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Autore: zarida    31/10/2012    3 recensioni
"Non aspettavo altro"
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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  • Shh, shh, sono io.

  • Ma cosa... come...?

  • Non dire niente. Potrebbero sentirci...

     

S'insinua nel mio letto, sono ancora troppo addormentata per rifiutarlo e anche se non lo fossi, non lo farei. È così dannatamente... bello. E sensuale. E, Dio, la situazione è troppo eccitante.

Sento il fruscio delle lenzuola leggere che si spostano, mi sfiorano le gambe nude. Sono girata di schiena e lui è sopra di me e mi bacia piano il collo e le guance e non arriva mai alla bocca e mi sembra di impazzire. Sento le sue braccia ai lati della testa e il suo corpo che mi tiene schiacciata, prigioniera in quel letto bianco, asettico, che sa di hotel.

Sento le sue gambe fra le mie, scomposte, quasi intrecciate. La mie mani salgono a toccagli la schiena nuda, seguono le ossa della colonna vertebrale, affondano un poco nella sua pelle calda. Giro il viso, cercando le sue labbra, quella bocca piena e appena un po' larga che è sexy da morire e che non posso fare a meno di osservare durante il giorno e quando parla e, Dio, quando sorride...

Mi evita, la sua bocca sensuale e maliziosa e eccitante sale sullo zigomo e poi la sento sfiorare i miei capelli e poi trova il lobo dell'orecchio e lo stringe fra i denti, piano, lo accarezza con la lingua.

Chiudo gli occhi, stringo le dita sulla sua pelle, sospiro leggermente.

 

  • Shh.

 

Mi impone di nuovo il silenzio, sussurrandomi all'orecchio. Si sposta un po', appoggiando un fianco sul materasso troppo duro, restando con le gambe intrecciate alle mie e il busto sopra il mio, a schiacciarmi e a intrappolarmi e a imprigionarmi.

Adesso che non deve tenersi sollevato con le braccia, una mano va a cingermi il fianco, cercando il lembo della maglietta e sfiorandomi la pelle dello stomaco, accarezzandola con il pollice centimetro per centimetro, fino a trovare il seno e inizia a giocarci, sicuro di sé, malizioso, dannatamente sexy.

Mi tendo, mi premo contro la sua mano, allungo la mia e la appoggio sulla sua guancia. Così vicino, Dio, così vicino non me lo ero mai trovato, anche se ci avevo sperato e l'avevo sognato. Mi avvicino a lui ancora un po', aspetto, deve baciarmi, voglio un suo bacio, voglio sentire se quelle labbra sono così morbide e così eccitanti come sembrano.

La sua mano, la sua mano, è delicata e allo stesso tempo ruvida, virile, sensuale. Fa quasi male.

Lo aspetto, non lo aspetto. Mi bacia lui, lo bacio io. Potrei sembrare sfacciata se lo bacio io? Oh, cristo, sfacciata? Si è infilato nel mio letto. Chi è lo sfacciato?

 

Un fruscio di lenzuola. Non è del mio letto, no. Ci immobilizziamo, le labbra a un soffio dal toccarsi, la sua mano sotto la mia maglietta.

D'altronde, non siamo soli, in quel bungalow da quattro soldi in un villaggio scadente sulla spiaggia bianca di un mare meraviglioso. Nella stessa stanza, tre ragazze. Nell'altra, due ragazzi. Il terzo è qui.

Non si sente nient'altro.

 

Le nostre labbra sono ancora sul punto di sfiorarsi. Sento il suo respiro caldo sulla mia pelle.

Mi tendo un po', lo bacio.

 

Dio sì, le sue labbra sono proprio così morbide come pensavo.

Le sensazioni, invece, hanno superato ogni mia aspettativa. Non saprei nemmeno descriverle. Era... troppo. Era perfetto. Ero attratta, eccitata, pazza di lui. Ed era bastato pochissimo.

 

La sua bocca perfetta e bellissima e morbida che mi tentava come una sirena tenta un marinaio scende a sussurrarmi baci sul collo mentre la sua mano titillava, giocava, istigava.

 

Torna a baciarmi, leggero come la piuma, infiammandomi. Mi stringe una mano e la appoggia sul suo stomaco piatto. La sua pelle scotta. Il suo bacino si spinge leggermente contro il mio ventre. Mi scaldo ancora di più, e non credevo fosse possibile.

 

  • Shhh.

 

***

 

Mi sveglio, mi sento leggermente stordita. Forse una leggera nausea. Mi tiro a sedere, passandomi vigorosamente le mani sul viso. Apro gli occhi e mi guardo attorno. Ecco cosa mi ha svegliato, le altre due compagna di camera e vacanza che si stanno alzando. Ci rivolgiamo un sorriso e un “buongiorno” affettuoso e mi sistemo la maglia. Guardo le lenzuola del letto. Sono un disastro, completamente sfatte. Non sembrano tanto asettiche adesso.

 

  • Gli altri, i ragazzi?

 

Una domanda fatta con indifferenza. I ragazzi. Più generale di così.

 

Alla fine se n'era andato, sussurrandomi una buonanotte nell'orecchio e lasciandomi un bacio sulle labbra.

 

Le altre non sospettano niente, alzano le spalle.

 

  • Mi sa che si sono già alzati, li ho sentiti parlare prima.

 

Annuisco, come se la cosa non fosse importante. Mi alzo, vado in bagno, mi lavo e mi vesto. Esco e sono la prima delle ragazze. Sono tutti fuori in giardino, li saluto, mi salutano, riprendono a parlare. Mi siedo con loro. Rido, si chiacchiera e si ride di nuovo. Qualche stronzata e qualche barzelletta e qualche racconto e si ride ancora e ancora.

E con la coda dell'occhio lo guardo ridere. Quella bocca sexy e maliziosa e così morbida. Di sfuggita osservo il suo volto così bello che ispira da morire. Il mio sguardo scivola anche sulle sua mani, ruvide e gentili.

Lo becco a guardarmi di sfuggita. Mi viene da arrossire o da saltargli addosso o tutti e due. Distolgo l'attenzione da lui – come se fosse possibile – e mi butto nella discussione e rido e mi mordo le labbra che sembra lui le abbia marchiate ieri notte. Mi guarda ancora. E io anche.

 

Facciamo colazione tutti insieme. Mangiamo qualcosa seduti appiccicati in quel tavolo troppo piccolo per sette persone, ma ci si adatta. Ci si gioca chi lava i piatti, la scampo.

Dico che vado a fare una passeggiata.

Dice che mi accompagna perché deve chiamare a casa.

Sorrido, alzo le spalle e dico che va bene.

 

Ci fermiamo al piccolo parco giochi che a quell'ora è deserto. Si siede su uno di quei giochi per bambini a molla e si dondola pigramente avanti e indietro.

 

  • Non devi chiamare a casa?

 

Lui sbuffa divertito, mi guarda con un sorriso irresistibile e dice che era una scusa.

Deglutisco.

Eppure sembra che lui non abbia intenzione di muoversi, di spostarsi da quel trabiccolo e saltarmi addosso.

O baciarmi.

O niente.

 

Mi appoggio all'asta dell'altalena. E lo guardo un po' assorta, rivivendo quei momenti quasi di trance di quella notte.

 

  • Perché sei venuto nel mio letto, stanotte?

 

Ecco, ho avuto il coraggio di chiederlo. A bassa voce, titubante, dopo un lungo momento di silenzio e lotta interiore. E senza guardarlo.

Fa schioccare la lingua e io riporto lo sguardo su quel viso pulito e malizioso. Mi sorride, solleva un angolo della bocca, fa balenare i denti bianchi. Dondola in avanti e si ferma così, con i piedi appoggiati per terra, gli occhi fissi nei miei.

Poi scrolla le spalle e la testa, e i morbidi ricci neri fluttuano nell'aria calda.

 

  • Non lo so. Mi andava.

 

Risponde, indifferente. Mi guarda ancora, fisso, come a studiare la mia reazione.

Stringo i denti, incrocio le braccia, distolgo lo sguardo.

Mi andava. Cosa sono, una specie di giocattolo o di sfogo? Cosa vuol dire, mi andava? Gli andavo io, o gli andava un po' di divertimento? Dio, quant'era stronzo.

Non parlo più, rimango lì a pensarci sopra – mi andava? – e mi sento quasi usata. La molla del gioco cigola e non mi volto a guardarlo, tengo ostinatamente il viso girato. Però so che si è alzato.

Mi agito un po', penso, spero, che si avvicini me e mi dia un bacio... o una carezza, o una cosa qualsiasi.

 

  • Torno al bungalow.

 

Dice invece. Giro di scatto la testa, delusa, irritata. Lui mi guarda, l'ombra del sorriso su quella bocca perfetta e morbida, e se ne va.

Sbatto gli occhi. Non potevo neanche crederci, mi ha lasciata lì – gli andava – come se niente fosse – che stronzo. Non un bacio, non una carezza, solo un sorriso malizioso e una schiena perfetta rivolta verso di me.

Sbuffo, e mi incammino anche io, dopo un po'. Ma non faccio neanche cento metri che lo vedo fermo su una panchina, una sigaretta fumata a metà. Mi sta già guardando, come se mi aspettasse. Lo guardo, serro la bocca e faccio per passarci davanti.

Allunga un braccio e afferra il mio polso. Lo guardo.

 

  • Cosa vuoi ancora? Cosa ti va, adesso?

 

Non riesco a evitare di parlare in modo aspro. Lui sbuffa, alzando gli occhi al cielo, ma è tranquillo e quasi divertito. Poi mi rivolge un altro dei suoi sorrisi che mi fanno sciogliere dentro.

 

  • Dai, su, siediti con me.

 

Mi dice. Non riesco a resistergli e mi siedo, ma incrocio le braccia.

 

  • Ti ho offesa?

 

Domanda, con quell'aria innocente, finto innocente, diavolo con la voce d'angelo. Si sporge verso di me, tenendo un gomito sullo schienale della panca proprio sopra la mia spalla.

Non rispondo, la mia espressione dovrebbe parlare da sé.

La sua mano avvicina la sigaretta alle labbra e sento l'odore di fumo.

Silenzio.

La butta via e mi prende in mento fra le dita.

 

  • Hai intenzione di rispondermi, o perlomeno di guardarmi?

 

Domanda, un po' scocciato. Mi giro a guardarlo ed è vicino a me.

 

  • Sì, mi hai offesa, stronzo.

 

Rispondo, assottigliando gli occhi. Lui sospira, arriccia il naso – quel naso carino e dritto – e abbassa le palpebre. Poi avvicina un poco il viso al mio e penso che, Dio mio, sta per baciarmi, e invece no, si ferma. Io non mi muovo. Sento l'odore di fumo e di lui.

 

  • Va bene. Allora mi andava di infilarmi nel tuo letto ieri sera e anche la sera prima, e mi andava di divertirmi un po' con te perché, perché non riesco a pensare ad altro sapendo che sei nella stanza accanto. Perché sei tu e non solo perché sono un riccio arrapato.

 

Mi mordo il labbro. Questa spiegazione mi piace di più. Certo, non è una dichiarazione romantica né dolce, ma d'altronde, a chi interessano queste stronzate? A me no di certo. Gli rivolgo un mezzo sorriso. Lui inarca le sopracciglia.

 

  • Bastava questo?

 

Sembra sorpreso.

 

  • Mmmh, per ora.

 

Faccio spallucce e non mi scompongo. Ma mi tiene ancora il mento fra le dita e sto impazzendo dalla voglia di far scorrere le mie dita fra quella chioma scomposta di ricci neri. Gli guardo la bocca. In naso. Gli occhi, verde-oro, bordati da ciglia folte. C'è un bagliore di divertimento lì, in fondo a quelle pupille nere.

 

  • Ah, è perché in realtà ti piaccio già.

 

Dice, con l'aria di aver appena avuto l'illuminazione del secolo. Sbuffo e mi sottraggo dalla sua presa.

 

  • Te ne sei accorto adesso? Devo ricordarti che stanotte non ti ho buttato fuori a calci dal mio letto?

 

A volte sa essere parecchio stupido. Lui ride e io mi incanto di nuovo perché, Gesù, è così bello. Ho il busto girato verso di lui e una gamba piegata sotto il mio corpo. La sua mano si appoggia sulla mia coscia. Smette di ridere, mi guarda.

 

Mi bacia.

Lo bacio.

Non aspettavo altro.

 

FINE

PICCOLA NOTA Recensite, criticate, scrivetemi... è la mia prima storia che posto qui, fatemi sapere cosa ne pensate! Lo apprezzo molto!
  
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