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Autore: Ari_92    11/10/2012    15 recensioni
Klaine = eternity.
Una settimana di one-shots per non dimenticarcelo :)
Day 1: Cooper + Klaine_"Misunderstand"
Day 2: Roomates Klaine_"What I did for love"
Day 3: Heroes!Klaine_"Let's be adventurous!"
Day 4: Skank/Nerd Klaine_"Put on your glasses"
Day 5: Photographer/Model_"Collecting you"
Day 6: Dalton Klaine_"The list"
Day 7: Winter in New York_"I do"
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Put on your glasses
Rating: Giallo? Arancione? The world will never know
Avvertimenti: AU, OOC (all’inizio)
Prompt: Day four, Skank/Nerd Klaine
Lunghezza: 4500 parole
Note: AU in cui Blaine fa parte degli Skanks, e Kurt accetta una proposta che porterà a risvolti inaspettati... POV!Kurt
 
 
 



Klaine week; Day#4










Skank/Nerd Klaine__”Put on your glasses”
 

Che cosa poteva fare di male un’occhiata, dopotutto?
 

Solo una piccola, minuscola occhiata: non se ne sarebbe nemmeno accorto e lui... Beh, lui era arrivato al punto di non poterne fare fisicamente a meno.
Si spinse gli occhiali sul naso con la punta dell’indice e sbirciò oltre la propria spalla, esattamente in corrispondenza dell’angolo tra l’aula di Spagnolo e il bagno dei maschi. Posto in cui di solito era meglio che lui non andasse, se il suo scopo non era aggiornarsi sugli insulti più creativi che gli altri ragazzi si erano inventati per lui, oppure sperimentare la gloriosa esperienza di avere la testa ficcata nel water.
 
Rabbrividì al ricordo, o più probabilmente alla vista della figura che i suoi occhi avevano automaticamente intercettato.
Kurt fu costretto ad allargarsi il collo della camicia con due dita, nel tentativo di deglutire correttamente.
 
Blaine Anderson.
Oh, sì.
 
Aveva perso il conto di tutti gli anni che aveva passato a guardarlo da lontano, ad arrossire come un idiota e a sentirsi stupido, perché è da stupidi innamorarsi così perdutamente di qualcuno che nemmeno ha mai avuto la decenza di rivolgerti la parola.
E perché avrebbe dovuto, dopotutto? Blaine stava sempre con Quinn Fabray e Noah Puckerman, che sembravano fare a gara tra loro per chi si vestisse più da pezzente, con dei piercing ovunque e una chioma quantomeno strana.
 
Kurt se lo ricordava ancora il primo anno, precisino e con la mania del gel per capelli: a quei tempi aveva quasi pensato di avere una singola speranza con lui.
Che razza di illuso.
Blaine non era rimasto nella baia degli sfigati per più di qualche settimana – non che gli Skanks o come diavolo si facessero chiamare fossero i più popolari della scuola, ma quantomeno nessuno si azzardava a dar loro fastidio.
 
Kurt si mordicchiò il labbro, fingendo di rovistare tra i vari scomparti in cui aveva diligentemente organizzato il suo armadietto dopo l’ultima volta che glielo avevano riempito di schiuma da barba.
Quel giorno, ad esempio. Quel giorno Blaine aveva un paio di pantaloni neri strappati in più punti – polpaccio, coscia, coscia di nuovo – infilati in un paio di anfibi slacciati, troppo grandi per lui.
Erano jeans a vita bassa, molto bassa, bassa abbastanza da permettergli di vedere distintamente le fossette che dal suo addome sparivano oltre la cintura.
Kurt deglutì un’altra volta – forse due – e stava già ammirando il modo in cui la maglietta che portava gli fasciava il petto e le braccia, lasciando scoperta qualche striscia di pelle qua e là. Poi i capelli. Quei magnifici riccioli neri con diversi ciuffi colorati di viola scuro.
 
Kurt avrebbe solo desiderato pensare che fosse sexy – ed in realtà lo pensava eccome – ma il fatto era che c’era di più.
C’era molto di più, per lui.
 
Era più o meno questa l’antifona dei suoi pensieri, quando si rese conto che Blaine aveva appena intercettato il suo sguardo.
 
Il ragazzo voltò la testa di scatto, tornando a ficcare il naso nel suo armadietto, con gli occhiali che gli scivolavano di nuovo sul naso. Dannati, dannatissimi occhiali.
Raspò alla rinfusa alla ricerca del suo libro di Biologia, proprio mentre la campanella trillava annunciando la fine dell’intervallo. E Kurt era contento: la ricreazione non era esattamente il suo momento preferito, e nemmeno i cambi d’ora, non quando Rachel – praticamente la sua unica amica – non era nei paraggi.
In ogni caso, contrariamente a quanto si aspettava, Blaine non aveva seguito Quinn e Puck fuori in giardino per l’ennesima sigaretta – non che di solito si facesse problemi a fumare in corridoio, ma tant’é.
 
Kurt si girò, e aveva Blaine davanti al naso.
 
Il ragazzo per cui aveva completamente perso la testa da quattro anni non era che a una spanna da lui, di nuovo.
 
“Guardavi qualcosa di tuo gradimento, Hummel?” Kurt abbassò lo sguardo, arrossendo come poche volte aveva fatto prima di allora. Una di queste era stata sicuramente domenica notte, esattamente cinque giorni prima e sì, avrebbe voluto morire per l’imbarazzo in quel preciso momento.
Socchiuse la bocca per dire qualcosa, ma Blaine lo precedette.
 
“Non devi rispondere. Sai, era abbastanza chiaro.”
“Cosa vuoi ancora da me?” Blaine sorrise, senza sembrare particolarmente allegro. Kurt aveva solo voglia di riavvolgere il nastro e tornare ad una settimana prima, quando Blaine non sapeva nemmeno della sua esistenza e lui... beh, lui era ancora vergine.
“Io niente, ma non si direbbe la stessa cosa per te.” Kurt sentiva le lacrime montargli agli angoli degli occhi. Rabbia, vergogna, frustrazione. Poteva dargli tutti i nomi che voleva, ma il concetto rimaneva lo stesso.
 
Come si fa a smettere di essere innamorati di qualcuno?
“Senti. Gli altri non sanno niente di tutta questa storia e mi va benissimo così, quindi evita di guardarmi come stavi facendo prima, okay? Se vuoi scopare basta farmelo sapere di persona.”
 
E sì. Ci era andato a letto.
Era successo cinque giorni prima e da allora Blaine non gli aveva più rivolto la parola.
 
Gli si era semplicemente presentato davanti chiedendo se voleva fare sesso con lui, e Kurt aveva detto di sì.
Perché era giovane, stupido e innamorato, e si tratta di tre cose che normalmente vanno di pari passo.
Blaine non aveva pronunciato una parola tutto il tempo. Non gli aveva detto di essere felice di essere lì con lui, men che meno quanto fosse bello, o cose del genere, quelle che Kurt si aspettava dalla sua prima volta.
Era andata e basta, e se prima aveva avuto qualche dubbio al riguardo ora sapeva perfettamente di essere innamorato di Blaine.
 
La domanda era come uscirne. Perché doveva uscirne.
 
“Io non voglio niente da te.” Blaine si limitò a sorridere, sollevando lentamente le mani verso il suo viso.
“Non... Non toccarmi- ” Lui non si fermò, e strinse il pollice e l’indice di entrambe le mani intorno alle stanghette dei suoi occhiali.
“Non mi risulta che tu ti sia lamentato l’ultima volta.” Gli sollevò la montatura sopra la testa, e Kurt chiuse all’istante gli occhi: tanto non avrebbe comunque visto più un accidente.
 
Avrebbe solo voluto fare un passo avanti e baciarlo.
 
“Blaine...”
“Shh.” Un attimo dopo due mani calde erano già scivolate lungo i suoi fianchi, mozzandogli il fiato in gola.
“Non vedo niente- ”
“Non ti serve vedere. Senti.”
 
Gli fece appoggiare la schiena all’armadietto, premendo il proprio corpo contro al suo. Era solo la seconda volta che Kurt lo sentiva così vicino e non poté fare assolutamente nulla per contenere il respiro affannato che gli usciva dalle labbra.
Immaginò che fossero a casa sua, anziché in un corridoio deserto. Immaginò che Blaine gli sussurrasse qualcosa di dolce.
Sentì un paio di labbra umide accarezzargli la gola, per quel poco che era scoperta, risalendo lentamente verso il suo orecchio.
 
“Hai idea di quanto questi tuoi fottuti cravattini siano eccitanti, Hummel?” Una gamba di Blaine si fece spazio tra le sue, sfregandosi sul cavallo dei pantaloni. Kurt non poté far altro che gemere e far cadere la fronte sulla sua spalla, mentre Blaine ridacchiava sommessamente, sorreggendo il suo corpo contro l’armadietto.
“Così innocente... Quella era la tua prima volta, non è vero?” Gli passò la lingua sulla conchiglia dell’orecchio, lentamente, come se si stesse impegnando a fargli notare il contrasto tra il calore della sua bocca e la pallina argentata che gli premeva sulla pelle, l’ennesimo dei suoi piercing.
Kurt nemmeno si accorse di aver iniziato a strofinarsi lentamente contro la sua coscia fino a quando Blaine non lo lasciò andare, così improvvisamente che lui per poco non cadde all’indietro per l’imprevista mancanza d’appoggio.
 
“Oggi vieni da me alle quattro. Ti ricordi dove abito, sì? Non vedo l’ora di strapparti i vestiti di dosso.”
Oh, no.
 
Non ci sarebbe cascato di nuovo.
 
 

***

 
 
Ci era cascato di nuovo.
 
E di nuovo. E di nuovo. E di nuovo.
 
Era stato più forte di lui: non aveva saputo dire di no. E ora era in un bel casino. Sapeva che fare sesso con lui si portava via ogni volta un pezzetto un po’ più grande del suo cuore – ogni mancata coccola dopo, quando Blaine diceva che dovevano sbrigarsi – ma non poteva smettere di fare quello che facevano.
Era l’unico modo che aveva per stare vicino a Blaine, la persona di cui nonostante tutto si era innamorato.
 
La stessa che di giorno in giorno si faceva sempre più distante, senza un’apparente motivo.
 
I loro incontri si erano fatti sempre più sporadici e affrettati, e lui si sentiva sempre più stupido, solo e usato. Lo sapeva dall’inizio, dopotutto.
Eppure faceva male lo stesso, ogni volta che incrociava Blaine per i corridoi e il suo cervello rievocava la sensazione di quelle labbra che percorrevano tutto il suo corpo e gli faceva presente che quel paio di occhi pieni di lussuria – per quel poco che potesse vederli, senza i suoi dannatissimi occhiali – erano tutto ciò che poteva aspettarsi da lui.
 
Quel giorno Blaine era andato in cortile per conto suo – Puck e Quinn erano probabilmente chiusi da qualche parte a cercare di concepire un altro bambino – e Kurt l’aveva seguito. Per chiedergli spiegazioni o semplicemente domandargli di tornare a letto con lui, solo per sentirlo vicino un’altra volta. Che razza di idiota. Avrebbe solo voluto che il suo cuore non battesse in quel modo ogni singola volta che lo vedeva.
 
Avrebbe dovuto odiarlo per avergli rubato la sua prima volta senza nemmeno avergli mai rivolto una parola gentile.
In realtà rubato non sarebbe stato il termine più appropriato: nella sua idiozia era stato del tutto consenziente. Kurt era stupidamente convinto che gli occhi di Blaine fossero troppo dolci per appartenere a qualcuno senza sentimenti.
Perché Kurt lo guardava sempre negli occhi, per quel poco che potesse vedere senza occhiali, quando facevano l’amor- sesso. Quando facevano sesso.
 
Blaine l’aveva fatto solo una volta, l’ultima. Poi non gli aveva più rivolto la parola.
 
“Blaine!” Kurt lo inseguì goffamente lungo tutto il cortile, senza avere un’idea precisa di cosa diavolo avrebbe fatto una volta che fosse riuscito a fermarlo.
“Blaine! Aspetta!” Blaine si fermò quando ormai si trovava sotto le scalinate degli spalti vicino ai campi da football, esattamente dove si rintanava con gli altri Skanks ogni santo giorno invece di seguire le lezioni.
Con un gesto veloce afferrò la sigaretta che teneva dietro l’orecchio e l’accese, voltandosi a guardarlo senza tradire una singola emozione.
 
“Ti ho detto mille volte di non parlarmi a scuola.”
“Lo so, ma- ”
“Hummel, lasciami in pace.”
 
Kurt non avrebbe saputo spiegare la reazione che quelle parole gli scatenarono.
Forse aveva semplicemente accumulato troppo: troppi sentimenti, troppa rabbia verso se stesso che non riusciva a fare a meno di provarli nonostante sapesse perfettamente di non andare in contro ad altro se non ad un cuore spezzato.
Il suo, per essere precisi.
 
“Blaine. Per favore...” Voleva solo sedersi per terra e piangere e non aveva la minima idea di cosa dirgli. In ogni caso, Blaine fraintese le sue parole.
Kurt lo capì non appena gli rivolse l’ennesimo di quei suoi sorrisi maliziosi, avvicinandosi di qualche passo.
Sentì il fiato mancargli e un attimo dopo – come sempre – gli aveva levato gli occhiali. Kurt abbassò le palpebre di riflesso, evitando di guardarlo con la vista appannata che puntualmente gli faceva girare la testa.
Poi sentì le dita di Blaine afferrarlo per i passanti della cintura e – in qualche modo – quel contatto lo fece scattare.
Prima ancora di rendersi conto di quanto aveva fatto sentì un rumore sordo, accompagnato dalla sensazione di bruciore al palmo della mano destra.
 
Non poteva credere di essersi davvero messo a piangere come un idiota.
Soprattutto, non poteva credere di avergli appena dato uno schiaffo.
 
“Si può sapere che cazzo ti prende?!”
E quella, in effetti, era una bella domanda. Non sapeva di poter reagire in quel modo, non aveva idea di quanto quella situazione fosse diventata pesante per lui, quanto lo facesse sentire ridicolo.
Come aveva anche solo potuto pensare di poter suscitare un qualsivoglia interesse in Blaine Anderson? Lui, Kurt Hummel, che dal primo anno non faceva che collezionare insulti per i suoi voti alti, per come si vestiva, per come parlava, perché era gay o – sospettava – per il semplice fatto che esisteva.
Era ovvio che Blaine volesse solo divertirsi con lui, era ovvio che non gli importasse niente dei suoi sentimenti; perché avrebbe dovuto, dopotutto?
Kurt avrebbe solo desiderato che fosse un incubo.
 
“Non... Non voglio più essere trattato così.” Essere più patetici non era umanamente possibile, quello era poco ma sicuro.
“Così come, Hummel? Non hai mai avuto niente da ridire mentre- ”
Non chiamarlo in quel modo. Solo... Ridammi gli occhiali e lasciami andare.”
“Qual è il tuo problema? Ti sei stancato? Nel caso non lo avessi notato la cosa è reciproca, perciò smettila di assillarmi!”
“Blaine...”
“Mi sono rotto, Hummel! Non ti ho più cercato dopo l’ultima volta, perché non puoi semplicemente lasciar perdere?!”
 
“Perché ti amo, razza di deficiente!”
 
Ed era più o meno la cosa più idiota che aveva detto nell’arco della sua intera esistenza, se non contava quell’insulto biascicato tra i denti a quel tizio della squadra di football dopo che quest’ultimo l’aveva spinto contro gli armadietti.
Gli era costato una bella dose di cazzotti, e anche una camicia nuova.
 
“Ridammi gli occhiali.” Sentì il rumore leggero di qualcosa che cadeva sull’erba, e dei passi che si allontanavano.
Quando Kurt riuscì a recuperare a tentoni i suoi occhiali, Blaine era già sparito nel nulla.
 
 

***

 
 
Quella era una follia.
Un’immensa, gigantesca, ridicola follia. Kurt lo sapeva benissimo, e naturalmente anche tutta la scuola lo sapeva benissimo visto che non faceva altro che fissarlo come se fosse un fenomeno da circo.
 
E, in effetti, era un fenomeno da circo.
 
Se con i suoi vestiti ed atteggiamenti normali si limitava ad attirare l’attenzione dei bulli, quel giorno non c’era essere umano al McKinley che non l’avesse guardato passare ad occhi sgranati.
Kurt odiava tutto questo: stare al centro dell’attenzione lo metteva in ansia, gli faceva sudare le mani e arrossire indecentemente. In quel momento avrebbe solo voluto essere a casa sua, rintanato con i suoi libri e la sua musica, invece che arrancare per i corridoi con la mano destra incollata alla fila di armadietti in modo da non andare a sbattere da qualche parte.
Non aveva gli occhiali, di mettersi le lenti a contatto non se ne parlava perché aveva troppa paura di accecarsi del tutto, vale a dire che non vedeva praticamente un accidente. Geniale.
 
Quella mattina si era messo in testa del colorante per tessuti fucsia – colorante per tessuti, qual era il suo problema? – e ora anche lui aveva uno di quei ciuffi assurdi stile Skanks.
Poi aveva rubato al suo fratellastro un paio di pantaloni neri elasticizzati che usava per fare ginnastica e ci aveva ritagliato dei buchi qua e là; aveva messo da parte le sue camicette e i suoi papillon in favore di una maglietta sformata che in tutta probabilità non aveva mai indossato, accorciandola un po’ con le stesse forbici con cui aveva bucherellato l’altro indumento.
Dulcis in fondo, i due brillantini di plastica che si era appiccicato sul naso e sul sopracciglio con la colla per ciglia finte della sua matrigna.
 
Prima di uscire non aveva avuto il coraggio di guardarsi allo specchio.
 
Tutto ciò era dovuto al fatto che, dopo due settimane filate che non vedeva né sentiva Blaine Anderson, Kurt Hummel era giunto alla brillante conclusione che il motivo per cui lui non ricambiava i suoi sentimenti era il suo aspetto, il fatto che fosse talmente in basso nella scala sociale della scuola che non poteva nemmeno dire di farne parte in assoluto, della scala sociale.
 
Blaine non voleva un ragazzino timido con il balbettio facile e una schiera di ragazzi pronti a malmenarlo alle calcagna, in caso contrario non si sarebbe unito a quel gruppo di deviati sociopatici e si sarebbe tenuto il suo gel per capelli.
Blaine voleva un bel ragazzo, sicuro di sé e magari che riuscisse a tirare una boccata di sigaretta senza tossire per un quarto d’ora. Ci avrebbe lavorato, su quello. Tastò in corrispondenza del suo fianco, dove avvertì la presenza rassicurante dei suoi occhiali: se se la vedeva davvero brutta poteva sempre metterli e correre via riuscendo a distinguere dove fosse l’uscita di emergenza più vicina.
 
Kurt identificò le figure sfocate di altri studenti che lo fissavano sbigottiti, ma proseguì imperterrito fino all’angolo tra l’aula di Spagnolo e il bagno dei ragazzi, posto che aveva evitato per tutti quei giorni, intento a mettere a punto il suo discutibile piano.
 
C’erano tre persone, in effetti. Il solo realizzare che una di loro fosse Blaine gli mandava il cuore a mille. Si fece coraggio e attraversò il corridoio, diretto verso il gruppetto degli Skanks.
Dio, era il giorno più brutto della sua vita.
 
“Ciao!”
Okay, forse era stato un po’ troppo allegro. Dopotutto gli Skanks sono anticonformisti, depressi e cose del genere. Giusto?
“Uhm... Che schifo la vita, eh?”
Si sentiva molto fiero di se stesso. Se solo avesse potuto vedere qualcosa, si sarebbe accorto di come Quinn lo fissava con aria sbigottita, o di Puck, che si teneva una mano sulla bocca per non scoppiare a ridere.
E poi c’era Blaine. Blaine sorrideva. Di un sorriso diverso da quelli che gli aveva rivolto fino ad allora.
 
“E tu chi diavolo sei?”
“Kurt.” Oh, stava andando alla grande!
“Ottimo. Perché non ti levi dalle palle, Kurt?” Okay, forse non proprio alla grande.
 
“Ragazzi... Potreste aspettarmi fuori?” Puck roteò gli occhi.
“Non metterci troppo, B.” Blaine lo liquidò con un gesto della mano, tornando a concentrare la sua attenzione su Kurt.
 
Kurt, che per qualche strano motivo aveva deciso di conciarsi in quel modo, Kurt che come al solito non vedeva a un palmo dal naso. Kurt e i suoi dannati maglioncini in serie, i suoi libri, le cuffie nelle orecchie e la testa tra le nuvole.
 
Kurt, che per Blaine aveva smesso di essere Hummel da quando quello che doveva essere solo sesso era diventato qualcos’altro, vale a dire più o meno dalla prima volta che l’aveva spogliato, l’aveva visto arrossire, sentito tremare ed era stato come se qualcosa dentro di lui si fosse spezzata.
 
E Blaine aveva pensato di poter gestire tutto questo.
Aveva pensato che sarebbe stato sufficiente non guardare dentro quei suoi meravigliosi occhi chiari per non sentirsi perso del tutto.
Aveva pensato che sarebbe bastato togliergli gli occhiali e fargli abbassare le palpebre per salvarsi da se stesso.
Quel se stesso che con tanta cura aveva nascosto dietro un muro di capelli tinti e ferraglia.
 
Perché Blaine aveva sempre invidiato il coraggio di Kurt.
Era rimasto a bocca aperta al modo ostinato con cui continuava ad essere se stesso, ignorando tutti gli altri. A lui erano bastate tre settimane per sapere che non ci sarebbe riuscito.
 
Si chiese se fosse troppo presuntuoso da parte sua sperare di avere un’ultima possibilità con lui. Si chiese se avrebbe mai potuto stringerlo come ogni volta si impediva di fare, dopo che erano stati insieme.
Si chiese se dopo tutto quel tempo passato ad odiare se stesso e maledirsi per sentire le gambe cedergli ogni volta che guardava Kurt Hummel avrebbe semplicemente potuto incontrare i suoi occhi e ricordarsi cosa significava tenere davvero a qualcuno, abbastanza da essere pronti a rinunciare al proprio stato di invulnerabilità pur di non sentirselo strappare via dalle mani.
 
Kurt attese, in silenzio.
Non sapeva cosa fare, cosa dire né cosa pensare. Gli sembrava essere passata un’eternità quando Blaine si decise finalmente ad aprire bocca.
“Ti aspetto dopo la scuola sugli spalti dello stadio di football.”
“Potrò entrare a far parte degli Skanks...?”
“...Tu vieni e basta.”
 
Kurt poté distinguere vagamente la sua figura allontanarsi per il corridoio e, solo una volta che fu del tutto scomparso dal suo poco considerevole campo visivo, si concesse il lusso di rimettersi gli occhiali.
Blaine li odiava, questo era abbastanza ovvio.
 
Il ragazzo rimuginò qualche istante sulle ultime parole che l’altro gli aveva rivolto: avrebbe dovuto raggiungerlo davvero al campo di football? Non si era già reso abbastanza patetico? Blaine meritava sul serio tutto questo?
Razionalmente no, nel modo più assoluto, e Kurt era una persona estremamente razionale. Il problema stava nel fatto che tutto questo perdeva di consistenza, quando si parlava di Blaine. Era colpa dei suoi occhi: Kurt si era innamorato della loro rassicurante dolcezza che – per quanto Blaine si sforzasse di comunicare l’esatto contrario – era del tutto lampante.
 
Scosse brevemente la testa, mentre la campanella suonava l’inizio della prima ora.
Se non altro aveva di che distrarsi nell’attesa: sopravvivere un’intera giornata conciato il quel modo avrebbe richiesto un notevole dispendio di energie.
 
 

***

 
 
Un campo da football deserto è qualcosa di impressionante.
O almeno era questo che pensava Kurt quando lo raggiunse, dieci minuti dopo la fine delle lezioni: le poche volte che era stato in quel posto – di solito non poteva nemmeno avvicinarsi all’area di gioco senza beccarsi una pioggia di sospensori addosso – era sempre rimasto colpito da quante persone potesse contenere.
Vederlo completamente vuoto metteva una certa tristezza o, più probabilmente, era lui a non fare altro che riflettere il suo stato d’animo sul paesaggio circostante.
 
Kurt sospirò e si tolse in fretta gli occhiali, preoccupato all’idea che Blaine lo trovasse così e non gli permettesse più di fare parte degli Skanks.
Raggiunse gli spalti barcollando un po’ e si arrampicò sulle scalinate, in attesa.
 
Kurt rimase lì a lungo, sempre più convinto che Blaine gli avesse dato buca.
Non aveva sentito arrivare nessuno. Non aveva idea da quanto tempo un ragazzo stesse trattenendo il respiro, pochi gradini più in alto di lui.
 
Fino a quando un paio di mani si posarono sui suoi occhi.
Kurt sussultò.
 
“Sei... Sei tu?” Il ragazzo gli tolse le dita dal viso, scivolando accanto a lui sulla scalinata. Ed era ovvio che fosse Blaine, ma era... Era diverso. Se solo fosse stato un po’ meno cieco avrebbe saputo anche spiegarne la ragione.
Prima che potesse pronunciare una singola parola, lui l’aveva già preceduto.
 
“Ciao. Io sono Blaine.”
“...Sì, questo lo so- ”
“No, fidati. Non lo sai.”
 
Stava per chiedergli di cosa diavolo stesse parlando, quando le sue dita gli raggiunsero il viso: in un istante aveva eliminato entrambi i presunti piercing che si era incollato addosso.
“Uhm... Non avevo tempo di farmene di veri, ma se mi prenderete negli Skanks...”
“E non te li farai.”
“...Cosa?”
“Rimettiti gli occhiali.”
“...”
 
Blaine li prelevò con sicurezza dall’elastico dei suoi pantaloni, esattamente dove Kurt aveva tenuto la mano tutto il tempo. Glieli infilò con qualcosa di simile alla dolcezza. Kurt l’avrebbe definita così se solo si fosse potuto concedere il lusso di farsi illusioni. Sbatté le palpebre qualche volta, di secondo in secondo più stranito.
 
“Blaine? I tuoi capelli- ”
“Ho una passione sfegatata per il gel. Amo Katy Perry, mi viene da vomitare ogni volta che fumo una sigaretta e quando canto – perché sì, canto – tendo a salire su tutti gli oggetti che mi capitano a tiro. Mi piace tirare di box, colleziono papillon da quando ho cinque anni e non ho mai detto queste cose a nessuno, prima d’ora.”
 
Kurt era semplicemente a bocca aperta.
 
Cosa significava? Perché Blaine gli stava dicendo quelle cose? Perché si era riempito da testa di gel come faceva i primi giorni di liceo e per quale ragione non cercava di nascondere il modo meraviglioso in cui i suoi occhi si illuminavano quando era felice?
 
 “Lo so che è tardi. Lo so che ho rovinato tutto e che sarebbe stupido chiederti di dimenticare tutto quello che ti ho detto in queste settimane, ma Kurt, mi dispiace.”
 
Uh, oh.
Kurt non era nemmeno sicuro che conoscesse il suo nome: il modo in cui lo pronunciava era qualcosa di meravigliosamente impressionante.
Poi si rese conto del resto della frase.
 
“Ti-Ti dispiace?”
“Di non averti fatto sentire speciale. Di essermi comportato da stronzo per tutto questo tempo e di essermene andato quando hai detto di amarmi.” Kurt arrossì fino alla punta delle orecchie, sbattendo ripetutamente le palpebre.
“Oh, quello... Possiamo fare finta che non sia successo?- ”
“No. Perché è importante. Tu sei importante.” Poi sorrise.
“Basta che non ti vesti più in questo modo.”
 
Kurt era a metà strada tra l’iperventilazione e l’attacco di cuore.
Così non si era sbagliato, quando credeva che dopotutto – sotto tutti quegli strati di piercing – Blaine era la stessa persona che gli aveva fatto battere il cuore la prima volta, quando entrambi non erano altro che due matricole terrorizzate.
 
Con la differenza che lui non aveva mai rinunciato a se stesso; Blaine l’aveva fatto.
 
“Oh, questo è sicuro...” Acconsentì, guardando con occhio critico i buchi della sua maglietta.
“Pensavo di lasciare gli Skanks.” Mormorò Blaine qualche istante più tardi, tradendo una nota di agitazione nella voce che mai una volta si era lasciato sfuggire in quegli anni. Ed era buffo in effetti, come tutto il loro mondo si fosse capovolto all’improvviso: mentre Blaine ritrovava se stesso, Kurt scopriva che finire un giorno sì l’altro anche con la testa nel water non significa essere deboli.
 
Serve coraggio per rimanere fedeli a ciò che si è e – se possibile – ancora di più per tornare suoi propri passi e riprovarci.
 
“Devi fare quello che ti rende felice.” Disse Kurt e, per quanto potenzialmente scontata, quella frase era più o meno la soluzione a qualsiasi cosa.
Tu mi rendi felice.”
“...Posso baciarti?” Blaine sorrise – senza malizia, solo... sorrise.
E Kurt lo prese come un sì.
 
 

***

 

07:43
– Ti vedo :) -K. –
 
07:44
– Anch’io... -B. –
 
07:46
– Beh? Pensi di rimanere in macchina tutto il giorno? Non andiamo in classe insieme? -K. –
 
07:49
– ...E se tornano a prendermi in giro? Se prendono in giro entrambi? Se ci fanno degli scherzi idioti e vandalizzano i nostri armadietti? -B. –
 
07:50
– Io ho te e tu hai me. E questo non può toccarlo nessuno, e poi... -K. –
 
07:51
– E poi? P.S. Ti amo. –
 
07:53
– Courage ♥ P.S. Anch’io. –


***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
Hi guys :)!!
Non avete idea di quanto AMO i parallelismi incrociati. No, sul serio: appena posso ne infilo uno da qualche parte *-*!
...Che dire di questa Shot? All’inizio pensavo di buttarmi semplicemente su una storiella OOC, ma poi non ce l’ho fatta. Dopotutto questa è la Klaine week, e non avevo la minima voglia di stravolgere completamente i personaggi proprio in questi giorni: amo la Klaine per quello che è, dolce innamorata e coraggiosa.
Spero che vi sia piaciuta: è stato il primo prompt che ho scritto :)!
Oh, e domani photographer/model! È la mia Shot preferita! Spero piacerà anche a voi!
Un bacione alle meravigliose 11 persone che hanno recensito Heroes: siete l’amore <3
A domani e, citando Blaine di Glee e il Kurt di questa Shot, courage <3
  
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