Storie originali > Romantico
Segui la storia  |      
Autore: xwannabewriter    06/10/2012    5 recensioni
Gwen, 17 anni, Londra. Una sera va ad una festa d'epoca organizzata dalla sua migliore amica Marie.
Incontra Dale, un misterioso ragazzo dagli occhi eterei.
Non sapeva che la sua vita sarebbe cambiata, dopo quel momento.
Ne' che le sue domeniche speciali con mamma e zia Liseth sarebbero state stravolte.
O che i calzoni rossi non andassero più di moda.
Dal primo capitolo:
“Sai, quel tipo mi da delle strane sensazioni. Questa notte l’ho sognato, eravamo insieme in una stanza bianca e io non riuscivo a vedermi, ero come invisibile anche ai miei occhi. Vedevo solo lui, camminava avanti e indietro e continuava a dire cose senza senso. [...] I suoi occhi erano diventati viola e cupi."
“Ti capisco.”
Rimanemmo in silenzio per un po’, poi ci abbracciammo. “Scusa se certe volte sono una rompi scatole.. ma devi ammettere che i miei capelli sono sempre molto glamourosi!”
“E va bene, lo ammetto. E’ sempre stata una cosa che desideravo dirti, ma non ci sono mai glamour-riuscita..”
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Sovrannaturale
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo uno.
 
 
Mr-occhi-strafighi
 
 
La casa era inondata da un intenso aroma di pasticcini al limone. Il che era del tutto prevedibile.
Infondo era domenica.
Sin da piccola aspettavo la fine della settimana per questo giorno, il nostro piccolo grande giorno speciale. Io, mamma e zia Liseth resettavamo tutte le fatiche dei sei giorni appena trascorsi e ci divertivamo insieme. Sistemavamo il disordine cantando a squarciagola le canzoni dei Beatles (prediligevamo Hey Jude, “canzone davvero forte!” secondo la mamma). Mentre zia Liseth sfornava i suoi dolcetti al limone, io e mamma facevamo le lavatrici, spolveravamo, lavavamo i pavimenti.. insomma, le solite cose. Pranzavamo sedute sul tappeto a macchie colorate del salotto (ok, ammetto che prima della mia genialata di dipingere sul pavimento quel tappeto non era a macchie, ma andiamo! Avevo si e no sette anni!) e passavamo il pomeriggio ad inventare giochi vari. Una di noi, a turno di domenica in domenica, poteva decidere qualcosa da far fare alle altre.
Mamma un giorno aveva deciso che dovevamo ridipingere la sua camera di azzurrino tenue. Ci mettemmo molto tempo, e alla fine dell’opera la mia gonna a pois verdi e gialli era completamente zuppa di colore che grondava dalle cuciture, facendo sembrare le mie gambe parecchio simili a quelle dei Puffi. Ma tralasciamo, infondo oggi era la nostra domenica: party all day and all night, giusto?!
Sin da piccola mamma si era sempre sentita in colpa per avermi letteralmente presa da casa e avermi portata a vivere assieme a lei e a zia Liseth qui, a Londra. Ma del resto anch’io se avessi scoperto che mio marito aveva una relazione sentimentale con la nuova impiegata dell’ufficio di forniture per supermercati avrei fatto lo stesso. Nonostante la mia comprensione, mamma si era sempre sentita colpevole per qualcosa che in realtà non aveva deciso lei.
Ed è così che l’idea della domenica speciale era nata, un po’ per “sdebitarsi” e un po’ per sentirsi una brava mamma.
Scesi le scale di soppiatto, il pavimento a macchie aveva tutta l’aria di essere contento quella mattina.
O forse era la luce dal sole che, intorpidita, ci si stiracchiava sopra.
In cucina c’era zia Liseth che farneticava qualcosa alla mamma, colsi solo le parole “Maledetto – Sonno –Dimenticato-Zucchero” Mmmh. Forse niente dolcetti al limone quella mattina.
Mamma si accorse della mia presenza per prima “Buongiorno amore!” disse chiudendo l’ultimo numero di Vogue e dandomi un bacio sulla guancia, che sapeva di caffè e cioccolata.
“Ehi..” dissi ancora mezza assonnata io.
“Purtroppo per questa mattina non potrai mangiare i dolcetti al limone, ho dimenticato.. oh! Come zenzero è potuto accadere!”
“Non preoccuparti, zia Liseth.” La rassicurai “Infondo posso vivere anche senza dolcetti, per una mattinata.”
Sembrò essersi offesa. Evidentemente il fatto di essere assonnata non giocava in modo favorevole a entrambe.
Mamma capì e fece un gesto come per dire ‘lasciala in pace per un attimo, non l’ha fatto a posta Liseth!’.
Mangiai una fetta biscottata con marmellata di mirtilli e bevvi un bicchiere di spremuta d’arancio con un pizzico di zucchero.
“Allora com’è andata la festa?”
Oh. La festa. Quella festa.
Marie ed io eravamo migliori amiche dalla prima media. Lei mi passava i compiti di storia e letteratura, mentre io mi limitavo a tentare di insegnarle qualcosa di matematica. Era una con la testa tra le nuvole, sempre allegra e sorridente con una grande passione per il mistero e i costumi d’epoca. Che errore madornale dirle che sarebbe stata una genialata fare un party a tema!
“Oddio! Hai completamente ragione, facciamo questo sabato! Oddio.. di sicuro mi vestirò da Maria Antonietta, i suoi vestiti erano così glamour! Il settecento fu il mio periodo preferito, non trovi anche tu che i suoi costumi fossero spettacolari, Gwen?”
Evitai accuratamente di sottolineare il fatto che la parola glamour non fosse molto in voga in quel periodo. Mi limitai ad assentire con il capo.
“Inviterò tutta la classe, e anche il tipo dagli occhi di ghiaccio che abbiamo visto l’altro giorno al parco! Devo informarmi su dove si possano trovare i costumi, scriverò il posto nel biglietto d’invito! Oh! Mi è venuta un’altra idea.. che ne dici di noleggiare quella grande palestra inutilizzata a fine dell’isolato? Potremmo ridipingerla e fare lì il ricevim.. ehm, la festa! Scusa, sto viaggiando con la fantasia! Aw, sarà una cosa davvero glamour! Dici che verranno tutti? Metteremo della musica dell’epoca, balleremo il minuetto, il valzer e naturalmente alterneremo con Rihanna, Lady GaGa, Nicki Minaj, Madonna.. si insomma, la classica musica da discoteca! E potrei sfilarmi il vestito da Maria Antonietta e avere sotto un costume fucsia fosforescente, proprio all’inizio dei brani della nostra epoca! Farei un figurone, il tipo dagli occhi di ghiaccio rimarrà a bocca aperta! Che ne dici, Gwen? Eh, che ne dici? No perché sai, ho bisogno del tuo par..”
Ecco, se proprio devo trovare un piccolo, insignificante e per niente irritante difetto a Marie era questo. Sapete a cosa mi sto riferendo. Aveva una parlantina innata, una volta che iniziava non la finiva più.
E fidatevi, se dico più significa proprio più.
Era andata avanti per delle ore, una volta, a parlarmi di quanto il ragazzo dai riccioli d’oro (ex cotta, presumibilmente finita grazie al tipo dagli occhi di ghiaccio sovracitato.)  e dal fatto che, secondo lei, anche lui avesse una cotta per lei.
Era addirittura andata da un tipo che analizzava i comportamenti delle persone e ne deduceva ciò che pensavano, le aveva raccontato del fatto che durante il compito di storia la guardasse con sguardo supplichevole e di come in palestra le guardasse il fondo schiena. Anche in quell’occasione, evitai di spiegarle che forse, e dico proprio fooorse, avesse frainteso i comportamenti del bel riccioluto.
Quella sera mi ero vestita da Sissi, sotto consiglio della mia brillante migliore amica.
Avevo noleggiato il vestito nel negozio all’angolo, il tizio diceva che era comodo e che sebbene le dimensioni era morbido e camminare era facile. Fu forse questo a convincermi, ma feci di sicuro la cosa più folle della mia vita.
Rimasi in piedi per tre ore e mezza, a tentare di ballare in uno spazio minuscolo con la musica a palla, il bustino che mi rendeva impossibile anche solo respirare normalmente senza emettere uno strano suono simile al rombo di un motore e con quella fottutissima, enorme gonna color zaffiro che, neanche a dirlo, per sedermi avrei dovuto usare un carro attrezzi!
Nel frattempo Marie e il tizio ehi-ho-degli-occhi-strepitosi si sbaciucchiavano tranquillamente e Gordon continuava a guardarmi la scollatura. Se non fossi stata così ingombrata da tutto quel pizzo gli avrei tirato un ceffone che lo avrebbero potuto prendere come sostituto di Patrick in Spongebob da quanto rincoglionito e rosso lo avrei fatto diventare!
Mh, direi che come festa era stata sensazionale, già. Se non altro il punch (che in realtà era vodka con qualche altro strano e misterioso ingrediente)  era passabile. Anche se dopo un sorso ti ubriacavi totalmente.
Come dicevo, la mia amica Marie aveva passato tutta la serata tra le braccia del suo amato. Il signor occhi di ghiaccio si era presentato con un costume da Rivoluzionario dell’Ottocento, parrucca bianca, calzoni bianchi e una giacca in velluto verde. Non l’avevo ancora perdonata per non essersi minimamente accorta del mio essere in bilico tra una crisi isterica e l’andarmene via sbattendo la porta così forte da far saltare in aria la casa. Diceva che sarebbe rimasta con me, ma è stata senza dubbio una velleità.
Anche il numero con il costume giallo fosforescente (“Com’è possibile che non ne abbiate uno fucsia?!”, aveva gridato Marie mercoledì pomeriggio alla commessa del negozio a noleggio) era andato benissimo. I capelli biondi e vellutati di Marie risplendevano con le luci al neon che gli addetti avevano iniziato a sparare dal soffitto. E c’era chi ancora diceva che non sono i soldi che fanno la felicità!
Anche io avrei voluto organizzare una festa così, peccato che non ne avessi la possibilità.
Ma non tutto è concesso, del resto. Il party finì alle 03:00 di notte circa, ma ero talmente sbronza che non mi ricordavo minimamente come fossi riuscita a tornare a casa intatta. Forse mi aveva portato a casa Gordon, quel maniaco. Se non altro ricordo che era arrivato alla festa con un’auto rossa fiammante. Chissà com’erano comodi i sedili in pelle nera.
“E allora, tesoro? Com’è andata?” Mamma mi guardava storta. Si era forse accorta dei miei postumi da sbornia? Mmh. Poteva anche essere.
“Bene, è andato tutto a meraviglia.. molto glamour per usare un vocabolo di Marie.”
“Quella ragazza non finirà mai di sorprendermi” anche zia Liseth, che nel frattempo aveva infornato i dolcetti al limone, prese parte alla conversazione “chissà cosa farà al suo diciassettesimo compleanno!”
“Già” dissi con finta incuranza io “ma infondo compiremo entrambe gli anni tra parecchi mesi, la sua festa è stata poche settimane fa.”
“Anche la tua!” mi disse mamma pimpante. Ceeerto. Se quella era stata una festa, allora si poteva benissimo affermare che Mr Smith mettesse tanti 4 solo perché gli piaceva il numero.
“Già.. un’esperienza memorabile..” In quell’istante sentii lo scalpitante bisogno di rimettere.
Mi alzai con una mano davanti alla bocca e corsi su per le scale.
“Si è presa una sbronza, povera stella..” sentii dire da zia Liseth. Mamma sbuffò.
Quando ebbi finito mi guardai allo specchio. Le pesanti occhiaie violacee facevano a pugni con il mio incarnato chiarissimo. Mi acconciai i capelli in uno strambo chignon sfatto e misi un po’ di mascara, giusto per ingannare il fatto che in realtà fossi brutta, stanca e avessi i sintomi post sbronza.
Increspai le labbra al pensiero della madre di Marie, che di sicuro avrebbe pensato subito al peggio e mi avrebbe portata nel reparto di oncologia più vicino casa.
“Oggi è la nostra domenica speciale!” disse zia Liseth scalpitante, quando mi vide arrivare nel salotto.
“Che si fa?” chiesi accovacciandomi come un gattino nella poltrona rossa di zio Herl.
“Avevo pensato a qualche gioco da tavola, ma non sono del tutto convinta che questa sia una buona idea.”
“Potremmo fare un giro in bici per le bancarelle, sai Christina, quelle appena più avanti della farmacia.”
“Ottima idea!” disse mamma.
 
L’aria fresca che mi riempiva i polmoni era il massimo. Amavo stare fuori casa, specialmente se ero in sella alla mia sfatta bicicletta vinta durante una partita di briscola di zia Liseth. L’avevo soprannominata Ivy per via del “4” che aveva dipinto sulla sella.
Amavo anche sfracellarmi i muscoli delle gambe, sentire il dolore che pervadeva il mio corpo ma il fatto che io non lo ascoltassi e che continuassi a salire anche le salite con la quarta di marcia.
Ero semplicemente fatta così. Nulla di più, nulla di meno.
Arrivate alle bancarelle dovemmo mettere i nostri mezzi a due ruote da parte, incamminandoci fitte fitte tra la folla.
“Hai fame, Gwen?”
“No no.”
“Ok.”
Il parlottare delle signore che ci passavano vicine e il fatto che il pescivendolo continuasse a sbraitare “Pesce frescooo! Ricciola a sole quindici sterline al chiiiiiilo!” non aiutava a placare il mio mal di testa.
Ma te la do io la ricciola in testa, razza di essere privo di un minimo di rispetto per le sedicenni con i postumi della sbornia. La mia testa era in continuo tumulto, era come se cercasse di farmi ricordare cosa fosse successo la sera prima dopo il mio bicchierino di troppo. Oddio, e se avevo fatto saltare in aria per davvero la casa di Marie?!
“Mamma, faccio un giro.” Mi affrettai a dire
“D’accordo tesoro, ma torna a casa per le 16:00! C’è la nostra partita a briscola, zia Liseth questa volta mette in palio un vecchio disco dei Beatles!”
“Certo.”
Mi diressi verso le biciclette, presi la mia e la montai.
Appena fuori dal caos delle bancarelle, notai un tipo che mi sembrava di avere già visto.
Strabuzzai meglio gli occhi. Si! Era mister pallone gonfiato-ho gli occhi più belli che tu abbia mia visto!
Mi salutò con un cenno del capo. Io non lo degnai di uno sguardo, mi stava tremendamente sui suddetti.
“Ehi, aspetta!”
Che? Il tizio voleva che io, io, lo aspettassi? E per cosa? Doveva accontentarsi di Marie, non sarei stata un’altra delle sue ammiratrici. Che poi quegli occhi non erano nulla di sensazionale, infondo…
In onore della buona educazione, mi voltai raggiante e mi fermai.
“Ehi, ciao! Scusa non ti avevo visto, ora devo andare, ciao!” Stavo per rimettermi a pedalare, ma lui mi bloccò.
“Si puo’ sapere che diamine vuoi!?”
“Devo parlarti. Seriamente.”
Oddio. Lo sapevo, lo sapevo di aver combinato qualcosa di grave! Oddio, e ora dov’erano andati ad abitare Marie e i suoi? Non mi sarei mai perdonata di averli fatto saltare in aria la casa.. e Fierb? Sono riusciti a salvare quell’adorabile cagnolino?
Ripetei circa la stessa cosa anche a lui, che mi guardò con aria come per dire ‘che droghe usa questa?!’
“E allora che diavolo gatto vuoi da me?”
“Te l’ho detto, devo parlarti in privato. E no, non è successo niente a Marie, né a Fers o come cavolo si chiami il suo gatto.”
“Il suo cane.” Lo corressi io “Il suo cane, e si chiama Fierb.”
“Eh?”
“Lascia perdere.” Bofonchiai io, guardando con interesse una pellicina sul mio polpastrello.
Dopo qualche istante di silenzio, entrambi prendemmo la parola.
“Io..” dicemmo contemporaneamente. Lasciai parlare lui, che nemmeno sapevo come si chiamasse.
Marie l’aveva conosciuto un pomeriggio al parco, sapevo solo questo.
“Avevi un bel costume ieri sera.”
“Non provare nemmeno a flirtare con me, razza di pallone gonfiato! Dimmi immediatamente che cosa vuoi da me e poi vedi di posare i tuoi begli occhi su qualcun altro.”
“Stavo solo cercando di iniziare in modo civile una conversazione.. Ti va una passeggiata?”
“Se mi racconti che è successo, si.”
Schioccò la lingua, e insieme ci avviammo per Kringston’s Park.
Dopo qualche metro in totale silenzio, decisi ad avviare la conversazione.
“Allora, di che dovevi parlarmi?” chiesi frettolosamente, avevo in mente di fare un salto da Marie.
“Non so neanche il tuo nome, prima di tutto dovremmo presentarci.”
Sbuffai.
Ok, forse era più simile a un grugnito.
Finezza a parte, risposi “Mi chiamo Gwen.”
“E non mi chiedi come mi chiamo io?”
“Mh, dovrebbe interessarmi?” lo sbruffone non rispose. “.. E va bene! Come ti chiami?”
“Dale.”
“.. Nome parecchio, ehm, uhm, poetico..”
“Grazie.”
“Allora, ora che le presentazioni sono state fatte potresti anche deciderti di parlarmi.”
“Devi promettere che non ti spaventerai, che non urlerai o che non ti darai a gambe levate.”
Feci un passo indietro. Quel tipo era già abbastanza inquietante senza che ci mettesse troppo impegno con frasi come questa.
“Ok. Lo prometto.”
“Forse non te ne ricorderai, ma ieri sera mi hai detto una frase che mi ha fatto riflettere. Molto. Devi sapere che cercavo quella frase da anni e anni, ma non l’avevo ancora sentita. E’ stata un’illuminazione. Finalmente ti ho trovata.”
“Ma che cavolo ti sei bevuto? Io ieri sera ero sbronza, totalmente ubriaca e non mi è ancora passato il gran mal di testa che ho da questa mattina. Hai sbagliato persona, la frase con maggior successo che avrei potuto dire sarebbe stata del tipo dammi un p-passaggio.. sono sbronz.. uh, pavimento si muov-e, chiaro?!”
Fece un sorrisino sbilenco mentre oltrepassavamo il ponticello del parco. Guardai l’ora, erano le 15:50. Dovevo tornare indietro. Con che razza di malato di mente avevo passeggiato?
“Ti sbagli. Prima di ubriacarti mi hai parlato, non capisco come tu non possa ricordartene.”
“Senti, non voglio sentire una parola di più! Vai a farti curare, ciao.”
Detto ciò tornai indietro in sella alla mia bici, prima alla velocità della luce, poi sempre più piano, quando mi sono resa conto che non mi stava seguendo.
“Eccoti!” Zia Liseth era in mezzo a miriadi di sciarpe e calzini a righe colorati.
“Si.. ehm, eccomi.” La Zia sembrava assorta da quella bancarella, aveva un debole per gli “accessori autunnali”, come li chiamava lei.
“Preferisci questi o quest’altri? Voglio fare un regalo a Violette.”
“Dubito che una signora del genere accetterebbe volentieri un paio di calzini per regalo, sia che fossero blu a righe bianche che viola a fiori blu.”
“Hai ragione cara! Andiamocene, prima che faccia qualche spesa avventata!”
“Mamma dov’è?”
“E’ già a casa, ci aspetta per la nostra partita a briscola. Te l’ho già detto che ho messo in palio un mio vecchio disco dei Beatles?”
“Si, me l’aveva già detto mamma."
“Bene allora, voglio proprio vedere se anche questa volta mi batterai, ma penso proprio di no! Ho un asso nella manica, sai.”
 
Mi immersi nell’acqua bollente. Com’era rilassante dopo una giornata come quella. Per non parlare della serata precedente, anche se ormai avevo superato il mal di testa.
Il pomeriggio giocando a briscola era passato veloce, e avevo vinto ancora. La cena era stata breve e piacevole, mamma stava sperimentando alcuni primi freddi norvegesi. Era in uno di quei suoi periodi particolari.
Più tardi mi aveva chiamato Marie.
“Ehi! Come stai Gwen?”
“Bene tutto sommato, senza calcolare il fatto che ieri sera non mi hai nemmeno calcolata, che ho un mal di testa atroce e che il tuo ragazzo mr-occhi-strafighi barra mi-chiamo-semplicemente-Dale oggi pomeriggio mi ha detto cose senza senso, dovrebbe fare una visita psichiatrica. No, prima che tu ti metta in testa strane idee, non ci ha provato con me. L’ho visto per caso e mi  ha detto che gli avevo detto una frase che lo aveva colpito, che erano anni che mi aspettava e cose del genere.. Sarà un fanatico di Satana. Staccati da quel tipo Marie, è per il tuo bene.”
Udii un sussulto dall’altra parte della cornetta. “Faccio quello che voglio, Tess. E comunque non ho proprio idea di che volesse dirti, a che frase si riferiva? Sembrava gentile e dolce ieri sera, tanto carino e dolce dolce dolce..”
“Certo, e scommetto che lo hai scoperto mentre lo baciavi perché, si sa, mentre ci si bacia si intrattiene anche conversazione. Bah! E comunque naturalmente non l’ho lasciato finire, me ne sono tornata a casa. Ho un mal di testa micidiale..”
“A casa?!” evidentemente il dirottamento della conversazione sul mio mal di testa non le fregava granché. “Si, a casa Marie! Dove vuoi che vada? A dormire sotto un ponte, con un cartone come materasso e la felpa che zio Herl usava quando andava a pulire le stalle come cuscino?”
“Potevi sentire a che frase si riferisse, magari non l’aveva mai sentita e ne è rimasto colpito.. Sai, è un tipo piuttosto singolare.”
“E’  un maniaco! E ti giuro che io ieri sera con lui non ho parlato, come avrei potuto con tutto quel pizzo che avevo addosso?” La nausea mi assalì al ricordo del costume di Sissi, altrimenti detto metodo rapido e veloce per morire asfissiati.
“Sarà, ma qualcosa non quadra.”
“E chiedilo al tuo..”
“Si, lo so, mr-occhi-strafighi barra mi-chiamo-semplicemente-Dale, giusto?”
“Si, ben detto!”
Una breve risata da parte di entrambe.
“A domani, buona notte e ricordati di portare la ricerca sull’anatomia a Mrs Yellow!”
“Certo, ciao sogni d’oro.”
Mi feci lo shampoo con il flacone nuovo che mamma aveva comprato a supermercato per 0,20 centesimi: un affare, secondo lei! Certo. Peccato che mi facesse i capelli più sciupati e secchi mai visti al mondo. Ma tralasciamo, almeno l’odore era buono.
Mi risciacquai e mi ci volle qualche minuto prima di rendermi conto che dovevo andarmene da quell’oasi d’acqua calda dalla quale svolazzavano bollicine.
Accesi il pc, zia Liseth diceva che non era salutare e che “quello schermo lampeggiante ti farà diventare stupida, vedrai!”. Mbah, pazienza.
Guardai la posta elettronica: 3 nuovi messaggi.
Il primo era da Marie, risaliva a quella mattina, più precisamente alle 5:26 di notte!
 
 
Da: marie.glamorous@spincet.com
Oggetto: GLAMOUR, GLAMOUR, GLAMOUUUUUUR!
 
Gweeeeeeen!
Si, lo so è notte fonda e tra poco ti alzerai con un mal di testa straziante, pronta per la tua “domenica speciale”, ma dovevo assolutamente informarti dei particolari della festa! Ho appena finito di struccarmi, l’ombretto color ciniglia è stata una genialata ma è davvero un’impresa riuscire a toglierlo senza sembrare di aver ricevuto due pugni negli occhi!
Comunque mi spiace di non essere stata molto con te, ma ho avuto da fare ed ero molto.. si, insomma, presa dal tizio.
Mi ha detto che si chiama Dale, sai? E mi sono anche accorta del modo in cui ti guardava, era piuttosto inquietante..
Ma tralasciamo! Di sicuro avevi qualcosa tra i denti o cose del genere, AHAHHHAHHHA! (Sto scherzando Gwenny, non lo direi mai seriamente.. LOL) E poi il mio costume da Maria Antonietta è stato perfetto!
Aww, è stata la festa più stupenda di tutti i tempi stupendamente glamour! Persino di più rispetto a quella del mio settimo compleanno, quando papà aveva portato dall’Africa quell’elefantino che ha spruzzato acqua dal recinto a tutti gli invitati!
Dale è stato gentilissimo.
Mi ha baciata!
BACIATA, BACIATA, BACIATAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!
Oddio, è stata la festa più bella di tutti i tempi!
Mi ha dato il suo numero! HO IL SUO NUMEROOO!
… Però non credo di chiamarlo, anche se vorrei tanto…
… Mmh, e se poi sembro appiccicosa? …
… E’ tutto così glamour…
OK. INIZIO AD AVERE SERIAMENTE SONNO, CIAO GWENNY A DOMANI, Xx.
 
La tua amica molto glamour,
Marie.
 

 
No, lei non aveva solo sonno: aveva bisogno di una bella seduta dallo psichiatra.
E la festa con gli elefantini è stata tutt’altro che piacevole, certo, escludendo la bronchite che mi era venuta fuori forse si potrebbe anche definire una festa passabile.
Le altre due e-mail contenevano pubblicità sull’i-phone e un qualche strano evento, “remember greidgzzj”. Approvai l’ipotesi che si trattasse di qualche festa patriottica russa, quel nome era davvero impronunciabile!
Risposi velocemente a Marie.
 
 
 
 
A: marie.glamorous@spincet.com
Oggetto: Keep calm, baby!
 
Come vedi ti rispondo anch’io con estremo ritardo, forse non te lo ricordi ma ci siamo parlate poco fa per telefono, ad ogni modo ci tenevo a mandarti un’e-mail di risposta.
1)       Dovresti bere un po’ di camomilla, e smettere di mettere quell’assurdo ombretto appiccicoso!
2)       Sono felice che la tua festa sia stata come volevi, il mio costume invece era una merda totale!
3)       Il tizio, Dale, dice di avermi parlato (ma di questo ti ho già parlato poco fa via telefono, icsdì.) E che ciò che gli avevo detto lo aveva colpito.
4)       Gli avrei volentieri dato motivo di pensare che lo avessi colpito, ma lanciare oggetti in luoghi pubblici non è decoroso!
5)       Abbiamo entrambe la mania di andare a letto tardi, TROPPO tardi. Sono quasi le tre di notte, non ti dico altro.
6)       Ho sonno.
7)       Zzzz… zzz…
8)       No, ok, sono ancora qui.
9)       Che altro aggiungere?
10)    Il tizio mi spaventa, STA ALLA LARGA DA LUI E DA QUELLA SUA BOCCACCIA!
11)    Ci vediamo domani a scuola, mia dolce Glamour Amica.
 
 
Con moooolto affetto,
Gwen.

 
 
Schioccai la lingua alla vista della mia breve e tozza e-mail. La inviai senza pensarci due volte e spensi il pc. Era stata una giornata piuttosto impegnativa. Avevo come l’impressione che il weekend finisse sempre troppo presto, lo volevo afferrare ma lui correva e correva e bum! Di colpo era già lunedì.
La mia uniforme scolastica era pronta a farmi sembrare un fungo gigante, con quell’orribile gonna a schiacci marroni e gialli e la camicia bianca con lo stemma della Treiston High School.
Mi buttai a capofitto nel letto,  lasciandomi cullare dal sonno.
 
“Ne sei sicura?”
“Si! Ha detto proprio così..” Lasciai intatto il polpettone che quell’odiosa rachitica ci aveva preparato per pranzo, in mensa.
“E’ un tipo particolare.” Marie gesticolava assorta tra i suoi pensieri. Per una volta, aggiungo io, non inseriva in ogni sua frase la parola glamour.
“Ha dei seri problemi psicologici.” Digrignai i denti, l’altro pomeriggio mi aveva fatto prendere un colpo!
E proprio mentre Marie mi diceva che avevo qualcosa incastonato tra i denti, ecco che spunta Allison conle sue schiave al capezzale!
Era dalla prima liceo che ci toccava sopportarla. Ogni giorno portava a scuola qualcosa di nuovo, dalla nuova borsa di Louis Vuitton alle scarpe Gucci, o il profumo di Armani!
Era ciò che si poteva definire con i peggiori termini possibili.
Era ricca, bella, desiderata e viziata! Snob, arrogante, presuntuosa..
Alla festa di Halloween si era vestita da strega cattiva e aveva “involontariamente” versato addosso a chi secondo lei aveva un costume più bello il punch! Naturalmente io non ero inclusa.
A dirla tutta non ero nemmeno andata alla festa, Marie invece era stata vittima di questo scherzetto.
Prima di conoscerla, Marie ed Allison erano amiche per la pelle. Da quando la mia amica le aveva dato della puttana di fronte a tutti, Allison voleva a tutti i costi vendicarsi.
E chissà di cosa sarebbe stata capace.
“Ma ciao ragazze!” disse con la sua voce acuta “Uh, Marie, sei ancora in compagnia di certe persone.. disse fissando volontariamente i miei denti (mannaggia allo stufato di carne!!)
Si udii un brusio di sottofondo, evidentemente Allison doveva ammaestrare meglio le sue schiavette.
“Eh già, vedo che tu invece ti porti ancora dietro quei pappagalli rincoglioniti.” Il brusio finì.
Grande Marie!
“Vattene Allison, che vuoi da Marie?” dissi io, con la voce più sicura che potessi avere.
La bionda platino sembrò offendersi, ma subito dopo si ricompose.
“Andate al diavolo!” disse sculettando e voltandosi.
Di sicuro lei del diavolo se ne intendeva molto più di tutte noi messe insieme, chissà com’è avercelo come padre. O come madre. O come pro zio. Si, insomma, da qualcuno la sua sfacciataggine e perfidia aveva dovuto per forza prenderle!
“Dicevamo?”
“Dovresti parlare con lui, Gwenny. Non ti interessa sapere cos’ha da dirti?”
“Ma che ne sai tu? Magari tiene un coltello nascosto nella maglietta e vuole uccidermi!”
“Non essere esagerata..” sbuffò, bevendo un sorso di coca-cola.
Sospirai a mia volta. Dio, com’ero stanca! Avevo dormito pochissimo!
“Che sonno..” farneticai immersa in un’enorme sbadiglio.
“Già, a proposito! Ho letto la tua e-mail, stamattina. La parte dell’ombretto potevi pure risparmiartela.”
“Scusami.. è che mi sono lasciata prendere dal nervosismo.”
“Scuse accettate.” Si affrettò a dire lei
“Infondo non lo rivedrò mai più, tanto vale dimenticarsi della faccenda.”
“Ho il suo numero, Gwen! E pensavo di invitarlo alla caffetteria qui di fronte, questo giovedì..”
Lessi nel suo sguardo ciò che stava per dire a voce. “No! No, no e no! Non se ne parla, non verrò nemmeno morta! Chiunque vorrebbe starsene in pace con il proprio ragazzo, e tu invece vorresti portarti a presso l’amica guasta feste che non fa altro che combinare guai? Sei strana forte!”
“Oh, andiamo Gwen! Sono tremendamente curiosa, ma d’accordo, sai che c’è? Non c’è bisogno della tua presenza, chiederò da sola a Dale che cosa volesse dirti, prima che tu lo mollassi in mezzo al parco come un’imbecille.”
“Non azzardarti a darmi la colpa, vorrei vedere se capitasse a te!” Alzai un po’ troppo la voce, e Gordon dal tavolo di fronte mi lanciò sguardi ammiccanti. Voltai all’indietro gli occhi, quel tipo aveva seriamente bisogno di andare a confessare i suoi peccati.
“E, comunque, il tuo ragazzo è un’imbecille, punto e chiuso!”
“Giovedì pomeriggio. Alla caffetteria.” Disse mentre pigiava sul suo nuovo Blackberry da 300 e passa sterline.
“Ma che fai?!”
“Scrivo a Dale!”
“Ma..”
“Tu hai detto che non vuoi venire, ok, ma non puoi impedirmi di andarci da sola.” Mi guardò con aria di sfida.
Proprio in quel momento suonò la campanella. Sarei stata capace di saltarle addosso, afferrarle il cellulare e buttarlo a terra rompendolo in mille pezzi, alla faccia del “non puoi impedirmelo” grr.
“Dicevi?” disse, il sorrisetto beffardo stampato in faccia.
“Hm, nulla, assolutamente nulla.” Finsi io.
A lezione di matematica mi sedetti in ultima fila, non avevo per niente voglia di ascoltare Miss Grey, con il suo caschetto nero e i suoi baffi da incerettare.
Accesi l’i-pod e misi una canzone a caso, giusto per farmi rimbombare qualcosa nelle orecchie.
Oh merda! All’improvviso mi venne in mente che quel pomeriggio sarei dovuta andare dalla signora Madeleine per fare da baby-sitter alle sue figlie. Non ne avevo per niente voglia, fu il colpo di grazia che mi fece venire voglia di spaccare il banco su cui ero pigramente assopita.
Non che la paga mi dispiacesse, per carità, mi permetteva di essere più autonoma e tutto il bla bla bla che mamma mi aveva insegnato, ma quelle due gemelle di tre anni erano la cosa più tremenda che mi potesse capitare! Sembravano l’incarnazione di Satana, non appena mi vedevano iniziavano a sbraitare e a correre per casa.; lo facevano apposta, oramai l’avevo capito. Ma ciò nonostante mi mettevo a rincorrerle urlando “Ritornate qui! Ehi.. ehi! No! Non fate cadere quel vaso! Abby, tua madre l’ha pagato una fortuna! Si arrabbierà! Kayaaaaa! Noooooo!”
Finalmente la lezione finì.
Uscii da scuola cercando di fare il più in fretta possibile.
“Gwen! Gweeenny!” Era Marie.
“Alla fine Dale che ti ha detto?”
“Che se tu non viene lui non verrà.”
“Ma che cavolo! Vedi? Te lo dicevo che era un maniaco!”
“Ma no, è che mi ha scritto che è completamente inutile che lui mi spieghi una cosa che non mi riguarda.” Borbottò evidentemente contrariata mentre tirava fuori il suo cellulare.
“Ah..”
“Ti prego! Vieni, fallo per me!”
Per lei avevo fatto anche troppo, costume da Sissi incluso. Ma per la mia migliore amica avrei fatto di tutto. “E va bene! Ma solo a scopo puramente umanitario, non mettere strane idee al tipo!”
“Certo, anche perché stiamo insieme!”
“Ovviamente”
“Sure!”
Momento di silenzio mentre scendevamo gli scalini, dirette al parcheggio della scuola.
“Scommetto che ora dirai glamour.”
“Come fai a leggermi sempre nel pensiero?!”
“Non lo so.. i tuoi pensieri sono tutti così glamourosissimi che non glamorousarli sarebbe un glamour peccato!”
Scoppiammo entrambe a ridere in una fragorosa risata.
“Oggi devo andare dalle due pesti!”
“Oh, no! Quelle due piccole gemelle Kessler stonate!”
“Già, ma almeno ci guadagno qualcosa!”
“Dovrei cercarti un lavoro.”
“So fare da sola, grazie.”
“Ma pensa che cosa glamou.. che cosa stupenda sarebbe lavorare assieme, per esempio in un bar!”
“Tu non hai bisogno di lavorare, are you kidding me?” il tono della mia voce era sprezzante, come cavolo poteva dire certe assurdità! Lei, che di soldi ne aveva a palate!
“Non ha importanza, lavorare insieme sarebbe lo stesso stupendo!”
“Trovami il lavoro e poi ne riparliamo.”
“D’accordo Gwen, a domani!”
“Ciao ciao!” dissi schioccandole due baci sulle guancie.
 
Il pomeriggio passò velocemente. Per mia fortuna Abby e Kaya avevano una forma di febbre acuta che le fece rimanere a letto tutto il tempo; mentre io, stravaccata sul divano, guardavo uno di quei programmi che se non esistessero sarebbe un bene per la società, ma che se inizi a vedere diventano una droga.
Mi infilai il pile di mia madre e mi stravaccai sul divano. Era stata una giornata piuttosto difficile.
“Ehi tesoro,  cosa vuoi per cena? Voglio farmi perdonare per quei biscotti..” Zia Liseth pensava sempre al cibo e a farsi perdonare. Era appena tornata da una partita di briscola con delle sue vecchie conoscenze, e a giudicare dalla sua espressione aveva di sicuro vinto qualcosa.
“Avrei parecchia voglia di pizza, stasera. Non preoccuparti zia, ordineremo qualcosa da asporto.”
“Uh, d’accordo! Stasera c’è la nuova puntata di Rosy – affetta e assaggia!”
“Eclatante!”
“Puoi dirlo forte!” mi diede una leggera gomitata con sguardo complice.
Ecco, non che non mi piacesse Rosy affetta e assaggia, ma diciamo che per quella sera avevo altri programmi.
Come dormire. O dormire. Oppure dormire.
Stemmo entrambe sedute sul divano per un breve lasso di tempo.
“Quando torna mamma?”
“Non saprei, aveva detto che doveva andare a fare la spesa al supermercato.”
Mi alzai, a passo felpato, rincorrendo la cornetta del telefono. Ero così stanca da vederci sdoppiato.
Cliccai automaticamente i tastini, finché il bip bip non iniziò a tamburellarmi nelle orecchie.
“Pronto?”
“Mamma, quando torni? Abbiamo deciso di mangiare pizza stasera, sono molto stanca!”
“Ciao Gwenny! Sai, al supermercato ho intravisto Marie con un tipo, non ho fatto in tempo a salutarla.. Scusa, devo pagare alla cassa. Torno tra cinque minuti e poi pizza per tutte e tre, promesso!”
“Ok, a dopo!”
Riagganciai il telefono e subito mi venne in mente Marian.
L’ultima volta che l’avevo sentita era stata al mio diciassettesimo compleanno, ovvero due mesi fa.
Marian era la mia amica virtuale, o meglio, l’amica conosciuta durante una vacanza in South Carolina all’età di quindici anni. Non l’avevo più vista dopo quel momento, ma ci sentivamo spesso tramite Facebook o telefono. No, il piccione viaggiatore non era più una buona ipotesi.
Era una tipa strana, parlava di stelle e di destini predefiniti, o prediletti.. Non ricordo. Alternava questi momenti di follia ad altri in cui era una normale ragazza new yorkese. Già, abitava a due isolati dalla statua della libertà. I suoi genitori lavoravano nel campo dell’informatica e collaboravano con l’inventore di Twitter, i soldi volendo li avrebbero potuti far crescere anche sull’orto della loro villa mega galattica, per intenderci. Marian era piuttosto trasgressiva, motivo per il quale al posto di Twitter prediligeva Facebook.. O per il quale al battesimo di sua cugina si era presentata con una felpa con scritto “Babies? No thanks.”
Insomma.
Era una tipa con la T maiuscola, o doppiata, o triplicata..
Dovevo chiamarla, non ci sentivamo da un bel po’ e mi mancava terribilmente.
Chissà cosa avrebbe pensato del tipo mr-occhi-strafighi.
Proprio in quel momento suonò il campanello. Si presentò alla porta mamma, con due enormi buste della spesa e tre pizze che dall’odore sembravano molto gustose.
Le saltai al collo, schioccandole un bacio sulla guancia sinistra. “Sei la migliore! L’hai presa con poca mozzarella, giusto?”
“Certo.. so che non la vuoi.” Disse lei appoggiando al pavimento le buste della spesa e togliendosi il cappotto.
“Perfetto!”
Ci sedemmo a tavola. Il mio stomaco sembrava piuttosto contrariato da tutta quell’attesa per mettere qualcosa sotto i denti. Sembrò accorgersene anche Zia Liseth.
“Tesoro, mangia immediatamente che hai una fame da lupi!”
“Mi ha telefonato tuo padre.” Per poco la pizza non mi andò di traverso.
“Perché?”
“Vuole che tu vada da lui durante le vacanze di Natale.”
“Non se ne parla!” dissi in tono sprezzante. Anche Zia Liseth sembrava d’accordo.
“Ma tesoro, non vi sentite da così tanto tempo e mi sembra bello che stia cercando di riallacciare i rapporti.”
“No, mamma, ti prego.. non mi va..”
“E invece andrai, sono andata in un agenzia di viaggi e ho prenotato un biglietto per Boston, ecco perché ho fatto tardi. Partirai il 23 dicembre e tornerai il 27.”
“Tra un mese esatto, quindi.”
“Si. Tesoro, un giorno ti pentirai di non aver passato tempo con lui e almeno provare a vivere con l’uomo che infondo è tuo padre per qualche giorno non ti costa nulla.”
“E’ un estraneo per me, lo sai, e sai anche che avresti dovuto chiedermi il permesso.”
“Mi spiace davvero, ma l’ho fatto per il tuo bene!”
“Si è ricostruito una famiglia, mamma! Una famiglia che non siamo noi, una famiglia ricca felice e bionda platino che non mi va di conoscere!”
“Hai ancora quattro settimane per metabolizzare la cosa.”
Dalla mia bocca uscì solo un grugnito, uno dei migliori grugniti mai ascoltati, aggiungo.
Come se non fosse abbastanza, dovevo pure sopportare che tra tre giorni avrei incontrato di nuovo Dale alla caffetteria.
Una parte di me era curiosa di sapere tutto. Di andare da papà. Di fare quello che la mamma diceva fosse per il mio bene.. solita scusa da genitori, ma tralasciamo.
L’altra parte di me diceva solo una cosa: *biiiip*
Respirai a fondo, imitando una ragazza che avevo visto in uno show televisivo dopo che aveva appena assistito ad un omicidio. Infondo non ero messa cosi male.  C’era chi stava peggio, dopotutto.
Passai il resto della serata a tormentarmi dai dubbi, finché stremata non mi addormentai a letto. Mai come allora desideravo crollare in un sonno profondo.
All’improvviso mi ritrovai in una grande stanza bianca. C’era Dale, sembrava soffrisse molto. Camminava avanti e indietro e continuava a gridare cose senza senso “Basta, toglimela di dosso! Non ce la faccio più! Basta, voglio solo vivere la mia vita!” 
Non si era accorto che ero a pochi passi da lui.
Di colpo i suoi occhi non erano più di quel blu che tanto Marie adorava. Erano diventati viola, e cupi.
Faceva paura.
Ma al tempo stesso mi faceva tenerezza.
Non capivo perché non mi vedesse, così mi avvicinai a lui, scavalcando il tavolo che ci divideva.
Lui continuò a camminare avanti e indietro, urlando e con la testa tra le mani.
No, non mi vedeva. Provai a parlare, ma dalla bocca mi uscì solo un grido soffocato.
Provai a toccargli la spalla per fargli capire che ero lì, ma non vedevo la mia mano. Non c’era.
D’un tratto tutto si fece scuro, riuscivo solo a sentire la sua voce ovattata gridare “Smettila! Basta! Smettila!”
Poco prima di andarmene, mi accorsi che mi stava fissando. Era terrificato.
Mi svegliai in un bagno di sudore. Mi ci volle un po’ per metabolizzare la cosa.
Per fortuna ero in ritardo, così fui costretta ad alzarmi.
 
Eravamo nell’ora di ginnastica e sia io che Marie avevamo deciso che al posto di sfracellarci le gambe a forza di correre come delle assatanate avremmo marinato.
Non le avevo ancora parlato del sogno, era una cosa personale e pensavo fosse giusto tenerla per me. Era strano, non riuscivo a spiegarle quello che avrei voluto raccontarle con tutte le mie forze.
Stavamo tenendo un’importante dibattito sullo smalto per le unghie.
“Per me il rosso corallo è un must di questa stagione, Gwenny, dovresti mettertelo così magari qualcuno ti noterà. E’ molto glamour.”
“Nessuno mi noterà comunque, finché vado in giro con una rincitrullita come te.”
“Ehi!!”
“Hahaha, stavo scherzando Marie!”
“Non è divertente.”
“Scusa..”
“Sai, Gwen, ieri pomeriggio sono stata fuori con Dale. Aveva bisogno di comprare un detersivo per sua madre al supermercato e mi ha chiesto di accompagnarlo. Era molto sexy.”
Aargh. No, non quel nome: proprio ora che ero riuscita a dimenticarmelo.
Era peggio di Rosy affetta e assaggia, era peggio di qualsiasi cosa!
“Non me ne frega, ne ho avuto abbastanza di quel tipo. Mi inquieta!”
“Non te ne parlerò più se non vuoi, ma ti ricordo che tra due giorni ci incontriamo alla caffetteria.”
“Lo so, lo so..”
Sentimmo lo scalpitare dei nostri compagni durante una partita di pallavolo. Probabilmente Kessy aveva ancora una volta fatto uno di quei suoi lanci fenomenali. I ragazzi non sopportavano di perdere, soprattutto Gordon, che delle ragazze aveva scarsa stima. Finché non gliela davano, sia chiaro.
Bah. Non sapevo che pensare, in quel momento desideravo argutamente di tornarmene a casa, a fare nuove macchie di colore sul tappeto d’ingresso.
O forse dovevo comprarmi un pappagallo, lo avrei chiamato Spongebob e gli avrei insegnato a dire “Squiddy è un bifolco, Squiddy è un bifolco!” … No, forse non era esattamente la migliore ipotesi al momento.
“Forse non avrei dovuto farla quella festa d’epoca. Ti sta solo provocando casini e stress..”
“Non ha importanza.”
“Si, invece, eccome! Io non voglio che tu soffra a causa mia, sei pur sempre la mia migliore amica; anche se non vuoi metterti lo smalto rosso corallo non importa!”
“Davvero?” era la prima volta che parlava in modo serio
“Certo!”
Non so che mi prese in quel momento, ma le parole vennero da se.
“Sai, quel tipo mi da delle strane sensazioni. E’ per questo che mi fa paura. Questa notte l’ho sognato, eravamo insieme in una stanza bianca e io non riuscivo a vedermi, ero come invisibile anche ai miei occhi. Vedevo solo lui, camminava avanti e indietro e continuava a dire cose senza senso, parlava ad una persona, credo, e diceva di lasciarlo in pace, che non ne poteva più, che voleva solo avere una vita normale. I suoi occhi erano diventati viola e cupi. Ricordo che ero in preda al panico, volevo che lui si accorgesse che ero lì con lui, per confortarlo, forse. Così ho provato a gridare, ma non ci sono riuscita. Poi ho iniziato a dissolvermi nel nulla e poco prima di svegliarmi, ricordo che lui si è voltato verso di me e mi ha vista. I suoi occhi erano ritornati blu, ma era preoccupato. Si vedeva.”
“Wow.. anche a me farebbe paura un tipo del genere.”
“Non è paura, è inquietudine. Preoccupazione. Non so spiegarti meglio di così, scusa.”
“Ti capisco.”
Rimanemmo in silenzio per un po’, poi ci abbracciammo. “Scusa se certe volte sono una rompi scatole.. ma devi ammettere che i miei capelli sono sempre molto glamourosi!”
“E va bene, lo ammetto. E’ sempre stata una cosa che desideravo dirti, ma non ci sono mai glamour-riuscita..”
Scoppiammo a ridere, come quando da più piccole avevamo inzuppato i capelli di una nostra amica di Nutella. Quello si che è stato glamour, sembrava la versione mal riuscita di un elfo di Willy Wonka.
 
Non lo avevo rivisto dopo il pomeriggio di domenica.
E ora era giovedì, lo avrei rivisto quel pomeriggio alla caffetteria assieme a Marie. Cavolo, che ansia.
E se non si fosse presentato? Lo avrei setacciato solo per spezzargli il collo e dargli del coglione.
In realtà avevo una paura folle di ciò che doveva dirmi. Mr-occhi-blu-come-l’immenso non era un tipo da mezze verità, questo era chiaro come la luce del sole che picchiava sul tappeto macchiato.
Ero seduta sulle scale di casa con le pantofole di Pucca, ad osservare i raggi del sole filtrare dalla finestra semi aperta.
La casa era deserta, zia Liseth era uscita per andare all’orto botanico e mamma era ancora a lavoro.
Guardai l’orologio: le quattro meno un quarto. Tra mezz’ora dovevo essere dall’altra parte della strada, tra mezz’ora l’avrei rivisto, tra mezz’ora il mio strano sogno avrebbe ricominciato a tormentarmi.
L’avevo rivisto, quella notte. Stavolta eravamo in mezzo a un bosco, la luna era perlata e l’ululare dei lupi mi faceva tremare. Sentivo freddo e me ne lamentavo con lui, i suoi occhi stavolta erano gialli ambra.
Mi accarezzò fugacemente le tempie, ero buttata sulle sue gambe e lui era seduto con la schiena appoggiata ad una quercia.
Dopo un tempo indeterminato ci passò dietro un lupo. Lui e Dale incrociarono i loro sguardi, dello stesso colore, e immediatamente da quell’incontro scaturì un’immensa luce ambrata, che mi fece indietreggiare. La luce si propagò fino a quando non mi fu possibile distinguere nulla, portai le mani sugli occhi e quando li riaprii ero distesa sul mio letto con il batticuore.
Non sapevo cosa significasse tutto questo, sapevo soltanto che avevo voglia di andarglielo a chiedere.
Mi arrivò un messaggio da Marian, dopo un’infinità di tempo.
 

Crazy girl!!
Come stai? Hai ancora la febbre?
… Beh, ora che ci penso dovrebbe esserti passata, non ci sentiamo da mesi.
I’m so sorry Darling, ho avuto da fare ;(
Bbbeh.. fatti sentire, ok? And remember, quegli orribili calzettoni bordeaux che tieni nascosti nel tuo armadio e che metti una volta ogni tanto andrebbero ESTINTI, BRUCIATI, EVAPORATI… Hai afferrato il concetto… Love you, bye :*
 

 
 
Oddio.
Le avevo promesso che lo avrei fatto davvero, ma ero legata sentimentalmente a quei calzettoni!
Me li aveva regalati il mio primissimo fidanzatino all’età di 12 anni.. Allora lo presi come il miglior regalo del mondo, anche se con il tempo capii che regalare dei calzini ad una donna non era mai da fare.
Specialmente se così poco femminili.. Ma infondo che me ne importava allora di queste regole bon ton?!
Digitai velocemente sulla mia tastiera qwerty.
 
 
 

Sono così orribili? …
Ciao little snob and totally crazy girl (: COMO ESTAS?
Io sono in preda ad un attacco di nervi, son successe tante cose in questa settimana!
E ricordi il mio tappeto macchiato, quello che mi piace tanto? Ecco, lo sto fissando da 3 ore!
Dici che sto bene??
STO PER ANDARE AL MIO “APPUNTAMENTO” .. (CHE POI LUI E’ FIDANZATO CON LA MIA MIGLIORE AMICA, PER MIO DISAPPUNTO.. NON PENSARE MALE, LO ODIO E LEI MERITA DI MEGLIO! L’HO PURE SOGNATO E.. ODDIO, PERCHE’ STO SCRIVENDO TUTTO IN MAIUSCOLO E FRA PARENTESI?! RISPONDI, CIAO CIAO.)
 

 
 
Scriverle mi fece sentire molto meglio. Guardai di nuovo l’ora, erano le quattro. Meno un quarto d’ora, potevo farcela!
Non feci in tempo ad appoggiare il telefono sulla scala di fronte a me che subito squillò.
 
 
 
 
 
 
 

QUALSIASI PERSONA SIA, RICORDATI DI SORRIDERE ED ANNUIRE.
E’ FONDAMENTALE!!!!!!!!!!
MH.. DIRE CHE QUEI CALZONI SONO BRUTTI E’, BEH… UN PO TROPPO GENTILE, CAPISCIMI GWENNY.
(MA SI DAI, SCRIVIAMO TUTTO FRA PARENTESI E IN MAIUSCOLO, WHO SAYS NOT?!) J
BBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBACI, DEVO ANDARE!

 
 
 
 
 
 
 

Ma come devi andare?! Ptf, ho bisogno del tuo aiuto!
.. Va beh, ciao ci sentiamo, sempre se sopravviverò.
Vorrei la tomba color tortora.
E come foto mettici quella dei miei 16 anni, che sono venuta bene.
Ciao……. <3
 

 
 
 
 
 
 
 
 
Ma che cavolo! Non potevo essere così in ansia per uno stupidissimo ed egocentrico ragazzo con degli occhi multi-color! .. O almeno lo erano nei miei sogni, devo smettere di sognarlo o mi faccio pagare una visita psichiatrica!
Mi alzai forse troppo veloce dalle scale, al ché sentii la mia schiena bruciare e le mie gambe tremare, erano ancora intorpidite alla forzata permanenza in quello scalino. Che poi non era nemmeno comodo, ma tralasciamo.
Arrivai in camera mia e mi infilai un paio di jeans, una felpa ed una mega sciarpa. Lasciai i capelli in uno chignon spettinato, misi un filo di mascara ed uscii.
Respiravo a fondo mentre percorrevo il marciapiede, cercando di impegnare la mia mente a pensare ad altro. Come ad esempio a quel signore mezzo gobbo che stava attraversando la strada, o a quei vasi di fiori nel negozio delle piante botaniche, o a quei due che mi stavano facendo segno di venire da loro.. un momento! Ma erano Marie e Dale! Strabuzzai gli occhi, ero già arrivata?
Marie mi fece cenno di attraversare la strada, ed io ubbidii come sotto ipnosi.
Dale se ne stava seduto su una sedia rossa in plastica, le stesse sulla quale mangiando un gelato d’estate mi ero seduta anch’io. Erano scomodissime, eppure sembravano davvero comode, con lui lì sopra.
Mi fece un cenno con il mento, lo interpretai come un saluto e perciò ricambiai.
“Ciao..”
“Ciao!” rispose Marie. Quel brutto figlio di matite non si scompose, continuando tranquillamente (e di sicuro fintamente, ci scommettevo) ad usare il suo cellulare. Era un bel modello, dovevo ammettere, molto futuristico.
Mi sedetti imitandoli.
“Beh, come sapete siamo qui perché..”
“Non è una messa, Marie.” La interruppi io brusca. Dale sembrò divertito. Ups, volevo dire mr-occhi-strafighi.
“Andiamo, non litigate.” Disse finalmente lui
“Dovevi parlarmi, Dale.”  Lo fissai imperterrita, cercando di imitarlo.
I suoi occhi emanavano una luce cristallina.
“Certo, ma senza di lei.” Disse indicando Marie.
“Per prima cosa, tesoruccio, io sono qui e da qui non mi muovo. Seconda cosuccia, la mia amica è stata molto in ansia in questi giorni e tu le devi delle spiegazioni, non si dicono certe cose senza una ragione.. pensati che ti ha pure sogn…” Le diedi una gomitata nelle costole, prima che finisse la parola. Ci mancava pure che pensasse che ero io, la stalker ossessionata!
“Ehm.. volevo dire, sai, sono stata semplicemente in ansia, e molto curiosa di sapere cosa tu presumi io ti abbia detto.”
“Non ho intenzione di dirtelo con lei qui, è una cosa importante, non voglio mettere in mezzo altre persone. Già ce ne sono abbastanza.”
“E va bene, me ne vado! Ma sai chi parla in questo modo?! Gli stalker! E se torci anche solo un capello a Gwen me la paghi, certo non sono glamour come i miei ma che importa, sono pur sempre capelli!”
“Va e basta.” Disse sprezzante, sorseggiando il caffè che aveva lì davanti da prima che arrivassi.
“Non si è freddato?” chiesi io, cercando di rimanere calma.. un omicidio per le vie del centro, con tutta quella gente, non sarebbe stato possibile.. no?
“Nah.” Rispose lui.
Un silenzio tombale piombò tra di noi. All’improvviso mi stancai di tutta quella situazione.
“Di che volevi parlarmi?” dissi io, senza esitare.
“Non è la domanda giusta..” schioccò la lingua.
“Cos’è giusto e cos’è sbagliato, allora? Mi fai paura, seriamente!”
“Non devo farti paura, dovresti avere paura di loro,”  disse indicando i passanti “sono esseri egoisti, pensano solo al loro bene, ai soldi, al lavoro. Odiano vedere le cose in modo diverso, odiano le persone che ci provano. Catalogano tutti nei loro parametri sociali, senza preoccuparsi del perché o del come si è differenti, o, per usare una loro parola, sbagliati.”
Non avevo più voglia di scherzare, presi un respiro profondo e tentai di capire.
“Con questo che intendi dire?”
“Non mi crederesti mai, sai, anche tu facevi parte di loro, dei passanti. O almeno secondo ciò che pensavo io. Poi mi sono ricreduto. Alla festa mi hai detto una frase che mi ha fatto cambiare idea, ecco perché voglio raccontarti tutto.”
“Tutto cosa?”
Dopo una breve pausa nella quale lui cincionò con il cellulare, si decise a rispondermi. Non riuscii a reggere il suo sguardo indagatorio, così abbassai la vista sulle mie scarpe – piuttosto sporche ed impresentabili  -.
“Ricordi la frase che mi hai detto?”
“A dire la verità no, ricordo solo il costume di Sissi e quanto fossi stretta in quel coso enorme.”
“Mi hai detto secretum at secretum, passiones at passiones
“Ma che vuol dire? E che lingua è?”
“Vuol dire segreti ai segreti, passioni alle passioni e, beh.. non è una vera e propria lingua, ricordo che lo hai detto scherzando e imitando una voce possente.”
“Ero ubriaca, non vorrai mica prendermi sul serio! E poi che cavolo significa quella frase? Forse stavo cantando.”
“Questo te lo spiego un’altra volta. Oggi volevi solo sapere che ti avevo detto, no?”
“Si.. ma..”
“Tempus at tempus.” Disse imitandomi.
Avrei voluto rispondere cose del tipo idiotis at idiotis oppure cretunis at cretunis, ma non sarebbe servito a nulla.
“Ciao allora..” dissi. Sentii il suo braccio bloccarmi e per qualche strana ragione mi vennero i brividi.
“Domani pomeriggio allo stesso posto, solita ora. Non dirlo a lei.” Disse indicando Marie, che si era fermata poco più avanti a guardare le vetrine di Louis Vuitton.
“D’accordo.. non farla soffrire.” Dissi, riferendomi alla mia amica molto glamour.
“Soffrire? E’ un verbo che andrebbe usato con più moderazione, non sapete che significhi davvero soffrire.. ma va beh, questa è un'altra storia. A domani.” Disse, alzandosi e scomparendo tra la folla.
In pratica sapevo tutto e niente.
Anzi, praticamente non sapevo proprio nulla.
Secretum at secretum, passiones at passiones..
Secretum at secretum, passiones at passiones..
Secretum at secretum, passiones at passiones..
Secretum at secretum, passiones at passiones..
 
Probabilmente lo ripetei anche a voce, perché quando arrivai nella vetrina dove Marie era appostata da un bel po’ mi chiese molto finemente “Eh?!”
“Nulla, lascia perdere.”
“Sicrit y sicrit pishì y pishì?”
“Lascia stare, Marie, pensa alle borse glamour e allo smalto, che è meglio.”
“Non trattarmi così!” disse in tono scherzoso
“Scusami, glamour-amica.”
“Perdonata, mia suddita.”
“Suddita?!”
“Sono una regina, io, te lo sei dimenticata?”
“Ah, già.. scusami..”
“Pensavo di comprarmi quella borsa, che ne dici?”
“Costa 1754 sterline, ma se te lo puoi permettere sono felice per te.”
“Andiamo dentro!” disse, non accennando minimamente al discorso di Dale.
E infondo era un bene, avevo bisogno di pensare a qualcosa di meno inquietante.
Anche se dovevo ammettere che era parecchio sexy, e i suoi occhi non erano tanto male.. ma che cavolo!
Inciampai sul gradino del negozio, mentre Marie aggraziatamente chiedeva alla commessa informazioni riguardanti quella borsetta.
Pensa positivo, Gwen, pensa positivo..
 

-----

                                                                                                                                    Ciao a tutti! c: che dire? Questa è l'ennesima fan fiction che scrivo.. esattamente il 17 settembre ho aperto un nuovo documento di word
e mi son detta "perché no? è molto glamour!" .. giusto per usare un'espressione di marie. spero di avervi incuriositi e stimolati a continuare la lettura della storia che, ricordo, sarà sempre più intricata..
ma ne vale la pena, fatelo per i tremendamente sexy occhi di Dale (?) 
Non prevedo la data del nuovo capitolo, so di certo che tra scuola e impegni vari lo posterò non prima di due settimane. Ma infondo Gwen è sempre qui che vi aspetta, non sentirete la nostra mancanza: il tempo volerà in un battisecondo! 
Baci a tutti quelli che hanno letto e recensiranno <3
-ems.

 
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: xwannabewriter