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Autore: Jill_BSAA    13/10/2012    1 recensioni
Nella notte di Gotham Dick sveste i panni di Robin e dice addio a Batman che non riesce a dare una spiegazione ai sentimenti che affollano la sua mente.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Bruce Wayne non era mai stato così solo, e il suo stato d’animo peggiorò entrando nella camera da letto buia e semivuota, dove un solo filo sottile di luce aranciata delle lontane insegne colorate della città, filtrava interrompendo le tenebre. L’uomo malconcio  avanzò fino al letto senza accendere la luce del lampadario, eppure i suoi occhi perfettamente abituati all’oscurità non fecero fatica a percepire i contorni di un abito ripiegato con cura sopra le lenzuola.
Un altro passo.
Uno ancora.
La stoffa al contatto con le sue dita era fresca e morbida, segno che quella divisa era lì da parecchio tempo … e chi la indossava? Dov’era il bambino prodigio?

“Alla fine uccellino hai spiccato il volo.”

L’ombra di un vago sorriso gli illuminò le labbra per qualche istante prima di sedersi sul letto e nascondere il volto nelle mani ruvide, poco adatte a chi possiede la nomina di milionario playboy. Alcuni secondi dopo qualcuno bussò con garbo alla porta costringendo l’uomo ad alzare il viso e a sfoggiare un’espressione neutra, innaturale.

 “Avanti.”

Gracchiò accorgendosi troppo tardi che la sua voce aveva perso quel timbro profondo che la caratterizzava, ma era diventata molto più rauca di quando credesse.

“Signorino Bruce mi è stata consegnata questa lettera.”
 
Alfred non aggiunse altro, allungò solo la mano guantata per porgere al padrone un foglio ripiegato e in silenzio, com’era entrato, uscì accomiatandosi con un cenno del capo e richiudendo la porta dietro di se, l’asciando l’uomo di nuovo solo con i propri pensieri che si rigirò il fogliettino nelle mani per un po’, prima di decidersi ad aprirlo per leggerne il contenuto.
Non ci volle molto per capire a chi appartenesse quella calligrafia vagamente infantile e malferma.
 
Bruce, ti scrivo come Dick non come Robin.
Finalmente ho capito qual è la mia strada e di questo devo ringraziarti, sei stato il mio mentore per tanti anni, mi hai addestrato e mi hai portato con te quando non avevo più nulla ma soprattutto quando non avevo più nulla da perdere tu, mi hai dato una ragione per andare avanti … Di questo ti sarò eternamente grato.
Ho preso una decisione, non posso dipendere per tutta la vita da te e non posso rimanere in eterno attaccato al tuo mantello, è arrivata l’ora che io mi allontani e cominci  la mia crociata contro i delinquenti e i folli che popolano questo malato mondo di merda. Capisci? Non posso farlo come Robin, non più, ho bisogno di trovare una mia identità, ho bisogno di sentirmi libero, di testare se quello che ho appreso fino ad ora potrà essermi utile anche agendo come singolo.
Eppure sono un codardo che non è in grado di dirti addio guardandoti negli occhi ma si nasconde dietro un foglio di carta ed una penna, come quando combatto, forse così è più facile nascondere i miei veri sentimenti, o forse voglio soro ingannare me stesso.. chissà… Tuttavia ho deciso che è ora che Robin cresca, Gotham non ha più bisogno del piccolo aiutante di Batman, e io ormai so chi sono e so quello che devo fare, dopotutto mi hai allenato a lungo per diventare quello che sono ora, un uomo completo fisicamente e psicologicamente eppure credimi quando dico che una parte di me piangerà sempre.
Dick Grayson
Morto come Robin, Rinato come Nightwing.

 
Bruce ripiegò la lettara con cura e la poggiò vicino all’armatura di Robin alzandosi con tutte le ossa scricchiolanti ed avvicinandosi alla finestra che apri con un gesto fluido mentre le palpebre si abbassarono pesantemente, godendo del fresco venticello che gli sferzava il volto contratto in una smorfia di dolore perché per quanto si impegnasse, per quando il proprio cervello lavorava sotto la maschera non riusciva a trovare una spiegazione logica al comportamento di Robin, e nel cervello gli risuonava una sola e semplice domanda…

“Perché ora?”

La risposta di Dick non lo aveva soddisfatto, non credeva a quello che i suoi occhi avevano letto e inspiegabilmente l’accaduto aveva riaperto vecchie ferite. Confuso, stanco perfino dolorante, ma il dolore non era più quello fisico, a quello aveva fatto l’abitudine, sapeva benissimo che prima o poi sarebbe passato ma quello dell’anima? Come si guarisce una ferita che non si sa da cosa sia stata provocata?
Wayne scrollò il capo tentando di allontanare quei pensieri senza senso,  dopotutto non è il suo compito quello di distrarsi lui è un vigilante e per certe sciocchezze non devono riguardarlo. Deglutì inghiottendo quel fastidioso cumulo di saliva che gli era rimasto incastrato nella gola e poi si allontanò dalla finestra dandole le spalle, incapace anche lui di dare una spiegazione alle razioni del suo corpo e della sua mente che, ormai, non controllava quasi per niente.
Stanco e disperato si gettò sul letto tentando ancora di tenere a freno quella tristezza che gli ha colmato il cuore.

“Dovrò trovare un nuovo Robin..”

Voltò il capo guardando fuori dalla finestra.

“Impossibile…”
 

Dalla parte opposta di Gotham City un ragazzo dai capelli neri e un costume nero e un simbolo blu elettrico sul petto osservava la grande villa al disotto della mascherina che copriva le fattezze del volto.

“Addio cavaliere oscuro.”

Abbassò solo per un istante il viso, sbattendo più volte le palpebre poi sparò in aria il rampino e sparì nell’oscurità.
Nella notte le menti dei due uomini vacillarono e forse cadde anche qualche lacrima di troppo … Solo una cosa era certa, Dick Grayson non avrebbe mai più vestito i panni di Robin.
 
  
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