Filippo.
Come il nome che aveva il principe
nella Bella Addormentata: quello biondo e che sa ballare, il più figo di tutti
insomma, ma senza tirarsela.
Quello simpatico, che è anche
buffo a volte, che litiga col cavallo finendo nello
stagno!
Anche il tuo principe era biondo e
si chiamava Filippo e sapeva cantare e certe volte si rotolava perfino per terra
con il cane.
Aveva quel modo di guardarti che
ti faceva sentire l’unica al mondo, la più bella, e ti veniva da abbassare gli
occhi, perché non potevi più reggere l’azzurro infinito del suo sguardo, quello
sguardo che non chiedeva niente in cambio.
Ti stringeva forte tra le braccia,
abbastanza da toglierti il respiro, mai fino a farti male, come se ti volesse
trattenere, come se già lo sapesse quanto brava sei a scappare…
Tu ti sentivi protetta - con la
guancia sul suo petto, il suo respiro nei capelli, le tue dita aggrappate alla
sua maglietta rossa, il suo cuore che batteva contro il tuo - e sapevi di poter
essere fragile, che ci sarebbe stato lui: la tua roccia, il tuo cavaliere dalla
lucente armatura…
Filippo che quella volta si è
arrabbiato, te lo ricordi?
Quando ti ha guardato con quei
suoi occhi di ghiaccio, che a te sembravano bruciare, e non ha detto niente, se
n’è solo andato.
Forse non gli veniva le parole, o
forse gliene venivano troppe…
E non ti guardava più, non voleva
vederti.
Sull’autobus cercava sempre il
cielo fuori dai finestrini, come se essere chiuso lì dentro con te lo uccidesse,
e tu vedevi solo il suo profilo - la linea dura della mascella appena sporca di
barba, le onde dorate dei suoi capelli schiariti dallo stesso sole che gli
scuriva la pelle e gli faceva venire quelle poche lentiggini sul naso, le cuffie
dell’i-pod nelle orecchie per non sentire più nessuno, per pensare ad altro -
vedevi solo il suo profilo e dicevi che era colpa sua, che poteva fare l’offeso
quanto voleva che tanto tu non avevi niente di cui scusarti, non avresti fatto
il primo passo, era lui che doveva venire da te.
Aggrottavi le sopracciglia mentre
parlavi, avevi una nota stridula nella voce, e volevi che le tue amiche ti
dessero ragione…
Già sapevi che stavi mentendo,
speravi solo che nessuno se ne accorgesse.
Ma Filippo se n’era accorto,
Filippo…
Ed avrebbe sorriso lo stesso,
avrebbe detto che andava bene così, che nessuno era perfetto, se solo tu lo
avessi ammesso.
Avrebbe spalancato le braccia ed
alzato un po’ le spalle, guardandoti con la testa inclinata ed un sorriso ad
arricciargli le labbra… e tu ti
saresti sentita stupida ed in imbarazzo, e gli avresti detto di smetterla, che
vi stavano guardando tutti.
Lui avrebbe detto < Che ci
guardino allora! > e ti avrebbe baciata in fronte, prendendoti in braccio di
sorpresa, facendoti girare ed urlare un po’… ma avreste fatto pace,
no?
Filippo che non era neanche il tuo
ragazzo, - sempre sul filo, sempre lì, ma mai oltre - che una volta aveva detto
che gli piacevi e che poi non lo aveva ripetuto mai più, anche se era già
cambiato tutto tra voi.
Filippo che faceva male a
guardarlo in quei giorni da quanto era spento, da quanto era ferito, ma poi è
guarito anche lui, con o senza di te.
Come sta il tuo orgoglio ora,
sanguina ancora?
Filippo che sembrava sempre più un
estraneo senza colore, un altro dei mille studenti che prendono la due per
andare a scuola…
L’avevate persa entrambi il giorno
che per la prima volta vi siete fermati a parlare, tante cose stupide, una
dietro l’altra, ed era come conoscersi da sempre.
Filippo che disegnava e scriveva
sui muri, che sapeva suonare la chitarra e che una volta aveva provato ad
insegnarlo anche a te, avevi cantato a squarciagola quella
sera.
Hai ancora i suoi libri a casa,
quante volte hai pensato di passare a restituirglieli e magari a parlare un po’
dei vecchi tempi?
Filippo che ti aveva fatto
ascoltare la sua musica, con la paura che non ti piacesse, ma ti era piaciuta e
ti aveva cambiato un po’…
Aveva mischiato i tuoi sogni con i
suoi, ti aveva segnata, c’è un po’ di lui in te ora…
Tu che gli hai
dato?
Gli hai insegnato qualcosa?
Sì, la cicatrice è rimasta.
Filippo adesso sa che anche il
migliore dei principi azzurri è sempre un uomo infondo, che essere buoni va bene
ma non bisogna esagerare, che sotto l’armatura lucente i colpi si sentono
comunque e che a volte la principessa non va salvata dal drago, ma da se
stessa.
Ha mai pensato di dirtelo,
Filippo?
Di prenderti e portarti via da
tutto e da tutti?
Di usare la forza per prendersi
quel bacio che era sempre stato suo, fin dall’inizio?
Il suo numero di casa scritto su
un bigliettino insieme a quello della tua migliore amica, perché ci parlavi
troppo da usare il cellulare e tua mamma ti sgridava perché era sempre occupato.
A lei Filippo è sempre piaciuto, te lo dice ancora.
Come tremava la tua voce quel
giorno al telefono, quando finalmente ti eri decisa a chiamarlo, troppo tardi
però.
E avevi quasi paura che non ti
riconoscesse, che dicesse < Chi, scusa? >, ed invece la sua voce profonda
si è fatta appena più roca al sentire la tua e ha detto solo < Adesso…?!
>.
Ti sei scusata, hai detto che ti
dispiaceva moltissimo, che volevi parlargli, anche subito, ed avevi gli occhi
che si riempivano di lacrime, - seduta sul tuo letto, da sola nella tua stanza,
il suo respiro dall’altra parte della cornetta e quella voglia di stringerlo, di
fargli sapere quanto gli vuoi bene, quanto ancora ci tieni a lui - poi Filippo
ti ha interrotta.
< Stavo uscendo. > ha detto
con un tono improvvisamente vuoto, come se non fosse più lui, e tu hai chiesto
di vederlo il giorno dopo, hai insistito…
< Ok. > è stata la sua
risposta, neanche un ciao.
Filippo non pensava che quella
sarebbe l’ultima cosa che ti avrebbe detto e neanche tu lo pensavi - con il mal
di pancia per l’emozione, le lacrime agli occhi e la speranza nel
cuore.
Neanche tu lo pensavi, per la
prima volta così totalmente inerme, così disperatamente innamorata di
lui.
C’è il suo diario nel cassetto
della tua scrivania, quello di scuola che vi eravate scambiati, e tutti ti
chiedevano chi era questo Filippo, dato che avevi il suo nome scritto a lettere
cubitali sul dorso dell’agenda.
Nei tuoi incubi ad occhi aperti
hai visto il tuo di diario: la plastica della copertina che si scioglie un po’
mentre le pagine si arricciano, le fiamme che divorano la carta e Filippo che lo
guarda bruciare.
Ti chiedi se sia andata davvero
così, se lo puoi biasimare, se dovresti imitarlo…
Ma quel diario non lo butti, lo
tieni lì, a ricordarti quanto tempo è passato, quanto sei stata stupida, come
una porta mai chiusa del tutto, come una ferita che qualche volta si riapre e
ancora sanguina.
Filippo…
***
Anche se sono stata molto combattuta, questa one-shot non poteva avere un finale diverso, non sarebbe stato onesto.
Volevo che risaltasse il modo in cui ci feriamo a vicenda anche senza volere, come scarichiamo la colpa sugli altri, come l'orgoglio sappia essere il peggior veleno e come putroppo non sempre basta un semplice "scusa", come un colpo di spugna, per cancellare tutto il dolore.
Dedico questa storia a tutti quelli che hanno un rimpianto, che sanno di non essere innocenti, che hanno perso qualcosa, che non riescono a ricucire lo strappo...
a tutti gli altri il mio migliore augurio di non dover mai scoprire quant'è brutto voltarsi indietro e pensare che avrebbe dovuto andare in un altro modo.
*baci*
Lem