Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: Strega_Mogana    01/11/2012    4 recensioni
Un anno é passato da quella notte sull'Astoria. Un anno di brevi sguardi e veloci carezze. E' la fine o l'inzio di tutto.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PARTE I

Tokyo si stava lentamente addormentando in quella che si preannunciava come l’ennesima notte afosa di metà Giugno.
Il cielo era già tinto di viola, mentre il sole tramontava senza fretta ad ovest nascondendosi tra gli alti palazzi del centro. Da lì a poco la città si sarebbe illuminata di fredde luci al neon facendo impallidire le poche stelle che riuscivano a perforare la spessa coltre di smog.
Sul tetto panoramico della Daito Art Production il giovane presidente Masumi Hayami osservava il cielo color pastello, in mano stringeva una rosa scarlatta.
Libero.
Era una parola che raramente aveva pronunciato. Non era mai stato veramente libero nella sua vita; forse solo da bambino quando sua madre non aveva ancora sposato Eisuke Hayami.
Era una bella sensazione. Per la prima volta in molti anni – troppi anni, ora se ne rendeva conto – si sentiva leggero, quasi euforico.
Libero.
Libero di essere sé stesso.
Libero di scegliere.
Libero di vivere la sua vita. Non la vita che altri gli avevano imposto, ma la vita che si era scelto.
Libero di abbracciare il suo destino. Quel destino che l’aveva colto impreparato, ma che, alla fine, aveva desiderato con tutto sé stesso.
Libero di amare.
Abbassò lo sguardo sulla città ai suoi piedi. Le macchine erano solo delle macchie di colore indistinte, lassù non arrivata l’aria viziata dallo smog o le urla dei giovani ragazzi che attiravano i clienti nei ristoranti. In uno dei palazzi del quartiere, uno dei più recenti, occupato da uffici e agenzie di modelle – un mondo che alla Daito non aveva mai interessato - era stato installato uno schermo piatto gigante di ultima generazione. Le immagini illuminavano la strada e parte dei palazzi vicino; Masumi poteva benissimo immaginare i ragazzi con la testa all’insù aspettando l’immagine del nuovo idol del momento.
Tra ragazzine poco vestite e giovani dalle pettinature più strane passava anche la locandina della Dea Scarlatta con gli orari dell’ultima replica.
A Masumi sembrava che gli occhi di Akoya lo stessero guardando, sapeva che era solo un trucco, un ritocco studiato apposta cosicché tutti quelli che guardavano la locandina si sarebbero sentititi coinvolti da quello sguardo caloroso e avrebbero desiderato assistere allo spettacolo. Non che ce ne fosse veramente bisogno, nell’ultimo anno lo Shuttel X aveva venduto tutti i biglietti delle repliche della Dea in tempi record.
Eppure per Masumi quello sguardo significava qualcosa, non era solo una stampa ben ritoccata, quello sguardo era solo per lui.
Una folata di vento lo raggiunse sul tetto, per un attimo gli sembrò che profumasse di susino.
- No… - mormorò continuando a fissare la locandina che brillava sullo schermo – è solo la mia immaginazione. Ho aspettato così tanto questo giorno che ancora non ci credo. La libertà più dare alla testa.
Chiuse gli occhi, l’immagine della Dea – quella vera, lasua Dea – si materializzò dietro le palpebre serrate, Masumi distese le labbra in un debole sorriso, mentre il vento lo investiva di nuovo e, questa volta, lasciò che la sua immaginazione mischiasse il dolce profumo di susino con quello della rosa che stringeva.
- Sono libero. - sibilò al vento ancora incredulo. Strinse la rosa in mano ignorando le spine che gli graffavano la pelle. Masumi aprì gli occhi e alzò il viso, la prima stella aveva iniziato a splendere in cielo, una stella coraggiosa che aveva vinto contro le luci artificiali e lo smog. – Ora non mi servono più stelle cadenti per esprimere un desiderio. Perché ora sono libero.
E sul quel tetto, isolato dal mondo esterno, avvolto nel vento che per lui – e solo per lui – profumava di susino, con una rosa scarlatta in mano, Masumi Hayami, lo spietato affarista senza scrupoli della Daito che molti credevo senza cuore, scoppiò in una fragorosa risata liberatoria.

* * *



Rei sfogliava svogliatamente una rivista di gossip che aveva comprato Sayaka quella mattina.
- Perché compri questa robaccia? – domandò prendendo una patatina fritta dal vassoio del fast food.
- Se non ti piace puoi sempre non leggerlo! – ribatté prontamente l’amica appoggiando il bicchiere di carta sul tavolo.
Rei non le rispose e continuò a sfogliare la rivista mangiando le patatine.
- Oh…- fece la ragazza bloccandosi all’improvviso, nella mano una patatina intinta nel ketichup mangiata solo a metà – Masumi Hayami è ancora nella top ten dei single più ambiti del Giappone.
Dall’altra parte del tavolo arrivò solo un mormorio indistinto. Rei fissò Sayaka, Sayaka si voltò verso l’altra occupante del tavolo; Maya stava seduta con la testa appoggiata mollemente sulla mano, osservava i passanti attraverso la vetrina del fast food dove si incontravano una volta a settimana.
- Maya? – la chiamò Sayaka – Maya? Ci stai ascoltando?
- Sì, Rei. – rispose Maya senza neppure voltarsi – L’hamburger è buono.
Le due ragazze osservarono il vassoio dell’amica, il panino era ancora imballato nella carta oleata.
Si erano accorti tutti che Maya era strana nell’ultimo periodo, sembrava distante da tutto, persa in un mondo tutto suo. Rei era abituata al suo comportamento, dopo aver vissuto con lei per molti anni aveva imparato a capire i suoi silenzi. Lanciò un’occhiata a Sayaka e sollevò appena le spalle tornando a sfogliare distrattamente la rivista.
Maya sentiva appena le voci della gente che la circondava e i suoi occhi non vedevano i volti delle persone per strada.
La sua mente era altrove.
Si rendeva conto che era poco carino ignorare le sue amiche, ma proprio non riusciva a non pensare a quello che sarebbe accaduto nei prossimi giorni.
Era diversa dalla ragazzina che aveva vinto la sfida contro Ayumi un anno prima. Era cresciuta nel momento in cui aveva indossato ufficialmente la veste della Dea Scarlatta, aveva avuto più coscienza del suo corpo e della sua femminilità.
In poco tempo i vestiti adolescenziali con i quali andava in giro erano stati sostituiti da abiti più femminili e sobri. Il suo ruolo nel mondo dello spettacolo era cambiato, era sempre la stessa in fondo, ma ora era decisamente più donna.
Ed era arrivato il momento.
Era pronta.
Era pronta per lui.
Quell’ultimo anno era stato il più breve e, nello stesso momento, il più lungo della sua vita.
Dopo lo spettacolo dimostrativo aveva atteso l’annuncio della sensei con trepidazione e angoscia, stringendo tra le mani il segnalibro con il petalo di rosa scarlatta, l’unico modo che aveva per stare vicino al suo amato ammiratore.
Aveva assistito alla prova di Ayumi trovandola magnifica e perfetta. Ayumi era stata graziosa, effimera, raffinata e avvolta da quell’alone di mistero sicuramente dovuto – ma questo lo scoprì solo dopo – alla sua menomazione visiva. Era stata bellissima, ma la sua Akoya era molto diversa. Non c’era grazia nei suoi movimenti, non era raffinata né bella, la sua Akoya era una ragazza semplice di campagna. Ma lei ne aveva capito il cuore, aveva compreso l’amore tormentato per Isshin perché era il suo stesso amore per il signor Hayami. Quando aveva assistito alla prova di Ayumi, seppur perfetta, lei sapeva che mancava qualcosa. Forse anche Ayumi lo sapeva. Per questo, dopo lo spettacolo dimostrativo, la sua eterna rivale aveva accolto la decisione della sensei con un sorriso comprensivo e l’aveva abbracciata come solo un’amica-nemica poteva fare.
Si erano ripromesse di sfidarsi di nuovo sul palco.
Dopo l’annuncio della signora Tsukikage i giorni furono frenetici e stancanti. Aveva risposto a centinaia di domande, fatto fotografie e rilasciato interviste per i giornali.
Non c’era stato tempo per pensare con lucidità a tutto quello che le accadeva. In mente aveva solo una cosa: interpretare una perfetta Akoya per il signor Hayami, per il suo Isshin. Per l’altra metà di se stessa.
Sotto lo sguardo stupito delle sue amiche e, con una scusa banale a cui sicuramente non avevano creduto, Maya uscì dal fast food immergendosi tra la folla della città, tornado a pensare all’ultimo anno.
Aveva raggiunto il suo scopo, aveva interpretato una Dea perfetta, aveva toccato il cuore di migliaia di persona. Ora non restava che un’ultima cosa fa fare.
L’ultimo spettacolo si avvicinava, la Dea Scarlatta sarebbe rimasta impressa nel cuore del pubblico e nel suo. Akoya tornava ad essere una semplice maschera e lei sarebbe andata avanti con la sua vita, avrebbe indossato altre maschere, avrebbe interpretato altre vite.
Ma, prima di quello, prima di calarsi nei panni del prossimo personaggio voleva vivere la sua vita.
Dopo la notte sull’Astoria lei e il signor Hayami – neppure nei suoi pensieri avuto il coraggio di chiamarlo solo Masumi – si erano trovati soli in pochissime e brevissime occasioni. Non c’era stato tempo né di parlare, né di confermare i propri sentimenti.
In quelle brevi occasioni si erano accontentati di guardarsi negli occhi; lui le aveva sfiorato le guance con tenerezza, limitandosi a sussurrare il suo nome. Quando erano soli aveva una voce calda, avvolgente, così carica d’amore che le faceva venire i brividi.
La notizia del tentato suicidio della signorina Shiori aveva troncato anche quegli occasionali incontri, sconvolgendo il mondo scintillate dei ricchi di Tokyo che si credevano intoccabili. I giornali avevano speculato per settimane, cercando di rubare le immagini dei polsi fasciati o di qualche parente in lacrime. In molti si erano chiesti cosa avesse portato una delle più belle donne del Paese, in procinto di sposarsi con Masumi Hayami, uno degli scapoli più abiliti della città, ad un simile e sconsiderato gesto estremo.
Quando aveva appreso la notizia si era sentita immensamente in colpa, lei aveva intuito le motivazioni di quel gesto. Quando era stato annunciato l’annullamento delle nozze e il conseguente scioglimento del fidanzamento aveva avuto le conferme alle sue paure. E al senso di colpa per aver fatto soffrire quella donna – nonostante fosse stata crudele con lei –
si era unito un senso di gioia nell’apprendere che il signor Hayami non era più legato da quel matrimonio combinato.
Sperava di incontrarlo, anche casualmente, durante le prove dello spettacolo, ma i loro sguardi si erano incrociati nuovamente solo alla prima della Dea Scarlatta.
Durante il lungo applauso che aveva segnato la fine del primo spettacolo le luci si erano accese sulla platea così da permetterle di vedere ogni spettatore presente. Aveva fatto vagare lo sguardo sulle poltrone di velluto incrociando gli sguardi delle sue amiche, di alcuni colleghi attori con cui aveva lavorato negli anni precedenti. Aveva lanciato una rapida occhiata al posto che riservava per il suo ammiratore senza stupirsi di trovarlo vuoto.
Poi era stata richiamata dal suo sguardo, il signor Hayami era in prima fila, in piedi come gli altri spettatori, applaudiva e guardava lei. Non gli altri attori, non il regista che stava ringraziando il pubblico, solo lei.
Quando ricordava quel momento lo stomaco faceva sempre una piccola capriola, su quel palco, dopo aver recitato Akoya mettendoci tutto il suo amore e lasciando che arrivasse a lui, il tempo si era fermato. Era stato come tornare nella Valle dei Susini, sulle rive di quel fiume quando le loro anime si erano sfiorate.
La metropolitana fece una brusca frenata distogliendo Maya dai suoi pensieri. Era una afosa giornata estiva, faceva un gran caldo e il vagone del treno era sovraffollato di gente.
La giovane attrice osservò il suo riflesso nel vetro oscurato del vagone, il suo volto non era più quello di un’adolescente, ma quello di una donna. Aveva imparato anche a truccarsi per le grandi occasioni, un trucco leggero, ma che riusciva ad enfatizzare i suoi lineamenti.
Si vedeva bella. Non avrebbe mai potuto competere con le belle donne dell’alta società, con gioielli vistosi e vestiti di pregiata fattura, ma nonostante tutto era sbocciata. Il bocciolo di rosa aveva mostrato la sua vera bellezza.
Dentro di sé sperò di essere abbastanza attraente per il signor Hayami, ogni tanto aveva il timore che quella notte sull’Astoria fosse solo un sogno. Un bellissimo sogno ad occhi aperti. Aveva paura di essersi immaginata il suo abbraccio, il profumo dei suoi vestiti puliti o della pelle… le sue mani. Il solo pensiero delle sue grandi mani la faceva rabbrividire di piacere. Desiderava così tanto una sua carezza.
Ogni volta che aveva queste paure lui riusciva in qualche modo a fargliele passare; bastava uno sguardo, un lieve cenno del capo, il suo nome sussurrato. Queste piccole cose rafforzavano i ricordi di quella notte e aumentavano il desiderio di stare sola con lui.
Eppure in quell’ultimo anno non avevano potuto stare vicini, non come desideravano almeno. C’erano solo sguardi e parole, Izu era rimasta una promessa non ancora mantenuta.
La colpa non era del signor Hayami, Maya lo sapeva bene. La famiglia Takamiya non aveva accettato passivamente la rottura del fidanzamento e il conseguente scioglimento dell’accordo di fusione tra le due società e aveva trascinato la famiglia Hayami e la Daito in una lunga e costosa causa legale.
Maya sapeva perché il signor Hayami non l’aveva cercata nell’ultimo anno, se la notizia di una possibile relazione – e a quel pensiero Maya diventava sempre rossa come un pomodoro – tra la giovane attrice Maya Kitajima erede di Chigusa Tsukikage e il presidente della Daito, relazione iniziata prima della rottura del fidanzamento, avrebbe potuto rovinarle la carriera e mettere nei guai la casa di produzione.
Doveva aspettare, aveva promesso di avere fiducia in lui e avrebbe mantenuto quella promessa.
Maya sgranò gli occhi quando riconobbe la sua fermata, corse fuori dal vagone poco prima che le porte si chiudessero e salì le scale che portavano in superficie. Si incamminò per le strade affollate di gente ed entrò nel parco di Ueno, superò i giochi dei bambini allontanandosi dal fragore delle loro urla, sorridendo al ricordo di quando faceva le pantomime per il suo piccolo pubblico. Lanciò una rapida occhiata agli alberi di ciliegio privi dei loro bellissimi fiori rosati e uscì dall’altra parte del parco mischiandosi ai passanti e dirigendosi verso la sua casa.
La Dea Scarlatta non solo aveva portato il successo nella sua vita, ma anche una discreta quantità di denaro.
Non era ricca, però aveva abbastanza soldi da permetterle di comprarsi una casa tutta sua. Voleva bene a Rei e le piaceva stare in sua compagnia, ma sentiva il bisogno di stare sola, di poter piangere per le difficoltà che la dividevano dal sig. Hayami senza la paura di svegliare qualcuno; sapeva che Rei non aveva capito fino in fondo la sua malinconia e lei non voleva più mentirle.
Infilò la chiave nella toppa del portone del palazzo ed entrò, salì i tre piani che la separavano dal suo appartamento con l’ascensore ed entrò in casa.
Un dolce profumo noto le arrivò alle narici non appena chiuse la porta alle spalle; sorrise e appoggiò la borsa e le chiavi sul mobile all’entrata. L’appartamento non era molto grande, ma era confortevole e a lei piaceva molto. Ricordandosi la casa di Ayumi l’aveva arredata all’occidentale, il salotto era la stanza più grande della casa, l’aveva sistemano con semplici mobili di legno chiaro e un divano candido. La cucina, più piccola, era divisa dal salotto solo da un basso muretto.
Maya si sedette sul divano, sul tavolino da the davanti a lei c’era una pila di copioni che vari registi le avevano inviato e che non aveva ancora letto per paura che potessero distrarla dall’interpretazione di Akoya. Accanto alla pila di copioni c’era un vaso dove aveva sistemano l’ultimo mazzo di rose scarlatte che Hijgiri le aveva consegnato.
Osservò i fiori che tanto amava e un sospiro le sfuggì dalle labbra: non si era ancora rivelato.
E lei, non stante si era detta che avrebbe aspettato che lui fosse pronto per svelarle quell’ultimo segreto, era stanca di quella maschera. L’ombra scarlatta che aveva profondamente amato stava diventando opprimente e sentiva che era l’ennesimo ostacolo che li separava.
In più di un’occasione era stata sul punto di dire al più fidato collaboratore del suo ammiratore che conosceva da tempo la sua identità, ma poi si era sempre bloccata dicendosi che se il signor Hayami non si palesava aveva la sue buone ragioni.
Ma per quanto ci pensasse non era riuscita a trovare nessuna ragione valida. Era passato così un altro anno e lei era stanca.
Allungò una mano verso i fiori, con la punta delle dita accarezzò i morbidi petali viola.
- Mi manca Hayami-san. – mormorò ai fiori, unici testimoni dei suoi sospiri malinconici e delle sue lacrime notturne – Ho promesso che l’avrei aspettata e continuerò farlo. Ho fiducia in lei. – una lacrima solitaria scivolò sulla guancia per poi cadere sul tappeto beige che copriva il pavimento del salotto – Ma lei venga da me, la prego. Mi dica che è il mio ammiratore, il mio amato papà gambalunga. Faccia cadere anche l’ultima maschera.
Maya chiuse gli occhi e scosse la testa.
- Basta. – disse con fermezza asciugandosi la guancia bagnata – Basta malinconia Maya. Hai promesso di aspettarlo ed è quello che farai. Dovesse volerci una vita.
Aprì gli occhi e sorrise cercando di cacciare la malinconia in un angolo buio del suo cuore.
Si alzò e prese la borsa. Andò in cucina e mise sul fuoco la teiera. Mentre attendeva che l’acqua arrivasse alla giusta temperatura prese la rivista che aveva acquistato prima di incontrarsi con Rei e Sayaka, non aveva mai dato importanza a quello che scrivevano i giornali, ma l’aveva comprata perché in copertina c’era Sakurakoji.
Non lo vedeva da molti mesi, da quando aveva lasciato lo spettacolo della Dea Scarlatta.
C’era stata una dura lite dopo la rappresentazione di prova. Gli aveva restituito il suo ciondolo, scusandosi per averlo illuso senza volerlo, gli aveva chiesto scusa anche se non sapeva cosa avesse fatto, ma il suo continuo silenzio e quelle occhiate gelide la ferivano ogni giorno.
Lui era esploso, nel suo camerino, con il ciondolo stretto nel pugno, tremava dalla rabbia.
- Vi ho visti! – aveva urlato scagliando il ciondolo sul pavimento – Al porto! Tu e il signor Hayami!
Lei era indietreggiata impallidendo, premendo la mano sulla bocca spalancata dalla sorpresa e l’imbarazzo.
- Come hai potuto farmi questo Maya? Lui è un uomo impegnato! Ed è più vecchio di te. Io sono qui per te. Ti amo e a te non importa.
- Sakurakoji…- aveva balbettato imbarazzata – non è così semplice.
- A me non sembra. E’ ovvio che quello che vuole sono i diritti dell’opera. Ti sta ingannando! Si prende gioco di te!
- Non è così! -aveva ribattuto con decisione – Io lo conosco meglio di quello che credi.
- E il tuo ammiratore? – aveva continuato lui come se non avesse sentito le sue parole – Non eri forse innamorata di lui?
Fu così che gli raccontò tutto. Ogni cosa. Ogni sensazione, ogni palpito del suo cuore, ogni parola gentile del signor Hayami. Gli raccontò di quella volta al planetario, della casa a Nagano, di ogni rosa che aveva ricevuto. Gli narrò quella notte al tempio e quello che era successo sulle rive del fiume. Gli spiegò quello che era accaduto sull’Astoria.
Più raccontava, più si rendeva conto che le era difficile fermarsi e il suo animo era più leggero.
Yu aveva ascoltato in silenzio, stringendo i pugni e chiudendo gli occhi. Si era voltato senza dirle nulla.
- Io non mi do per vinto, Maya. – aveva detto prima di allontanarsi – E sono certo che Masumi Hayami mira solo ai diritti della Dea Scarlatta. Mi dispiace solo che tu soffrirai per lui.
Dopo la prima, mentre il pubblico applaudiva, mentre lei si perdeva nel caldo sguardo di Hayami-san, Sakurakoji l’aveva baciata sulla guancia proprio come Utako Himekawa. Quando sentì le sue labbra vicino all’angolo della bocca – troppo vicino – il legame che si era creato con il signor Hayami si era improvvisamente spezzato. Aveva sgranato gli occhi, arrossendo fino alla punta dei capelli, mentre i giornalisti consumavano i rullini delle macchine fotografiche in attesa di una sua risposta.
Si era voltata verso di lui imbarazzata.
- Sakurakoji…. – aveva balbettato.
- Te l’avevo detto che mi sarei dato per vinto. – le aveva risposta con un lieve sorriso.
Si era velocemente rivoltata verso il pubblico, ma la poltrona del signor Hayami era vuota.
Calato il sipario aveva lasciato la mano del suo partner e si era incamminata verso il camerino.
Non voleva parlare con nessuno.
Non voleva ascoltare nessuno.
Quel bacio poteva essere facilmente equivocato.
Voleva solo piangere.
Entrò nel suo camerino con il cuore che batteva furiosamente nel petto e le lacrime che le bruciavano gli occhi.
Si era seduta davanti allo specchio e si era tolta la parrucca di Akoya, voleva cambiarsi in fretta e trovare Hayami-san per spiegare.
Mentre si slacciava il kimono qualcuno entrò velocemente nel camerino, alzò il volto e vide Masumi Hayami in persona attraverso lo specchio.
Stava dritto in piedi con i pugni serrati con forza.
Aveva uno sguardo di fuoco.
-Ha… Hayami-san… – aveva sibilato voltandosi verso di lui, la cintura del kimono allentata – io… mi dispiace tanto… Sakurakoji…
A sentire il suono di quel nome era scattato verso di lei e l’aveva afferrata per le braccia. I suoi occhi mandavano scintille.
- Tu sei mia! – aveva detto con enfasi avvicinandola al suo volto.
Non c’era stato tempo di rispondere, le sue labbra premevano contro le sue. Non c’era stato tempo di pensare, aveva chiuso gli occhi e aveva seguito i suoi movimenti.
Quando sentì la sua lingua accarezzarle il labbro inferiore tutto attorno a loro sparì. Riuscì solo ad allacciare le mani dietro la sua nuca intrecciando le dita con i suoi meravigliosi capelli morbidi.
Il bacio fu passionale, famelico, possessivo.
Quando si separarono era senza fiato, rossa in volto e incredula.
Maya, nel suo appartamento, si accarezzò le labbra con due dita.
Decisamente non era stato il primo bacio romantico che ogni donna immagina. Ma ogni volta che ci ripensava arrossiva e bramava il giorno in cui ne avrebbe ricevuto un altro.
Aprì la rivista e lesse velocemente l’articolo.
Da quello che c’era scritto Yu usciva con una modella americana, l’articolo non era molto dettagliato, ma sembrava che i due fossero molto intimi e in sintonia.
Sorrise.
- Spero che tu sia felice, Yu. Meriti tutto l’amore che io non sono stata in grado di darti.
Sakurakoji aveva lasciato lo spettacolo dopo sei mesi, ormai convinto che il suo amore non sarebbe mai stato ricambiato. La rappresentazione era stata interrotta per un mese per permetterle di prendere confidenza con il suo nuovo Ishinn, Kei Akame.
Il fischio della teiera la distolse dai suoi pensieri, Maya si alzò lasciando la rivista aperta sul tavolo della cucina.
Mentre sorseggiava la bevanda il telefono trillò riempiendo il silenzio della casa.
- Signorina Kitajima?
- Sì, sono io.
- Sono Aritomo Hamacho, la chiamo dalla sede dell’Associazione incaricata di organizzare il Festival delle Arti. Volevo informarla che è una delle candidate al premio come migliore attrice protagonista.
Maya sgranò gli occhi incredula.

****


- Maya Kitajima!
L’applauso risuonò in tutta l’elegante sala.
Maya salì sul palco e ricevette la statuetta dorata con un sorriso felice.
Fece un breve inchino e tornò al tavolo che divideva con gli altri membri della troupe candidati ad un premio. Seguì il resto della cerimonia senza mai staccare gli dal palco. Lui era a pochi passi, ma non le aveva rivolto la parola. Sperava in un suo sguardo, ma Hayami-san sembrava che non l’avesse neppure vista entrare.
Finita la premiazione iniziò il rinfresco, Maya parlava con i suoi colleghi attori, rideva e cercava di non guardare due tavoli alla sua destra dove il presidente della Daito intratteneva altri registi e attrici decisamente molto più belle di lei.
Strinse il tovagliolo sulle gambe, aveva un disperato bisogno di piangere, ma riuscì a trattenersi.
Verso il dolce uno dei sorveglianti della villa dove si svolgeva la premiazione avanzò verso di lei con un mazzo di rose scarlatte.
- Queste sono per lei, signorina Kitajima. – fece l’uomo porgendole i fiori con un inchino.
Maya sorrise e prese il mazzo ringraziandolo.
Con mano tremate prese il bigliettino e una rosa.
- Scusatemi. - disse alzandosi dal tavolo ed allontanandosi.
Sorridendo a tutti quelli che si congratulavano con lei Maya si diresse verso il terrazzo che affacciava sul grande parco che circondava la villa. Sollevò lo sguardo, il cielo era sereno e si vedevano le stelle. Non era il cielo della Valle dei Susini, ma glielo ricordava comunque. Aprì il bigliettino e lesse avidamente le parole del suo ammiratore.

Congratulazioni per la vincita del premio.
La sua Dea rimarrà sempre nel mio cuore.
Non vedo l’ora di vederla nel prossimo spettacolo.
Il suo affezionato ammiratore.


Si appoggiò al parapetto di pietra e chiuse gli occhi portandosi il biglietto al cuore.
- Oh Hayami-san…- sospirò – la prego si congratuli con me. Mi rivolga una parola… la prego…
Persa nei suoi pensieri non sentì dei passi alle sue spalle.
- Congratulazioni, Maya.
Maya sgranò gli occhi e sorrise.
   
 
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