Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: Ari_92    12/10/2012    18 recensioni
Klaine = eternity.
Una settimana di one-shots per non dimenticarcelo :)
Day 1: Cooper + Klaine_"Misunderstand"
Day 2: Roomates Klaine_"What I did for love"
Day 3: Heroes!Klaine_"Let's be adventurous!"
Day 4: Skank/Nerd Klaine_"Put on your glasses"
Day 5: Photographer/Model_"Collecting you"
Day 6: Dalton Klaine_"The list"
Day 7: Winter in New York_"I do"
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: Collecting you
Rating: Verde
Avvertimenti: AU, fluff
Prompt: Day five, Photographer/Model Klaine
Lunghezza: 6000 e passa parole
Note: AU in cui Kurt è un modello e cerca di dare una mano a Blaine – il suo migliore amico fissato con la fotografia – a farsi conoscere nel settore. POV!Kurt
 
 



 
 
Klaine week; Day#5




Photographer/Model__”Collecting you”



“Okay Kurt, un’ultima serie e abbiamo finito.”
 
Il ragazzo annuì stancamente e ricacciò le mani nelle tasche dei jeans griffati che indossava, tenendo gli occhi fissi nell’obbiettivo della macchina fotografica.
“...Così?- ”
“Di spalle. Ecco, voltati un altro po’, bene. Continua a guardare in camera.”
Kurt seguì passivamente tutte le direttive, concentrandosi per mantenere uno sguardo almeno apparentemente intenso e concentrato: quando ti fai fotografare con un’espressione da idiota non c’è Photoshop che regga.
 
L’ultima serie durò più a lungo di quanto Kurt non si augurasse: i diffusori per l’illuminazione avevano pensato bene di mettersi giù di posto proprio durante gli scatti finali, cosa che aveva costretto i tecnici a riposizionare tutto da capo, fare qualche foto di prova e – finalmente – portare a termine quel benedetto servizio.
 
Quando i riflettori si spensero, fuori era già buio pesto.
Kurt raggiunse in fretta la giacca leggero che aveva lasciato sulla sedia dell’ingresso: quando le luci potenti dei fari smettevano di battergli sulla pelle il freddo si faceva sentire immediatamente.
“Abbiamo finito per oggi. Mi raccomando, ricordati che sabato pomeriggio alle quindici- ”
“Abbiamo un altro servizio all’aperto, lo so.” Paul annuì, battendogli una mano sulla spalla.
 
Kurt non avrebbe mai deciso se essergli grato o maledirlo a vita.
 
Era stato lui a notarlo per primo, quando non era altro che il tipico ragazzino di provincia approdato a New York con sogni mille volte più numerosi dei progetti che in effetti aveva in ballo: nessuno, nel suo caso.
Paul l’aveva semplicemente fermato in mezzo alla strada affermando di essere rimasto estremamente colpito da lui e proponendogli una considerevole somma di denaro in cambio di qualche singolo scatto di prova, giusto per vedere come si muoveva davanti a un obbiettivo.
Kurt aveva accettato, intanto perché aveva un disperato bisogno di soldi, in secondo luogo l’idea di fare da modello per qualcuno – nella sua testa – era qualcosa di estremamente divertente e gratificante.
 
Aveva scoperto in fretta che il suo non era che un lavoro come un altro: stancante, snervante, con orari a mala pena sostenibili. Dalla sua aveva che Paul l’aveva preso sotto la sua ala sin dall’inizio, e non si faceva alcuno scrupolo a pagarlo profumatamente: di soldi ne aveva anche troppi, e comunque era una fortuna che la rivista minore per cui lavorava – oltre alle altre dozzine di progetti in cui era immischiato – apprezzasse Kurt almeno quanto lui.
Paul gli ripeteva che avrebbe sfondato, a Kurt non importava poi più di tanto.
Quei soldi gli servivano per continuare a studiare musica nonostante tutti i nuovi impegni e le pressioni cui era sottoposto: non avrebbe rinunciato a Broadway così facilmente, non era da lui.
 
Tutto lo staff, uno dopo l’altro, uscì dalla stanza che avevano affittato per il servizio di quel giorno; chi con il treppiedi sotto braccio, chi con lo sfondo arrotolato. Al solito, gli ultimi ad uscire furono Kurt – dopo essersi cambiato – e Paul, che si attardò con lui ancora un po’ per rivedere gli ultimi dettagli degli appuntamenti futuri.
Dopo il servizio di sabato, Kurt avrebbe avuto tre intere settimane di ferma prima del successivo set.
Era più di un anno che non poteva concedersi una pausa così lunga e si sarebbe messo a ballare dalla gioia se solo le gambe non gli avessero ancora formicolato per tutte quelle ora in piedi.
 
Paul se ne andò verso casa con la sua solita aria allegra, come se starsene seduto a dirgli cosa fare per tutto il pomeriggio fosse il suo passatempo preferito, e Kurt iniziava seriamente a sospettare che lo fosse sul serio.
Il ragazzo si strinse nelle spalle e – invece di proseguire dritto in direzione del proprio appartamento – decise di passare a fare visita al suo migliore amico. Che poi non era una grande deviazione visto che abitavano in due palazzi praticamente adiacenti, tanto che Kurt a distanza di anni ancora si domandava perché non la facessero finita e andassero a vivere insieme e basta, dato che erano praticamente sempre l’uno a casa dell’altro e viceversa.
Fortunatamente, il set non era che a qualche isolato da dove vivevano.
 
 

***

 
 
“Blaine? Blaine! Vuoi farmi entrare?!”
“Aspetta, arrivo subito...”
“Sono dieci minuti che lo dici! Guarda che me ne vado- ”
 
Blaine aprì la porta in quel preciso istante, con i ricci arruffati e un sorriso a trentadue denti dal quale suo malgrado non riuscì a non essere contagiato: era sempre così, con lui. Un’esplosione di energia che in qualche modo gli ricaricava le batterie; lo era stato fin dai tempi del liceo.
Kurt lo abbracciò automaticamente, e lui ricambiò stritolandolo a sua volta.
 
“Ciao! Ho appena finit- Blaine! Metti giù quell’affare!”
Blaine, al solito, stava già brandendo la sua amata macchina fotografica, puntandola – minacciosamente, agli occhi di Kurt – verso di lui.
No...”
“Ti prego. Una sola!” Kurt sospirò rumorosamente.
 
Fosse stato per Blaine, avrebbe fatto foto a qualunque cosa – dagli esseri umani alle gomme da masticare – a qualunque ora del giorno e della notte. Aveva perfino dimezzato il suo bagno pur di crearsi una camera oscura a regola d’arte e davvero, a Kurt stava bene tutto questo.
La parte negativa stava nel fatto che a quanto pareva doveva fargli almeno una dannatissima fotografia tutte le volte che si vedevano. Vale a dire tutti i giorni, anche più volte al giorno.
 
“Dai! Sorridi, Kurtie!”
“Solo se non mi chiami così.” Brontolò, tendendo le labbra in un sorriso forzato.
“Più naturale.”
“Provaci tu dopo cinque ore con uno di quegli affari davanti al naso- ”
“Kurt.”
“Sì, sì. Okay.”
Prese un profondo respiro e sorrise più placidamente. Blaine – da dietro la macchina fotografica – gli fece il conto alla rovescia con tre dita. Per un pelo Kurt non venne con gli occhi sollevati in aria. L’istantanea schizzò fuori dalla macchina di Blaine, che la afferrò delicatamente tra pollice ed indice, sventolandola in aria.
 
“Sai, inizio a pensare che tu abbia una specie di stanza segreta in cui appendi al muro tutte le foto che mi fai. Tipo i serial killer che allestiscono un delitto.” Blaine sciabolò le sopracciglia, rifilandogli una gomitata amichevole.
“Cosa ti fa credere il contrario, esattamente?”
“Okay, ora ho paura.”
Blaine ridacchiò e gli fece cenno di entrare, richiudendo la porta al suo passaggio. Kurt proseguì a colpo sicuro lungo lo stretto corridoio che dava sul salotto del suo migliore amico: come al solito era completamente sottosopra.
 
Riviste di maniaci di fotografia erano accatastate in pile voluminose tutt’intorno al divano, sul tavolino e sulla poltrona; rullini vuoti erano sparsi un po’ ovunque, così come vari modelli di macchine fotografiche – più o meno costose – in bella mostra sulle varie mensole appese alla parete, tra un libro e l’altro.
L’unico tratto vagamente umano di quel salotto erano le due tazze sporche di cioccolato in bilico sul bordo esterno del tavolo, le stesse in cui quella mattina avevano consumato insieme la colazione.
 
“Posso offrirle qualcosa, mister top model? Non sono certo di avere qualcosa di adatto ai suoi standard.” Scherzò Blaine, facendo un ridicolo inchino in sua direzione.
“Una tazza di latte andrà benissimo.”
“Uhm... Quella dovrei averla.”
Kurt scosse la testa senza smettere di sorridere, e andò a ficcarsi in uno dei pochi centimetri di sofà liberi da tutte le cianfrusaglie che il suo amico amava accumulare. Storse il naso, spostando cautamente una pila di riviste.
“Blaine? Sai come potresti fare successo?”
Un rumore di stoviglie lo raggiunse dalla cucina, seguito da un grugnito infastidito di Blaine. Quel ragazzo rompeva più piatti di quanti non ne avesse spaccati lui, all’epoca della convivenza con il suo fratellastro. La differenza stava nel fatto che Kurt almeno cercava di colpire Finn: di sicuro una botta in testa non gli avrebbe fatto male.
 
“Come?”
“Hai presente quella sitcom locale, in Ohio? A casa dei gattari?” Blaine riemerse da dietro l’angolo, con due tazze di latte in mano e un’aria teatralmente affranta.
“Non sei divertente.”
“Non sto scherzando. Questo posto è talmente osceno che passeresti le selezioni come ridere.” Blaine roteò gli occhi, sprofondando nel posto accanto al suo e porgendogli il latte.
“Spero ti vada di traverso.”
“Uhm. No, sul serio. Ho una proposta per te.” Cominciò Kurt, incrociando le gambe sulla stoffa imbottita.
 
In effetti era parecchio tempo che si riproponeva di affrontare quel discorso con Blaine; fosse stato per lui gliene avrebbe parlato subito, ma non voleva che traesse la conclusione che lo facesse solo per compassione o perché erano migliori amici dalla terza liceo: non era affatto così. Kurt riteneva davvero che Blaine avesse un talento straordinario per la fotografia; magari un tantino maniacale, ma comunque straordinario.
Quella che aveva intenzione di dargli – sempre se tutto fosse andato come previsto – non era altro che un’opportunità.
 
“Se è un’altra delle tue battutine- ”
“No, senti. Sabato pomeriggio ho l’ultimo set del mese, poi ci sono tre settimane di ferma. Ho intenzione di chiedere a Paul se potrai essere tu il fotografo del mio prossimo servizio.” Disse lentamente, assicurandosi che non si perdesse nemmeno una parte di quel breve discorso – Blaine sapeva essere tremendamente distratto. Il moro lo fissò con tanto d’occhi, con un’aria talmente inebetita che Kurt sarebbe scoppiato a ridere se solo fosse stato un momento più consono.
 
“Dici... Dici sul serio?”
“Certo. Lo sai che Paul mi adora. Basterà chiederglielo gentilmente e di sicuro ti concederà qualche scatto di prova. A quel punto gli basterà guardare le foto per capire di non potersi lasciare sfuggire l’occasione di averti nello staff.” Blaine gli rivolse un sorriso raggiante.
“E allora staremmo insieme tutto il giorno, e tu non potrai lamentarmi di me che ti faccio delle foto!”
“...Ecco. Questa è una prospettiva già più inquietant- Uhmf!”
Blaine gli si era letteralmente gettato addosso e Kurt ringraziò il cielo di essere riuscito – in uno sprazzo di lucidità – a tenere la sua tazza di latte in equilibrio sopra di loro; in caso contrario sarebbe stata travolta anche lei dall’entusiasmo di quell’abbraccio.
 
“Grazie, Kurt. Ti voglio bene.”
“Sì, lo so. Ricordati che non c’è ancora niente di fatto- ”
“Però tu hai pensato a me. Questo è l’importante.”
 
 

***

 
 
“Kurt! Smettila di coprirti! Più disinvolto.”
Il ragazzo chiuse gli occhi per qualche secondo, nel tentativo di scacciare l’imbarazzo e concentrarsi.
 
D’accordo, era innegabile che fosse davvero poco professionale da parte sua, ma a distanza di anni ancora non riusciva ad apparire completamente a suo agio quando doveva posare senza maglietta, o comunque meno vestito del solito.
Riprovarono per un altro paio di minuti, con Kurt che tentava in tutti i modi di tenere lo sguardo puntato in avanti. I risultati non furono particolarmente soddisfacenti.
 
“Okay, basta. Per carità.” Asserì Paul e, ad un suo schiocco di dita, l’intero staff iniziò a smontare frettolosamente il set e Kurt poté finalmente tirare un sospiro di sollievo. Sapeva benissimo che l’arrivo della bella stagione implicava l’introduzione di un altro tipo di abbigliamento, ma semplicemente non era in grado di farci l’abitudine e – puntualmente – non riuscivano ad andare oltre la semplice t-shirt sbottonata.
Non importava quanto tempo sarebbe rimasto a New York: ci sono cose che fanno parte di noi e basta, non importa dove, come e quando vivi. Kurt ne aveva diverse: una di queste era imbarazzarsi nel rimanere mezzo nudo di fronte a tutta quella gente; aveva come l’impressione di non essere l’unico.
 
“Kurt? Posso parlarti per un secondo?” Il ragazzo sospirò e raggiunse Paul, mentre si riabbottonava la camicetta primaverile che indossava il più in fretta possibile.
“Senti, lo sai che ti adoro. Però devi seriamente fare qualcosa per questa fobia da pelle scoperta, ci siamo intesi?” Kurt annuì di malavoglia, evitando il suo sguardo.
Per aver intendere aveva inteso, il problema era fare davvero qualcosa di concreto al riguardo. Si strinse nelle spalle: al momento aveva una questione ben più urgente da affrontare.
“Per ora terrò la prima parte e le foto meno peggio della seconda. Ma in queste settimane vedi di lavorarci, okay?”
 
“Sì, sì certo. Senti Paul, avrei una proposta da farti.”
Lui lo guardò per qualche lungo secondo, per poi annuire lentamente tentando con scarsi risultati di nascondere il suo interesse.
Paul era il tipo di persona elettrizzata dalle novità, pronta a buttarsi a capofitto in ogni iniziativa che ritenesse anche solo vagamente stimolante: proprio per questo Kurt confidava così tanto di mettere in porto la faccenda di Blaine.
“Vedi, il mio migliore amico è appassionato di fotografia fin dai tempi del liceo, e lo so di non essere la persona più qualificata per dirlo, ma è davvero bravo. Quindi mi chiedevo... E se gli dessi una possibilità?”
Paul lo fissò con tanto d’occhi, accennando un sorriso divertito.
 
“...Mi stai suggerendo di dare il benservito al mio fotografo e far subentrare un tuo amico senza un minimo di esperienza?” Chiese con le sopracciglia sollevate e, più che pienamente contrario, sembrava curioso della sua risposta. Era sempre così con lui: bastava premere sul punto giusto ed era praticamente fatta.
“Certo che no. Però è un talento, Paul: potresti pentirti di non avergli dato nemmeno una possibilità.” Gli disse con serietà, giocandosi il tutto per tutto. Paul annuì brevemente e incrociò le braccia al petto, sospirando pesantemente.
 
“Quindici scatti, Kurt. Gli concedo quindici scatti per impressionarmi.”
“Davvero? Oh, grazie- ”
“A patto che sia tutto a sue spese, che li facciate entro queste tre settimane di pausa e con vestiti tuoi.”
 
Considerando il tipo di richiesta, era anche più di quanto non si potesse aspettare.
 
 

***

 
 
Quando Kurt aveva dato a Blaine la bella notizia, poco c’era mancato che non gli incrinasse una costola tanto l’aveva abbracciato stretto.
Non era sembrato per niente turbato dalle numerose condizioni a cui dovevano attenersi: avere quell’opportunità in assoluto era talmente gratificante che a stento riusciva a vederne gli aspetti negativi.
Proprio per questo la mattina di cinque giorni più tardi Kurt – in piedi davanti alla porta di casa di Blaine – era così agitato.
In fin dei conti, per quanto indispensabile fosse il talento del suo migliore amico, la realizzazione di quel progetto dipendeva in gran parte da lui. Naturalmente aveva intenzione di dare il massimo, si augurava solo che tutta quella pressione si rivelasse negativa sul rendimento effettivo.
 
“Ehi! Buongiorno.” Cinguettò allegro Blaine, spostandosi qualche ricciolo dalla fronte con la punta delle dita. Considerando che prima delle dieci di solito non si esprimeva in altro modo se non con mezze sillabe assonnate, quello era decisamente un bel passo avanti.
 
“Ciao, Blaine!”
“Per una volta non potrai lamentarti quando ti fotografo.” Osservò lui, prendendolo per mano e trascinandolo in casa.
“E dovrai anche sottostare ai miei ordini! Oh, giorno felice!”
“...Sottostare ai tuoi ordini? Blaine, mi sa che hai una visione un tantino distorta dei servizi fotografici- ...Oh mio Dio.”
Kurt si fermò all’ingresso del soggiorno, incapace di mettere un passo dietro all’altro.
 
Il salotto di Blaine... non era più il salotto di Blaine.
 
Cercò istintivamente con lo sguardo dove avesse ammassato tutte le sue benedette riviste di fotografia, o i rullini usati: non ne trovò la minima traccia. La stanza era sgombra, perfettamente pulita e il divano era stato spinto contro al muro per fare spazio a un cavalletto e una schiera di macchine fotografiche disposte ordinatamente su quel tavolino di cui fino all’ultima volta Kurt non aveva nemmeno mai avuto l’onore di vedere il colore, tanto era sepolto da cianfrusaglie.
Inoltre la finestra era spalancata – lasciando entrare la luce diretta del sole – e sulla libreria di fronte era stato attaccato uno di quei grandi teli bianchi che usavano sempre nei servizi al chiuso, e qualche luce.
 
“...Questa non può essere casa tua.”
Constatò qualche secondo di silenzio basito più tardi. Blaine scoppiò a ridere, aiutandolo a togliersi la giacca leggera che indossava.
“Sì, anch’io faccio fatica a crederci.” Kurt strinse un po’ più forte la scatola di vestiti che aveva portato, mentre una parte del suo cervello gli faceva distrattamente notare che – in assoluto – non era mai stato più nevoso per un servizio fotografico.
 
“Va bene, vai a vestirti e cominciamo subito.”
 
 

***

 
 
Era stato divertente – tipo, assurdamente divertente – fino a quando il gioco era finito.
 
Si erano presi il loro tempo, avevano scherzato, avevano alternato un paio di scatti seri a un’infinità di stupidaggini, Kurt si era cambiato almeno una dozzina di vestiti e in bagno c’era una specie di deposito di magliette e pantaloni spiegazzati; tuttavia, fu più o meno allo “sbottonati la camicia” di Blaine che era andato nel panico.
 
Odiava fare quel tipo di servizi – per quanto insensato ed immaturo fosse – e pensare di dover mostrare al suo migliore amico quando fosse schifosamente impacciato gli mandava il sangue al cervello: Blaine l’avrebbe canzonato a vita, o peggio.
Poteva immaginare perfettamente i loro spettri rincorrersi nell’oltretomba a suon di prese in giro.
Blaine fece capolino da dietro l’obbiettivo, in attesa.
 
“Mi hai sentito?”
“No.”
“Ti ho chiesto di sbot- ”
“Cioè, sì. Ho capito. È solo che non voglio farlo.”
 
Disse semplicemente, evitando il suo sguardo: non aveva più avuto bisogno di evitare lo sguardo di Blaine da quando gli aveva confessato di avere quella stupida cotta per lui, in terza liceo. Dopo che Blaine aveva cantato quella serenata al ragazzo del GAP: tempismo eccezionale, davvero.
 
“...Perché, scusa? Se hai freddo posso accendere il riscaldamento.” Si offrì Blaine, sinceramente stupito.
“No, è che... Ho sempre avuto un po’ di problemi in questa parte.” Ammise, ridacchiando con una buona dose di nervosismo.
“Finché devo posare vestito con sciarpe e cappotti va tutto bene, ma quando devo farlo senza maglietta... Beh...”
Al contrario di quanto pensava, Blaine non gli rise in faccia. Piuttosto sorrise, guardandolo dolcemente negli occhi.
 
Kurt si sentì strano.
 
“Aspetta.” Abbandonò definitivamente la macchina fotografica e si avvicinò abbastanza da sfiorargli il collo della camicia con le dita.
“C-Che stai facendo?”
Blaine fece scorrere le mani fino ai primi bottoncini di plastica, sgusciandoli agevolmente dalle asole. Kurt, per quanto si stesse sforzando, non riusciva a formulare un pensiero coerente: sentì la sua pelle sfiorarlo appena ad ogni nuovo movimento, e aveva completamente dimenticato di doversi sentire in imbarazzo.
Tutto ciò su cui era in grado di concentrarsi era il suo migliore amico e il nuovo, improvviso scalpitio del suo cuore, abbastanza forte da lasciarlo stordito più di un attimo.
 
Senza che lui se ne rendesse davvero conto, Blaine era già arrivato fino all’ultimo bottone della sua camicia.
Separò appena i lembi di tessuto, facendolo deglutire.
 
“Visto? Ci riesci benissimo, Kurtie.”
A Kurt non sfuggì il tono traballante nella sua voce, né il modo in cui continuava a far spaziare gli occhi dalla sua clavicola fino all’ombelico.
A un tratto, Kurt non era più così sicuro di stare respirando normalmente.
 
“Uhm... Resta così.” Tolse goffamente le mani dalla sua camicia e si voltò di scatto verso il cavalletto, al quale fu di ritorno un istante più tardi. Blaine sembrava turbato; Blaine non era mai turbato. Appoggiò le dita sulla macchina fotografica e le tenne lì, mentre continuava a guardarlo.
“...Blaine?” Lui si scosse e improvvisò un mezzo sorriso, sparendo velocemente dietro all’obbiettivo.
 
Kurt se ne stava lì, con la mente annebbiata, spostando il peso da un piede all’altro.
“Come devo mettermi?”
“Apri un po’ la camicia e girati a tre quarti verso la finestra.” Kurt fece come gli era stato detto, tenendo gli occhi fissi sulle imposte.
 
Era buffo, sotto un certo aspetto.
Era dai tempi del liceo che non si sentiva tanto turbato dalla presenza di Blaine, da quando gli era risultato fin troppo ovvio che tra loro non ci sarebbe mai potuto essere altro se non pura e semplice amicizia.
Col tempo avevano avuto modo di diventare una specie di punto fermo nelle reciproche esistenze: appena ad uno dei due succedeva qualcosa, il primo a venirlo a sapere era l’altro; anche quando non succedeva niente, in realtà. Kurt aveva avuto talmente tanto tempo per godere dell’amicizia di Blaine da aver dimenticato che cosa si provasse ad esserne innamorato.
Perché sì, c’era stato un periodo in cui era innamorato di lui. Lo amava nel modo stupido, cieco e totalizzante in cui amano gli adolescenti, ma lo amava.
 
Di punto in bianco, in quella stanza, in quel momento, dopo anni, Kurt iniziava a ricordare perché.
 
“No.” Lo ammonì dolcemente Blaine.
“Guarda me.”
Kurt girò la testa, lasciando che i bordi della camicia accarezzassero la sua pelle. Guardò dritto nell’obbiettivo, perché sapeva che Blaine lo stava osservando attraverso quest’ultimo.
“Perfetto. Non muoverti...”
 
Perché Blaine aveva gli occhi più dolci, più belli che avesse mai visto in tutta la sua vita.
“Okay. Ne faccio un’altra, tu continua a guardarmi.”
Perché adorava quando Blaine sorrideva, ma soprattutto adorava quando lo faceva a causa sua.
“Piega la testa in alto, appena un po’, e girati di spalle. E non smettere di guardarmi.”
Perché non voleva bene a nessuno quanto ne volesse a Blaine e magari, in fondo, non aveva mai smesso di desiderare di fare un passo avanti, gettare a terra quella macchina fotografica costantemente davanti alla sua faccia e baciarlo. Esattamente come voleva fare in quel momento.
 
“Aspetta lì. Non ti muovere.”
Blaine fece capolino da dietro al piedistallo, e Kurt andò nel panico. Non poteva pensare cose del genere: non era corretto, e nemmeno possibile che fossero ancora parte di lui, dopo tutti quegli anni.
Non poteva accettare di essere lo stesso ragazzino idiota delle superiori, che pendeva dalle sue labbra e interpretava ogni sciocchezza come un’implicita dichiarazione d’amore.
Era stato quella persona per tanto tempo e cambiare era stata una sfida complicata; non avrebbe mai creduto di poter tornare sui suoi passi così in fretta, così stupidamente.
 
Blaine lo prese per la vita e lo fece girare verso di lui, per stropicciargli un po’ il colletto della camicia.
Gli disse di infilare una mano in tasca, lasciando così scoperta un’altra buona dose di pelle: non si sentiva in imbarazzo, si sentiva solo un idiota. Blaine continuava a essere lì, a toccarlo e a dirgli cosa doveva e non doveva fare.
Continuò a farlo per un’altra manciata di secondi, fino a quando Kurt non riuscì più a sopportarlo.
 
Tolse le mani dalle tasche, le portò dietro la nuca di Blaine e lo baciò.
 
Così, come aveva sempre fantasticato di fare al liceo senza averne mai avuto il coraggio.
 
Come aveva immaginato sarebbe successo il San Valentino di molti anni prima, e invece Blaine era innamorato di un altro e non voleva rovinare la loro amicizia.
 
Quando Kurt si rese conto che esattamente in quell’istante – nelle proprie labbra sulle sue – iniziava e finiva la loro amicizia potenzialmente eterna, ormai lo stava già baciando. E sì, baciare Blaine era esattamente come se l’era sempre aspettato.
Era qualcosa che per tutto quel tempo era sempre stata lì, bellissima, in attesa di essere presa. Così Kurt l’aveva fatto; se ne sarebbe pentito amaramente più tardi, ma non in quel momento.
 
Non mentre lo teneva stretto e gli dava quei due piccoli baci sulle labbra, perché non riusciva a respirare e se fossero durati un istante più a lungo sarebbe morto. La prima volta Blaine rimase immobile, la seconda lo baciò a sua volta, separandosi con piccolo schiocco quando si allontanarono.
E fu più o meno a quel punto che Kurt realizzò cosa aveva appena fatto. Avrebbe dato qualsiasi cosa per riavvolgere il nastro di mezzo minuto, ma aveva avuto due opzioni: avere Blaine come amico per sempre, o averlo come non aveva mai smesso di volerlo per trenta secondi; aveva fatto la sua scelta.
 
Kurt poteva ancora sentire il suo respiro sulle labbra, e in qualche modo gli spezzò il cuore.
 
Aveva troppa paura di cosa avrebbe potuto trovare guardandolo negli occhi, così non lo fece.
Uscì di casa senza dire una parola, dopo aver combinato il più grande disastro della sua vita.
 
L’avrebbe rifatto all’infinito.
 
 

***

 
 
Era una settimana che Kurt non vedeva e non sentiva Blaine, ed era assurdo, semplicemente assurdo stare senza il suo migliore amico.
Perché erano questo, in primo luogo: migliori amici.
Quanto al fatto che lui non aveva smesso di amarlo fin dai tempi di Teenage Dream beh, quello era un altro discorso.
In fin dei conti, magari in terza liceo era meno infantile di adesso.
 
Kurt stava giusto macchinando l’ennesima scusa vagamente plausibile che l’avesse spinto a baciare Blaine, così da propinargliela e sperare che lo perdonasse, quando il cellulare trillò l’arrivo di un messaggio.
 
14:17
– Nella tua cassetta della posta ci sono le 15 foto dell’altro giorno. Le ho sviluppate e sono venute benissimo. Mi manchi. –
 
14:19
– La prossima settimana le porto a Paul. Anche tu mi manchi, e mi dispiace. –
 
14:19
– Mi mancano le nostre partite a Wii Sport <3 –
 
14:20
– Mi manca batterti clamorosamente a Wii Sport <3 –
 
14:22
– Vieni qui? Per favore? –
 
Kurt esitò a lungo prima di rispondere.
 
14:29
– Adesso non posso. Ma vengo a dirti cosa ne pensa Paul delle foto tra qualche giorno :) –
 
Blaine non rispose.
 
 

***

 
 
Kurt iniziava seriamente a preoccuparsi.
 
Erano dieci minuti buoni che Paul si rigirava con aria critica le fotografie tra le mani, esaminandole con un’attenzione quasi maniacale.
Ripensandoci, consegnargli la busta con gli scatti di Blaine a scatola chiusa – senza nemmeno dare una sbirciatina – non rientrava esattamente tra le sue idee più brillanti.
Paul prese una foto delle quindici che aveva in mano e la passò davanti a tutte le altre.
 
“Kurt? Vieni qui, per favore.” Kurt lo affiancò all’istante, sbirciando curioso – nonché vagamente preoccupato – da sopra la sua spalla.
“Sai cosa significa questo?” Chiese, sventolandogli lo scatto davanti al naso. Il ragazzo afferrò i bordi di quest’ultimo, in modo da riuscire a metterlo a fuoco.
 
Oh, beh. Era... Bella. Molto bella, in realtà. Forse intensa avrebbe reso meglio l’idea.
 
Si trattava dell’ultima foto che Blaine gli aveva scattato prima che lui lo baciasse: era di spalle e guardava in camera, con la testa leggermente piegata all’indietro. I colori erano stati modificati; sembravano più tenui, e in qualche modo tutti tendenti ad unico punto.
Kurt guardò la sua stessa espressione: non c’era modo che Blaine non avesse capito che in quel momento voleva solo mandare all’aria tutto quanto e baciarlo. Era talmente ovvio che Kurt si sentiva quasi in imbarazzo a farsi vedere in quel modo da Paul.
 
“...C-Cosa significa?”
“Che quel ragazzo farà bene a portare qua il suo didietro e unirsi allo staff. Diglielo, e digli anche di muoversi.” Ordinò, sbrigativo e concreto come sempre.
Kurt era talmente felice per Blaine che non riuscì a non esultare come un povero idiota. Certo, sarebbe stato tremendamente imbarazzante vedersi ogni giorno dopo quello che aveva combinato, ma in qualche modo era sicuro che le cose avrebbero ritrovato un loro equilibrio.
Quel pomeriggio sarebbe tornato da Blaine per dargli la bella notizia, si sarebbe inventato una scusa esaustiva per quello stupido – meraviglioso – bacio e avrebbero semplicemente finto che non fosse mai successo.
 
A quel punto non gli sarebbe rimasto che dimenticare di essere innamorato di lui.
Di nuovo.
 
 “Se posso chiedere, cosa c’è fra voi due?”
“...Cosa?”
“Potevi dirlo subito che state insieme.” Riprese tranquillamente, a quanto pareva del tutto ignaro di quanto quel discorso stesse lasciando Kurt spiazzato.
Per un momento arrivò addirittura a pensare che tra quelle foto ce ne fosse una del bacio che aveva rubato a Blaine, prima di rendersi conto di quanto quell’idea fosse priva di senso logico.
 
“Noi... No. Cioè, io- ”
“Li vedi questi occhi, Kurt? Il modo in cui guardi in camera in ognuna delle fotografie? Tu non hai idea da quanto tempo cerco qualcosa del genere.”
Kurt abbassò d’istinto lo sguardo, sentendosi improvvisamente molto più nudo di tutte le volte in cui Paul aveva provato a fargli fare dei servizi con qualche strato in meno.
 
“Qui non cerchi di nasconderti, vedi? Non te ne importa minimamente. Tutto quello che vedi è l’obbiettivo: sembri muoverti verso di lui nonostante tu sia immobile.”
“Sì.” Ammise semplicemente.
Perché era vero, era palese che si trattasse del suo servizio migliore di sempre. Paul gli batté una mano sulla spalla, rivolgendogli un sorriso complice.
 
“Qualunque sia la ragione che ti fa guardare in camera in quel modo, credo che lui meriti di saperla.”
 
 

***

 
 
Kurt Hummel non era un codardo, non lo era mai stato e di certo non avrebbe cominciato quel giorno.
 
Nel lungo tragitto che separava il set dove aveva passato la mattinata e casa di Blaine ebbe tutto il tempo necessario per ripetersi mentalmente la più varia abbondanza di discorsetti che avrebbe potuto propinare al suo migliore amico per ammettere che sì, gli piaceva, e no, quel bacio non era stato dettato da un raptus di follia o altre idiozie del genere.
L’aveva fatto perché era dalla terza liceo che lo desiderava, cosa che rendeva spaventosamente chiaro perché non era mai riuscito a farsi piacere sul serio nessun altro ragazzo.
 
Kurt sapeva perfettamente che ammettere una cosa del genere avrebbe rovinato irrimediabilmente la loro amicizia, esattamente come sapeva che non farlo l’avrebbe infettata in un modo ancora più irreversibile. Per questo – arrivato davanti a casa di Blaine – non voleva più mentire a lui né a se stesso.
Non sarebbe più scappato come di certo avrebbe fatto qualche anno prima: avrebbe semplicemente affrontato la situazione prendendosi le sue responsabilità.
 
Quando la porta si aprì, Kurt aveva già in mente cosa dire: giusto qualche giro di parole sul fatto che probabilmente non aveva ancora superato quei sentimenti irrisolti che si portava dietro da quando erano adolescenti; che gli dispiaceva e che capiva se non voleva più essere suo amico e no, in realtà al momento non aveva idea di come avrebbe fatto senza di lui ma avrebbe trovato un modo, prima o poi.
 
Cercò di ricacciare indietro il principio di una lacrima e poi Blaine aprì la porta, lasciandolo lì impalato all’ingresso. Era bellissimo, come sempre. E se solo Kurt non avesse esitato quel singolo istante avrebbe potuto iniziare tranquillamente uno dei suoi sproloqui, ma fu Blaine a parlare per primo.
 
“Perché mi hai baciato?”
“Perché ti amo.”
 
Perché ti... Oh, no.
 
Se solo fosse stato un altro momento, Kurt avrebbe riso dei suoi propositi di andarci coi piedi di piombo buttati così platealmente al vento.
Per un momento fu in procinto di scusarsi, ma davvero, per cosa esattamente avrebbe dovuto discolparsi? Per essere innamorato di lui?
Era una follia, non una colpa.
 
“Non avrei mai voluto che andasse a finire in questo modo, io... credo sarebbe meglio per entrambi che non ci vedessimo più per un po’ e- ”
“Vieni.”
“...Come?”
“Vieni!”
Ripeté Blaine allungandogli la mano con il suo solito sorriso allegro. Quello del suo migliore amico e Dio, aveva fatto un disastro.
Perché Blaine non gli si teneva a distanza? Perché non gli dava ragione e si dimenticava di lui? Perché doveva essere se stesso in un modo così devastante ogni santissima volta?
 
“Non credo che sia una buona idea.” Lui scosse la testa, prendendo la sua mano con urgenza.
“Sì che lo è. C’è una cosa che devi vedere.”
 
Kurt distolse lo sguardo, arrossendo come mai gli era capitato di fronte a Blaine. Avergli confessato i suoi sentimenti così apertamente senza ricevere una straccio di risposta in cambio lo faceva sentire più vulnerabile di quanto non fosse mai stato; si augurò soltanto che non avesse intenzione di rifilargli uno dei suoi soliti scherzi idioti o peggio, fare finta che non avesse detto niente o pretendere di non aver capito.
Primo, non lo avrebbe sopportato; secondo... Come avrebbe potuto essere più chiaro di così?
 
Blaine lo trascinò con sé dentro casa, passando per il salotto – di nuovo immerso nel suo consueto ed adorabile caos – fino ad arrivare in camera da letto. Gli fece cenno di sedersi sul bordo del materasso, mentre lui trafficava con il primo cassetto del comodino.
Kurt si sedette cautamente, in bilico sull’angolo più esterno, con le guance che scottavano e le labbra in procinto di sanguinare da un momento all’altro stando a quanto forte le stava mordendo. Sentì un cassetto chiudersi alla sua destra, cosa che tuttavia non gli fece scollare gli occhi dal pavimento.
 
“Non credo che tu abbia capito come stanno le cose.”
Blaine non disse niente, limitandosi a sedersi al suo fianco e passargli un grosso librone con la copertina blu notte, contornata da ghirigori bianchi disegnati a mano.
 
Era evidentemente un album di fotografie, ma Kurt continuava a non capire dove stesse il punto, a parte la sua personale mortificazione.
 
“Blaine... Scusa, ma non ho voglia di guardare delle foto con te. Oh, e Paul ti vuole in squadra, comunque. Forse è meglio che vada- ” Fece per restituirgli l’album, ma Blaine mise le proprie dita sulle sue, facendogli aprire la prima pagina.
Kurt era talmente preso dal calore delle loro mani una sull’altra che ci mise un po’ più del dovuto a mettere a fuoco l’immagine che gli si parò davanti.
 
“Blaine? Ma questo...”
“...Sei tu. Il giorno in cui ci siamo conosciuti alla Dalton.”
 
Kurt non riusciva a credere ai suoi occhi.
A stento ricordava di essersi lasciato fare quella fotografia, però sì, sapeva di aver da subito catalogato Blaine come un tipo strano: non è da tutti chiedere a una persona appena conosciuta di poterla immortalare. Era appoggiato allo stipite della porta dell’aula canto dei Warblers e gli rivolgeva un sorriso insicuro, con i capelli leggermente schiacciati sulla fronte che portava all’epoca. Kurt sorrise, tracciando i contorni della fotografia.
 
“È passato così tanto tempo... Perdi le cose continuamente, non capisco come hai fatto a conservare questa foto.”
“Gira pagina.”
 
Kurt lo fece, fissando con lo stesso sbigottimento anche l’immagine successiva.
“Qui siamo io e te la prima volta che siamo usciti insieme. Avevo comprato due biglietti per Rent ed ero terrorizzato all’idea che non ti andasse di venirci da solo con me.” Fece per dire qualcosa, ma Blaine aveva di nuovo voltato pagina.
 
“Siamo io e Mercedes, quella volta che siamo andati al Breadstix insieme.” Proseguì Kurt, continuando a sfogliare l’album.
“Noi alle provinciali dopo Hey Soul Sister, io dopo il tuo spettacolo natalizio alla Dalton, noi due al Superball, i... i due pupazzetti di San Valentino che ti avevo fatto vedere al Lima Bean, io che bevo il caffè.” Kurt rise alla foto successiva, che lo ritraeva con un paio di ridicoli baffi di latte.
 
“Io che... dormo? Quando diavolo mi hai fatto questa foto?!” Blaine si grattò il retro del collo con un sorriso imbarazzato.
“La sera della festa a casa di Rachel. Ero ubriaco e mi hai portato a dormire da te; di notte mi sono svegliato e ho dovuto farla.” Kurt non commentò, limitandosi a voltare pagina.
 
“E questa?”
“Stavi decorando la bara di Pavarotti. Non si vede molto bene perché sei di schiena- ”
“Saresti anche potuto entrare a darmi una mano invece di rimanere nascosto.” Blaine si strinse nelle spalle.
 
“Avrei potuto.”
 
Kurt continuò a voltare le pagine, in quella marea di fotografia che lo vedevano sempre e comunque protagonista.
Passò dal ballo di fine anno della terza, al quale Blaine si era offerto di accompagnarlo dato che non aveva un ragazzo; tradizione che si rinnovò anche l’anno successivo. Proseguì tra innumerevoli scatti di lui e Blaine al McKinley durante il suo ultimo anno: non aveva mai capito in pieno il motivo del suo trasferimento.
C’era qualche foto di loro due al cinema, una di Halloween e almeno una decina del giorno del suo diploma. Nella foto successiva erano all’aeroporto di New York quando – dopo un lungo anno passato in Stati diversi – Blaine l’aveva finalmente raggiunto nella città dei loro sogni.
 
L’ultima immagine dell’album era la foto che Blaine gli aveva scattato alla fine del suo penultimo servizio, quando Kurt era andato a casa sua a bere una tazza di latte e a chiedergli di diventare il suo fotografo.
Prima che tutto quello si incrinasse rovinosamente. Kurt avrebbe voluto dire tante, troppe cose, così finì per dirne solo una.
 
“Sei uno stalker.”
 
Blaine – che aveva visibilmente trattenuto il fiato tutto il tempo – scoppiò a ridere.
“Tecnicamente no, visto che sono state tutte consenzienti. Beh, quasi tutte- ”
“Blaine.”
“Okay, okay. Te lo concedo.”
 
Kurt si voltò a sorridergli, e per un attimo dimenticò completamente il putiferio in cui era andato a cacciarsi solo per un piccolo, meraviglioso bacio. Per un attimo ritrovò lo sguardo allegro e spensierato del suo migliore amico e – se da un lato era un sollievo – dall’altro gli provocava un senso di oppressione al petto quasi insopportabile.
Erano lì, seduti su un letto, ed era come se tutte le fotografie che avevano appena guardato si riassumessero in quell’esatto istante.
 
Era riduttivo, non giusto, ma innegabile.
 
Rimasero fermi a guardarsi per quella che parve un’eternità prima che Blaine abbassasse gli occhi, fissando i contorni della copertina del suo album, che stava tracciando distrattamente con la punta delle dita.
 
“Sai, quando sei corso via dopo il servizio dell’altro giorno avrei davvero voluto avere una foto di quel bacio.”
Kurt non ebbe il tempo di reagire il alcun modo, perché Blaine continuò.
 
“Credevo di averti perso tanti anni fa, a San Valentino. Quando ti ho detto che non volevo rovinare la nostra amicizia e che non ero bravo con le storie d’amore: me ne sono pentito circa venti secondi dopo.
Ma ormai era fatta, giusto? Mi sembrava troppo presuntuoso dirti di aver cambiato idea e... Beh.” Blaine prese un profondo respiro, come se temesse di rimanere senz’aria da un momento all’altro.
 
“Quando mi hai baciato avrei voluto scattare una foto perché non credevo sarebbe più successo. Alla fine sei stato tu a fare un passo avanti.
...E pensare che è tutta la vita che raccolgo e conservo ogni sprazzo di te con la paura di perderti da un momento all’altro, Kurt.”
 
È questo che si prova.
È questo che si sente quando le infinite strade percorse nella propria vita convergono in un unico punto e tornano indietro, dall’inizio.
 
Kurt si alzò dal letto, prese la macchina fotografica sul comodino di Blaine, aprì il primo cassetto, la mise lì dentro e richiuse.
 
Il suo migliore amico – lo sarebbe rimasto, non aveva importanza quanto amore si sarebbe aggiunto al suo semplice volergli bene – si rimise in piedi a sua volta, gli sorrise dolcemente e, quella volta, Kurt lasciò che fosse lui a baciarlo.
 
Mentre affondava una mano nei suoi capelli, sapeva già che nessuno dei due avrebbe avuto più bisogno di sussurrare ti amo a una fotografia.
 
 

***

 
 
 
 









 
 
Eccoci qui ^_^!
Lo dico subito: questa è la mia Shot preferita tra quelle che ho scritto fin’ora (devo ancora finire Dalton e Winter in NY).
Mi piace perché c’è tutto: non è troppo AU, perché in fin dei conti la trama è la stessa di Glee se non per il fatto che Blaine – come dice lui stesso – avrebbe potuto aiutare Kurt con la bara di Pavarotti, ma non l’ha fatto. Poi nel finale c’è un “Tornare indietro, dall’inizio” che mi ha rimandata a “Take me back to the start”, ma in chiave nettamente positiva u.u
Oh, e c’è anche “Stalker!”, molto CrissColfer style, nonché tutta la prima parte in cui sono solo amici, ed adoro scrivere di loro così, oltre che innamorati. E poi sì, ovviamente una vagonata del mio amato fluff :’)!

Spero tanto che questa storia vi sia piaciuta, perché la considero un po’ come il fulcro della mia Klaine week :)
Ne approfitto per ringraziare le meravigliose persone che hanno recensito Skank/Nerd e tutte le altre Shot! Siete adorabili :’)!!
A domani con il penultimo prompt, Dalton <3
  
Leggi le 18 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Ari_92