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Autore: p a n d o r a    03/10/2012    1 recensioni
Salve, mi chiamo Naminé Tnetsixeton, ho sedici anni, i miei genitori e la mia matrigna sono morti e io, bhè, vivo in un collegio-riformatorio. Come ci sono finita? Lunga storia. Il succo è che ho praticamente accusato il sindaco della mia ex città di avere potere magici con i quali ha ucciso i miei genitori. Sono pazza, eh?
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naminè, Roxas, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La tua bellezza effimera ti rende dannatamente bello.
Cap. 2 - Odore di pioggia e succo d’arancia.

 
“Rette Mich!”
 
Circa quattrocento occhi puntati su di me compresi i suoi. Mi guardavano con uno sguardo misto tra lo stupito e l’incredulo. All’inizio non mi ero resa conto della situazione, ma dopo un paio di minuti ferma immobile a fissarlo, la mia compagna di stanza, che era improvvisamente riapparsa, mi fece notare in che guaio mi ero cacciata. Ero con i piedi sulla sedia leggermente china in avanti con una mano tesa verso quel misterioso ragazzo e con gli occhi pieni di disperazione.  Io diventai rossa in volto all’istante, e feci per scendere, quando mi accorsi che il biondino aveva abbassato lo sguardo e sorriso.
 
“Ich kann nicht.”
 
Disse infine, per poi andarsene nella sala d’accoglienza. “Non posso.” Allora aveva capito cosa avevo detto? Parlava anche lui tedesco? Ma in quel momento questo non era importante. Tenevo lo sguardo fisso nel vuoto mentre pensavo a cosa mi avesse spinto a gridargli quelle parole.. Insomma, nemmeno lo conoscevo. Quando mi sentii dare delle lievi gomitate da Kairi, la mia compagna di stanza. 
 
“Nami, Nami! La Medford ti sta chiamando! Nami? Ci sei?” 
 
Fu come una secchiata di acqua gelida che mi riportò alla realtà.
 
“Signorina Xeton - La Medford era ferma davanti a me - Vsito che mi è sembrata molto in confidenza con il nuovo arrivato, credo che non le dispiacerà portarlo a fare un giro del nostro istituto.”
 
Tossicchiai mormorando qualcosa del tipo “Carcere” e tutti si misero a ridere, ma la professoressa non depistò la sua cattiveria. Rassegnata, mi alzai e mi diressi verso l’aula accoglienza dove, stranamente, non trovai nessun altro oltre alla guardia.
 
“Poffer! - Era il nome che io gli avevo affibbiato - Dov’è il ragazzo biondo che è entrato circa cinque minuti fa?” 
 
La guardia mi guardò impotente.
 
“Non lo so. Defe essersi affiato ferso i dormitori. Te lo hanno affibbiato?”
 
Il suo accendo leggermente misto tra il russo e il tedesco mi fece scappare una risata. 
 
“Si, purtroppo. Vado cercarlo.”
 
Salutai con un cenno di mano Adolf - si chiamava così in realtà - e mi avviai verso i dormitori. Lo cercai in lungo e in largo mentre i corridoi iniziavano a riempirsi di studenti che tornavano nelle proprie stanze prima dell’inizio delle lezioni pomeridiane. Io le avrei saltate comunque, anche se non avrei trovato il biondino. Il problema è che non mi ricordavo nemmeno il suo nome, visto che, invece di ascoltare la Medford che lo presentava, ero stata troppo occupata a ascoltare la mia mente lodare il suo bell’aspetto. “Ma sentitemi! Sono veramente pazza!” questi erano i miei pensieri mentre aprivo la porta della mia stanza rassegnata a non trovare più quella dannata matricola. “Sono una pazza che se ne va in giro a piede libero e che… Ha trovato il biondino!” Sgranai gli occhi nel vedere quell’individuo sdraiato sul mio letto mentre ascoltava la canzone che avevo lasciato a metà prima che iniziasse l’assemblea. 
 
“Tu? Cosa ci fai nei dormitori femminili? E soprattutto nella mia stanza!”
 
Lui sobbalzò nel sentire la mia voce, dopodiché si alzò sui gomiti continuando a rimanere sdraiato e mi fissò per qualche minuto prima di aprire bocca. 
 
“Bhè, voi mi avete espressamente posto la richiesta di salvarti davanti a un vasto pubblico, erro per caso?”
 
Io avvampai ripensando alla figura che avevo fatto davanti a tutti. Come si permetteva di venire nella mia stanza e di prendermi in giro così? Con quel tono altezzoso poi. Non lo risposi, perciò lui riprese parola.
 
“Per vostra fortuna il tedesco è una lingua alquanto nobile e poco conosciuta.”
 
In un attimo si era alzato dal letto e era accanto alla mia mensola piena di libri e.. li stava sfogliando?!??! Feci uno scatto da fare invidia a Schumacher e gli strappai da mano tutti i libri con fare irritato.
 
“Okay, puoi darmi del tu, ma non puoi prenderti la confidenza di metterti a sbirciare tra le mie cose!”
 
Lui mi ignorò completamente e già stava per aprire il mio armadio, ma un mio schiaffo sulle mani lo fece indietreggiare e sedere sul letto. 
 
“Dove l’hai imparato?”
 
“Non sono fatti tuoi.”
 
Lo risposi seccamente, duramente. Avevo assunto un tono antipatico, ma non mi piaceva parlare del mio passato. Mi metteva un’incredibile angoscia. Sistemai i libri uno ad uno in ordine alfabetico e poi mi avvicinai alla porta della stanza aprendola.
 
“E ora, mi potresti fare il favore di uscire.”
 
Lui sembrò comprendere e senza proferire parola si avviò verso la porta. Ma quando arrivò sulla soglia si arrestò per poi sussurrare delle parole che capii a fatica, ma che sembravano essere.
 
“Ich werde dich retten.” 
 
Richiusi la porta dietro di me e passai il pomeriggio a studiare. Verso le 06:00 pm mi venne voglia di leggere un libro. L’unico pregio di quell’ “istituto” era che vantava di un’immensa biblioteca, in cui io mi andavo a rifugiare ogni volta che ne avevo bisogno.
 
Camminai a passo veloce tra le immense colonne piene zeppe di libri di vario genere, fin quando arrivai al settore Thriller, amavo quel genere.  Presi un libro a caso dalla valanga che era esposta e poi me ne andai nel mio posto segreto. Mentre mi avviavo verso la mia metà mi fermai davanti al mini frigo e presi un bicchiere di succo d’arancia. Il mio preferito.
Dopodiché andai verso una libreria più bassa rispetto alle altre e che faceva da scaletta ha un davanzale di una finestra, senza vetri (tanto per cambiare), con una griglia di  ferro.  Mi accomodai con il bicchiere di succo in una mano e il libro nell’altra. Mi accorsi che stava iniziando a piovere. Adoravo l’odore che precedeva un bel acquazzone. E all’improvviso mi venne in mente l’odore che aveva il biondino quando era passato vicino a me, prima di uscire dalla mia stanza e dirmi “Ti salverò.” Salvarmi? Come? Mi salverai davvero principe che odora di pioggia e succo d’arancia? E da cosa?
  
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