SCENT
OF A WOMAN
Il
profumo ha una forza di persuasione più convincente delle parole,
dell'apparenza, del sentimento e della volontà. Non si può rifiutare la forza
di persuasione del profumo, essa penetra in noi come l'aria che respiriamo
penetra nei nostri polmoni, ci riempie, ci domina totalmente, non c'è modo di
opporvisi.
(Patrick Süskind,
PROFUMO)
Non aveva
mai visto Natasha con i capelli raccolti. Se ne rende
conto solo in quel momento, mentre la vede sedersi sul lettino dell'infermeria
al di là del vetro, dopo una breve doccia che l'ha ripulita dalla polvere e
sudore quanto bastava per ricevere le dovute medicazioni.
Gli scappa
un mezzo sorriso, che con quella tuta da training dello S.H.I.E.L.D.
di almeno tre taglie più grandi le manca solo qualche bling bling al collo per una perfetta imitazione dello
stile da rapper del ghetto.
Il
paramedico le si avvicina e la visita, Natasha ha gli
occhi stanchi e sembra faccia fatica a tenerli aperti. Si lascia spingere a
coricarsi e fa una lieve smorfia quando le viene disinfettato il taglio sulla
tempia. Poi, per applicarle i cerotti cicatrizzanti, il paramedico le si pone
davanti coprendola dalla vista di Clint.
Sente la
pressione di un ago sul bicipite e si sorprende a trovarsi a fianco un altro
paramedico a medicargli il braccio. Non aveva neppure notato la sua presenza,
ormai ha i sensi proprio provati. "Il primo taglio ha bisogno di qualche
punto." spiega "Le darò anche un antidolorifico per l'ematoma alla
schiena e lo stiramento del legamento al ginocchio destro."
Clint
annuisce, muovendo il collo indolenzito. Non si era reso conto di tutti quei
danni sino a che l'adrenalina non era scemata del tutto e i muscoli avevano
iniziato a gonfiarsi e a far male.
Un male
cane, nel caso del ginocchio.
Un male
assurdo nel caso della botta alla schiena.
Per non
parlare dei tagli sul braccio, delle varie ecchimosi sparse per il corpo, e del
principio di tendinite nell'avambraccio destro, affaticato dal prolungato
utilizzo dell'arco.
Sarebbe
stato KO per un po' di tempo.
Oh beh,
una vacanza era il minimo che Fury poteva
concedergli.
Mentre il
paramedico applicava i punti di sutura Clint cercò con lo sguardo Natasha, nell'ambulatorio di fianco. Le stavano fasciando
un polso e schioccava le labbra con aria infastidita. Clint sorride di nuovo:
il disinfettante sul taglio del labbro le deve bruciare ed avere un sapore
orribile. Natasha si sente osservata, si accorge di
lui al di là del vetro, ricambia lo sguardo ed il mezzo sorriso, alza la mano
libera in segno di saluto: ha due dita fasciate insieme.
Decisamente,
aveva bisogno anche lei di una vacanza.
Dove
l'avrebbe passata, nel suo alloggio? Sapeva che, nei pochi momenti liberi, Natasha amava starsene per i fatti suoi nel suo
appartamento, gliel'aveva detto Coulson.
Non sapeva
bene quello che facesse - se passasse il suo tempo a leggere o davanti alla tv
in preda ad una compulsiva visione di una qualche serie televisiva, o che altri
hobby.
Difficilmente
se la immaginava impegnata all'uncinetto e all'acquerello, ma in fondo chi
poteva dirlo?
Quando
erano tornati dal New Mexico, Coulson aveva portato
un paio di occhiali con la montatura viola e una forma bizzarra, asserendo che
fossero per la collezione di Natasha - era vero o lo
stava prendendo in giro?
Che Coulson lo faceva sempre, sapendo che quello era il suo
punto debole e lo sfruttava ampiamente per suo mero diletto.
Buttava lì
l'informazione che a Natasha era stato assegnato
l'incarico di infiltrarsi nelle Stark Industries - da Tony Stark, ci
si rendeva conto? Non ci aveva dormito per due notti di fila; gli inoltrava il file con il book fotografico
che aveva fatto per sostenere la copertura da ex-modella ai tempi del college
domandandogli un parere spassionato - seguito
da altra notte insonne e se gli chiedeva con chi stesse flirtando via sms
con quel sorrisetto trattenuto a stento rispondeva con un placido "Romanoff" che gli faceva venir voglia di infilargli
sopracitato cellulare nel bulbo oculare sinistro.
La
consapevolezza che non avrebbe più potuto essere preso in giro da Coulson gli preme lo sterno facendogli corrugare la fronte.
Si sistema meglio sul lettino, deciso a scacciare quella sensazione orribile, a
schiacciarla nell'angolo più buio della coscienza, lo stesso dove relega i nomi
dei suoi target eliminati.
Natasha deve rispondere ad alcune domande
del medico e non lo guarda più.
L'infermiere
accanto finisce la sutura e gli sistema il ghiaccio sul ginocchio
raccomandandosi di restare a riposo per le prossime ore e di non fare movimenti
bruschi, che la stanchezza e l'antidolorifico l'avrebbero sicuramente fatto
collassare se si fosse alzato in piedi troppo velocemente.
Quando
Clint si volta di nuovo verso il vetro, sia Natasha
che il suo medico sono scomparsi. Si lascia sfuggire uno sbuffo, che in fondo
una cosa del genere doveva aspettarselo: bastava un istante di distrazione, un
battito di ciglia, spalle voltate per un momento ed ecco che della Vedova Nera
scompariva nel silenzio.
Senza
lasciare dietro di sé neppure una scia di profumo, da spia perfezionista quale
era.
"Clint."
Per poco
non cade dal lettino. Si ritrova la mano di lei a trattenerlo per la spalla,
mentre riprende l'equilibrio e si riaccomoda. "Nat,
per la miseria... hai intenzione di uccidermi di spavento?"
Le labbra
si incurvano leggermente: c'è un taglio che non le permette di fare di più e
Clint pensa per l'ennesima volta che quella bocca sembra disegnata da tanto è
perfetta. "Posso sedermi?"
Sposta
appena le gambe, il lettino è stretto ed in due è piuttosto scomodo, ma lei
vuole stare lì e piuttosto che farla allontanare preferirebbe mandare
completamente a ramengo il legamento del ginocchio e peggiorare l'ematoma sulla
schiena.
Natasha si siede, le gambe appoggiate sullo
sgabello dove prima c'era il paramedico e lo sguardo stanco.
Sospira,
lo fissa negli occhi e Clint non riesce a fare altro che imitarla senza saper
bene cosa dire, se sia meglio un complimento su come ha combattuto o spiegarle
il sollievo che prova a vederla tutta intera oppure un commento sui capelli
legati, che dev'essere così che li porta quando
nessuno la vede nella solitudine del suo alloggio mentre fa chissà cosa
circondata da centinaia di occhiali di forme e colore stravaganti.
Invece
stanno in silenzio, ed in fondo è meglio così che rischiare di sparare una
cazzata incredibile che potrebbe farla allontanare. Non si sente neppure troppo
a disagio, e questa è un'ottima cosa. Stanno semplicemente zitti, a fissare
l'uno le ferite dell'altro, e se Clint riuscisse a smettere di annuire per inerzia
potrebbe addirittura sembrare meno idiota.
"E
così, ce l'abbiamo fatta."
"Già."
Continuando ad annuire così si sente più un piccione che un falco."Tu...
tutto a posto?"
Natasha fa una smorfia di sufficienza.
"Un paio di botte, qualche escoriazione... pare nessuna frattura, ma devo
rifare domani le lastre al polso, ora è troppo gonfio."
"E il
labbro rotto."
"L'ho
incluso nelle escoriazioni."
Giusto.
Clint si strofina gli occhi e soffoca uno sbadiglio dandosi di nuovo
dell'imbecille, che mettersi a sbadigliare davanti a Natasha
- Natasha con i capelli raccolti e la tuta informe
che chissà come la fa sembrare più sexy di quel tubino maculato -anzi, no, animalier era
stata la definizione di Coulson - che aveva comprato
in occasione dell'ultimo compleanno di Stark - Tre notti insonni, non una, non due. TRE.
"C'è
chi sta peggio: Stark ha una commozione cerebrale -
sfortunatamente pare non abbia intaccato l'Area di Broca,
a giudicare da come continua a parlare." Natasha
sorride e lui non può fare a meno di fare lo stesso. Il taglio sul labbro si
arrossa ed esce una piccola goccia di sangue. Clint si allunga verso il
tavolino di fianco, prende un kleenex, lo bagna con
l'acqua del bicchiere e la invita a star ferma tamponandole il taglio
delicatamente. "Devi stare attenta, non vorrai peggiorare la
situazione." riesce a bisbigliare - Si, ha parlato a Natasha
come ad una bambina di cinque anni e lei deve proprio essere sfinita per non
avergli staccato di netto la testa dal collo.
Ed invece
quegli occhi verdi, straordinariamente lucidi, seguitano a rimanere fissi sui
suoi. Deglutisce, sembra quasi trattenere il respiro mentre Clint continua a
tamponare il taglio, che ormai non sanguina più ma lei non se ne è accorta,
quindi perché smettere? Poi le dita fasciate si posano sulla mano e la fermano,
scostandola appena.
E sono le
labbra di Clint a sostituire il fazzoletto. Non preme, anche se vorrebbe farlo
con una foga inaudita ed avere le energie per stringerla a sé ed infilarle le
mani sotto quella T-shirt esageratamente grande, cercare la sua pelle ed i suoi
seni, farla sdraiare su quel lettino e non lasciarla andare per tutta la notte
e per tutto il giorno dopo.
Ma non è
in grado, non in quel momento e neppure lei. Così appoggia solo le labbra alle
sue e spera che lei non si tiri indietro né che lo accoltelli.
Ed invece
è Natasha a premere delicatamente e ad aprire le
labbra, e quando le loro lingue si incontrano e sente stringere di più il polso
come se volesse trattenerlo allora l'abbraccia, quasi la stringe, anche se un
braccio mezzo addormentato dall'anestesia, un ematoma alla schiena e un
legamento compromesso del ginocchio fanno un po' da limite alla passione.
Si stacca,
prende fiato -occhi nei suoi e un vortice di cose da dire che non riescono ad
uscire dalla sua bocca. "Natasha..."
"Clint."
La bacia
di nuovo, e questa volta è il sapore metallico del sangue a farlo staccare. Il
taglio si è riaperto e lui lo tampona di nuovo con il fazzoletto, che non è un
vampiro e di Natasha vuol sentire il sapore del suo
desiderio, non quello del sangue.
Lei
deglutisce, improvvisamente ha uno sguardo interdetto e piuttosto confuso,
quasi indeciso sul da farsi. "Ti accompagno nel tuo alloggio."
Sussurra.
Fuori dev'essere notte. Non ci sono finestre nei corridoi dell'Helicarrier, e neppure negli alloggi, questione di
sicurezza: "Metti che qualcuno voglia buttare una carta fuori dal
finestrino mentre siamo a duemila piedi." aveva commentato Coulson un migliaio di anni fa.
Clint fa
passare il badge sul lettore e la porta scorre di lato. Gli alloggi sull'Helicarrier sono una semplice stanza - un letto ad una
piazza con un comodino, un tavolo con una sedia ed un bagno minuscolo, ed il
suo è piuttosto incasinato. Si gratta la testa, l'altro braccio resta attorno
alle spalle di Natasha che ha insistito per fargli da
supporto nel tragitto dall'infermeria, e biascica un paio di scuse tra le quali
che il giorno per il bucato è sabato ed oggi è martedì ed una vaga ed
improbabile lamentela sulla mancanza di personale per le pulizie a bordo.
"Non
importa."
Clint si
siede sul letto ed in quel momento la stanchezza della giornata decide di
prendere completamente il soppravvento. Non riesce più a muovere un muscolo,
anche sfregare i piedi per togliersi le scarpe -il sopracciglio alzato di Natasha la dice lunga sulla pateticità del movimento, risulta
uno sforzo immenso.
"Allora
io... io vado."
"Natasha..." No, un briciolo di energia -e di dignità e
di buonsenso, ce l'ha ancora. Si sposta di lato, accanto al muro, girandosi su
di un fianco e poggia la mano sul materasso. "Ti va di dormire qui?"
L'espressione
sul suo viso si fa indecifrabile: Sembra stia trattenendo un sorriso e
ricacciando indietro un moto di impazienza e una smorfia sollevata
contemporaneamente. "Staremmo un po' stretti."
"Non
mi dispiacerebbe."
"Clint"
Ora è improvvisamente seria e questa cosa è di per sé abbastanza inquietante.
"Non è consigliabile..."
"Tasha, ti prego." Allunga una mano nella sua direzione
e sorride nel vedere in che modo la stia fissando: tentata. "Che tu ci
creda o no, questa notte non potrei far altro che dormire come un sasso. Per
tutto il resto... ti chiedo scusa,
spero dovremo rimandare la discussione ad un altro momento."
Sì, Natasha sta sorridendo ora, e si muove lentamente verso il
letto. Le palpebre di Clint collassano nell'esatto momento in cui avverte il
calore di Natasha accanto.
Mal di
testa.
Mal di
ginocchio.
Mal di
schiena.
Mal di
spalla.
Mal di
braccia.
Il più
classico dei risvegli post missione.
E sta pure
sbavando, indice di sonno rigenerante. Sonno rigenerante con una donna tra le
braccia.
Natasha...!
Cazzo, sta
sbavando su Natasha!
Sbarra gli
occhi saltando praticamente in piedi -il
ginocchio, porcaputtana!
No, era il
cuscino. Di Natasha non c'è proprio traccia. Non è
sulla sedia, né per terra, neppure nel bagno.
È come se
non fosse mai restata lì: niente capelli sul cuscino, nessuna forma sul
materasso, nessuna traccia di profumo.
Si mette a
frugare sul tavolino alla ricerca del cellulare facendo cadere un quantitativo
imbarazzante di munizioni ed una scatola di bengala il cui contenuto si
sparpaglia sul pavimento - Ma davvero ieri sera l'aveva fatta entrare in quel
casino? - e quando finalmente lo trova
lo accende per guardare l'ora.
È mezzogiorno,
il mezzogiorno del Day After della
battaglia di New York.
Magari è
uscita un attimo, probabilmente era davvero scomoda a dormire con lui, oppure
si è voltato troppo bruscamente e l'ha lanciata sul pavimento
No, non ha una pallottola nello sterno quindi questa ipotesi
è da scartare.
Saltella
per il corridoio, indeciso se presentarsi davanti alla porta dell'alloggio di Natasha a chiederle scusa per il sicuro comportamento
incivile tenuto nel sonno o se lasciar perdere e non pressarla, che conoscendola
si sarebbe certamente indispettita per la troppa insistenza.
Imbarazzante è l'unica parola che gli viene in mente.
Imbarazzante è la sensazione di stupida ed ingestibile indecisione che
gli salta sempre addosso ogni fottuta
volta che Natasha ha la disgraziata idea di
concedergli quel poco di più di un formale e cordiale rapporto tra colleghi.
Imbarazzante come riesca a farlo sentire un perfetto idiota, e sì che
con le donne è sempre stato tutt'altro che timido.
Imbarazzante come si senta pervaso da quella sciocca euforia in un
momento come quello: dovrebbe essere nel bel mezzo di una crisi da stress post
traumatico, dati gli avvenimenti della giornata precedente, ed invece è lì che
sorride tra sé e sé come un idiota perché, cazzo,
ha baciato Natasha Romanoff
e ha dormito con lei. Dormito e basta, figurarsi se facevano anche dell'altro,
che grado di imbarazzante imbecillità
poteva raggiungere.
Imbarazzante restarsene in piedi, fermo in mezzo ad un corridoio, con lo
sguardo perso altrove, praticamente sotto ad una telecamera di sorveglianza: Fury probabilmente stava già telefonando ad un qualche
reparto psichiatrico specializzato in reduci da guerre aliene, deciso a farlo
internare.
Alla fine
è la sua pancia a prendere una decisione. Claudica verso la sala mensa: ha
bisogno di mangiare, che per il suo fisico l'apporto delle calorie dello Shawarma è stato decisamente troppo poco.
Natasha indossa un paio di jeans neri
attillati da cardiopalma e conversa con Bruce del più e del meno come se non
fosse accaduto niente nelle ultime sessantotto ore.
A lui,
invece, non rivolge la parola da cinquantuno ore e ventisette minuti, se
calcola il momento in qui si è addormentato. Avvilente.
A Natasha Bruce, quando non è verde ed incazzato, sembra
stare simpatico. Un po' troppo, forse.
Tempo di
intromettersi: "Banner, allora sei proprio sicuro di voler lavorare con Stark?" Passando vicino al pannello delle chiavi Clint
ne stacca una, legge la targa sul portachiavi, la individua nel parco macchine
con lo sguardo e trovandola di suo gradimento ne registra l'utilizzo con un
lettore ottico.
"Diciamo
che trovo la sua offerta discretamente allettante." Il dottore si lascia
andare ad un sorriso meno timido del solito, uno sguardo di sottecchi verso Natasha.
"Non
è propriamente la persona meno stressante di questo pianeta..."
"Credo
che l'Altro per un po' non si farà vedere. Sento che si è sfogato a
sufficienza, questa volta."
"Oh,
lo puoi ben dire. Spero che le telecamere di sicurezza nella Stark Tower abbiano ripreso davvero quando hai sbatacchiato Loki sul pavimento... sono certo diventeresti la star di youtube."
Bruce
arrossisce "Potrei diventare testimonial di una qualche marca di jeans
superelasticizzati, credo."
Hey, ha fatto una battuta. In fondo è
davvero simpatico. Smettesse anche di guardarla in quel modo, approfittando del
fatto che è girata, potrebbe addirittura invitarlo a bere una birra. Clint apre
il baule dell'auto ed appoggia il suo borsone, facendo poi cenno al dottore di
dargli il suo: "Ti do un passaggio sino a Central
Park."
"Daresti
un passaggio anche a me?"
Natasha si è voltata di scatto assumendo la
sua migliore faccia distaccata e impersonale.
"Certamente."
Banner ha
già aperto la portiera opposta al lato guida: Li guarda, trattiene un mezzo
sorriso e poi senza aggiungere altro prende posto nel sedile posteriore.
Bravo Banner. Si merita davvero una birretta.
"Ti
accompagno a casa?"
Lei getta
indietro la testa, si passa le dita tra i capelli rossi ed annuisce,
fornendogli l'indirizzo.
"Queens Boulevard? Davvero? Ti facevo più da SoHo, Tribeca..."
"Ha
gli aeroporti più comodi." E' la semplice risposta. "Ed è lontano da Little Odessa."
Non parla
molto per il resto del viaggio, è Clint a farle un paio di domande sul suo
polso - no, non è fratturato, e su come trascorrerà la licenza premio - alzata
di spalle, ma quando arriva davanti al suo palazzo gli chiede se vuole salire a
prendere qualcosa.
"Certo!"
Eccessivo entusiasmo, il sopracciglio
alzato di Natasha lo sottolinea. "Cioè, ho la
gola riarsa. Sai, le polveri di ieri..."
L'appartamento
di Natasha è piccolo e molto impersonale. Mentre lei
apre le tende per far entrare la luce, OcchioDiFalco
lancia uno sguardo panoramico intorno: C'è un angolo cottura molto essenziale
color avorio ma non ci sono utensili da cucina esposti ed il vetro del forno a
microonde sembra leggermente sporco nell'intero: Natasha
predilige sicuramente cibo precotto e Take Away.
Il che è
strano, le poche volte che l'ha vista cenare ha notato gusti molto raffinati -
filetti di carne, sushi di prima qualità, pesci pregiati; perciò ne deduce che
semplicemente non è una gran cuoca ed ha poco tempo e questo lo fa sorridere:
per chissà quale motivo ha sviluppato una discreta abilità culinaria, sarebbe
interessante proporle una cena preparata con le sue mani.
Il salotto
è composto solo da un semplice divano in tessuto scuro ed un puff del medesimo colore, una televisione ed un paio di
piccoli mobili molto standard. La porta della camera è aperta e Clint intravede
una parete vuota e l'angolo di un letto dalla coperta rossa.
"...quindi?"
"Come?"
"Da
bere. Ti ho chiesto se preferisci una birra o un bicchiere di vino."
"Oh, uhnm. Una birra andrà benissimo."
"Fai
pure un giro turistico, se preferisci. Almeno non dovrai allungare il collo in
quella posizione assurda per vedere com'è la mia camera da letto."
Colpito e affondato. Imbarazzante come sempre.
Sente Natasha brontolare qualcosa in russo con la testa dentro ad
un pensile aperto: "Pensavo di avere qualcosa da mangiare, scusa ma non ho
nulla da offrirti."
"Oh,
beh, non preoccuparti. Possiamo ordinare qualcosa, che ne so, una pizza."
"Devo
dedurre che hai intenzione di fermarti a pranzo?"
Colpito, infierito, affondato. Che nessuno dubiti della letalità
della Vedova Nera.
In effetti
l'ha invitato solo a bere qualcosa, non a pranzo.
O a cena. O a dormire. O a vivere lì.
E il bacio
della sera prima doveva essere un attimo di debolezza dato dallo stress subito.
A giudicare da come si stava comportando, non poteva essere altrimenti. Natasha fruga in un minuscolo cassettino della cucina e ne
estrae un paio di coupon: "Se ti interessa mangiare greco, ho due buoni
dal ristorante qui all'angolo: non fa consegne a domicilio, ma ha servizio take
away veloce."
"Mi
piace il greco." Non è vero, è la prima volta che lo ordina.
"Ottimo.
per me Domatokeftedes con tzatziki, Mussaka e per dolce Kourabiedes.
Intanto che li vai a prendere io faccio una doccia."
"...Doma...?"
Ha i
capelli ancora umidi, pettinati all'indietro. Indossa un paio di leggins grigi ed una t shirt di
Juliette Lewis nei panni di Mallory Knox. Sta appoggiando due tovagliette verdi di carta sul
tavolino e due bicchieri. Gli rivolge un mezzo sorriso e gli indica il forno a
microonde nel caso il cibo abbia bisogno di una scaldata.
"Forse
la Mussaka." borbotta dopo qualche secondo di imbarazzante mutismo. Perché gli è
sembrato tutto ad un tratto impossibile la naturalità di quella situazione. È
come se stessero compiendo gesti quotidiani, come una coppia collaudata e ben
azzeccata che si ritrova per pranzo tutti i giorni.
Con lei
che ha appena fatto la doccia in sua assenza e si presenta vestita in tuta e
capelli legati.
E
bellissima, come sempre, con le curve morbide non strizzate dentro una qualche
tutina in kevlar o un vestitino dalla scollatura esagerata.
Per
infilare la Mussaka dentro al forno microonde le
passa di fianco e c'è un'altra cosa che lo colpisce.
Annusa
l'aria. Due volte.
"C'è
qualcosa che non va?"
"Sai
di..." Cos'è, albicocca? "uhnm... buono."
Natasha aggrotta la fronte, l’espressione a
metà tra lo scandalizzato e l’oltraggiato: "Perché, di solito puzzo?"
"NO!
NO, assolutamente non volevo dire questo, anzi..." Sopracciglio alzato. Pessimo segno.
"E'
che di solito non hai profumo, ecco. Non mi è mai capitato di sentirtene uno
addosso. Tutto qui."
Il suo
sguardo si ammorbidisce mentre si appoggia sul tavolo e accavalla le gambe.
Abbozza addirittura un sorriso che sembra quasi compiaciuto. "È per non
lasciare traccia del mio passaggio. Roba da spie."
"Immaginavo.
Però ora sai davvero di buono."
"È il
mio bagnoschiuma preferito. Quando posso lasciare traccia me lo concedo."
Clint ha
la vaschetta di Mussaka in una mano ed il resto del
take away nell'altra: resta un attimo immobile, nel
dubbio che Natasha voglia comunicare la sua
intenzione di lasciare una traccia su di lui, ed è l'attimo fatale in cui lei
scende morbida dal tavolo, si avvicina e preme le labbra sulle sue.
La
vaschetta di Mussaka cade a terra. Il resto del
pranzo viene appoggiato con poca grazia sul piano cottura.
C'è il
sapore di Natasha nella bocca di Clint. Menta
piperita, prevalentemente, forse è il suo dentifricio preferito. C'è il suo
profumo, è una fragranza fruttata che mai avrebbe associato a lei ma, - Toh! le calza a pennello. Stacca la bocca
dalla sua, le sue labbra scendono sul collo. Natasha
freme, mormora qualcosa, ha un suono piacevole anche se non riesce a capire
cosa dica. Continua, ritorna alle labbra.
"... Mussaka..."
"Anche
io."
"No, Mussaka, il pranzo. È caduto."
"Oh!"
Si china a
raccogliere la vaschetta ma lei lo precede, infilandola subito nel microonde e
accendendolo. "Bene. Dunque... i miei domatokeftedes
con tzaziki?"
"Toglimi
una curiosità:"
Natasha alza gli occhi dal Kourabiedes: "Se posso...."
"E'
vero che fai collezione di occhiali da sole?"
Natasha aggrotta la fronte, soffoca una
risatina: "E questo chi te l'ha detto? Non sono una collezionista come Coulson."
"Me
l'ha detto proprio lui." Si guardano entrambi: hanno parlato al presente
quando ormai possono usare solo il tempo passato.
Improvvisamente
la sua Karidopita ha assunto un sapore amaro e
spiacevole. Appoggia la forchetta al piatto e vede che Natasha
ha fatto lo stesso, gli occhi verdi che vagano fuori dalla finestra.
Clint ha
un moto di disgusto verso sé stesso. Si vergogna improvvisamente di starsene
lì, a flirtare con Natasha sentendosi a suo agio nel
condividere un pranzo greco con lei quando il corpo di Coulson
è ancora dentro ad una cella frigorifera.
Aveva una
ragazza, ogni tanto gliene parlava, era una musicista e l'aveva conosciuta
mentre teneva sott'occhio un politico corrotto ad un concerto di musica
classica. Era già stata informata dell'accaduto?
Non
avrebbe più potuto fare i salti mortali per vederla, parlare in codice durante
una telefonata in sua presenza, cercare di nascosto qualcosa da portarle come
regalo per farsi perdonare di un appuntamento mancato, di una partenza
improvvisa.
E non è
l'unico.
Là fuori,
quanta gente non poteva più sentire il profumo di una persona cara?
La sedia
diventa improvvisamente scomoda. C'è troppa luce in quell'appartamento e poca
aria. Non dovrebbe essere lì. Chi è lui per potersi meritare un tale
privilegio?
Ha
comunque ucciso, è stato lui stesso fautore del piano di Loki.
Dovrebbe trovarsi lui dentro ad una
cella frigorifera, e se Natasha non fosse stata
abbastanza forte e capace a riportarlo indietro, sicuramente sarebbe stato cibo
per vermi.
Insieme a
lei.
Loki voleva che la ammazzasse per mera
crudeltà. E quasi l'aveva fatto.
Si, decisamente, non doveva trovarsi lì.
"Sei
stanco." È Natasha a parlare per prima.
"No,
io..."
"Non
era una domanda. Sei stanco, si vede. Hai bisogno di riposare, e anche
io." Si alza e raggiunge il salotto e si lascia cadere sul divano
appoggiando i piedi sul puff che ha spostato con un
colpo di gamba, facendo segno di seguirla.
Clint
tentenna: quella sensazione di malessere non se ne è ancora andata, ma Natasha ha ragione, è stanco e provato e le varie
contrazioni e ferite gli stanno provocando dolore a restare su quella sedia.
Così si alza lentamente – quel dannato legamento deve essere rotto, non solo
stirato, e raggiunge il salotto. “Vuoi guardare un po’ di televisione?”
“Non credo
ci sia qualcosa che vorremmo realmente vedere.”
Ha
ragione: le notizie sul disastro di New York sicuramente dominano i palinsesti,
probabilmente erano in corso dirette televisive a reti unificate già da molte
ore.
E loro ne
sanno già abbastanza.
Quindi, si
siede accanto a lei, alzando le gambe sul puff.
Azzarda a passare un braccio attorno alle spalle di Natasha
e rimane piacevolmente stupito nel sentirla rilassare sotto il suo tocco,
scivolando su di un fianco ad appoggiare la testa sulla sua spalla.
C’è un
silenzio quasi irreale, là fuori, per essere il primo pomeriggio di un giorno
feriale in un popoloso quartiere di New York.
Il
silenzio trapassa i muri ed invade il piccolo appartamento, avvolgendoli. Da
qualche parte della casa Natasha deve avere un
orologio da muro, Clint sente la lancetta scandire i secondi.
“Se mi
addormento, mi fai un favore?”
“Dimmi.”
Le labbra
di Clint sono sulla sua fronte. È calda. “Rimani qui?”
Natasha alza il viso e sono le sue labbra a
sostituire la pelle della fronte. “Certo. È casa mia.”
Il
cellulare segna che sono le 20 e 32 quando Clint si sveglia. Natasha è ancora lì, accanto a lui, la testa appoggiata al
suo petto ed il profumo del bagnoschiuma ovunque.
Ha
mantenuto la sua promessa – d’altronde è a casa sua, ma Clint si trova una
borsa del ghiaccio sul ginocchio che prima non c’era. Sorride, e Natasha si lascia sfuggire un gemito e muove la testa,
sfregandosi gli occhi con una mano.
Sbadiglia.
Clint sorride
di nuovo.
“Cosa c’è
di divertente nel vedermi sbadigliare?”
“Non c’è
nulla di divertente, è solo… bello.”
“Uhnm. E so ancora di buono?”
“Altroché.”
“Beh, tu
no. Vatti a lavare, dai. Io ordino qualcosa per cena.” Si alza,
stiracchiandosi.
“Devo
dedurre che cenerò qui?”
Natasha lo fissa per un lunghissimo
istante, la faccia forzatamente seria. Poi si lascia sfuggire un sorriso e si
incammina verso l’angolo cottura. “Preferenze? Ho un coupon per il ristorante
macrobiotico dell’angolo. Fanno consegna a domicilio, potrei telefonare mentre
fai la doccia. Ti va?”
“Va
benissimo.” Non sapeva neppure cosa fosse un ristorante macrobiotico.
“Cosa
prendi?”
“Mah… non so. Vedi tu.”
Natasha prende in mano il telefono. Sta
sorridendo.
Si era
sempre immaginato il sesso con Natasha come
un’esplosione di passione, vestiti strappati e mobilio rotto. Magari armi in
pugno, ecco.
Una cosa incredibilmente porca, feroce e
stremante, che li lasciasse senza fiato e con i segni addosso. Se l’era
immaginata rialzarsi e riassettarsi, ravvivarsi i capelli passandosi le dita e
andarsene senza dire una parola.
Natasha ha un sapore squisito. Aveva
coperto il suo corpo di baci, lenti e stuzzicanti, scoprendo come reagisce al
suo tocco. I suoi gemiti lo incoraggiano a continuare, ed il modo in cui lo
chiama –continuamente, è droga per le
sue orecchie.
È calda,
incredibilmente morbida, perfetta in ogni parte. Si ritrova improvvisamente
sulla schiena, le sue cosce strette attorno alla vita a bloccarlo, la sua bocca
sulla pelle a restituire i favori. Natasha percorre la linea dei suoi muscoli con una
perizia inaudita, scende lungo gli addominali nella più squisita delle torture,
scoprendo i suoi punti sensibili con’abilità sorprendente.
Gli sussurra
qualcosa in russo, accovacciata tra le sue gambe, ed interrompe il suo operato
solo su sua richiesta, che vuole sapere –comprendere,
quello che gli ha appena detto.
Tentenna a
rispondere, le dita su di lui continuano a lavorare, ma poi ammette con voce
roca: “Sei come ti avevo immaginato.”
Clint le
prende le mani , la circonda con le braccia e la fa rotolare sotto di sé, la
bocca sulla sua a raccogliere il gemito dei suoi affondi. “Tu no. La mia
immaginazione non poteva arrivare a tanto.”
Natasha inarca la schiena, urla ancora il
suo nome, le unghie solcano la pelle della schiena e delle braccia. Clint la
segue, stringe le lenzuola quasi a strapparle e si lascia scivolare al suo
fianco.
Riprende
fiato con lei tra le braccia: è incredibile come i muscoli abbiano smesso di
fargli male. Il piacere è diffuso in tutto il corpo, è estasi pura.
La sente
rilassarsi e accoccolarsi di più contro il suo petto ed è una cosa che gli
scatena una reazione di euforia allo stato più puro. Tuffa il viso tra i
capelli, ne respira il profumo – sanno meno di albicocca ma più di lui; le
bacia la fronte e si lascia andare sul cuscino. “…e
domani mattina?”
“Sono
quasi certa tu ti voglia fermare anche a colazione.”
Ridono,
insieme. Oddio, sta succedendo davvero,
pensa Clint. “Ne ho una mezza intenzione, mah, vedremo.”
“Ho un
coupon per il bistrot francese sotto casa, fanno delle splendide brioche e
l’atmosfera è ideale per una colazione fatta come si deve.”
“Nat, posso farti una domanda?”
“…se posso…”
“Ma hai i
coupon per ogni cosa?”
Nella penombra
la vede sorridere. “Ognuno ha le proprie collezioni.”
FINE!! Ce l’ho fatta!
Clintashiamo
apertamente alèè oh oh!
Allora, questa FF è piena di Citazioni, non so se riuscirò a
ricordarmi di elencarle tutte:
Il Titolo è tratto dall’omonimo film con Al Pacino del 1994.
Film molto ma molto bello, merita davvero. A sua volta è il remake americano
del film Profumo di Donna con Vittorio Gassman.(ma quest’ultimo non l’ho
visto.)
La Citazione iniziale è tratta da Il Profumo di Suskind.
L’idea che Natasha collezioni
occhiali da sole l’ho presa in prestito dal telefilm Nikita (No, non
l’ultimo,quello ‘europeo’ degli anni ’90) dove appunto la protagonista amava
collezionare occhiali da sole.
Poi, Juliette Lewis è
Mallory Knox in Natural Born Killers
(Film in cui, per altro, recitava Robert Downey Jr)
I Coupon
sono un’ossessione prettamente americana, fate un giro su RealTime
e capirete.
I Piatti
greci esistono davvero e sono estremamente
buoni, per quanto difficilmente pronunciabili.
A voi la
palla, ora. Spero vi piaccia, i vostri pareri, commenti, opinioni e critiche
sono sempre ben accetti!
Grazie,
alla prossima:
Vostra,
sempre
EC.
Questa
fanfiction ha partecipato al contest ‘La notte degli
Oscar’ indetto su Writers Arena Rewind.
Link
al Bando Originale: http://writersarenarewind.forumfree.it/?t=65033561
Link
al Bando su EFP Forum: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10523365&p=1