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Autore: bulma_89    21/10/2012    2 recensioni
Giada è una giovane donna sull'orlo dei trenta. Un lavoro precario, poca fiducia nella vita e soltanto la sua bellezza a farle compagnia. Ma la bellezza può essere anche un arma e Giada decide di usarla per conquistare quell'agiatezza che desidera. Si finge quindi interessata a Marcos, un uomo più grande di lei ma molto ricco, che le da ciò che desidera. Non fosse che Giada ha scordato due piccoli partiolari: l'amore e la passione. Ma se ne ricorderà quanto si imbatterà in Nicolas, affascinante e irresistibile uomo ai suoi occhi cinici.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La passione di Giada

 

Seduta in quella terrazza che dava sul mare, non avevo occhi che per l’uomo di fronte a me.

Persino il frizzante vino bianco, che avevo già bevuto a sazietà quella sera, riusciva a farmi perdere il senso della mia strabiliante fortuna.

Marcos sorrideva succhiando un ostrica con fare sensuale. Era eccitante, anche se aveva quindici anni in più di me. Accavallai le gambe, guardandolo negli occhi e sollevando leggermente gli angoli della mia bocca. Sapevo che effetto dovevo fargli. Oh, ero pienamente consapevole di essere bella.

Dopotutto era stata la mia bellezza che mi aveva portata li, in quel ristorante mozzafiato a picco sul mare, in uno dei posti più “in” della Riviera Romagnola assieme ad un uomo estremamente ricco. Inutile sottolineare che di Marcos mi aveva colpito prima la sua munificenza e poi il suo aspetto. Non che fosse poco attraente, affatto, il suo era fisico alto e prestante allo stesso tempo. Il suo viso però era segnato da rughe dovute agli intensi anni lavorativi fatti prima di giungere alla posizione economica agognata. Adesso, dopo così tanto tempo nel settore dell’intrattenimento e della ristorazione, Marcos era l’uomo più ricco della riviera. Ed era già perdutamente infatuato di me.

Ventotto anni e un lavoro precario mi avevano resa priva di scrupoli rispetto a qualche anno prima. Avevo scoperto di recente che la bellezza poteva essere un arma potente se usata nella maniera corretta e se avessi abbandonato tutti i miei tabù adolescenziali.

Scossi la testa ed evitai di rimuginare su questi aspetti della mia nuova vita. Tutto quello che desideravo adesso era avere la pancia piena e il portafoglio altrettanto gonfio.

Lanciai un sorriso smagliante a Marcos. So cosa si aspettava dopo tutta questa serata in pompa magna. Ed io ero pronta e consapevole.

Allungai una mano affusolata verso la sua, grande e forte e mi guardai per un attimo intorno. Il ristorante era stupendo ed io ero seduta insieme al proprietario. La brezza marina soffiava leggera procurandomi ogni tanto dei brividi di freddo. Il mare, nero di sera, incuteva tranquillità e timore al contempo. Seppure la terrazza fosse quasi al completo, l’atmosfera era soft e silenziosa.

Fui distratta dal cameriere vestito di bianco che stava accompagnando a un tavolo due nuovi avventori. “Una coppia” notai con noncuranza. Si accomodarono di fianco a noi, a ridosso della ringhiera che percorreva tutta la terrazza.

Gettai uno sguardo fuggevole ai due, la donna, una ragazza sicuramente più giovane di me, era del tutto scialba. Alzai un sopraciglio per il diniego. Capelli piatti di colore castano spento tagliati corti alle spalle e viso privo di alcuna attrattiva. Occhi marroni, naso breve e bocca sottile. Abito grigio su un corpo magro ma anonimo e ciabatte infradito nei piedi. Il tutto completato da uno sguardo ingenuo e timido da brava ragazza.

Arricciai il labbro e scossi la testa mentre un altro cameriere ci faceva trovare di fronte una seconda portata di pesce, branzino al vapore.

Marcos mi sorrise, stringendomi per un istante ma con vigore la mano. Io fui costretta a terminare la mia analisi ai nuovi arrivati per rispondere al mio compagno. Mi ravvivai i capelli con un movimento studiato e i miei bracciali tintinnarono fra loro. Poi non riuscii a non gettare un ulteriore occhiata alla coppia. Se lei era così scialba lui doveva essere altrettanto insignificante.

Lo guardai e le mie palpebre sbatterono più volte.

Era più affascinante che bello, nel senso canonico del termine, ma la sua immagine mi catturò per un istante di troppo. I capelli, biondo miele, ricadevano corti e arricciati sulla fronte bianca terminante in un paio di freddi occhi color mare. Il naso era tondeggiante e piccolo e la bocca fantastica. Di un naturale color magenta, piena e sensuale. Stava ridendo a qualcosa che la ragazza sciatta gli aveva appena detto. La risata era roca ma lo era ancora di più la sua voce quando rispose. Una voce che sapeva gettare brividi sconosciuti. Seducente, accattivante. Riconobbi di essermi fermata per troppi momenti ad osservare quel giovane uomo e che la mia bocca era rimasta spalancata.

― Giada? ―. Mi sentii chiamare e mi riscossi, voltandomi nuovamente verso Marcos.

― Tutto bene piccola? Non ti piace il branzino? ―.

Lo guardai, stralunata, cercando di ritornare in me. Quel ragazzo mi aveva fatto davvero uno strana impressione senza neppure accorgersi della mia presenza. Anzi, sembrava totalmente concentrato sulla pallida e insulsa ragazza. Bevvi un sorso di vino per riprendermi dallo shock.

Mi chiesi come fosse possibile che uomini tanto affascinanti si facessero coinvolgere da sciacquette ingenue. Non mi sarei sorpresa se la sciatta fosse stata addirittura vergine visto l’espressione che si ritrovava.

Bevvi un sorso di vino e decisi di non voltarmi più verso la strana coppia. Chiacchierai affabilmente con Marcos come mi ero imposta di fare fin dall’inizio della serata. Dovevo essere sexy, attraente e un po’ misteriosa se pensavo di conquistarlo sul serio.

Verso la fine della cena mi scusai e mi alzai per andare alla toilette. Con un movimento aggraziato mi sistemai il tubino color smeraldo e gettai un ulteriore luminoso sorriso a Marcos. Lui mi guardò il sedere senza darsi la pena che questo non si notasse. Dopotutto il locale era il suo.

Scesi dalla terrazza e passai dentro al ristorante per dirigermi alla toilette al piano terra. Entrai e mi guardai allo specchio. I miei capelli scuri ricadevano lisci ma vaporosi fino a metà schiena e la mia pelle abbronzata faceva risaltare i miei denti bianchi. Controllai che l’eye liner nero non fosse colato attorno agli occhi scuri da cerbiatta che mi ritrovavo. Mi lisciai il vestito che ricadeva alla perfezione sul mio fisico magro e slanciato.

“Sono bella”, pensai. Mi persi per un attimo a parlare a me stessa tramite lo specchio finché mi accorsi che la porta del bagno si stava aprendo. Ne entrò un uomo, ma non un uomo qualsiasi, quell’uomo. Il biondo che accompagnava la ragazza sciatta. Fissai il suo riflesso nello specchio e non potei evitare di sorridergli quasi timidamente dallo specchio. Lui rispose con un lieve sollevarsi di labbra e quasi non mi notò, chiudendosi la porta del gabinetto dietro di sé.

Fissai la sua immagine svanita. “Davvero sono così invisibile? Davvero non prova una punta di rammarico per il fatto di essere accompagnato da una inutile ragazzina quando esistono donne come me?” pensai, infastidita.

Poi scrollai il capo, tutto quello era assurdo. Io avevo Marcos, cosa poteva importarmi di quel tipo dalla voce roca?

Dopo meno di un minuto l’uomo uscì dal bagno e io, che stavo in quel momento per andarmene e allo stesso tempo controllando il mio cellulare, gli sbattei contro.

― Oh mi scusi… ―, esclamai imbarazzata. Il mio cellulare era caduto per terra e si era aperto.

Lui scosse la testa; ― Io mi dovrei scusare con lei, guardi il suo telefono ―.

Si chinò a terra per raccogliere i pezzi, la camicia bianca si rialzò sulla schiena rivelando un pezzo di carne bianca. Un brivido al basso ventre mi colse impreparata. Raccolse i pezzi del mio cellulare e me li porse, tenendo la mano aperta.

― Non è rotto, è solo uscita la batteria per fortuna ―.

Io fissavo il suo viso chinato a studiare il mio cellulare, incapace di parlare. Pensai di essere vittima di un sciocco e fastidioso incantesimo. Lui alzò il capo e mi guardò. Per un breve istante sembrò rendersi conto del mio aspetto perché notai una punta di sorpresa nei suoi occhi ma svanì all’istante. Io invece mi accorsi di essere torturata dalla sua voce sensuale e dalla sua bocca rossa.

Oh, la volevo, la volevo su di me.

― Grazie ―, balbettai come una ragazzina sciocca. Presi il telefono dalle sue mani e lo sfiorai. Il mio cuore iniziò a battere come un tamburo. Era un secolo che non mi succedeva.

Ma poi lui con un sorriso distratto uscì dal bagno e tutto si fermò.

Appoggiai una mano al bancone del lavandino per cercare di calmarmi. Tutto questo non era reale. Respirai forte e mi ricomposi, pensando al mio obiettivo: Marcos.

Il resto erano solo fantasticherie da Cenerentola d’altri tempi.

 

Quando tornai sulla terrazza, l’uomo biondo e la ragazza sciatta se ne erano andati.

Marcos si alzò dalla sedia e sorrise, pieno di promesse.

― Sei pronta? ― mi chiese.

Io mi finsi entusiasta e lui mi circondò la vita con un braccio mentre lasciavamo il locale.

Dopo un breve viaggio sull’Audi A6 di Marcos, lui mi fece salire nel suo appartamento situato nel centro storico di Rimini. C’ero già stata, ovviamente, ma quella sera non mi sentivo pronta. Scacciai il fastidioso pensiero dell’uomo biondo.

Marcos aprì una bottiglia di champagne e si sedette al mio fianco sul divano in pelle bianca. La sua mano salì velocemente lungo la mia gamba.

“ Sto facendo la cosa giusta?”. D’improvviso questo pensiero mi colpì come un fulmine. Stavo per fare l’amore con uomo da cui non ero attratta anche se lo facevo per una giusta causa. Ma, aimè, non ero per nulla eccitata. Risposi al bacio quando Marcos appoggiò la sua bocca sulla mia ma temetti si sarebbe reso conto della mia freddezza. Se ci fosse stato l’uomo biondo con me, invece…

Bastò il suo pensiero per farmi incendiare il sangue nelle vene, il pensiero che quelle labbra che mi stavano baciando fossero le sue mi fece inarcare la schiena. Marcos emise un grugnito di apprezzamento e schiacciò il mio corpo sotto al suo.

 

Mia madre diceva sempre che l’amore era per le donne ricche e che era meglio avere una bella casa e il conto corrente pieno che le farfalle nello stomaco. Era forse per questo che ogni volta che la vedevo mi incitata a trovare un uomo che mi mantenesse e mi rendesse ricca.

“Assicurati un futuro figlia mia, il resto non conta niente” diceva sempre.

Questo pensavo il lunedì mattina mentre mi trovavo seduta alla scrivania dell’agenzia viaggi per la quale lavoravo. Il mio contratto era temporaneo e lo stipendio era da fame. Odiavo tutto questo ma finché non avessi avuto maggior certezze con Marcos dovevo andare avanti. Impossibile calcare la mano, potevo giocare soltanto bene le  mie carte.

La mia collega era impegnata ed io in quel momento mi stavo girando i pollici, quando entrarono due persone. Sbiancai per la sorpresa, trovandomi di fronte la coppia che avevo incontrato soltanto qualche sera prima al ristorante di Marcos.

Il ragazzo biondo mi guardò per un attimo troppo lungo ma non diede l’impressione di avermi riconosciuta. Forse apparivo diversa nella mia veste lavorativa, con i capelli legati in una coda e un accenno di trucco.

Si sedettero di fronte a me ed io mi maledissi per il mio inopportuno imbarazzo.

Sorrisi ad entrambi e chiesi: ― Come posso aiutarvi ragazzi? ―.

Con mia sorpresa fu la ragazza sciatta a parlare.

Una punta di fastidio mi colse quando sentii la sua voce melliflua e dolce.

― Ci piacerebbe andare in un posto di mare… Lei cosa ci consiglia? ―.

Sbatté gli occhi e mi guardò quasi con affetto. Io feci per aprire bocca ma poi intervenne il ragazzo biondo. ― Intendiamo qualcosa tipo Caraibi ―. Mi sciolsi, mentre la parola “Caraibi” nella sua bocca assumeva un tono quasi lascivo. Io afferrai un depliant che riportava gli alberghi e le mete più gettonate e glielo illustrai.

La ragazza si mostrò subito entusiasta.

― Oh Nicolas non ti sembra un albergo stupendo questo? ―.

“Nicolas, dunque è questo il suo nome”, pensai.

Lui le sorrise con affetto e le prese una mano; ― Sembra fantastico tesoro ―.

Una punta di fastidio si infilò all’interno del mio petto. O forse oltre al fastidio c’era qualcos’altro,  invidia. Invidia per quella sciatta, insulsa, ragazza.

Lanciai un sorriso smagliante a Nicolas, certa che non sarebbe rimasto privo di effetto.

― Eseguo la vostra prenotazione, signore? ―, chiesi, rivolgendomi direttamente a lui.

Mi guardò e sembrò rifletterci un attimo.

― Ci lasci qualche giorno per decidere, torneremo per la conferma ―.

― Ma certo, come volete! ― esclamai ammiccando.

La ragazza prese il depliant che le avevo messo davanti e mi salutò con estrema cordialità poi uscì.

Nicolas si attardò un istante dietro alla ragazza e con mia sorpresa prima di andarsene si voltò e mi chiese: ― Il suo cellulare tutto a posto? ―.

Non potei evitare di sbattere le palpebre, presa dallo stupore. Ma in un istante mi ricomposi.

― Ma certo, ho reinserito la batteria e adesso è come nuovo ―. Mi prodigai in un sorriso.

Nicolas fece un breve gesto con il capo e dopo avermi guardata uscì di fretta.

Mi fermai a riflettere sulla domanda apparentemente innocua  che mi aveva rivolto mentre seguivo la sua immagine che se ne andava veloce. Sospirai, divisa tra l’insana e totalmente inaspettata attrazione che provavo verso quello sconosciuto e il mio obiettivo più prossimo, Marcos.

 

Notai i progressi nel mio rapporto con Marcos quando lui, dopo circa due settimane di frequentazione, prese a telefonarmi tutti i giorni. Il suo tono era quello dolce e premuroso di un uomo innamorato. Inoltre mi faceva trovare spesso fiori freschi sulla mia scrivania, al lavoro, e continuava a vezzeggiarmi in ristoranti di lusso. Non potevo essere più contenta di così visto che stavo raggiungendo il mio traguardo. Presto la scrivania e le lamentele dei clienti insoddisfatti sarebbero stati solo un vago ricordo.

A questo pensavo, mentre in quel mercoledì di luglio in cui il cielo era stranamente grigio e nuvoloni minacciavano di piovere, picchiettavo svogliatamente sulla tastiera del pc, prenotando un volo aereo.

Quando di nuovo entrò lui, Nicolas.

Questa volta non era accompagnato dalla sciatta fidanzata, era solo. Si diresse verso di me, anche se la mia collega non era impegnata al momento. Si accomodò sulla sedia davanti alla mia scrivania e mi fissò. I suoi occhi chiari penetrarono nei miei più intimi desideri solo con quello sguardo, fugace ma intenso.

― Ciao ―, lo salutai, ― Sei venuto a prenotare la vacanza? ―.

In quelle ultime due settimane avevo pensato a lui, qualche volta. Di rado, ma quando succedeva mi ritrovavo sempre eccitata. Arrossii a quel pensiero totalmente inopportuno.

Nicolas rimase per degli istanti in silenzio, poi prese un respiro profondo e la sua voce roca sgusciò fuori somigliante ad un profumo esotico.

― Non partiamo più, sono passato per dirtelo ―.

― Ah ―, risposi, mentre un vago senso di vittoria si agitava nel mio stomaco.

 ― Va benissimo, in ogni caso non era necessario che tu venissi di persona. Non avevate ancora prenotato ―.

Quelle parole mi uscirono di getto, inconsuete. Forse ero segretamente curiosa di sapere perché lui fosse venuto.

Sorrise; ― Già, la mia eterna pignoleria ―. Aveva un sorriso ammiccante e sbarazzino, sfumato di audacia e un pizzico di malizia. Non c’era imbarazzo nella sua voce e ancora mi chiesi cosa ci facesse un uomo così affascinate con quella ragazza.

Ma poi mi sorprese ancora di più e mi resi conto che non ero poi così saccente in tema uomini come credevo di essere.

Disse: ― Sto per andare a prendere un aperitivo, che ne diresti di farmi compagnia? ―.

Prima che il mio cuore prendesse a battere per l’eccitazione, venni pervasa da un piacevole, piacevolissimo calore.

― Io stacco tra mezzora ―, risposi, non riuscendo a celare un certo stupore.

Poi aggiunsi: ― Se mi aspetti, volentieri ―.

Nicolas sorrise e mi fissò con intensità disarmante.

― Allora ti aspetto qua fuori tra mezz’ora, intanto mi fumo una sigaretta e prelevo qualcosa al bancomat ―.

Detto questo uscì, estraendo con disinvoltura un pacchetto di Malboro dalla tasca. Un leggero brivido mi percorse la schiena quando mi resi conto di quello che stava per succedere.

Stavo per uscire con un uomo che non conoscevo, di cui sapevo praticamente solo che fumava Malboro e che era fidanzato con una donna sciatta e priva di attrattiva. Stavo per uscire con un uomo che mi aveva fatto girare la testa dal primo istante in cui avevo posato gli occhi su di lui.

Ma poi con una punta di fastidio fece capolino nella mia mente il viso di Marcos. Questo avrebbe potuto disturbare i miei piani su di lui?

Ovviamente si ma scacciai subito quel pensiero fastidioso.

Passai quell’ultima mezzora di lavoro smaniando come una ragazzina ai primi amori

Indossavo shorts di jeans e una canotta bianca e pur essendo così informale ero certa di non passare inosservata.

Salutai la mia collega di lavoro che mi guardò stranita poiché mi aveva per la prima volta vista di buonumore ed uscii.

Nicolas mi aspettava li fuori, con la sigaretta che gli pendeva dalle labbra. Aspirò e io desiderai ancora una volta essere su quelle labbra rosse, fantastiche.

― Che ne dici del bar qua dietro? Fanno ottimi aperitivi, ci sei mai stata? ―, chiese Nicolas con noncuranza.

Cercai di mostrarmi sicura di me stessa, in genere non ero mai intimorita da nessun tipo di uomo, ma mi accorsi di faticare. Ero imbarazzata.

― Perfetto! ―, esclamai con voce fin troppo stridula.

Dopo pochi passi ci trovammo dentro al bar, che avevo frequentato anche io alcune volte.

Ordinammo due Aperol e ci accomodammo in un tavolino, il più lontano dall’ingresso.

Volevo maledettamente sapere perché mi aveva invitata a prendere qualcosa da bere; anche se il motivo sembrava piuttosto ovvio ero confusa. Mi era sembrato preso dalla sua sciacquetta quella sera al ristorante.

Mi schiarii la voce ed abbassai gli occhi sul tavolo.

― Mi domandavo… perché ―, dissi tutto d’un fiato.

Sentii i suoi occhi puntarsi sulla mia nuca. Le sue gambe, fasciate in jeans schiariti, sfiorarono le mie ginocchia nude. Sospirai.

Allungò un braccio, chiaro e cosparso di peli biondi, sul tavolo e tamburello con le dita.

― Hai ragione, sono un perfetto idiota, non ti ho nemmeno chiesto come ti chiami ―.

Di colpo alzai gli occhi e lo guardai. La sua frase era ironica ma il tono di voce non lo era. Era rude e… sensuale. Come i suoi occhi, cupi, lontani.

― Giada, il mio nome è Giada ―, espirai, ― ma non ha importanza ―.

― No, in effetti non ne ha ―, rispose Nicolas.

Era diverso, era diretto. Niente melliflue e seducenti parole per infilarsi nella mie mutandine. Non aveva certo bisogno di parole dolci quanto false.

Sorrisi, turbata.

― Cosa fai di bello nella vita, Nicolas? ―, chiesi, per alleggerire la tensione.

― Praticante in uno studio di avvocati, praticamente faccio lo schiavo ―. Lo disse ridendo, come se fosse una cosa divertente.

“Povero”, pensai subito. Ma durò un istante, il secondo dopo ero incantata a fissare le sue labbra.

Fui tentata di chiedergli della sua fidanzata ma mi trattenni. Non mi importava nulla di lei, ero molto più interessata al suo affascinante fidanzato.

― E tu? ―. Sembrava una domanda innocua ma non lo era. Alle domande semplici non sapevo mai rispondere.

Ridacchiai; ― Mi hai vista ―.

― Si, e ti ho vista anche l’altra sera, in quel ristorante, con un bel tipo ―.

― Già … ―, risposi sorseggiando il mio aperitivo.

― È il tuo uomo? ―, mi chiese Nicolas senza mezzi termini.

Spalancai le labbra, sbalordita.

― Non proprio, ma… ―, mi fermai, incantata mentre una sua mano scivolava con noncuranza vicino alla mia, ― … che importa? ―.

― Giusto ―, fece eco lui, ― che importa? ―.

Uscimmo dal bar un’ora dopo ed io mi sentivo tutta un fremito. Volevo essere totalmente sola con lui.

― Cosa fai adesso? ―, mi chiese Nicolas infilando le mani nelle tasche dei jeans. Notai che era un po’ più alto di me, ma non troppo, sul metro e ottanta.

Scrollai le spalle, ― Penso casa a preparare la cena, se non l’ha già fatto la mia coinquilina, ma ne dubito ―.

― Io abito solo e sono un ottimo cuoco ―, rispose Nicolas ridacchiando.

Più chiaro di così non poteva essere, era evidente che voleva finire a letto con me. E io, sarei riuscita a rifiutare?

Marcos non lo sarebbe mai venuto a sapere… Sarebbe stata solo una volta, poi non l’avrei più rivisto.

Accettai. ― Perché no? Sono stufa di uova al tegamino ―.

 

Nicolas possedeva un Ford focus vecchio modello, ben diversa dall’audi A6 di Marcos. In quel momento però, mentre lui guidava tenendo una mano sul cambio che ogni tanto sfiorava la mia coscia, non mi importava. Ero come persa in un limbo.

Il suo appartamento era un’abitazione ordinaria inserita in un grande condominio. L’ingresso era comune e non c’era l’ascensore. La sua casa era all’ultimo piano e non era più grande di sessanta metri quadrati.

― Ecco ―, disse Nicolas mentre spalancava la porta, ― benvenuta nella mia reggia. In realtà non è il massimo ma con cinquecento euro di affitto è il meglio che posso permettermi ―.

Concordai che la casa non fosse un gran che. Cucina da grandi magazzini e divano dozzinale in stoffa marrone. Ma non regnava il tipico disordine maschile, sembrava tutto in ordine. Appoggiai la mia borsa sul divano mentre mi guardavo intorno. Nicolas si avviò verso il frigorifero e sbirciò dentro.

Um, non c’è tanto, ma forse rimedieremo qualcosa di meglio rispetto alle uova al tegamino ―.

Il sorriso che mi lanciò voltandosi leggermente, mi fece sciogliere. In quel momento il cibo era lontanissimo dai miei pensieri. Invece il fondoschiena di Nicolas, così in bella mostra, mi faceva dimenticare tutto il resto.

Si rialzò ed in mano teneva un filetto di pancetta e del formaggio.

― Ti preparerò dei maccheroni alla amatriciana. Sono di tuo gradimento? ―.

 ― Eh? ―. L’esclamazione mi uscii di getto, davvero avrebbe potuto darmi da mangiare qualsiasi cosa e non me ne sarei accorta. Quasi mi spaventai per la acutezza e il non senso della mia attrazione.

Mi avvicinai a lui e appoggiai la schiena e le mani contro la tavola. Nicolas stava già iniziando ad affettare la pancetta. Lo fissai, torbida.

Lui distolse gli occhi da quello che stava facendo e ricambiò il mio sguardo.

― Perché mi fissi? ―, chiese, con quel suo tono roco e basso.

L’arrossamento del mio viso fu impossibile da allontanare.

― Non ho fame ―, biascicai. Il mio atteggiamento in quel momento era l’opposto di quello che assumevo mentre mi trovavo assieme a Marcos. In quel momenti ero affascinante, divertente e per nulla imbarazzata.

Nicolas lasciò andare il coltello e con lentezza si pose di fronte a me. Arretrai, schiacciandomi di più contro al tavolo. I suoi occhi mi catturarono, calamite che era impossibile evitare.

Poi il suo sguardo si spostò sulla mia bocca, sospirai, chiudendo le palpebre.

Volevo disperatamente un suo bacio.

Con un pizzico di eccitazione mi ritrovai il suo fiato a pochi centimetri dalla mia bocca e le mie mani strinsero il tavolo, convulse. Stava per succedere quello che avevo desiderato fin dalla prima volta che avevo posato gli occhi su di lui.

Finalmente le sue labbra scesero sulla mia bocca, dolci e piene. Con un lieve gemito Nicolas appoggiò le sue mani sopra alle mie, schiacciandomi contro al tavolo. Dischiusi le labbra, accogliendolo con trasporto e infinita, sconvolgente, gioia. Le miei mani si infilarono nei suoi capelli morbidi e dorati, mentre le nostre lingue si univano. Poi, con movimenti sconnessi, le mani di Nicolas mi slacciarono i jeans ed io mi abbandonai con la schiena sul tavolo, mentre lui si stendeva sopra di me. Era sesso e magia allo stesso tempo. Morsi e divorai quelle labbra così rosse mentre il petto bianco e liscio di Nicolas si muoveva in modo sincronico sopra di me.

Arrivai all’orgasmo e proruppi in un grido soffocato. Erano anni che non mi succedeva.

Respirai con la bocca, esausta. Nicolas rimase per qualche minuto fermo immobile sopra di me. Soltanto il suo respiro rompeva il silenzio della stanza.

Quando incrociai i suoi occhi lui si ritrasse e io feci lo stesso, imbarazzata.

Tossicchiai leggermente mentre mi risistemavo i vestiti. Nicolas non sembrava provare la mia stessa sensazione, mi sorrise infatti e disse: ― Adesso hai fame? ―.

Passammo il resto della serata a chiacchierare mentre mangiavamo ciò che lui aveva preparato come se niente fosse successo. E incredibilmente iniziavo a sentirmi a mio agio e a divertirmi.

A fine serata ero di nuovo vogliosa di lui, ma mi trattenni. Guardai l’ora e feci per andarmene; erano le ventitré e trenta.

― È tardi, grazie per la bella serata ―.

Nicolas mi guardò, socchiudendo le palpebre. ― Te ne vai? ―, chiese. Lo guardai, improvvisamente stupita.

― Si è fatta una certa ora e… ―.

― Mi piacerebbe che tu restassi ―. Il suo tono era deciso e privo di alcuna supplica. Sapeva già che avrei ceduto?

Tergiversai, controllando il cellulare. “Tre chiamate perse da Marcos”.

Non andava bene, ma lui non lo sarebbe mai venuto a sapere… Di colpo decisi, spensi il cellulare e guardai Nicolas.

Sorrisi. ― Perché no? La mia coinquilina russa ―.

Nicolas scoppiò e ridere e mi tese la mano.

 

Quando mi svegliai seppi che era ora di andarmene e di dimenticare. Nicolas era steso accanto a me, a pancia in giù. I riccioli biondi gli ricadevano sulla fronte e sugli occhi chiusi e addormentati.

Era stato tutto fantastico, sia fare l’amore con lui che dormire al suo fianco, ma il mio momento di svago era finito. Dovevo tornare alla realtà e ai miei obiettivi.

Con il cuore pensate mi rivestii ben attenta a non svegliare il mio amante. Gli gettai un’ultima occhiata e provai l’impulso fortissimo di baciarlo. Sentii una stretta al petto e capii che mi sarebbe mancato.

Poi ritornai nel mondo, dirigendomi verso il mio lavoro. Chiamai Marcos.

― Giada! ―, esclamò, ― ma dov’eri finita? Ieri sera non hai risposto alle mie chiamate ―.

Tentai di usare un tono mellifluo.

― Marcos tesoro, scusami, ieri sera ho fatto un giro con Barbara e ho bevuto un bicchiere di troppo. Mi sono addormentata senza neanche accorgermi delle tue chiamate ―.

Silenzio, mi chiesi se l’avrebbe bevuta.

― Da quando in qua esci con la tua coinquilina? Dici sempre che è una rompiscatole ―.

Ridacchiai; ― Me l’ha chiesto… mi ha fatto tenerezza e ho accettato. Saprò farmi perdonare… ―, aggiunsi in tono che valeva mille promesse. In quell’istante però mi sentii quasi male, rotta, cosa che non era mai successa prima di allora.

Marcos abboccò all’amo; ― Va bene piccola, sono certo che ti farai perdonare molto presto… Ti passo a prendere stasera alle nove ―.

Sospirai; ― Va benissimo! A stasera tesoro ―.

Chiusi la conversazione. Improvvisamente il peso di tutto quello che stavo facendo mi cadde addosso come un macigno.

 

Quella sera, mentre Marcos parlava, pensavo a tutto tranne che ad ascoltarlo. Annuivo, di tanto in tanto, ma ero persa in tutt’altri meandri.

Quando lui appoggiò una mano sulla mia coscia, sussultai.

Sapevo ma non ero pronta a fare sesso con lui, quella sera. Il pensiero che solo la sera prima ero stata con Nicolas mi tormentava e mi faceva arrabbiare. Non potevo farmi distrarre così.

Tutto era li, a portata di mano, e non sarebbe stato certo un bel corpo bianco e portarmelo via.

Mi imposi di pensarla così e perpetrai nel mio lavoro.

 

I giorni successivi le cose proseguirono per il meglio. Marcos si mostrava sempre più attento a me e desideroso della mia compagnia. Ero convinta di averlo coinvolto per bene e di certo non mi aspettavo che arrivasse a chiedermi di andare a vivere insieme. Eppure successe.

Me lo chiese così, mentre ci mandavamo mail in un noioso giorno lavorativo.

Ed io, invece di pensare “c’è l’ho fatta!” mi incantai a fissare lo schermo del pc senza provare niente.

Non avevo più visto Nicolas dal nostro interludio di passione ed era trascorsa circa una settimana.

Mi riscossi e mi affrettai a rispondere a Marcos con gioia. Non provavo niente per lui, ma non era la prima volta che mi ritrovavo a vivere con qualcuno che mi era indifferente. La mia coinquilina per esempio. E neppure i sensi di colpa per il fatto di stare fingendo con lui mi sfioravano minimamente visto che lui si prendeva il meglio di me.

Ero cinica, lo sapevo, ma con gli scrupoli non sarei arrivata da nessuna parte. A settembre il mio contratto di lavoro sarebbe scaduto ed io mi sarei ritrovata di nuovo senza niente. Avevo un disparato bisogno di Marcos e soprattutto dei suoi soldi.

Sospirai, accasciandomi contro la sedia. Presto la mia precarietà sarebbe stata solo un ricordo.

Quando però quella sera mi ritrovai a sistemare la saracinesca dell’ufficio trovai qualcuno ad attendermi.

Un paio di mocassini beige su jeans chiari e una camicia bianca arrotolata fino ai gomiti. Labbra che mi mozzarono il respiro. E occhi, immobili e freddi, contornati da ricci biondi.

Dovetti appoggiarmi al muro e respirare, piano.

― Nicolas ―, balbettai, incredula dell’effetto che mi provocava.

― Giada, sei libera per un drink? ―.

Scossi la testa con decisione; ― No, mi dispiace ―, risposi continuando a fare quello che stavo facendo. Non lo guardai negli occhi mentre cercavo il biglietto del tram nel mio portafoglio. Lui era tutto quello che dovevo evitare e che mi avrebbe distrutta se solo l’avessi permesso. Mi allontanai ma Nicolas senza troppi complimenti mi afferrò per un polso. Alzai gli occhi, stupita.

― Ho detto che non ci sono ―, ripresi con voce stridula, ― so che è successo quello che è successo, ma io sono già impegnata ed anche tu, vai dalla tua ragazza, ti starà aspettando con ansia ―. Non riuscii a trattenermi dal metterci un poco di veleno in quell’ultima affermazione. L’immagine della scialba fidanzata di Nicolas mi tornò alla mente.

Lui non mi lasciò andare; ― Lei non c’è più, l’ho tradita e l’ho lasciata ―.

Una risata soffocata mi uscii dalle labbra; ― Sei un uomo d’onore allora, ma non mi è chiaro perché tu sia venuto a cercarmi ―.

Nonostante cercassi di usare un tono distaccato e freddo, stavo ferendo soltanto me. Ero colpita dalla sincerità di Nicolas. Tremai, cercando di divincolarmi dalla sua stretta.

Lui lo disse piano, trasmettendomi un brivido lungo tutta la spina dorsale.

― Voglio fare ancora l’amore con te ―.

Rimasi in silenzio, ma cercai i suoi occhi.

No… ―, sussurrai.

― No? ―, fece eco lui, ―Stasera, alle dieci, vediamoci nel parcheggio delle scuole superiori ―.

Lo guardai torva, sciogliendomi dalla sua presa.

― Puoi scordatelo! ―, risposi filando via.

 

 

Erano circa le nove di sera e mi rigiravo confusa nel piccolo bagno del mio appartamento.

“ Non posso andare!” pensavo, salvo cambiare idea il secondo dopo. La verità era che avevo una voglia matta di rivedere Nicolas, di stare con lui, di baciare quel suo corpo pallido. Ma c’era Marcos…

“ Non andrò, non sono così pazza da giocarmi quello per cui ho speso tante energie”.

Mi ritrovai ferma in questa decisione, mentre con un sospiro mi gettai a sedere sul bordo della vasca. Lo specchio di fronte a me rifletteva qualcosa che mi spaventò. I mie occhi, grandi e scuri, sembravano così tristi da sconvolgermi. Mi resi conto solo in quell’istante dell’immensa tristezza che mi circondava come un’aura.

Ogni giorno morivo sempre di più e non me ne accorgevo.

Non che fossi stata mai felice, ma…

Di colpo spensi il cellulare e lo gettai in mezzo ai vestiti da lavare, poi mi spogliai di fretta e mi immersi nella vasca.

Alle dieci e cinque minuti mi trovavo parcheggiata con il mio scooter fuori dal complesso di scuole superiori della mia città. Era deserto, deserto e un po’ inquietante. Una macchina solitaria come me,  mi lampeggiò uscendo fuori da una via che dava sul retro delle scuole.

Era Nicolas. Senza dare addito ai ripensamenti, lasciai la moto e corsi verso l’auto con il casco che mi saltellava tra le mani. Aprii veloce la portiera dell’auto e salii. Senza darmi tempo di salutare, Nicolas mi afferrò per le spalle e spinse la sua bocca rossa sulla mia, stupita e fremente.

Una sua mano mi circondò la nuca e l’altra mi strinse per la vita avvicinandomi di più a lui.

La passione con cui mi lusingava esplose dentro di me nello stesso modo di un fuoco d’artificio.

Ci staccammo qualche minuto dopo, ansanti. Allora mi salutò.

― Ciao ―, disse, senza il minimo imbarazzo.

― Ciao ―, risposi io distogliendo invece gli occhi.

Nicolas accese l’auto e partì.

― Dove andiamo? ―, chiesi, leggermente sbigottita.

Lui mi guardò con un ghigno dipinto sul volto.

― Non vorrai mica fare l’amore in un parcheggio ―.

Il suo essere così diretto mi spiazzò per l’ennesima volta, lasciandomi senza niente da dire.

Okay… dove mi porti? ―, risposi.

― Vedrai ―. Nicolas non aggiunse nient’altro, perpetrando in una guida silenziosa.

Dopo circa un quarto d’ora di viaggio mi accorsi che ci stavamo dirigendo fuori città; la macchina salì per una collinetta e si fermò quasi in cima, in mezzo ad un campo d’erba resa argento dalla luna.

― Siamo arrivati ―, esordì Nicolas uscendo dall’auto. Aprì il cofano posteriore ed estrasse una coperta.

Finalmente fu tutto lampante e una punta di nervosismo mista ad eccitazione mi salì su per le gambe.

― Vuoi stare qui? ―. Calcai l’accento sulla parola “qui”.

Nicolas alzò i suoi occhi diretti su di me; ― Certo ―.

Arrossii mentre lui stendeva la coperta sul prato. Osservai il suo profilo morbido e piacevole e decisi che l’unica cosa che desideravo in quel momento era perdermi nella sua bocca. Lui si sedette sulla coperta e mi allungò una mano.

― Vieni ―, disse. Io presi la sua mano e mi abbandonai contro di lui.

 

Mi rivestii in fretta, evitando di pensare a qualsiasi cosa. Le emozioni provate erano troppo forti, così intense che era impossibile descriverle. Nicolas invece rimase immobile e nudo steso a pancia in su sopra la coperta. Aveva le braccia incrociate dietro la testa e mi chiese: ― Non ti va di guardare le stelle? ―.

― No ―, borbottai, ― voglio andare a casa, sono stanca ―.

Nicolas si schiarì la voce e per un attimo parve perplesso.

― Pensavo che avremmo potuto parlare un po’ ―, aggiunse.

Ridacchiai, innervosita.

― Parlare? No grazie, questo tipo di rapporto non implica il fare conversazione ―.

Trasalii, stupida dalle mie stesse parole.

Nicolas si alzò in piedi con un balzo e con scarsa delicatezza mi afferrò per le braccia, costringendomi a guardarlo negli occhi.

Avrei voluto a tutti i costi guadare altrove ma non potevo mostrarmi così debole o avrebbe capito.

Comunque disse: ― Menti ―. Poi si rivestì di fretta, agitato.

 

Mandai a quel paese la mia coinquilina, il giorno dopo, quando Marcos mandò un’impresa di traslochi per far spostare le mie cose a casa sua. Il cellulare, gettato la sera prima tra i panni sporchi, aveva suonato diverse volte ed era sempre Marcos a cercarmi. Non provavo alcun senso di colpa per quello che avevo fatto, visto che non l’amavo. L’unica mia paura era di essere scoperta ma mi sarei guardata bene dall’essere così cretina.

La casa di Marcos era un attico spazioso in centro, di circa duecento metri quadrati, tre bagni e ogni comodità che potessi desiderare. Avrei dimenticato presto i sessanta metri quadrati che avevo condiviso con la mia coinquilina. Inoltre considerai che fosse scarsamente necessario dover lavorare visto che Marcos mi aveva fatto trovare una carta di credito a fondo illimitato sul comodino della mia nuova camera da letto. Quando mi gettai di schiena su quel materasso morbido capii che ce l’avevo fatta. Avevo raggiunto lo scopo prefissato, ero in vetta.

Eppure, stupidamente, non riuscivo a gioirne. Decisi di chiamare mia madre, lei sarebbe stata certo contenta dei miei risultati. Infatti fu così, la sua gioia bastò alla mia e allontanò da me per un attimo un pensiero sgradito: Nicolas.

Decisi che era per colpa sua se mi sentivo così vuota a priva di entusiasmo e mi maledissi per aver ceduto al suo fascino. Ancora una volta decisi di cancellarlo per sempre dalla mia vita e questa volta sarebbe stata definitiva.

 

La vita con Marcos inizialmente non fu male. Lui usciva di casa presto per andare a svolgere i suoi affari e io avevo tutto il mio tempo libero che spendevo quasi sempre in shopping. Quando entravo nei negozi le commesse mi facevano la festa al contrario di qualche tempo prima.

C’era solo una piccola nota dolente, un tarlo che a volte mi toglieva il respiro. La noia, una noia sottile e lenta che colmavo spesso con un bicchiere di vodka. E il pensiero di Nicolas e dell’intensa emozione che avevo provato nei rari momenti vissuti con lui.

Dopo circa un mese di convivenza con Marcos la maschera che tanto cercavo di curare, iniziò ad incrinarsi. Fingere l’orgasmo diventava sempre più difficile e Marcos, che forse già lo sospettava, iniziò ad avere la conferma della mia falsità. Inoltre, per quanto mi sforzassi, non riuscivo più ad essere divertente e brillante come durante il mio corteggiamento. Ero solo un bel corpo vuoto. E di bei corpi vuoti ne esistevano a valanghe. Di quel passo Marcos si sarebbe stancato ed io avrei perso tutto.

Quella consapevolezza mi spinse ad smaniare, in preda all’ansia, temendo che mia madre sarebbe morta se fossi ritornata ad essere la perdente di prima. E una sera, seduta al bancone di un bar, bevvi fino a stare male. Ero stupenda, nel mio abito nero e nelle mie Manolo bianche, ma incurabilmente sola. Marcos era ad una cena con alcuni soci ed aveva deliberatamente scelto di non portarmi con sé. Era la prima volta, pensai che iniziasse a vergognarsi della sua donna che beveva come un uomo. Il cameriere mi offrì diversi drink e altrettante battute audaci. Sapevo cosa avrebbe voluto e cosa volevano tutti gli uomini da me. Per un momento odiai essere bella, desiderai essere una donna scialba, come la ex di Nicolas, ma felice.

Poi mi ricordai che forse neppure lei era felice visto che Nicolas l’aveva lasciata e tradita.

“ Con me”.

Al pensiero di lui il dolore al petto si fece più forte e sospirai, in malo modo.

Non l’avevo più visto da quella sera.

Non volevo vederlo, ma speravo di incontrarlo, di sfuggita, solo per guardare la sua figura, lontana.

Tremai, quando con la testa che mi girava, sentii una mano bianca e calda posarsi sul mio polso.

Alzai gli occhi confusi per vedere chi fosse ed incontrai lo sguardo ardente di Nicolas.

― Oh, sei tu… ―, biascicai. Mi sembrò che lui si girasse verso il cameriere, con un cipiglio scontroso sul viso.

― Quanto ha bevuto la signora? ―.

Il cameriere ridacchiò e io lo imitai; ― Troppo ―, rispose.

― Andiamo! ―, esclamò Nicolas con voce dura e stridente. Era la prima volta che lo sentivo parlare in quel modo.

La mia coscienza era claudicante ma fui consapevole che Nicolas mi prese e mi trascinò a forza fuori dal locale.

― No! ―, strepitai, ― lasciami in pace, voglio stare qua ―. Nicolas non mi ascoltò e mi caricò a forza sull’automobile. Stranamente mi sembrava diversa dalla solita ford fiesta.

Mentre lui iniziava a guidare io mi stesi in malo modo sul sedile del passeggero e presi a blaterare qualcosa.

― E così ti sei fatto vivo di nuovo, guarda un po’, cosa vuoi fare, scopare? ―.

Risi mentre Nicolas mi ignorava e manteneva lo sguardo fisso sulla strada. Finalmente il viaggio finì ed io mi ritrovai a combattere con una forte nausea.

Nicolas mi aprì la portiera e io vomitai sulle sue scarpe.

― Ma che diavolo! ―, esclamò.

Considerai che doveva essere presumibilmente tardi e che forse Marcos era tornato a casa e mi stava cercando.

― Riportami a casa ―, sospirai. In tutta risposta Nicolas mi caricò di peso sulla schiena fin dentro casa sua. Anche quella mi sembrò totalmente diversa dall’ultima volta in cui ci avevo messo piede ma pensai di non essere credibile.

Nicolas mi scaricò di peso su un divano. Dopo tre secondi mi trovai davanti una bicchiere colmo d’acqua.

― Bevi ―, ordinò.

Presi il bicchiere dalle sue mani, titubante.

Dopo aver bevuto chiesi: ― Perché lo stai facendo? ―.

Nicolas era in piedi di fronte a me e tamburellava con le dita su un tavolo.

― Accendenti ti trovo in giro ubriaca fradicia! ―.

― E questo cosa centra? Non hai nessun obbligo nei miei confronti, dopotutto ci siamo visti pochissime volte e solo per… ―.

― Zitta! Se ci tieni a saperlo ti stavo cercando. Dopo il nostro ultimo incontro sono venuto a cercarti all’agenzia viaggi ma mi hanno detto che ti eri licenziata. Poi mi sono fatto dire dove abitavi e li la tua inquilina mi ha borbottato in malo modo che te ne eri andata. E tutto questo due giorni dopo il nostro ultimo incontro. Straordinario ―.

Scossi la testa, turbata.

― Non avevi nessun diritto di cercarmi e di entrare nella mia privacy, sono andata a vivere con il mio fidanzato, cosa t’importa? ―.

Nicolas tacque per un istante. ― Se il tuo fidanzato ti fa ridurre in questo stato allora è meglio che lo lasci ―.

Risi, trovando quello che lui aveva appena detto quasi ironico.

― Oh, non penso proprio. Le vedi queste scarpe? E questo vestito? E questa borsa?Se non ci fosse lui non le avrei indosso ―.

Incrociai gli occhi azzurri di Nicolas, desiderando sconvolgerlo, allontanarlo da me e da tutto quello che rappresentavo.

― Tu che ti mostri così cavaliere da soccorrere questa povera damigella in pericolo, cosa potresti mai darmi? Una botta di sesso non basta ―.

Gli occhi di Nicolas ebbero un fremito, l’avevo finalmente scosso.

― Non c’è solo quello, infatti ―.

Gettai indietro la testa e stesi le gambe sul divano. Gli occhi di Nicolas caddero su di me.

― Non starai parlando di amore, spero ―, risposi con sarcasmo.

Lo sguardo di Nicolas rimase fermo e questa volta non si scompose.

― Ti sembra così assurdo? ―.

― Si, e adesso riportami a casa mia ―.

Quelle parole erano state le più faticose da pronunciare. In realtà il mio animo era annegato in quel momento e il mio desiderio più grande era stato improvvisamente spento. Mi sentivo morta dentro ed era al situazione più penosa che avessi mai provato. Stavo respingendo l’unica persona che mi provocava una briciolo di gioia.

Nicolas strinse i pugni ma non fece una piega.

― Se questo è quello che desideri. Alzati, non ti cercherò più ―.

Non lo conoscevo da tanto ma chissà come sapevo che mi avrebbe risposto in questo modo. Non sarebbe stato certo li ad elemosinare il mio cuore o il mio corpo.

Tremando come l’ultima foglia dell’albero mi alzai.

 

Quando rientrai, Marcos era seduto sul divano del salotto, un bicchiere di vino bianco tra le dita.

Nel momento in cui varcai la porta d’ingresso mi guardò, mi valutò. Poi con un movimento rapido delle gambe si alzò e venne verso di me. Mi appoggiai allo stipite della porta, improvvisamente impaurita. Teneva ancora il bicchiere in mano mentre i suoi occhi scuri si piantarono dentro i miei. Il suo naso quasi sfiorò il mio mentre io, imbarazzata, cercavo di sfuggirgli.

― Ciao Marcos ―, blaterai, fingendo un sorriso.

― Puzzi di alcool, ma dove diavolo sei stata? ―.

Aveva un tono di voce che non gli avevo mai sentivo, era inquisitorio, terribile.

Cercai di allontanarmi ma lui me lo impedì, bloccandomi contro la porta.

Con una mano mi circondò una coscia nuda e io rabbrividii per il disgusto.

― Ti faccio schifo eh? Eppure all’inizio ti piacevo, non è così? ―.

La sua bocca, irruvidita dalla barba, si appoggiò sulla mia con brutalità. Il mio cuore prese a battere, furioso.

Io… no… ―. Cercai di allontanarlo da me.

― Non ne hai voglia? Beh, non me ne frega un cazzo, io si. Sei diventata frigida? Se non sai più fare neanche la troia cosa me ne faccio di te? ―.

Gridai, mentre l’orrore si impossessava di me.

― Sei sempre triste, eppure da quando stai qua hai speso un patrimonio. Cosa me ne faccio di te? ―, continuò Marcos. Le sue mani si erano infilate sotto il mio vestito e mi graffiavano la pelle.

Pregai di morire in quel momento, morire sarebbe stato meglio di tutto quello schifo in cui vivevo.

― Lasciami ti prego… ―, lo supplicai, con le lacrime agli occhi.

― Hai speso un sacco di soldi e adesso dammi quello che mi spetta in cambio, troia! ―.

― No, no, no! ―, urlai e tempestai la testa di Marcos di pugni. Volevo uscire al più presto da li.

― Ma che fai! ―. Macos strinse la mia faccia nella sua mano.

Era violento, era furioso, ed io mi ero venduta a questo uomo per una carta di credito.

D’improvviso la voglia incredibile di scappare prese possesso di tutto il mio corpo ed io con il piede ancora racchiuso nelle scarpe con il tacco, colpii Marcos nei suoi punti più deboli.

Si accasciò all’istante, con un’imprecazione strozzata.

Gli gettai un ultimo sguardo, un uomo per cui non provavo niente, se non disprezzo. Poi uscii di corsa, desiderando mettere più distanza possibile tra lui e me.

 

Sedetti tutta la notte su una panchina. Non avevo paura, non più, sapevo solo che per me era finita.

Non avevo più una casa, non avevo più un lavoro, non avevo amici. Da mia madre non sarei mai andata, non le avrei presentato la mia resa.

Avevo pensato solo ad ingannare me stessa ed avevo perso.

Alle prime luci dell’alba qualche passante mi vide, si avvicino e mi chiese se avessi bisogno di qualcosa, di chiamare un ambulanza. Io non risposi, mi limitai a fissare il vuoto che avevo davanti e che avevo dentro.

Finché qualcuno non appoggiò le sue labbra sui miei capelli, circondandomi con le braccia da dietro.

― Anche tu hai passato una notte insonne ―, disse il misterioso passante.

― Per quale motivo perdi il tuo tempo con me? ―, chiesi a Nicolas.

Sapevo che era lui, lo seppi prima di girarmi, lo seppi da calore di cui il mio cuore si stava abbeverando.

― Sono innamorato cotto di te, dalla prima volta che ci siamo visti, nel ristorante del tuo amante ―.

Era assurdo, ma gli credetti.

― Che ne è stato della tua ragazza scialba? ―, risposi, ancora senza girarmi, godendo del semplice gesto delle sue braccia intorno al mio collo e delle sue labbra vicine al mio orecchio.

― Era più un rapporto voluto dai nostri genitori che da noi. Mio padre a suo padre sono soci dello stesso studio legale ―.

Sobbalzai, ricordandomi una cosa. ― Mi avevi detto che stavi facendo praticantato… ―.

― Esatto, nel mio studio legale, non sono lo squattrinato che ho voluto farti credere, ma non sono neppure ricco come tu desidereresti ―.

Mi voltai verso di lui e lo guardai. I suoi occhi mi sorpresero per la loro sincerità.

In quel momento provai una forte gioia e una gran tristezza per il fatto di essere una persona tanto meschina. Non meritavo ciò che Nicolas aveva da offrirmi, non meritavo una gioia così pura.

― Puoi avere il meglio Nicolas e spero che lo avrai ―, dissi, con il cuore pesante.

Il viso di Nicolas si scurì e le sue labbra si avvicinarono pericolosamente alle mie.

― Io voglio te e non mi importa niente di ciò che hai fatto ―.

Gli gettai le braccia al collo e piansi.

Piansi per un sacco di tempo, incurante degli sguardi che gli altri mi lanciavano, ombre, comparse di quella strana mattina.

Vuotai il mio animo e Nicolas non mi lasciò mai.

Poi, con estrema tenerezza, mi fece alzare in piedi ed accarezzandomi i capelli mi disse: ― Vieni, abbiamo un sacco di cose da dirci ―.

Io gli sorrisi, finalmente liberata e libera di essere me stessa.

 

NdA: Spero che questa storia vi sia piaciuta! L’avevo scritta per il concorso “Diventa scrittore con gente 2012” di cui poi non ho saputo più niente quindi immagino di non essermi qualificata J

Fatemi sapere cosa ne pensate e, se avete voglia, visitate il mio blog in cui potete trovare altre mie storie:  http://cristinadimorval.blogspot.it/

 

Un bacio,

Lua

 

 

   
 
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