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Autore: Evilcassy    26/10/2012    14 recensioni
Quando Clint si volta di nuovo verso il vetro, sia Natasha che il suo medico sono scomparsi. Si lascia sfuggire uno sbuffo, che in fondo una cosa del genere doveva aspettarselo: bastava un istante di distrazione, un battito di ciglia, spalle voltate per un momento ed ecco che della Vedova Nera scompariva nel silenzio.
Senza lasciare dietro di sé neppure una scia di profumo, da spia perfezionista quale era.
- Questa Storia partecipa al contest 'La Notte degli Oscar' indetto da Writers Arena Rewind.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Lemon, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Gushing Ledger.'
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SCENT OF A WOMAN

 

 

Il profumo ha una forza di persuasione più convincente delle parole, dell'apparenza, del sentimento e della volontà. Non si può rifiutare la forza di persuasione del profumo, essa penetra in noi come l'aria che respiriamo penetra nei nostri polmoni, ci riempie, ci domina totalmente, non c'è modo di opporvisi.

 (Patrick Süskind, PROFUMO)

 

Non aveva mai visto Natasha con i capelli raccolti. Se ne rende conto solo in quel momento, mentre la vede sedersi sul lettino dell'infermeria al di là del vetro, dopo una breve doccia che l'ha ripulita dalla polvere e sudore quanto bastava per ricevere le dovute medicazioni.

Gli scappa un mezzo sorriso, che con quella tuta da training dello S.H.I.E.L.D. di almeno tre taglie più grandi le manca solo qualche bling bling  al collo per una perfetta imitazione dello stile da rapper del ghetto.

Il paramedico le si avvicina e la visita, Natasha ha gli occhi stanchi e sembra faccia fatica a tenerli aperti. Si lascia spingere a coricarsi e fa una lieve smorfia quando le viene disinfettato il taglio sulla tempia. Poi, per applicarle i cerotti cicatrizzanti, il paramedico le si pone davanti coprendola dalla vista di Clint.

 

Sente la pressione di un ago sul bicipite e si sorprende a trovarsi a fianco un altro paramedico a medicargli il braccio. Non aveva neppure notato la sua presenza, ormai ha i sensi proprio provati. "Il primo taglio ha bisogno di qualche punto." spiega "Le darò anche un antidolorifico per l'ematoma alla schiena e lo stiramento del legamento al ginocchio destro."

Clint annuisce, muovendo il collo indolenzito. Non si era reso conto di tutti quei danni sino a che l'adrenalina non era scemata del tutto e i muscoli avevano iniziato a gonfiarsi e a far male.

Un male cane, nel caso del ginocchio.

Un male assurdo nel caso della botta alla schiena.

Per non parlare dei tagli sul braccio, delle varie ecchimosi sparse per il corpo, e del principio di tendinite nell'avambraccio destro, affaticato dal prolungato utilizzo dell'arco.

Sarebbe stato KO per un po' di tempo.

Oh beh, una vacanza era il minimo che Fury poteva concedergli.

Mentre il paramedico applicava i punti di sutura Clint cercò con lo sguardo Natasha, nell'ambulatorio di fianco. Le stavano fasciando un polso e schioccava le labbra con aria infastidita. Clint sorride di nuovo: il disinfettante sul taglio del labbro le deve bruciare ed avere un sapore orribile. Natasha si sente osservata, si accorge di lui al di là del vetro, ricambia lo sguardo ed il mezzo sorriso, alza la mano libera in segno di saluto: ha due dita fasciate insieme.

Decisamente, aveva bisogno anche lei di una vacanza.

Dove l'avrebbe passata, nel suo alloggio? Sapeva che, nei pochi momenti liberi, Natasha amava starsene per i fatti suoi nel suo appartamento, gliel'aveva detto Coulson.

Non sapeva bene quello che facesse - se passasse il suo tempo a leggere o davanti alla tv in preda ad una compulsiva visione di una qualche serie televisiva, o che altri hobby.

Difficilmente se la immaginava impegnata all'uncinetto e all'acquerello, ma in fondo chi poteva dirlo?

Quando erano tornati dal New Mexico, Coulson aveva portato un paio di occhiali con la montatura viola e una forma bizzarra, asserendo che fossero per la collezione di Natasha - era vero o lo stava prendendo in giro?

Che Coulson lo faceva sempre, sapendo che quello era il suo punto debole e lo sfruttava ampiamente per suo mero diletto.

Buttava lì l'informazione che a Natasha era stato assegnato l'incarico di infiltrarsi nelle Stark Industries  - da Tony Stark, ci si rendeva conto? Non ci aveva dormito per due notti di fila; gli inoltrava il file con il book fotografico che aveva fatto per sostenere la copertura da ex-modella ai tempi del college domandandogli un parere spassionato - seguito da altra notte insonne e se gli chiedeva con chi stesse flirtando via sms con quel sorrisetto trattenuto a stento rispondeva con un placido "Romanoff" che gli faceva venir voglia di infilargli sopracitato cellulare nel bulbo oculare sinistro.

La consapevolezza che non avrebbe più potuto essere preso in giro da Coulson gli preme lo sterno facendogli corrugare la fronte. Si sistema meglio sul lettino, deciso a scacciare quella sensazione orribile, a schiacciarla nell'angolo più buio della coscienza, lo stesso dove relega i nomi dei suoi target eliminati.

Natasha deve rispondere ad alcune domande del medico e non lo guarda più.

L'infermiere accanto finisce la sutura e gli sistema il ghiaccio sul ginocchio raccomandandosi di restare a riposo per le prossime ore e di non fare movimenti bruschi, che la stanchezza e l'antidolorifico l'avrebbero sicuramente fatto collassare se si fosse alzato in piedi troppo velocemente.

Quando Clint si volta di nuovo verso il vetro, sia Natasha che il suo medico sono scomparsi. Si lascia sfuggire uno sbuffo, che in fondo una cosa del genere doveva aspettarselo: bastava un istante di distrazione, un battito di ciglia, spalle voltate per un momento ed ecco che della Vedova Nera scompariva nel silenzio.

Senza lasciare dietro di sé neppure una scia di profumo, da spia perfezionista quale era.

 

"Clint."

Per poco non cade dal lettino. Si ritrova la mano di lei a trattenerlo per la spalla, mentre riprende l'equilibrio e si riaccomoda. "Nat, per la miseria... hai intenzione di uccidermi di spavento?"

Le labbra si incurvano leggermente: c'è un taglio che non le permette di fare di più e Clint pensa per l'ennesima volta che quella bocca sembra disegnata da tanto è perfetta. "Posso sedermi?"

Sposta appena le gambe, il lettino è stretto ed in due è piuttosto scomodo, ma lei vuole stare lì e piuttosto che farla allontanare preferirebbe mandare completamente a ramengo il legamento del ginocchio e peggiorare l'ematoma sulla schiena.

Natasha si siede, le gambe appoggiate sullo sgabello dove prima c'era il paramedico e lo sguardo stanco.

Sospira, lo fissa negli occhi e Clint non riesce a fare altro che imitarla senza saper bene cosa dire, se sia meglio un complimento su come ha combattuto o spiegarle il sollievo che prova a vederla tutta intera oppure un commento sui capelli legati, che dev'essere così che li porta quando nessuno la vede nella solitudine del suo alloggio mentre fa chissà cosa circondata da centinaia di occhiali di forme e colore stravaganti.

Invece stanno in silenzio, ed in fondo è meglio così che rischiare di sparare una cazzata incredibile che potrebbe farla allontanare. Non si sente neppure troppo a disagio, e questa è un'ottima cosa. Stanno semplicemente zitti, a fissare l'uno le ferite dell'altro, e se Clint riuscisse a smettere di annuire per inerzia potrebbe addirittura sembrare meno idiota.

"E così, ce l'abbiamo fatta."

"Già." Continuando ad annuire così si sente più un piccione che un falco."Tu... tutto a posto?"

Natasha fa una smorfia di sufficienza. "Un paio di botte, qualche escoriazione... pare nessuna frattura, ma devo rifare domani le lastre al polso, ora è troppo gonfio."

"E il labbro rotto."

"L'ho incluso nelle escoriazioni."

Giusto. Clint si strofina gli occhi e soffoca uno sbadiglio dandosi di nuovo dell'imbecille, che mettersi a sbadigliare davanti a Natasha - Natasha con i capelli raccolti e la tuta informe che chissà come la fa sembrare più sexy di quel tubino maculato -anzi, no, animalier era stata la definizione di Coulson - che aveva comprato in occasione dell'ultimo compleanno di Stark - Tre notti insonni, non una, non due. TRE.

"C'è chi sta peggio: Stark ha una commozione cerebrale - sfortunatamente pare non abbia intaccato l'Area di Broca, a giudicare da come continua a parlare." Natasha sorride e lui non può fare a meno di fare lo stesso. Il taglio sul labbro si arrossa ed esce una piccola goccia di sangue. Clint si allunga verso il tavolino di fianco, prende un kleenex, lo bagna con l'acqua del bicchiere e la invita a star ferma tamponandole il taglio delicatamente. "Devi stare attenta, non vorrai peggiorare la situazione." riesce a bisbigliare - Si, ha parlato a Natasha come ad una bambina di cinque anni e lei deve proprio essere sfinita per non avergli staccato di netto la testa dal collo.

Ed invece quegli occhi verdi, straordinariamente lucidi, seguitano a rimanere fissi sui suoi. Deglutisce, sembra quasi trattenere il respiro mentre Clint continua a tamponare il taglio, che ormai non sanguina più ma lei non se ne è accorta, quindi perché smettere? Poi le dita fasciate si posano sulla mano e la fermano, scostandola appena.

E sono le labbra di Clint a sostituire il fazzoletto. Non preme, anche se vorrebbe farlo con una foga inaudita ed avere le energie per stringerla a sé ed infilarle le mani sotto quella T-shirt esageratamente grande, cercare la sua pelle ed i suoi seni, farla sdraiare su quel lettino e non lasciarla andare per tutta la notte e per tutto il giorno dopo.

Ma non è in grado, non in quel momento e neppure lei. Così appoggia solo le labbra alle sue e spera che lei non si tiri indietro né che lo accoltelli.

Ed invece è Natasha a premere delicatamente e ad aprire le labbra, e quando le loro lingue si incontrano e sente stringere di più il polso come se volesse trattenerlo allora l'abbraccia, quasi la stringe, anche se un braccio mezzo addormentato dall'anestesia, un ematoma alla schiena e un legamento compromesso del ginocchio fanno un po' da limite alla passione.

Si stacca, prende fiato -occhi nei suoi e un vortice di cose da dire che non riescono ad uscire dalla sua bocca. "Natasha..."

"Clint."

La bacia di nuovo, e questa volta è il sapore metallico del sangue a farlo staccare. Il taglio si è riaperto e lui lo tampona di nuovo con il fazzoletto, che non è un vampiro e di Natasha vuol sentire il sapore del suo desiderio, non quello del sangue.

Lei deglutisce, improvvisamente ha uno sguardo interdetto e piuttosto confuso, quasi indeciso sul da farsi. "Ti accompagno nel tuo alloggio." Sussurra.

 

Fuori dev'essere notte. Non ci sono finestre nei corridoi dell'Helicarrier, e neppure negli alloggi, questione di sicurezza: "Metti che qualcuno voglia buttare una carta fuori dal finestrino mentre siamo a duemila piedi." aveva commentato Coulson un migliaio di anni fa.

Clint fa passare il badge sul lettore e la porta scorre di lato. Gli alloggi sull'Helicarrier sono una semplice stanza - un letto ad una piazza con un comodino, un tavolo con una sedia ed un bagno minuscolo, ed il suo è piuttosto incasinato. Si gratta la testa, l'altro braccio resta attorno alle spalle di Natasha che ha insistito per fargli da supporto nel tragitto dall'infermeria, e biascica un paio di scuse tra le quali che il giorno per il bucato è sabato ed oggi è martedì ed una vaga ed improbabile lamentela sulla mancanza di personale per le pulizie a bordo.

"Non importa."

Clint si siede sul letto ed in quel momento la stanchezza della giornata decide di prendere completamente il soppravvento. Non riesce più a muovere un muscolo, anche sfregare i piedi per togliersi le scarpe -il sopracciglio alzato di Natasha la dice lunga sulla pateticità del movimento, risulta uno sforzo immenso.

"Allora io... io vado."

"Natasha..." No, un briciolo di energia -e di dignità e di buonsenso, ce l'ha ancora. Si sposta di lato, accanto al muro, girandosi su di un fianco e poggia la mano sul materasso. "Ti va di dormire qui?"

L'espressione sul suo viso si fa indecifrabile: Sembra stia trattenendo un sorriso e ricacciando indietro un moto di impazienza e una smorfia sollevata contemporaneamente. "Staremmo un po' stretti."

"Non mi dispiacerebbe."

"Clint" Ora è improvvisamente seria e questa cosa è di per sé abbastanza inquietante. "Non è consigliabile..."

"Tasha, ti prego." Allunga una mano nella sua direzione e sorride nel vedere in che modo la stia fissando: tentata. "Che tu ci creda o no, questa notte non potrei far altro che dormire come un sasso. Per tutto il resto... ti chiedo scusa, spero dovremo rimandare la discussione ad un altro momento."

Sì, Natasha sta sorridendo ora, e si muove lentamente verso il letto. Le palpebre di Clint collassano nell'esatto momento in cui avverte il calore di Natasha accanto.

 

Mal di testa.

Mal di ginocchio.

Mal di schiena.

Mal di spalla.

Mal di braccia.

Il più classico dei risvegli post missione.

E sta pure sbavando, indice di sonno rigenerante. Sonno rigenerante con una donna tra le braccia.

Natasha...!

Cazzo, sta sbavando su Natasha!

Sbarra gli occhi saltando praticamente in piedi -il ginocchio, porcaputtana!

No, era il cuscino. Di Natasha non c'è proprio traccia. Non è sulla sedia, né per terra, neppure nel bagno.

È come se non fosse mai restata lì: niente capelli sul cuscino, nessuna forma sul materasso, nessuna traccia di profumo.

Si mette a frugare sul tavolino alla ricerca del cellulare facendo cadere un quantitativo imbarazzante di munizioni ed una scatola di bengala il cui contenuto si sparpaglia sul pavimento - Ma davvero ieri sera l'aveva fatta entrare in quel casino?  - e quando finalmente lo trova lo accende per guardare l'ora.

È mezzogiorno, il mezzogiorno del Day After della battaglia di New York.

Magari è uscita un attimo, probabilmente era davvero scomoda a dormire con lui, oppure si è voltato troppo bruscamente e l'ha lanciata sul pavimento

No, non ha una pallottola nello sterno quindi questa ipotesi è da scartare.

Saltella per il corridoio, indeciso se presentarsi davanti alla porta dell'alloggio di Natasha a chiederle scusa per il sicuro comportamento incivile tenuto nel sonno o se lasciar perdere e non pressarla, che conoscendola si sarebbe certamente indispettita per la troppa insistenza.

Imbarazzante è l'unica parola che gli viene in mente.

Imbarazzante è la sensazione di stupida ed ingestibile indecisione che gli salta sempre addosso ogni fottuta volta che Natasha ha la disgraziata idea di concedergli quel poco di più di un formale e cordiale rapporto tra colleghi.

Imbarazzante come riesca a farlo sentire un perfetto idiota, e sì che con le donne è sempre stato tutt'altro che timido.

Imbarazzante come si senta pervaso da quella sciocca euforia in un momento come quello: dovrebbe essere nel bel mezzo di una crisi da stress post traumatico, dati gli avvenimenti della giornata precedente, ed invece è lì che sorride tra sé e sé come un idiota perché, cazzo, ha baciato Natasha Romanoff e ha dormito con lei. Dormito e basta, figurarsi se facevano anche dell'altro, che grado di imbarazzante imbecillità poteva raggiungere.

Imbarazzante restarsene in piedi, fermo in mezzo ad un corridoio, con lo sguardo perso altrove, praticamente sotto ad una telecamera di sorveglianza: Fury probabilmente stava già telefonando ad un qualche reparto psichiatrico specializzato in reduci da guerre aliene, deciso a farlo internare.

Alla fine è la sua pancia a prendere una decisione. Claudica verso la sala mensa: ha bisogno di mangiare, che per il suo fisico l'apporto delle calorie dello Shawarma è stato decisamente troppo poco.

 

Natasha indossa un paio di jeans neri attillati da cardiopalma e conversa con Bruce del più e del meno come se non fosse accaduto niente nelle ultime sessantotto ore.

A lui, invece, non rivolge la parola da cinquantuno ore e ventisette minuti, se calcola il momento in qui si è addormentato. Avvilente.

A Natasha Bruce, quando non è verde ed incazzato, sembra stare simpatico. Un po' troppo, forse.

Tempo di intromettersi: "Banner, allora sei proprio sicuro di voler lavorare con Stark?" Passando vicino al pannello delle chiavi Clint ne stacca una, legge la targa sul portachiavi, la individua nel parco macchine con lo sguardo e trovandola di suo gradimento ne registra l'utilizzo con un lettore ottico.

"Diciamo che trovo la sua offerta discretamente allettante." Il dottore si lascia andare ad un sorriso meno timido del solito, uno sguardo di sottecchi verso Natasha.

"Non è propriamente la persona meno stressante di questo pianeta..."

"Credo che l'Altro per un po' non si farà vedere. Sento che si è sfogato a sufficienza, questa volta."

"Oh, lo puoi ben dire. Spero che le telecamere di sicurezza nella Stark Tower abbiano ripreso davvero quando hai sbatacchiato Loki sul pavimento... sono certo diventeresti la star di youtube."

Bruce arrossisce "Potrei diventare testimonial di una qualche marca di jeans superelasticizzati, credo."

Hey, ha fatto una battuta. In fondo è davvero simpatico. Smettesse anche di guardarla in quel modo, approfittando del fatto che è girata, potrebbe addirittura invitarlo a bere una birra. Clint apre il baule dell'auto ed appoggia il suo borsone, facendo poi cenno al dottore di dargli il suo: "Ti do un passaggio sino a Central Park."

"Daresti un passaggio anche a me?"

Natasha si è voltata di scatto assumendo la sua migliore faccia distaccata e impersonale.

"Certamente."

Banner ha già aperto la portiera opposta al lato guida: Li guarda, trattiene un mezzo sorriso e poi senza aggiungere altro prende posto nel sedile posteriore.

Bravo Banner. Si merita davvero una birretta.

 

"Ti accompagno a casa?"

Lei getta indietro la testa, si passa le dita tra i capelli rossi ed annuisce, fornendogli l'indirizzo.

"Queens Boulevard? Davvero? Ti facevo più da SoHo, Tribeca..."

"Ha gli aeroporti più comodi." E' la semplice risposta. "Ed è lontano da Little Odessa."

Non parla molto per il resto del viaggio, è Clint a farle un paio di domande sul suo polso - no, non è fratturato, e su come trascorrerà la licenza premio - alzata di spalle, ma quando arriva davanti al suo palazzo gli chiede se vuole salire a prendere qualcosa.

"Certo!" Eccessivo entusiasmo, il sopracciglio alzato di Natasha lo sottolinea. "Cioè, ho la gola riarsa. Sai, le polveri di ieri..."

 

L'appartamento di Natasha è piccolo e molto impersonale. Mentre lei apre le tende per far entrare la luce, OcchioDiFalco lancia uno sguardo panoramico intorno: C'è un angolo cottura molto essenziale color avorio ma non ci sono utensili da cucina esposti ed il vetro del forno a microonde sembra leggermente sporco nell'intero: Natasha predilige sicuramente cibo precotto e Take Away.

Il che è strano, le poche volte che l'ha vista cenare ha notato gusti molto raffinati - filetti di carne, sushi di prima qualità, pesci pregiati; perciò ne deduce che semplicemente non è una gran cuoca ed ha poco tempo e questo lo fa sorridere: per chissà quale motivo ha sviluppato una discreta abilità culinaria, sarebbe interessante proporle una cena preparata con le sue mani.

Il salotto è composto solo da un semplice divano in tessuto scuro ed un puff del medesimo colore, una televisione ed un paio di piccoli mobili molto standard. La porta della camera è aperta e Clint intravede una parete vuota e l'angolo di un letto dalla coperta rossa.

"...quindi?"

"Come?"

"Da bere. Ti ho chiesto se preferisci una birra o un bicchiere di vino."

"Oh, uhnm. Una birra andrà benissimo."

"Fai pure un giro turistico, se preferisci. Almeno non dovrai allungare il collo in quella posizione assurda per vedere com'è la mia camera da letto."

Colpito e affondato. Imbarazzante come sempre.

Sente Natasha brontolare qualcosa in russo con la testa dentro ad un pensile aperto: "Pensavo di avere qualcosa da mangiare, scusa ma non ho nulla da offrirti."

"Oh, beh, non preoccuparti. Possiamo ordinare qualcosa, che ne so, una pizza."

"Devo dedurre che hai intenzione di fermarti a pranzo?"

Colpito, infierito, affondato. Che nessuno dubiti della letalità della Vedova Nera.

In effetti l'ha invitato solo a bere qualcosa, non a pranzo.

O a cena. O a dormire. O a vivere lì.

E il bacio della sera prima doveva essere un attimo di debolezza dato dallo stress subito. A giudicare da come si stava comportando, non poteva essere altrimenti. Natasha fruga in un minuscolo cassettino della cucina e ne estrae un paio di coupon: "Se ti interessa mangiare greco, ho due buoni dal ristorante qui all'angolo: non fa consegne a domicilio, ma ha servizio take away veloce."

"Mi piace il greco." Non è vero, è la prima volta che lo ordina.

"Ottimo. per me Domatokeftedes con  tzatziki, Mussaka e per dolce Kourabiedes. Intanto che li vai a prendere io faccio una doccia."

"...Doma...?" 

 

Ha i capelli ancora umidi, pettinati all'indietro. Indossa un paio di leggins grigi ed una t shirt di Juliette Lewis nei panni di Mallory Knox. Sta appoggiando due tovagliette verdi di carta sul tavolino e due bicchieri. Gli rivolge un mezzo sorriso e gli indica il forno a microonde nel caso il cibo abbia bisogno di una scaldata.

"Forse la Mussaka." borbotta dopo qualche secondo di imbarazzante mutismo. Perché gli è sembrato tutto ad un tratto impossibile la naturalità di quella situazione. È come se stessero compiendo gesti quotidiani, come una coppia collaudata e ben azzeccata che si ritrova per pranzo tutti i giorni.

Con lei che ha appena fatto la doccia in sua assenza e si presenta vestita in tuta e capelli legati.

E bellissima, come sempre, con le curve morbide non strizzate dentro una qualche tutina in kevlar o un vestitino dalla scollatura esagerata.

Per infilare la Mussaka dentro al forno microonde le passa di fianco e c'è un'altra cosa che lo colpisce.

Annusa l'aria. Due volte.

"C'è qualcosa che non va?"

"Sai di..." Cos'è, albicocca? "uhnm... buono."

Natasha aggrotta la fronte, l’espressione a metà tra lo scandalizzato e l’oltraggiato: "Perché, di solito puzzo?"

"NO! NO, assolutamente non volevo dire questo, anzi..." Sopracciglio alzato. Pessimo segno.

"E' che di solito non hai profumo, ecco. Non mi è mai capitato di sentirtene uno addosso. Tutto qui."

Il suo sguardo si ammorbidisce mentre si appoggia sul tavolo e accavalla le gambe. Abbozza addirittura un sorriso che sembra quasi compiaciuto. "È per non lasciare traccia del mio passaggio. Roba da spie."

"Immaginavo. Però ora sai davvero di buono."

"È il mio bagnoschiuma preferito. Quando posso lasciare traccia me lo concedo."

Clint ha la vaschetta di Mussaka in una mano ed il resto del take away nell'altra: resta un attimo immobile, nel dubbio che Natasha voglia comunicare la sua intenzione di lasciare una traccia su di lui, ed è l'attimo fatale in cui lei scende morbida dal tavolo, si avvicina e preme le labbra sulle sue.

La vaschetta di Mussaka cade a terra. Il resto del pranzo viene appoggiato con poca grazia sul piano cottura.

C'è il sapore di Natasha nella bocca di Clint. Menta piperita, prevalentemente, forse è il suo dentifricio preferito. C'è il suo profumo, è una fragranza fruttata che mai avrebbe associato a lei ma, - Toh! le calza a pennello. Stacca la bocca dalla sua, le sue labbra scendono sul collo. Natasha freme, mormora qualcosa, ha un suono piacevole anche se non riesce a capire cosa dica. Continua, ritorna alle labbra.

"... Mussaka..."

"Anche io."

"No, Mussaka, il pranzo. È caduto."

"Oh!"

Si china a raccogliere la vaschetta ma lei lo precede, infilandola subito nel microonde e accendendolo. "Bene. Dunque... i miei domatokeftedes con tzaziki?"

 

"Toglimi una curiosità:"

Natasha alza gli occhi dal Kourabiedes: "Se posso...."

"E' vero che fai collezione di occhiali da sole?"

Natasha aggrotta la fronte, soffoca una risatina: "E questo chi te l'ha detto? Non sono una collezionista come Coulson."

"Me l'ha detto proprio lui." Si guardano entrambi: hanno parlato al presente quando ormai possono usare solo il tempo passato.

Improvvisamente la sua Karidopita ha assunto un sapore amaro e spiacevole. Appoggia la forchetta al piatto e vede che Natasha ha fatto lo stesso, gli occhi verdi che vagano fuori dalla finestra.

Clint ha un moto di disgusto verso sé stesso. Si vergogna improvvisamente di starsene lì, a flirtare con Natasha sentendosi a suo agio nel condividere un pranzo greco con lei quando il corpo di Coulson è ancora dentro ad una cella frigorifera.

Aveva una ragazza, ogni tanto gliene parlava, era una musicista e l'aveva conosciuta mentre teneva sott'occhio un politico corrotto ad un concerto di musica classica. Era già stata informata dell'accaduto?

Non avrebbe più potuto fare i salti mortali per vederla, parlare in codice durante una telefonata in sua presenza, cercare di nascosto qualcosa da portarle come regalo per farsi perdonare di un appuntamento mancato, di una partenza improvvisa.

E non è l'unico.

Là fuori, quanta gente non poteva più sentire il profumo di una persona cara?

La sedia diventa improvvisamente scomoda. C'è troppa luce in quell'appartamento e poca aria. Non dovrebbe essere lì. Chi è lui per potersi meritare un tale privilegio?

Ha comunque ucciso, è stato lui stesso fautore del piano di Loki. Dovrebbe trovarsi lui dentro ad una cella frigorifera, e se Natasha non fosse stata abbastanza forte e capace a riportarlo indietro, sicuramente sarebbe stato cibo per vermi.

Insieme a lei.

Loki voleva che la ammazzasse per mera crudeltà. E quasi l'aveva fatto.

Si, decisamente, non doveva trovarsi lì.

"Sei stanco." È Natasha a parlare per prima.

"No, io..."

"Non era una domanda. Sei stanco, si vede. Hai bisogno di riposare, e anche io." Si alza e raggiunge il salotto e si lascia cadere sul divano appoggiando i piedi sul puff che ha spostato con un colpo di gamba, facendo segno di seguirla.

Clint tentenna: quella sensazione di malessere non se ne è ancora andata, ma Natasha ha ragione, è stanco e provato e le varie contrazioni e ferite gli stanno provocando dolore a restare su quella sedia. Così si alza lentamente – quel dannato legamento deve essere rotto, non solo stirato, e raggiunge il salotto. “Vuoi guardare un po’ di televisione?”

“Non credo ci sia qualcosa che vorremmo realmente vedere.”

Ha ragione: le notizie sul disastro di New York sicuramente dominano i palinsesti, probabilmente erano in corso dirette televisive a reti unificate già da molte ore.

E loro ne sanno già abbastanza.

Quindi, si siede accanto a lei, alzando le gambe sul puff. Azzarda a passare un braccio attorno alle spalle di Natasha e rimane piacevolmente stupito nel sentirla rilassare sotto il suo tocco, scivolando su di un fianco ad appoggiare la testa sulla sua spalla.

C’è un silenzio quasi irreale, là fuori, per essere il primo pomeriggio di un giorno feriale in un popoloso quartiere di New York.

Il silenzio trapassa i muri ed invade il piccolo appartamento, avvolgendoli. Da qualche parte della casa Natasha deve avere un orologio da muro, Clint sente la lancetta scandire i secondi.

“Se mi addormento, mi fai un favore?”

“Dimmi.”

Le labbra di Clint sono sulla sua fronte. È calda. “Rimani qui?”

Natasha alza il viso e sono le sue labbra a sostituire la pelle della fronte. “Certo. È casa mia.”

 

Il cellulare segna che sono le 20 e 32 quando Clint si sveglia. Natasha è ancora lì, accanto a lui, la testa appoggiata al suo petto ed il profumo del bagnoschiuma ovunque.

Ha mantenuto la sua promessa – d’altronde è a casa sua, ma Clint si trova una borsa del ghiaccio sul ginocchio che prima non c’era. Sorride, e Natasha si lascia sfuggire un gemito e muove la testa, sfregandosi gli occhi con una mano. 

Sbadiglia.

Clint sorride di nuovo.

“Cosa c’è di divertente nel vedermi sbadigliare?”

“Non c’è nulla di divertente, è solo… bello.”

Uhnm. E so ancora di buono?”

“Altroché.”

“Beh, tu no. Vatti a lavare, dai. Io ordino qualcosa per cena.” Si alza, stiracchiandosi.

“Devo dedurre che cenerò qui?”

Natasha lo fissa per un lunghissimo istante, la faccia forzatamente seria. Poi si lascia sfuggire un sorriso e si incammina verso l’angolo cottura. “Preferenze? Ho un coupon per il ristorante macrobiotico dell’angolo. Fanno consegna a domicilio, potrei telefonare mentre fai la doccia. Ti va?”

“Va benissimo.” Non sapeva neppure cosa fosse un ristorante macrobiotico.

“Cosa prendi?”

Mah… non so. Vedi tu.”

Natasha prende in mano il telefono. Sta sorridendo.

 

Si era sempre immaginato il sesso con Natasha come un’esplosione di passione, vestiti strappati e mobilio rotto. Magari armi in pugno, ecco.

Una cosa incredibilmente porca, feroce e stremante, che li lasciasse senza fiato e con i segni addosso. Se l’era immaginata rialzarsi e riassettarsi, ravvivarsi i capelli passandosi le dita e andarsene senza dire una parola.

Natasha ha un sapore squisito. Aveva coperto il suo corpo di baci, lenti e stuzzicanti, scoprendo come reagisce al suo tocco. I suoi gemiti lo incoraggiano a continuare, ed il modo in cui lo chiama –continuamente, è droga per le sue orecchie.

È calda, incredibilmente morbida, perfetta in ogni parte. Si ritrova improvvisamente sulla schiena, le sue cosce strette attorno alla vita a bloccarlo, la sua bocca sulla pelle a restituire i favori. Natasha  percorre la linea dei suoi muscoli con una perizia inaudita, scende lungo gli addominali nella più squisita delle torture, scoprendo i suoi punti sensibili con’abilità sorprendente.

Gli sussurra qualcosa in russo, accovacciata tra le sue gambe, ed interrompe il suo operato solo su sua richiesta, che vuole sapere –comprendere, quello che gli ha appena detto.

Tentenna a rispondere, le dita su di lui continuano a lavorare, ma poi ammette con voce roca: “Sei come ti avevo immaginato.”

Clint le prende le mani , la circonda con le braccia e la fa rotolare sotto di sé, la bocca sulla sua a raccogliere il gemito dei suoi affondi. “Tu no. La mia immaginazione non poteva arrivare a tanto.”

Natasha inarca la schiena, urla ancora il suo nome, le unghie solcano la pelle della schiena e delle braccia. Clint la segue, stringe le lenzuola quasi a strapparle e si lascia scivolare al suo fianco.

Riprende fiato con lei tra le braccia: è incredibile come i muscoli abbiano smesso di fargli male. Il piacere è diffuso in tutto il corpo, è estasi pura.

La sente rilassarsi e accoccolarsi di più contro il suo petto ed è una cosa che gli scatena una reazione di euforia allo stato più puro. Tuffa il viso tra i capelli, ne respira il profumo – sanno meno di albicocca ma più di lui; le bacia la fronte e si lascia andare sul cuscino. “…e domani mattina?”

“Sono quasi certa tu ti voglia fermare anche a colazione.”

Ridono, insieme. Oddio, sta succedendo davvero, pensa Clint. “Ne ho una mezza intenzione, mah, vedremo.”

“Ho un coupon per il bistrot francese sotto casa, fanno delle splendide brioche e l’atmosfera è ideale per una colazione fatta come si deve.”

Nat, posso farti una domanda?”

…se posso…

“Ma hai i coupon per ogni cosa?”

Nella penombra la vede sorridere. “Ognuno ha le proprie collezioni.”

 

 

FINE!! Ce l’ho fatta!

Clintashiamo apertamente alèè oh oh!

Allora, questa FF è piena di Citazioni, non so se riuscirò a ricordarmi di elencarle tutte:

Il Titolo è tratto dall’omonimo film con Al Pacino del 1994. Film molto ma molto bello, merita davvero. A sua volta è il remake americano del film Profumo di Donna con Vittorio Gassman.(ma quest’ultimo non l’ho visto.)

La Citazione iniziale è tratta da Il Profumo di Suskind.

L’idea che Natasha collezioni occhiali da sole l’ho presa in prestito dal telefilm Nikita (No, non l’ultimo,quello ‘europeo’ degli anni ’90) dove appunto la protagonista amava collezionare occhiali da sole.

Poi,  Juliette Lewis è Mallory Knox in Natural Born Killers (Film in cui, per altro, recitava Robert Downey Jr)

I Coupon sono un’ossessione prettamente americana, fate un giro su RealTime e capirete.

I Piatti greci esistono davvero e sono estremamente buoni, per quanto difficilmente pronunciabili.

A voi la palla, ora. Spero vi piaccia, i vostri pareri, commenti, opinioni e critiche sono sempre ben accetti!

Grazie, alla prossima:

Vostra, sempre

EC.

 

Questa fanfiction ha partecipato al contest ‘La notte degli Oscar’ indetto su Writers Arena Rewind.

Link al Bando Originale: http://writersarenarewind.forumfree.it/?t=65033561

Link al Bando su EFP Forum: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10523365&p=1

   
 
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