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Autore: Blue_moon    29/10/2012    1 recensioni
Primo libro della trilogia Similitudini.
Dal prologo:
"Nonostante fosse nato nell'oscurità di Jotunheim, Loki bramava la luce.
Il suo calore, la sua purezza e, soprattutto, la sua capacità intrinseca di creare ombre profonde e insondabili. Le stesse che sentiva di avere dentro, le stesse che l'accecante luce di Odino e Thor aveva creato nella sua vita.
Essere lasciato al freddo e al buio era una punizione peggiore di quanto lui stesso pensasse.
Ma c'era una cosa che, in parte, lo consolava.
Fino a che fosse stato sotto la protezione del Padre degli Dei e di Thor, non avrebbe potuto essere bersaglio dell'ira di Thanos, l'oscuro signore con cui si era alleato e di cui aveva disatteso le aspettative.
Loki era scaltro e realista, teneva alla propria vita.
Senza di essa non avrebbe potuto raggiungere i suoi obiettivi, né dimostrarsi degno dell'onore che sapeva di meritare.
Per ora, anche se impotente, si trovava in uno dei posti più sicuri all'interno dei nove regni, protetto dall'amore cieco e stupido di chi si credeva migliore di lui.
Almeno, così aveva sempre creduto."
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Similitudini'
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Eccomi qui con il capitolo nove.
Ho ufficialmente terminato la storia, quindi posso dire che saranno in totale 13 capitoli più l'epilogo... quindi al termine della storia mancano solo 4 capitoli... per le domande di rito, ci vediamo alla fine. Buona lettura!



Loki conosceva bene la sensazione di essere diverso, ci conviveva sin da quando era poco più che un neonato.
All'inizio ci aveva fatto poco caso, protetto e coccolato dall'amore abbagliante di Frigga, Odino e Thor. Per i primi anni dell'infanzia si poteva dire che fosse stato sereno, se non addirittura felice, cullato in una bolla d'affetto e bambagia.
Poi, man mano che la sua intelligenza cresceva, la bolla aveva iniziato a riempirsi di crepe. Dapprima erano imperfezioni sottili, trascurabili poi, in un comico crescendo, erano aumentate, fino ad inghiottire quella perfezione in un enorme buco nero.
Non appena le sue mani avevano sfiorato lo Scrigno degli Antichi Inverni, una nebbia impenetrabile si era improvvisamente dissolta.
Finalmente aveva visto e capito.
Ogni frase sussurrata dai cortigiani, ogni sguardo strano, ogni compagno di giochi che candidamente gli domandava come mai la sua pelle fosse così bianca, perché non fosse forte come Thor. Ogni cosa era rientrata perfettamente in una logica che fino ad allora gli era sfuggita, condensandosi in una perfetta e dolorosa consapevolezza.
Lui non apparteneva ad Asgard.
Per quanto si fosse sforzato, ciò non sarebbe mai cambiato, nemmeno l'amore di Odino o i fulmini di Thor avrebbero potuto sovvertire l'ordine delle cose.
I fatti erano immutabili, scritti nel codice stesso dell'universo.
Era stato rifiutato dalla propria gente perché troppo gracile e poi adombrato dalla grandezza di Asgard, troppo oscuro per riflettere la sua perfetta luce.
Forse qualcuno con un po'di acume poteva identificare le sue azioni come sforzi per crearsi una casa, un posto in cui sentirsi accettato, un personale luogo in cui non esistessero paragoni con l'ingombrante fratello o gli scomodi genitori adottivi e biologici.
Inutile dire che era stato tutto vano.
Pur continuando ad affermare il loro affetto, tutti quanti – Odino, Frigga e Thor – pretendevano che lui fosse come loro desideravano, senza accettare il semplice fatto che non sarebbe mai stato come loro.
Non poteva, ed era stanco di provarci.
Dentro di lui, un invisibile orologio scandiva il tempo, e Loki era consapevole di non averne ancora molto prima che Thanos passasse all'azione. Per quel momento lui doveva essere anni luce dalla Terra, se voleva sperare di sopravvivere.
Iniziava a capire che gli occorreva risparmiare le energie e scegliere con cura la prossima causa a cui votarsi.
Certo, la vendetta e la rivalsa rimanevano in cima alla lista, ma la strada per ottenerle poteva essere molto diversa da quella che lui aveva tentato per ben due volte.
Aveva sempre creduto che possedere un trono fosse l'essenza del potere, ma cominciava a rivalutare quel concetto. Thanos stesso, uno dei signori più potenti dell'universo, non era re di niente, se non di sé stesso.
Forse doveva smetterla di bramare un banale seggio e puntare al potere vero.
Il Tesseract poteva essere un buon inizio.
Benché non fosse il manufatto più potente dell'universo, era sicuramente il più facile da manipolare e quello dalle applicazioni più vaste.
Sapere che il Cubo era lì, esattamente dieci piani sopra di lui, lo riempiva di brama.
Gli sarebbe bastato uscire da quella gabbia per pochi istanti e teletrasportarsi direttamente nel laboratorio. In meno di un minuto, si sarebbe riappropriato del manufatto.
Anche se quella stanza schermava i suoi poteri mentali, i suoi sensi sentivano comunque il cuore d'energia del Cubo pulsare. Riusciva quasi a figurarsi il percorso per raggiungerlo e ormai stava diventando impaziente.
Il momento di agire era prossimo.
Aveva lasciato per troppo tempo libertà a quei patetici umani.
Le sue riflessioni vennero interrotte dall'arrivo dell'agente Sabil. Un sibilo breve e penetrante ne annunciò l'entrata e tutti gli uomini di guardia alla stanza scattarono sull'attenti poi, dopo un secco ordine della donna, uscirono alla spicciolata, lasciando la donna e l'alieno soli.
Loki non poté fare a meno di fissarla attentamente.
Sembrava provata, respirava più in fretta del solito e sulla guancia sinistra aveva un lungo taglio, medicato in modo frettoloso, e un brutto livido. Ostentando la sua irritazione, la donna camminava avanti e indietro per la stanza ignorando il proprio prigioniero.
Loki capì immediatamente che, in realtà, voleva solamente attirare la sua attenzione, in modo piuttosto maldestro e inutile, oltretutto. Già da qualche tempo Khalida si trovava nel suo mirino, oggetto continuo di analisi e riflessioni.
Il modo in cui lei aveva reagito all'ingresso irruento di Thor lo aveva portato a riconsiderarla. Era meno prevedibile di quanto credeva. Probabilmente, se non fosse stata un'umana infinitamente inferiore a lui, Loki avrebbe potuto provare simpatia nei suoi confronti.
Ogni cosa che diceva e faceva l'agente Sabil era studiata con una logica fredda e lucida, bilanciando e soppesando ogni causa ed effetto perfino dei respiri che faceva tra una frase e l'altra.
Se così non era, meritava comunque una lode per lo sforzo.
Perfino Loki, che si riteneva un grande conoscitore dell'animo umano e non, non era mai sicuro delle sue intenzioni, quando parlava con lei.
La cosa lo confondeva e insieme lo stimolava.
Se la sensazione di estraneità gli era familiare quanto il proprio volto, quella di complicità gli era completamente sconosciuta.
All'alieno non piaceva per niente come si sentiva, alla presenza ingombrante di quell'esile donna.
Il fatto stesso che lui sprecasse tutto quel tempo a riflettere su di lei, era degradante. Lo faceva sentire più debole, come un uomo qualunque.
Detestava sentirsi così, ma questo non cambiava ciò che provava.
Per quanto molti lo considerassero privo di sentimenti, l'alieno ammetteva con sé stesso di provarne. Semplicemente, aveva imparato da tempo ad ignorare quelli che non riteneva utili e ad alimentare quelli che, invece, lo spronavano ad agire.
In quel momento la curiosità nei confronti della donna l'avrebbe aiutato a non mollare la presa, e a stabile con lei un legame che l'avrebbe portato fuori di lì.
La chiave per impadronirsi del Tesseract, era lei.
Quando Khalida, dopo l'ennesimo avanti e indietro, si andò a sedere rumorosamente con la schiena appoggiata alla parete frontale della Gabbia, dandogli le spalle, Loki le si avvicinò lentamente.
«Cosa ti è successo?», chiese, abbassando la voce per renderla ancora più vellutata.
La donna non si voltò nemmeno, toccò appena la guancia ferita. «Un piccolo scontro con l'incompetenza di Thor», spiegò, con voce stanca.
Sembrava sfinita, e più umana di quanto si fosse mai mostrata.
Loki si sedette in posizione speculare alla sua. Era certo di aver colto un momento non di debolezza vera e propria, quanto di distrazione, e non se lo sarebbe fatto scappare.
«Conosco la sensazione», ammise.
Khalida sorrise con un angolo della bocca.
«Non deve essere stato facile crescere con una presenza così ingombrante accanto», disse e Loki si irrigidì.
«Non comportarti come se capissi», la freddò con un tono tagliente come ghiaccio spezzato. Per quanto il suo piano gli imponesse di essere civile, il suo orgoglio gli impediva di accettare comprensione da parte di quella donna. Lei non sapeva un accidenti di lui, di Thor e della sua vita.
«Infatti non capisco», lo sorprese Khalida, ridendo leggermente. «Devi avergli voluto davvero bene, per non ucciderlo quando era piccolo. A me è venuta voglia di farlo la prima volta che l'ho visto».
Loki sapeva che quello nella voce della donna era puro sarcasmo, utile solo a sfogare la sua frustrazione nei confronti di Thor che, presumibilmente, l'aveva umiliata.
Forse la donna non stava nemmeno realmente parlando con lui.
Era una cosa umana, che non gli apparteneva.
Lui quando era sarcastico, era solo per ferire o apparire indifferente.
Non usava mai le parole come valvola di sfogo, erano troppo preziose per andare sprecate.
Il Dio dell'Inganno, rifletté velocemente sulle parole della donna. Forse inconsapevolmente, Khalida si era avventura su un sentiero che lui preferiva evitare del tutto: i ricordi.
Quelli, non evocavano sentimenti che l'avrebbero aiutato a fuggire di lì.
Khalida, un po'sorpresa dal silenzio pesante di Loki, voltò il viso per osservarlo meglio, e lui le restituì lo sguardo.
Nella luce accecante della stanza, gli occhi dell'alieno sembravano quasi trasparenti, chiarissimi ma impenetrabili come un lago montano, troppo gelido per essere accessibile a comuni esseri umani.
L'agente Sabil si era sforzata di non farsi pregiudizi nei confronti del suo prigioniero, mentre studiava le informazioni in suo possesso, ma lo stesso nella sua mente un'idea si era formata, per quanto vaga.
Loki, comunque, la stava prontamente ribaltando, a poco a poco.
Nei suoi rapporti c'era chi l'aveva definito folle, ma lei non scorgeva tracce di pazzia in quello sguardo che sembrava passarla da parte a parte, alla ricerca del suo più profondo segreto.
In quegli occhi c'era rabbia, odio, dolore, un'intelligenza acuminata come una lama... ma non follia.
Probabilmente, non esisteva sulla Terra persona più lucida di Loki, in quell'istante.
Il brevissimo momento di analisi di Khalida venne interrotto dall'urlare improvviso e assordante di una sirena.
L'addestramento ricevuto agì al posto suo.
 «Codice rosso, tutti in posizione!», ordinò, scattando in piedi e stringendo le dita intorno alla pistola.
Una lenta goccia di sudore le calò sulla guancia, facendole bruciare la ferita.
Non ebbe bisogno di voltarsi, per sapere che Loki stava nuovamente sorridendo in quel suo modo affilato e crudele.
«Il momento della verità è arrivato, Khalida», le disse, subito prima che una scarica elettrica trapassasse l'orecchio della donna, costringendola a strapparsi il comunicatore con un gemito di dolore.
Non ebbe il tempo di accorgersi che era la prima volta che Loki la chiamava per nome, un urlo lacerante e un lampo di luce la costrinsero a rivolgere la sua attenzione altrove.
All'ingresso della stanza, un essere bipede dall'aspetto vagamente umano, con la pelle a scaglie di un azzurro cupo e malato, si era velocemente sbarazzato di due agenti, che adesso giacevano immobili a terra.
Non era un chitauro, ma gli assomigliava, forse proveniva dallo stesso pianeta. Benché sembrasse umanoide, i lineamenti larghi, gli occhi senza pupilla e i movimenti sinuosi davano più l'idea di un'animale ben addestrato.
Tra le mani dalle dita artigliate stringeva una lunga lancia dal design simile allo Scettro di Thanos. La pietra in cima brillava di sinistri bagliori azzurri, attraversati da scariche d'un bianco abbagliante.
L'essere osservò Khalida, piegando la testa di lato, come a valutarne la pericolosità.
La donna desiderò avere nuovamente il comunicatore, probabilmente Loki conosceva quella bestia e avrebbe potuto fornirle qualche dettaglio, ma capì subito che non le sarebbe servito a nulla. L'alieno era chiaramente deciso a guardarla morire esattamente come quei due soldati insanguinati.
Un brivido le percorse la schiena, mentre esaminava con gli occhi la stanza, identificando la posizione dei propri uomini, rientrati immediatamente dopo il suono dell'allarme.
Tutti aspettavano solo un suo ordine per fare fuoco, ma la rapidità con cui l'essere era comparso nella stanza e ucciso i suoi compagni la faceva esitare. Non conosceva le abilità della creatura, e probabilmente non ci teneva nemmeno.
Forse la strategia migliore era prendere tempo e attendere l'arrivo dei Vendicatori.
Il secondo di Khalida, probabilmente per colpa della tensione e della paura, fece una mossa falsa. Credendosi al sicuro dallo sguardo inumano dell'essere, prese la mira e fece fuoco.
Il globo di luce azzurra si infranse nel pavimento, lasciando una voragine di un metro di diametro, la creatura si era dissolta in una nuvola di fumo blu.
Khalida sbarrò gli occhi. «Jefferson!», riuscì ad urlare, prima che l'essere ricomparisse dietro l'agente, trafiggendolo da parte a parte con la sua arma.
Stavolta fu Khalida a sparare, ma nuovamente la creatura si smaterializzò, ricomponendosi a pochi metri da lei, di fronte a Loki.
Gli sarebbe bastato un solo colpo per ucciderla ma stranamente non lo fece, rivolgendo la sua attenzione alla Gabbia. Osservò Loki concedendogli un lungo sorriso da rettile. Una sottile lingua biforcuta fece capolino dalle labbra piene di escrescenze squamose.
Per la prima volta, Khalida credette di vedere un barlume di paura sul volto liscio dell'asgardiano.
La punta della lancia si illuminò nuovamente, fino a che la luce divenne accecante.
Quando il proiettile colpì la prigione di Loki, il rumore fu tale che l'agente Sabil dovette coprirsi le orecchie con le mani e rannicchiarsi d'istinto su sé stessa, per proteggere il volto.
L'energia del colpo dapprima incrinò e poi frantumò il metallo della Gabbia, scagliando su Khalida una pioggia di frammenti affilati come rasoi.
Incurante dei tagli sanguinanti, la donna si rimise subito in piedi, guidata dall'addestramento, dall'istinto e da qualcosa che non seppe identificare.
C'era solo un motivo per cui quella creatura poteva aver liberato Loki, e lei non poteva lasciare che raggiungesse il suo scopo. Non avrebbe permesso che l'asgardiano morisse, non così presto e non mentre era sotto la sua responsabilità.
L'arma aliena si caricò nuovamente con un sibilo impercettibile, il cristallo brillò e sfrigolò come un tizzone cosparso d'acqua fredda. Una potente scarica d'energia attraversò la sfera blu che si ingrandiva progressivamente.
Un tremito percorse le mani di Loki, mentre realizzava che non avrebbe avuto il tempo di fuggire. Quelle creature erano maledettamente veloci, e si affidavano al fiuto per cacciare. Le sue illusioni non sarebbero servite a niente.
Pensò per un attimo che aveva sprecato la maggioranza del suo tempo e della sua esistenza.
Percepì l'elettricità statica aumentare e il sibilo dell'arma crescere d'intensità.
I muscoli di Khalida bruciavano e il sangue le colava lungo le tempie ferite, solo pochi metri la separavano da Loki, eppure aveva la sgradevole sensazione di non essere abbastanza veloce. Determinata, chinò la testa e si gettò in avanti, iniziando lentamente a contare i secondi che la separavano dalla detonazione.
Il colpo esplose, illuminando come un piccolo sole tutta la stanza.
Khalida non sentì nemmeno dolore quando ricevette in pieno stomaco il globo d'energia destinato a Loki.
Una voce che non riconobbe chiamò il suo nome, poi tutto divenne buio.

Un proiettile avvolto di luce azzurra raggiunse il sicario di Thanos alla spalla e la creatura urlò di dolore, lacerando i timpani dei presenti. Iron Man ne approfittò per caricare un secondo colpo che purtroppo non andò a segno, la creatura si era smaterializzata nuovamente.
«Thor!», chiamò Stark, per preparare il compagno ad un assalto dell'alieno che, però, non arrivò. Improvvisamente, un silenzio rotto solo dal ragliare sordo delle sirene prese posto nella stanza.
All'apparenza, l'attacco sembrava concluso. Forse la ferita inferta da Stark era più grave di quanto pensassero. In fondo, quegli esseri potevano anche avere il cuore nelle caviglie, per quanto ne sapevano.
Solo allora tutti si ricordarono di Loki e dell'agente Sabil.
La donna era stesa a terra, una pozza di sangue si allargava lentamente sotto di lei. La ferita al ventre era terribile, e nessuno dei presenti osò pensare che Khalida potesse essere sopravvissuta.
Loki era immobile dietro di lei, paralizzato da qualcosa che poteva definire solo come stupore. Aveva avuto tra le mani l'occasione perfetta per fuggire, e l'aveva completamente sprecata, come al solito.
Mentre Thor accorreva accanto all'agente Sabil, si guardò le mani, sporche del sangue della donna che si era gettata davanti a lui per salvargli la vita.
Qualcosa gli strinse lo stomaco in una morsa dolorosa.
«Respira ancora!», annunciò Thor stupito, non osando toccare il corpo esanime di Khalida. Istintivamente, cercò gli occhi del fratello.
Loki aveva un'espressione impenetrabile, ma lo stesso il Dio del Tuono riuscì a percepire la confusione che gli animava il cuore e la mente.
«Dobbiamo portarla in infermeria», intervenne Stark, atterrando pesantemente accanto a Loki, tenendolo preventivamente sotto tiro.
«Non servirà», mormorò il Dio dell'Inganno.
Thor e Stark lo guardarono.
Loki raddrizzò le spalle. «Se volete salvarla, dovete portarla ad Asgard».
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Colpo di scena.
Perché Khalida ha voluto salvare Loki? Perché il Dio dell'Inganno non è fuggito?
Cosa avrà in mente Thanos?
Come finirà la storia secondo voi?
Se volete darmi la vostra risposta, sarò lieta di leggere le vostre teorie.


Come al solito un ringraziamento speciale a Red Sayuri, e a tutte le persone che continuano a leggere. noto con piacere che le letture sono costanti, quindi apprezzate.

A presto,
Nicole
  
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