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Autore: Will Turner    22/10/2012    0 recensioni
Cosa succede quando una ragazza scopre la verità che rischia di distruggere la storia d'amore attesa da una vita? Da quando ha incontrato Max, Faith ha imparato a sognare: il suo tormentato passato sembra ormai superato per sempre, ma un tremendo segreto incombe su di lei senza lasciarle alcuna possibilità di fuga e mettendole davanti la scelta più difficile. Un racconto d'amore fatto di romanticismo, passioni, tormenti e lacrime che riuscirà a strappare anche qualche risata.
Aggiornamento periodico mensile.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Le Ragioni Del Cuore


50. M IRACOLO DI NATALE


    La sera della sfilata arrivò e passò in un batter d’occhio e fu, con sua sorpresa, un gran successo per Faith. Molta gente più o meno nota del jet-set della moda andò a complimentarsi con lei al termine dell’evento, e la stessa CiCi, che aveva assistito allo spettacolo comodamente seduta in prima fila, le aveva ammiccato standosene in disparte per permetterle di godersi appieno quei meritati momenti di gloria.
    Faith si sentì orgogliosa e soddisfatta come non si sentiva da tempo. Avrebbe voluto vivere attimi come quelli per tutta la vita, ed ora che era perfettamente convinta della strada che avrebbe voluto seguire, le stava per essere proposta un’offerta interessante dall’altra parte del continente.
    Lynda Shields, il sogno inseguito da tutta una vita, le stava inaspettatamente aprendo le porte.
    Mentre ammirava i coriandoli argentati che ancora fluttuavano nei potenti fasci di luce emanati dai fari colorati, si chiese se anche quello non fosse stato tutto scritto dal destino già molto tempo prima.
    Avvertendo una strana malinconia prenderla allo stomaco, rabbrividì nel suo lungo abito blu che la fasciava perfettamente in vita lasciandole la schiena scoperta. Si guardò intorno e in un istante ogni cosa le sembrava già lontana, un piccolo mondo che non le apparteneva più. Dietro di lei poteva ancora udire gli schiamazzi e le risate spensierate delle modelle che, fino a mezzora prima, avevano circolato isteriche per tutti i camerini alla ricerca di una spazzola o di un rossetto, per quanto Faith si fosse impegnata ad organizzare ogni minimo dettaglio. Non era difficile rendersi conto di come fosse impossibile gestire più di settanta modelle urlanti, stipate in cento metri quadrati. Fortunatamente lo spazio era stato insonorizzato e reso indipendente dalla passerella.
    Ad aver contribuito a dare maggior successo alla serata era stata un’idea vincente che le era balzata in mente sfogliando una rivista di moda. Attraverso una rubrica per le lettrici aveva appreso quanto fosse elevato l’interesse verso il mondo delle passerelle di ragazze comuni che professionalmente non avevano nulla a che vedere con quella realtà.
    Così aveva colto l’occasione di riservare un’area del padiglione a tutte le persone che ne nutrivano un certo interesse, permettendo loro di accedere alla sfilata senza bisogno di dover presentare l’invito che solitamente era riservato ad un pubblico di una certa levatura e importanza.
    Il risultato era stata un’invasione di donne di ogni età che avevano assistito a bocca aperta e con gli occhi colmi di meraviglia allo sfilare di capi d’alta moda.
- Avresti dovuto sfilare anche tu, Faith.- Commentò una voce alle spalle della ragazza.
    Faith sobbalzò sovrappensiero. Si volse, reggendo in mano alcune orchidee e ringraziando la donna molto elegante che le veniva incontro lentamente, con passo incerto.
- Si figuri, io non sarei in grado di fare cinque passi di fila su quei trampoli e…- Si bloccò non appena ebbe riconosciuto quel viso così curato e composto.
- Addison…- Mormorò con il cuore che prendeva a martellarle nel petto per un inspiegabile motivo - Che ci fai qui?-
    Addison, vestita di un sobrio tailleur grigio ghiaccio, non somigliava affatto alla donna che Faith aveva conosciuto in Ohio qualche mese prima. I capelli, in parte raccolti e in parte liberi di caderle sulle spalle, erano lisci e di qualche tono più chiari, e le conferivano un aspetto più giovanile. Nel suo viso la ragazza riconobbe alcuni tratti che le ricordavano Max in maniera impressionante: il taglio sottile degli occhi, lo stesso modo di curvare le labbra verso l’alto, tutti particolari che si erano impressi nella sua mente e che non si erano mai cancellati.
- Ci tenevo a scusarmi personalmente con te, Faith. Ti ho spinta a dover confessare tutto a Max contro la tua volontà, e poi ho scoperto che tuo padre non ha alcuna colpa.-
    Faith rimase immobile, come impietrita.
- So perfettamente che tra te e Max ora non c’è più niente, ma ho fatto troppi sbagli nel corso della mia vita e vorrei poter rimediare, per quanto mi è possibile.-
    Addison si stringeva le mani evidentemente rammaricata, e Faith provò tenerezza. Malgrado tutti i suoi errori, era certamente una persona buona e dotata di grande acume, che la vita aveva deciso di punire ingiustamente portandole via il marito e, per poco, anche il figlio. Erano così uguali lei e Max, sempre pronti a voler rimediare a tutto, sempre pronti a saper riconoscere le loro colpe.
    Faith non la lasciò terminare e, senza pensarci, l’abbracciò come fosse stata sua madre. Quello era uno di quei momenti in cui il silenzio valeva più di mille scuse e mille dispiaceri. Restarono strette nel fascio di luce finché alcuni uomini entrarono dagli ingressi laterali, pronti a smontare tende e palcoscenico.
- Grazie per essere venuta fin qui soltanto per dirmi questo, Addison. Lo apprezzo molto, davvero.- Sussurrò Faith avvertendo un grande calore nel cuore. Si staccò da lei e la guardò sorridente, donandole un’orchidea e baciandola sulla guancia.
- Non devi spiegarmi niente. Ho capito tutto.- La rassicurò, ed Addison le ricambiò il sorriso - Sei una donna meravigliosa, e Max è fortunato ad averti come madre.-
    Indugiò qualche istante, abbassando gli occhi brillanti sui fiori - Vorrei che fossi anche la mia.-

    Addison si portò le mani al petto, rinfrancata da quelle belle parole, e le fece una carezza.
- Non è possibile portare rancore in eterno. Io non sono fatta così, e penso sia sempre meglio chiarire ogni cosa prima di chiudere definitivamente una porta.- Spiegò Faith - Chiunque ha il diritto di chiedere scusa, in fondo. O, almeno, a me piacerebbe che venisse offerta la possibilità di spiegare i motivi che mi hanno spinto a comportarmi in un determinato modo.-
    In quell'istante ripensò a suo padre. Dopo tutto ciò che gli aveva rimproverato e tutte le cattiverie proferite, provava vergogna per sé stessa a doverlo incontrare. Avrebbe voluto parlargli, chiedergli perdono per aver dubitato della sua onestà, ma lui? Lui era pronto ad offrirle la possibilità di chiedere scusa? E lei era pronta ad intraprendere un normale rapporto con suo padre?
- Tua madre sarebbe fiera di te, ne sono sicura.- Mormorò Addison - E anche tuo padre.- Aggiunse come leggendole nella mente.

    Rimasero a parlare pochi minuti nei quali Faith le raccontò del ballo di Lynda al quale avrebbe partecipato il giorno successivo, quindi la ragazza si congedò.
    Una volta in taxi, un sorriso le spuntò inaspettato sul volto mentre, attraverso il vetro umido, osservava la città luminosa scivolare al suo passaggio, sotto una notte senza stelle.
Era tempo di lasciarsi indietro paure e incertezze. Era tempo di agire.

    Il taxi si fermò proprio davanti all'ingresso del carcere. Faith pagò la corsa, chiese all'autista di aspettarla qualche minuto, e scese dall'auto stringendosi la cintura del lungo cappotto nero. Sapeva di essere ben oltre il limite dell'orario di visita, ma sperò nel buon cuore del poliziotto che sedeva al centralino all'ingresso.
    Non appena la vide avvicinarsi, l'uomo si alzò in piedi incuriosito, posando la tazza di caffè sulla scrivania.
- L'orario per le visite è finito da un pò, signorina, mi spiace.- La informò indicando l'orologio alle sue spalle.
- Oh,- Fece Faith scostandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio - mi dispiace tanto, ma... non potrebbe fare un'eccezione? È davvero importante, vorrei vedere mio padre, Brian Harrington, perchè domattina partirò presto per New York e ...-
- Sono spiacente, signorina.- Ripeté impassibile il poliziotto.
- Per favore... le chiedo cinque minuti soltanto...- Continuò Faith tentennando, con la voce calma e dolce.
- Non posso farla entrare. Se lei entra, io vengo buttato fuori.-
    Faith abbassò gli angoli della bocca, rammaricata della sua richiesta.
- D'accordo. Le auguro buone feste, allora.- Disse rassegnata, con gli occhi tristi.
    Il poliziotto la osservò incamminarsi verso il taxi con le mani in tasca, e avvertì un istantaneo dispiacere al cuore. L'espressione di quella ragazza lo aveva intenerito, così la richiamò proprio mentre si si stava apprestando a risalire in macchina.
    Faith si voltò stupita, si avvicinò titubante al vetro che la separava dall'uomo, e ascoltò cos'aveva da dirle.
- Vada sul retro, senza farsi notare, e raggiunga il reticolato vicino al campo da basket. Mi inventerò una scusa e le manderò suo padre, ma mi raccomando: cinque minuti soltanto. Intesi? O domattina dovrà portarmi con lei a New York per trovarmi un nuovo lavoro.-
    Faith gli sorrise.
- Grazie. È molto gentile.-
- Si figuri. Ora vada e si ricordi le mie istruzioni. CINQUE minuti.-
- Va bene.- Annuì strizzandogli un occhio.
 
   Deborah Lurie “Final Letter”
http://www.youtube.com/watch?v=M3QL0Jn7SQc
    - Faith, santo cielo, che ci fai qui? È notte fonda, e fa freddo...- Disse Brian allarmato non appena la vide delinearsi nel cono di luce del faro sovrastante.
- Ciao, papà.- Lo saluto semplicemente lei.
- Va tutto bene?- Le chiese in tono apprensivo. Aveva gli occhi assonnati e i capelli spettinati, ma si dimostrava gentile, ed inoltre era contento di vedere sua figlia, anche in quell'inusuale circostanza.
- Si, si, certo, va tutto bene.- Lo guardò con gli occhi lucidi. Era consapevole che Brian avesse intuito che stava per dirgli qualcosa di importante, ma era incapace di emettere una sola parola. Non voleva cadere nel ridicolo, esprimersi in frasi prive di senso o cose già dette.
- Cosa c'è, Faith? Non capisco se non mi parli.- La pregò preoccupato il padre, poggiando le mani sul reticolato, come a voler abbracciare la figlia e rassicurarla.
    Faith scosse la testa, il naso arrossato per il freddo.
- Mi... mi dispiace, papà.- Sussurrò stringendosi nelle spalle - Non so cosa mi sia preso quel giorno, ero arrabbiata, delusa, osservavo impotente la mia vita andare a rotoli, e me la sono presa ingiustamente con te.-
- Faith, non devi scusarti. Non occorre.-
- Zia Becky è morta, lo sai?- Gli domandò imbarazzata, cambiando argomento.
    Gli occhi di Brian si fecero comprensibilmente languidi.
- Lo so. Ma avrei preferito che fossi stata tu a dirmelo.-
- Domattina partirò per New York, ma ho voluto venire qui per sapere una cosa che per me è importante.-
    Suo padre rimase in ascolto, stringendo le labbra.
- Mi vuoi ancora bene?- Gli chiese Faith dopo qualche istante, evitando di guardarlo negli occhi.
- Non ho mai smesso di volertene.-
    Lei allora posò lo sguardo nel suo e una lacrima le scivolo lungo una guancia. Con una mano toccò le dita del padre attraverso la rete, e lui la strinse.
- Io ci sono sempre per te, Faith, non devi dimenticarlo. Non mi importa di ciò che è stato detto e fatto. La cosa che non potrà mai cambiare è che tu sei sempre mia figlia. La mia bellissima figlia.- Precisò Brian - Tra non molto sarò fuori di qui e potrò prendermi cura di te. Voglio recuperare tutto il tempo perso. Me lo permetterai?-
    Faith sorrise strofinandosi il naso con l'altra mano. Scoppiò in un sospiro di liberazione e sollievo, grata a suo padre per averla perdonata.
- Non desidero altro, papà.- Rispose piegando la testa di lato - Ti voglio bene.-
    Qualche attimo dopo si udì un uomo tossicchiare dietro di loro, nell'ombra, e Brian si voltò.
- Oh, certo,- Fece Faith asciugandosi il viso con un fazzoletto - Purtroppo il nostro tempo è scaduto.-
- Divertiti, Faith. Passa un buon Natale.- Le augurò il padre.
    Lei fece per andarsene e, dopo alcuni passi, si girò.
- Ti aspetto a casa, papà.- Gli ricordò, sollevando una mano per salutarlo.

    Lungo il marciapiede si sentì cogliere da un senso di leggerezza. Trovava stupendo come la sua vita stesse prendendo una piega diversa, dopo il dolore patito per la perdita di zia Becky. Pensava ancora molto a lei, ed era consapevole che nessuno avrebbe potuto sostituirla, nemmeno suo padre. Però sapeva anche che le occorreva riempire i suoi giorni a venire con nuove persone, nuovi obiettivi, nuove speranze, e che non tutto il male era avvenuto per nuocere, ma aveva contribuito a suo modo a prepararla alla sua esistenza futura. Non era mai tardi per ottenere nuovi spazi e nuove possibilità.
    Notò una lattina schiacciata sul ciglio del marciapiede, e la evitò con noncuranza. Poi le balenò in testa un'idea e tornò sui suoi passi. Puntò un bidone dell'immondizia dall'altra parte della strada, si guardò un attimo intorno prendendo la mira, e diede un calcio secco alla lattina, che andò a finire dritta tra i sacchi neri e lucidi ammucchiati all'interno.
    Alzò le braccia entusiasta in segno di vittoria, soddisfatta del suo tiro, ma soprattutto contenta di come stavano andando le cose.
    Non era una leggenda, pensò: il miracolo di Natale esisteva per davvero.


R
isposte alle Recensioni


C iao a tutti i lettori! Stavolta ho deciso di rispondere alle recensioni alla fine del capitolo, per non farvi perdere ulteriore tempo!
    Non posso che darti la mia piena ragione, Clarita. Oggi l'amore fa paura. Ci si lascia condizionare fortemente dal parere dell'altra gente, e chi è facilmente influenzabile, spesse volte preferisce rinunciare ad essere felice, pur di far contenti gli altri, che egoisticamente non si rendono conto di essersi imposti su di noi con i loro pareri apparentemente giusti, forse per volerci proteggere, ma senza pensare alla nostra autentica serenità. Per questo motivo il coraggio viene a mancare. Viviamo in una società impostata su canoni che non ci consentono di potersi realizzare, ma che ci cresce e modella secondo le sue regole.
    Occorre solo rendersi conto che non si ha niente per niente se non ci si impegna e non si prova a comprendere il vero significato di “felicità”. Ci saranno sempre degli ostacoli, è così che si diventa “grandi” e si capisce cosa è giusto per noi, e quando lo si capisce, è necessario farlo presente a chi ci vuole bene. Io credo sempre che sia il cuore a parlare, e non la mente. Lasciamo entrare nel nostro cuore la persona che riesce ad aprire le ali e a volare stando al nostro passo, mai dietro o davanti a noi, ma l'uno in fianco all'altro, altrimenti non potrà mai funzionare. Solo così scopriremo di essere felici per davvero.
    Ti mando un saluto, Clarita. E grazie per i tuoi bellissimi complimenti. :)


MM     
  
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