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Autore: Preussen Gloria    06/10/2012    4 recensioni
"Cresce. Assomiglia a te."
C'è ancora una storia che Odino non ha raccontato.
"A chi? Al principe delle illusioni o al re dei mostri?"
Riguarda il suo primogenito. Riguarda il figlio che ha adottato.
"Al giovane con gli occhi verdi e i capelli corvini che una volta conoscevo"
Riguarda i due principi che sono venuti prima di loro.
"Non è mai esistita quella persona, Odino."
Riguarda leggende che non sono mai state scritte.
"Non puoi dirmi questo! Non mentre mi guardi con gli stessi occhi di mio figlio"
E verità che sono sempre state taciute.
"Non è tuo figlio! Non lo è mai stato. È nato nell'inganno, vive nell'inganno, le bugie sono l'unica cosa che possiede..."
Thor e Loki hanno sempre saputo di essere nati sul finire di una guerra.
"... E un giorno, forse, ne diverrà il principe."
Ma nessuno ha mia raccontato loro l'inizio di quella storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Laufey, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Mpreg
Capitoli:
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Prigione


Il sogno non era mai uguale ma era sempre lo stesso.
Ogni volta si trovava davanti a quello specchio o a una qualunque superficie riflettente che gli mostrasse il suo aspetto: troppo giovane, troppo ingenuo, troppo impulsivo e passionale.
Troppo uomo per essere un re.
La stanza era calda, illuminata da una luce tenue, due vocette infantili erano l’unica cosa ad infrangere il silenzio della notte. Doveva essere tardi ed il suo letto era occupato ma non poteva sentirsi disturbato da un immagine tanto dolce. Il bambino più grande, quello biondo, continuava a fare facce buffe al fagottino steso al centro del materasso. Doveva riuscirgli molto bene perché il piccino, quello con la testolina piena di ciuffetti neri, rideva contento ed era pronto a protestare sonoramente se il fratello decideva di sparire dal suo campo visivo anche solo per un istante.
Sì, erano fratelli, non sapeva il motivo per cui ne fosse così certo ma lo erano.
Il bambino biondo fece un ampio sbadiglio strofinandosi entrambi gli occhi con le manine chiuse a pugno, si accoccolò accanto al fagotto in cui era avvolto il fratello minore, si portò un pollice alle labbra con naturalezza e chiuse gli occhi addormentandosi prima che il più piccolo potesse protestare.
Ma il piccino non sembrava proprio sul punto di seguire il fratellone tanto presto e, annoiato dall’assenza di suoni o immagini divertenti, prese a tirare piccoli calcetti all’altro bambino nel tentativo di attirare di nuovo la sua attenzione.
“No, no e no, principino,” qualcun altro comparve nel suo campo visivo e per un attimo trattenne il fiato, “che devo fare per farti addormentare?” Gli occhi verdi del giovane erano stanchi ma sorrideva mentre cullava il piccino con pazienza, “è inutile che continui a guardarti intorno, non c’è niente di nuovo o interessante qui. Dovrai aspettare domani.”
“È troppo curioso per aspettare domani!” Si ritrovò ad esclamare senza neanche rendersene conto, gli occhi verdi si voltarono nella sua direzione immediatamente, “suo fratello si può comprare con qualche dolcetto in più e qualche coccola ma lui,” quando fu a portata prese una delle manine del piccolo tra le dita, “lui è molto più furbo di quello che crediamo. Anche se credo che impazziremo se comincerà a scombinare il clima del regno coi suoi pianti notturni”
Il giovane coi capelli scuri gli concesse un sorriso appena accennato, “oh, ma lui non piange! È solo incredibilmente sveglio!”
Ricambiò il sorriso appoggiando la fronte contro la tempia del compagno, “vorrà dire che saprà badare a suo fratello quando nessun altro sarà in giro per farlo.”

 
La prima volta che vennero separati, Thor aveva nove anni e Loki sette.
Quell’inverno, il germe di una malattia sconosciuta era strisciato sotto le porte dei cittadini di Asgard strappando alcuni bambini dalle braccia dei loro genitori e trascinando gli altri in un pericoloso stato di semi-incoscienza che li rendeva deboli oltre ogni limite. Ogni volta che un piccolo malato chiudeva gli occhi, nessuno poteva dire se si sarebbe risvegliato dopo poche ore o se la notte se lo sarebbe portato via lentamente, senza far rumore.
Quel terrore aveva marchiato l’anima di ogni genitore della città dorata, senza risparmiare nessuno. Nemmeno la coppia reale.
Loki non aveva un ricordo chiaro di come tutto era cominciato. Non ricordava Thor divenire più debole ora dopo ora nell’arco di una sola giornata, non ricordava quando la tosse era cominciata. Ricordava solo sua madre che di colpo lasciava cadere il libro di favole che stava leggendo a lui e suo fratello, la ricordava mentre lo sollevava di peso tra le braccia come per proteggerlo da un pericolo imminente, ricordava la voce di lei che chiamava disperatamente il nome di suo padre.
Ma non ricordava di aver visto suo fratello tossire sangue sulle lenzuola. Non poteva ricordarlo, perché Frigga gli aveva tenuto ferma la testa per impedirgli di voltarsi, “non guardare, tesoro,” aveva sussurrato tra le lacrime, “fai il bravo, Loki, non guardare.”
E Loki non si era mosso, era rimasto lì, tra le braccia di sua madre, mentre un numero indefinibile di persone entrava ed usciva dalla camera sua e di Thor. “Il bambino non può restare qui,” disse qualcuno poco dopo, “è più piccolo, è più fragile, se viene contagiato…”
“Non lo è!” Aveva urlato suo padre più per convincere se stesso che altri, “mio figlio e mia moglie sono già abbastanza terrorizzati! Occupati del bambino malato, ora!”
Da qualche parte dietro di lui, Loki aveva sentito suo fratello piangere e urlare ma aveva avuto troppa paura di lasciare la presa sulla veste di sua madre per coprirsi le orecchie. Era scoppiato a in lacrime silenziosamente, come era suo solito fare ma sua madre se n’era accorta comunque.
“Caro, per favore, portalo via. Loki non può restare qui,” quando suo padre l’aveva strappato dall’abbraccio materno, Loki aveva singhiozzato terrorizzato.
Sapeva che non avrebbe dovuto voltarsi! Sapeva che non poteva venirne fuori nulla di buono dal disubbidire a sua madre! Ma Thor aveva smesso di urlare…
“Thor…” Non era arrivata nessuna risposta dal bambino quasi cianotico e privo di conoscenza, “Thor! No! Thor! Thor!” Ma ogni tentativo di liberarsi dalla stretta di suo padre era stata inutile, “fratello…”
Il terrore, Loki avrebbe preferito non conoscerlo così presto.

La seconda volta, erano entrambi adulti, due giovani uomini sulla soglia della stagione più gloriosa della loro vita. Quel che accade era divenuto presto materiale su cui tessere nuove leggende da tramandare alle generazioni a venire. L’esilio dell’erede al trono nel giorno della sua incoronazione, la follia del secondogenito lasciato solo ad affrontare una verità troppo pesante e dolorosa per un’anima già ferita.
Le bugie, i complotti, lo scontro. Il gesto estremo del più giovane, la disperazione dell’altro.
Quello era stato il turno di Thor di piangere suo fratello.
La terza volta era avvenuta poco più di un anno dopo e, se possibile, era stata la peggiore di tutte.
C’erano  voluti cinque uomini per tenere fermo Thor, non ne sarebbero bastati cento se Odino non lo avesse disarmato prima di procedere. Frigga aveva cercato di opporsi con altrettante insistenza, non fu difficile tenerla lontana dal condannato, non vide nulla, ma il solo sentire le fu sufficiente a spezzare qualcosa nel suo cuore di madre. Qualcosa per cui Odino avrebbe dovuto pagare per sempre.
Loki, da parte sua, non aveva avuto la forza di opporre resistenza. Ferito, rassegnato, tradito, non aveva potuto far altro che piangere, mentre suo padre dava ordine ai suoi uomini di cucirgli la bocca per impedirgli di usare ulteriormente quel suo spregevole talento da principe delle menzogne.
Quell’ordine era stato eseguito in modo orribilmente letterale.
Loki aveva pianto per tutta la procedura e non aveva smesso nemmeno quando le guardie lo avevano abbandonato inerme sul pavimento di pietra della cella. Non aveva potuto evitare di lamentarsi, ma, non potendo urlare liberamente, quel che ne era uscito fuori era stato un suono straziante che Frigga si era ritrovata a coprire con le sue stesse urla.  
Alla fine, quel che Odino aveva visto davanti a sé, era stata la realizzazione dei suoi peggiore incubi e nulla avrebbe potuto svegliarlo, oramai.
Ancora una volta, si era ritrovato costretto a fare una scelta. Aveva scelto di essere un re, prima di essere un marito, prima di essere un padre.
E ne avrebbe pagato l’amaro prezzo.

[Asgard, oggi.]

Freddo, buio e ancora freddo.
Loki non ricordava più come fosse la luce del sole, non rammentava quella sensazione confortevole chiamata calore. Ad essere onesti, quella non credeva di averla mai provata davvero, se non in un’illusione, in un sogno, in un’altra vita. Il primo giorno, quando lo avevano abbandonato in quell’oscurità riempita solo dal silenzio costante, aveva pensato che sarebbe impazzito velocemente. Lo sperava, quasi.
Sperava che la sua mente lo tradisse definitivamente regalandogli una falsa via di fuga da quella tortura.
Il dolore alla bocca era constante, ogni ferita cicatrizzata finiva per aprirsi e sanguinare di nuovo ad ogni movimento, anche involontario, delle sue labbra. Il sapore del suo stesso sangue in gola era diventato da nauseante a familiare. Col tempo, anche l’agonizzante e persistente morso della fame era scivolato via, lasciando che il suo corpo si abituasse a quelle strane sostanze liquide che gli facevano ingoiare a forza e che mantenevano in vita quel cadavere ambulante che doveva essere diventato.
Certe volte piangeva, nel buio, colmando quel vuoto insopportabile con la sua disperazione.
Lo avevano chiamato criminale, poi avevano preso ad additarlo come condannato.
Solo Thor aveva continuato a chiamarlo fratello. Solo sua madre aveva continuato a chiamarlo figlio.
Suo padre…  Odino sembrava disgustato anche solo all’idea di pronunciare il nome che tanti secoli addietro gli aveva donato. L’unico cosa vera che avesse mai ricevuto da quell’uomo, il suo nome, Loki.
“Madre, perché quando siamo nati ci avete chiamati Thor e Loki?”
Loki non aveva mai avuto bisogno di fare quel genere di domande, ci aveva sempre pensato Thor a dare voce alla curiosità di entrambi senza pensarci due volte.
“Vostro padre ha scelto i vostri nomi, bambini. Siete stati voi a suggerirglieli in un sogno.”
Spesso Loki si ritrovava a pensare a degli episodi della sua infanzia, come quello. Alle parole dei suoi genitori, alle loro reazioni o ai dettagli delle loro espressioni. Ripercorreva ogni suo ricordo, cercava in quelle immagini un segno, un qualcosa che potesse lasciar filtrare la verità su quel secondogenito tanto diverso dagli altri bambini. Tanto diverso dal suo stesso fratello maggiore.
Ma si fermava sempre prima di poter compiere un’analisi razionale, perché ricordare faceva troppo male.
Ricordare…
Per assurdo, era l’unica cosa che gli rimaneva all’interno di quella cella buia e fredda.
Nessuno era mai sceso in quell’inferno per fargli visita.
Thor, il quale era sempre stato pronto ad ignorare la volontà del re per soddisfare i suoi capricci infantili, non aveva nemmeno provato a ribellarsi al divieto che gli impediva di avvicinarsi a Loki in alcuno modo. Il suo così detto fratello, sempre disponibile a pronunciare belle parole nei momenti più sbagliati, aveva dato prova di essere un menzognero migliore di lui con la sua accondiscendenza nei confronto di un sovrano tiranno, di un padre bugiardo. Loki non ne era sorpreso, non si aspettava nulla da Thor, figlio di Odino, futuro re di Asgard e protettore dei nove regni. Non si aspettava nulla dal fratello che, pur essendo sempre stato accanto a lui, non era mai riuscito a sfiorare. E non si aspettava nulla dal giovane uomo che l’aveva implorato di arrendersi, di tornare a casa prima di peggiorare le cose, prima che fosse troppo tardi. No, non poteva aspettarsi nulla da Thor, il quale continuava ad essere tanto cieco e tanto sciocco da non capire che era troppo tardi da troppo tempo.
Thor, Thor e ancora Thor! Troppo testardo e orgoglioso per accettare che con Loki aveva fallito sotto ogni punto di vista. Troppo egoista per comprendere che Loki non solo non poteva essere salvato ma non voleva essere salvato. Il così detto amore di Thor, la sua pietà, il suo perdono…  Tutto ciò, per Loki, era peggio di una droga. Era qualcosa con cui non poteva vivere ma che avrebbe sempre desiderato con crescente agonia.

Tuoni, fulmini, pioggia e ancora fulmini.
Nessuno ad Asgard ricordava più come fosse una giornata di sole. Ovviamente, tutti erano lungi dal lamentarsene apertamente. Come se poi questo fosse servito a qualcosa! Da quando Thor era nato, i cieli di Asgard si erano oscurati e schiariti al ritmo dei suoi capricci e malumori senza sosta, ma questa volta era ben diverso. Non c’erano minacce o punizioni in grado d’intimorire il principe ereditario, non c’era il potere di Odino a placare la sua ira infantile perché, in realtà, d’immaturo nel risentimento di Thor non c’era davvero nulla. Quello che fuori si manifestava come un catastrofico evento naturale era solo l’immagine concreta di quel che Thor sentiva dentro e non c’era modo di controllarlo, non c’era modo di racchiuderlo nei labili confini della sua anima. Faceva troppo male per essere controllato, era troppo forte per essere placato da qualcosa che non fosse la piena realizzazione del suo desiderio.
Era qualcosa di tanto potente che lo stesso Odino si era rifiutato di affrontarlo, chiudendo il mondo e tutto ciò che vi accadeva fuori dalle porte dorate delle sue stanze. Faceva finta di nulla, il re degli dei, perché, in caso contrario, era ben consapevole che Thor non si sarebbe fermato fino a quando non fosse riuscito a piegare la volontà di suo padre. Era un rischio che il re non poteva permettersi di correre.
Privare suo figlio di Mjolnir era la sola cosa che aveva avuto il potere di fare, onde evitare di ritrovarsi, insieme all’intera corte, sotto le macerie del palazzo reale. Sigillare i suoi poteri naturali sarebbe equivalso a renderlo un prigioniero nella sua stessa casa e Odino non poteva osare tanto davanti agli occhi del suo popolo e di sua moglie. Soprattutto di sua moglie.
E non c’era da escludere la possibilità che, una volta spogliato di ogni sua capacità, Thor decidesse di far presente che allora la sua presenza nella cella di Loki non aveva più ostacoli pratici. Ci mancava solo che il principe ereditario facesse le valige per trasferirsi nelle prigioni insieme al principe perduto! Portandosi dietro anche la regina, come minimo!
“Esci fuori, vecchio! Affrontami faccia a faccia se non sei un codardo!”
Lo era, Odino ne era perfettamente consapevole. Un codardo e un debole.
“È tuo figlio! È tuo figlio, maledetto bastardo!”
Perché sapeva che, se avesse avuto il poco buon senso di aprire quella porta e affrontare il suo primogenito, si sarebbe piegato.
“È mio fratello…”
Sapeva che, se fosse sceso in quella prigione di oscurità e silenzio, se avesse guardato Loki in quegli occhi verdi che erano stati la sua benedizione ed il suo tormento dal giorno in cui era nato, si sarebbe inginocchiato e avrebbe chiesto perdono. Come se il criminale in tutta quella storia fosse lui, come se non vi fosse nessun altro colpevole al di fuori di se stesso.
“Quanto ancora hai intenzione di mandare avanti questa pazzia?” La sua regina non aveva bisogno di essere altrettanto rispettosa dei sacri confini  in cui si era rinchiuso. Non si sarebbe mai abbassata ad implorarlo sulla porta. Non si sarebbe mai abbassata nemmeno a chiedere il permesso di entrare.
“Ti ho chiesto,” Frigga misurò la camera con ampi passi arrivando davanti al marito, “quanto hai intenzione di osare ancora?” Aveva gli occhi di chi aveva smesso di piangere appena pochi minuti prima, ma era troppo orgogliosa per crollare di nuovo davanti a lui. “È passato più di un anno!” Esclamò con rabbia, “c’è nostro figlio in quel posto maledetto, Odino! Nostro figlio!”
“È un criminale, Frigga!” Sbottò il re, “deve essere punito come tale!”
“Punito, Odino! Punito! Non torturato!” Replicò Frigga con altrettanta fermezza, “l’abbiamo già torturato abbastanza e chi è venuto dopo di noi ha finito il lavoro. O stai fingendo di non ricordare che nostro figlio ha passato un intero anno nelle mani di un esercito di mostri che l’ha raccolto dopo che aveva tentato di suicidarsi sotto i tuoi occhi!”
Odino sferrò un pugno contro il muro, “è inutile rivangare quella tragedia, Frigga. Quel che è accaduto è accaduto!”
“Ed è stata tutta colpa tua!” Odino non ebbe tempo di replicare che se n’era già andata, sbattendo la porta per di più. Non che il re avesse molto da ridire contro quell’accusa. Non avrebbe mai avuto nulla da ridere a proposito.
Lui stesso non si sarebbe mai perdonato per quel che era successo su quel ponte. Mai.

“Thor…”
Frigga trovò suo figlio seduto per terra, sulla soglia del balcone. Non reagì in alcun modo al suo richiamo.
“Thor, tesoro,” fu il dolore e la stanchezza nella voce di sua madre a convincerlo a voltarsi, “Sif ha chiesto nuovamente di vederti.”
“E tu che le hai risposto?”
Frigga sospirò stancamente sedendosi sul bordo del letto del figlio, “che sarebbe stata più fortunata quando il tempo sarebbe migliorato.”
Thor si lasciò sfuggire un sorriso, “non credo accadrà a breve.”
“Non sarà così per sempre, Thor, te lo prometto.”
Thor sospirò preso da uno strano moto di nostalgia, “sei tornata a farmi promesse, madre? Come quando io e Loki eravamo bambini?”
Frigga gli sorrise amorevolmente, “non avete mai smesso di essere bambini per me, Thor. Mai.”
“È una cosa che non riuscirò mai a spiegarmi, temo.”
“Non potresti, non ora. Quando sarai padre… Se sarai padre, capirai.”
La regina avrebbe voluto scorgere un po’ di luce nell’espressione del figlio, un po’ di quella solarità con cui Thor era nato e che faceva parte di lui tanto quanto quel potere che gli permetteva di oscurare il sole. Ma l’alone dorato, quello sembrava circondare Thor ovunque andasse, era sparito insieme a Loki. L’oscurità era l’unica cosa che si poteva scorgere ad occhio nudo all’interno di quel palazzo che era stato simbolo di gloria, di onore, di protezione per i membri della famiglia reale. Ora, non era altro che una gabbia che nascondeva tutte le sue orride sfumature dietro una facciata dorata.
E Frigga sapeva che, nonostante il disprezzo e il silenzio che li separava, Thor e Odino ne soffrivano in egual misura ma in modi diversi. Thor con la passione che, prima di lui, era appartenuta anche a suo padre, Odino con la stanchezza e il senso di sconfitta di un vecchio re che si era ritrovato impotente nonostante le sue passate glorie. Prima di essere re e principe, erano entrambi uomini orgogliosi costretti in ginocchio di fronte alla stessa sconfitta: Loki.
Loki, per cui entrambi non avevano dimostrato abbastanza amore.
Loki, che entrambi amavano e avevano sempre amato, sebbene uno dei due avesse deciso di comportarsi come se volesse negarlo e l’altro come se avesse improvvisamente capito che senza suo fratello nulla aveva senso. Si finisce sempre per perderle le cose date per scontate.
Thor aveva imparato la sua lezione, Odino, dopo secoli di errori, sembrava che ancora non volesse capire.
E Loki?
Loki avrebbe capito? Avrebbe creduto a quell’amore?
Loki sarebbe tornato da loro?
E se non da loro, almeno da Thor?
Già, almeno da Thor. Frigga non osava chiedere altro, non si aspettava che il loro secondogenito gli accogliesse nuovamente come suoi genitori. Per quello, probabilmente, era troppo tardi anche se Frigga moriva all’idea che il più giovane dei suoi figli non l’avrebbe più considerato una madre. Non aveva importanza che l’avesse tenuto in grembo qualcun altro, non aveva importanza che non fosse stata lei a darlo alla luce. Loki era suo figlio! Nessuno sarebbe mai riuscito a convincerla del contrario. Nessuno.
Suo figlio, il suo bambino divorato dalle tenebre, dal dolore e dall’odio. Traditore, assassino, bugiardo, lo chiamavano con mille nomi che lei non conosceva. Nomi che ancora stentava ad associare a quel figlio così diverso dagli altri bambini e fanciulli, ma che per lei era sempre stato un figlio e basta.
Se la guardia bussò nessuno dei due se ne accorse ed entrambi sobbalzarono quando entrò nella camera senza permesso, l’urgenza era evidente nella sua espressione.
Thor fece per cacciarlo in malo modo ma sua madre lo zittì gentilmente con un gesto della mano permettendo all’uomo di parlare. Le parole furono poche, chiare, veloci.
Thor chiese di ripetere perché non avrebbe accettato un malinteso, non per una questione come quella.
“Vostro padre vuole che portiate vostro fratello fuori dalle prigioni, mio principe,” ripeté la guardia cercando di mantenere una voce ferma, “ha detto che voi e la regina avete il permesso di prendervi cura di lui e delle sue ferite. Nei giorni seguenti vi convocherà nelle sue stanze per stabilire in che modo il prigioniero dovrà scontare il resto della pena.”
Frigga volle correre. Correre più veloce che poteva ma non riuscì a muovere un passo mentre si portava una mano alla bocca per soffocare un singhiozzo.
Thor fu più pronto di lei, superò la guardia a grandi passi e prese a correre per i corridoi del palazzo ignorando deliberatamene chi scontrava per sbaglio e pronto a fracassare contro il muro la testa di chiunque avesse osato fermarlo.
Nessuno dei soldati di guardia alle prigioni osò tanto e, quando raggiunse la cella di Loki, i suoi secondini avevano avuto la geniale pensata di sparire prima che il principe ereditario avesse avuto il tempo di mettere piede in quel lurido e oscuro posto. Thor scardinò letteralmente la pesante porta rinforzata che lo divideva da ciò che aveva agognato di riavere da tanto, troppo tempo.
Bastò un istante perché la rabbia e l’urgenza sparissero.
Thor fece uno sforzo enorme per evitare di guardarsi attorno, di vedere in che razza di piccolo inferno suo padre aveva recluso il più giovane dei suoi figli. Suo fratello. Un traditore, un conquistatore distruttivo, forse ma pur sempre suo fratello. Pur sempre la vittima di un destino crudele di cui la sua stessa famiglia era colpevole.
Loki era lì. Loki era ad un passo da lui e a Thor sarebbe bastato allungare una mano per toccarlo.
Ma qualcosa non andava, le dita gli tremavano terribilmente e ogni traccia di risoluzione era stata sostituita dal dolore. Il dolore peggiore.
“Loki…”
Il sogno non era mai uguale ma era sempre lo stesso.
Faceva freddo, molto freddo.
“Dobbiamo fare piano, i bambini dormono.”
C’era qualcosa di sbagliato in quella voce, c’era qualcosa di sbagliato in quel bacio. Tutto era sbagliato!
“Che c’è? L’abbiamo fatto di nascosto altre volte, non è così?”
Da che si doveva nascondere? Dai loro figli? No! Non erano i loro figli.
“Che cosa hai fatto ai bambini?”
“Di che parli?” Un altro bacio, “sono nella culla proprio accanto a noi, li ho solo fatti addormentare.”
“Voglio vederli!”
“Dopo…” Faceva freddo, tanto freddo, “avrai tutto il tempo di fare il padre ma su questo letto sei solo un uomo.”
Sembrava più una minaccia che un invito sensuale.
“Voglio vedere i miei figli!”
Occhi verdi. Sarebbe mai arrivato il giorno in cui avrebbe dimenticato il dolore e l’accusa dietro quello sguardo?
Freddo, freddo e ancora freddo.
“Perché mi tieni lontano dai miei figli?” Sussurrò quasi dolcemente, “perché mi fai questo, Nàl?”
Occhi verdi. Occhi verdi pieni di lacrime.
“Perché non posso sopportare che tu faccia tuo tutto ciò che poteva essere nostro.”
  
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