenere tutto dentro.  Lei mi guardava stupita delle mie parole.

“Come scusa?”

“Ho detto di spiegarmi che problema hai con me! Non ti ho fatto mai niente! Però da quando sono arrivata mi tratti male, mi critichi, mi giudichi – Accompagnavo l’elenco dei dispetti contandoli sulle mani -  Mi butti la colazione addosso, cosa ti ho fatto?”

Lei era decisamente in difficoltà. C’erano circa quattrocento occhi, di nuovo, a fissarci, ma ormai ci avevo fatto l’abitudine perciò non me ne importava più di tanto. All’improvviso però Xion si rimise in carreggiata.

“Ti piace essere al centro dei riflettori, vero?”

Io la guardai stupefatta.

“Come scusa?”

“Non fare finta di non capire. E’ tutta la settimana che ti fai notare. Prima con il nuovo arrivato, ora mi fai la ramanzina, cosa c’è ti mancano i vecchi tempi?”

Alle parole “vecchi tempi” mi senti il cuore dilatarsi con forza, molta forza, in due pezzi separati. Non riuscii a proferire parola, ma a quella vipera sembrava non bastare.

“Cosa c’è? Fai finta di niente ? Come se tutti non sapessero il motivo per il quale sei qui! Ti è piaciuto uccidere i tuoi genitori?”

Stronza. Aveva toccato il mio punto più debole. Mi sentivo come nuda davanti a tutti benché avessi due maglie e un felpone. Volevo morire, sprofondare, scomparire. Desideravo con tutta me stessa avere poteri magici in quel momento. Poi, il disastro, scoppiai in lacrime davanti a tutti gli studenti che mi guardavano stupefatti, e corsi via.
Corsi a lungo senza una metà, quando all’improvviso vidi il bagno, mi ci infilai dentro e piansi tutte le lacrime che un essere umano può piangere. Mi sentivo male, accaldata, spezzata, come se qualcuno mi avesse appena pugnalato e stessi perdendo litri e litri di sangue. Mi ero ripromessa che non avrei più pianto, non l’avrei più fatto. E dovevo mantenere quella promessa. Cercai di asciugarmi le lacrime, mi alzai e mi guardai allo specchio.

“Ma quale giornata positiva? Questa giornata fa schifo.”

Parlavo da sola, non c’era nessuno in bagno, ma anche se ci fosse stato qualcuno non mi sarei potuta umiliare più di tanto. Presi la mia borsa e la poggiai sul recipiente del sapone, mi tolsi la felpa ormai solo da lavare e mi sciacquai il viso, dopodiché presi una forbice da dentro la borsa e iniziai a tagliare quelle stupide ciocche di capelli biondi. Me li tagliai corti fino all’altezza del mento e, una volta posata la forbice e sistemata l’acconciatura, mi ripassai la matita nera intorno agli occhi. In quel momento entrò Kairi in bagno, che non appena mi vide finse uno svenimento.

“Cosa hai fatto?”

“Oh questi? – dissi indicando i capelli nel lavandino – Mi davano fastidio.”

“M-Ma fastidio un corno! Come hai potuto fare una cosa del genere?!?!?”

Aveva le lacrime agli occhi vedendo i miei capelli sparsi qua e là intorno alla mia postazione.

“Basta, voglio essere una nuova Naminé!”

Dissi con il sorriso sulle labbra. Lei mi guardava disperata con le mie ciocche tagliate in mano.

“Ma non c’era motivo di fare… QUESTO!”

Si destreggiava con i miei capelli privi di vita. Io la ignorai completamente e uscii dal bagno convinta di quello che stavo per fare.

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Nel frattempo che io ero in bagno, alla mensa era tornata la tranquillità fra tutti, o dovrei dire quasi tutti.

“Non ti sembra di aver esagerato?”

Axel era in piedi davanti a Xion con le braccia conserte mentre quest’ultima faceva segno alle sue amiche di allontanarsi.

“Cosa c’è? Sei in pensiero per la tua sorellina adorata? – fece la voce da bambina – Pft. Mi fai pena. E pensare che ha ucciso i tuoi genitori.”

A quelle parole il rosso blocco la vipera vicino al muro portandole una mano alla gola.

“Non dire mai più una cosa del genere!”

Lei, mentre cercava di liberarsi, cercava di indicare verso il polso di Axel, ma non fece in tempo che una scossa oltrepasso interamente il corpo del ragazzo.

“Non ti scaldare troppo, topo rosso!”

Lui sussurrò un “dannazione” mentre a velocità flash arrivai io chiamando a gran voce Xion che si era girata e stava per andarsene. Quando fui quasi vicino a lei e lei stava dicendo le parole “Chi si rivede!” nessuno mi trattenne dal sferrarle un pugno in pieno volto. Mi massaggiai le nocche delle dita e prima di voltare i tacchi e andarmene dissi qualcosa che nemmeno io mi aspettavo.

“Se ho davvero ucciso i miei genitori, non mi farò scrupoli a farlo con te.”

Dopodiché me ne andai lasciando una Xion spaventata a terra e una marea di gente a guardarmi. Mi diressi verso il mio posticino al di fuori del collegio. Non era un granché, semplicemente era un albero un po’ ricurvo dove mi piaceva sedermi. Arrivai lì e tirai fuori dalla borsa la mia macchina fotografica. Buttai il resto delle cose a terra e rimasi solo con il mio tesoro in mano. Ero immersa nel mio mondo di pensieri quando sentii una voce dietro le mie spalle.

“Perché ti sei tagliata i capelli?”

Sobbalzai voltandomi di scatto. Era Roxas che mi guardava incuriosito.

“Non sono fatti tuoi!”

Mi voltai di nuovo verso la mia macchina fotografica.

“Bhè, sei molto carina così.”

Io avvampai all’istante. Ma cosa voleva lui da me? Non mi sembrava di aver fatto niente neppure a lui, ma a quanto pare mi aveva preso in simpatia.

“Tieni.”

Da dietro la mia schiena apparse un nastrino rosso che poi lui mi legò attentamente tra i capelli. Io sempre più rossa mi scansai non appena lui ebbe finito di fare l’ultimo nodo.

“M-Ma cosa fai? Chi te la da tutta questa confidenza?”

Lui si mise semplicemente a ridere mentre io cercavo di scendere dall’albero, ma lui mi bloccò per un polso facendomi sobbalzare al tocco della sua pelle sulla mia. Era liscia e morbida. Infine l’altra sua mano prese la mia macchina, la allontanò da noi e ci scattò una foto. Una foto che io avrei bruciato non appena avrei sviluppato il rullino. Io ferma immobile con un nastrino rosso tra i capelli messo a mo’ di cerchietto e completamente rossa in viso e lui che mi dava un bacio sulla guancia. Quel tizio mi dava i nervi.
  
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