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Autore: controcorrente    03/11/2012    3 recensioni
Questo fu il mio primo vero incontro con coloro che avevano provocato la miseria in cui vivevo, malgrado i miei sforzi. Avevano portato via quel poco che avevo con un semplice battito di ciglia.
I nobili mi avevano fatto conoscere la loro indifferenza verso chi lottava ogni giorno per un tozzo di pane, considerando la loro vita come un qualcosa di accidentale e privo di ogni importanza. E fu proprio in quel momento che conobbi la luce e le tenebre di quel mondo fatto di agi e benessere.
Questa fic è dedicata a Rosalie e alla contessa di Polignac. Buona lettura.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rosalie Lamorlière
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Avendo del tempo, da brava bambina, mi sto apprestando a concludere questa storia. Ammetto, mi fa un certo effetto terminare una storia di questo genere. La fic mi ha dato molte soddisfazioni e, come autrice, non posso che esserne orgogliosa.

Vorrei dire tante cose ma credo che vi lascerò a questo penultimo capitolo.

Come ho già annunciato avrei in cantiere di scrivere il seguito.

Intanto vi lascio a questo ultimo capitolo. Seguirà poi un epilogo.

 

CONGEDO

 

Il vento della notte mi accarezzava il viso, lasciando che i capelli, per una volta sciolti sbattessero sulle spalle nude. La luna illuminava la strada, una scia chiara in mezzo al buio. Una striscia d'argento che conduceva ad un cancello a me, purtroppo, assai familiare. Gli zoccoli del cavallo batterono al suolo, creando un rumore secco che non riusciva tuttavia a rompere la quiete notturna, né il battere furioso del mio cuore.

Guardai per un momento le ampie finestre, rimaste al buio, mentre prendevo la spada che Oscar mi aveva regalato.

La lama riluceva nell'oscurità riproducendo, in modo assolutamente sorprendente, il bagliore che balenava nello sguardo della mia benefattrice, quando duellava con André o con chi la sfidava.

Una fitta di nostalgia mi attraversò il petto. Non volevo pensare a quel momento, non prima di chiudere per sempre quella situazione.

Con un balzo, scesi a terra.

Scalza.

Con gli abiti a brandelli ed il corsetto ormai distrutto.

Fissai ora la cancellata che, nella notte, pareva più alta del solito, ora l'anello che Nicole aveva lasciato, ultimo dono per le sue figlie.

Poi, appoggiai il piede sulla prima pietra.

 

 

Il viso era disteso e rilassato, preda completa dell'abbraccio di Morfeo.

Era completamente sola e non vi erano segni che il giaciglio fosse occupato da altre persone oltre alla contessa. A passo lento e cadenzato raggiunsi il suo materasso, stringendo la lama della spada tra le mani.

Per vari momenti, contemplai la sua quiete, con l'elsa in pugno.

Come era tranquilla e distesa...perfettamente in pace con il mondo.

Sembrava una bambina...come se i bambini, in quanto tali, non potessero essere crudeli nella loro innocenza.

La mia mano calò sulla sua bocca e la contessa, di botto, uscì dal mondo dei sogni.

-Buonasera, contessa di Polignac- esalai.

Lei mi guardò spaesata, prima di farsi prendere dal panico... non appena vide la spada che tenevo in mano.

-Come vedete- feci, notando il suo sguardo- sono armata. Provate solo a chiedere aiuto e vi taglierò la gola.-

A quella minaccia, la dama annuì, tremando per il terrore.

-Che...che cosa volete da me? - balbettò.

Ritirai la lama.

La guardai a lungo.

Aveva gli occhi enormi, spalancati dalla paura.

- Volete oro? Gioielli?- esclamò, in un elenco febbrile di beni che mi dette solo la nausea.

- Mi dispiace contessa- feci- sono qui per motivi ben diversi da quelli che credete. Vengo per dirvi addio. La vita che mi state offrendo non fa per me.-

La Polignac si allontanò di scatto.

D'un tratto, la paura era completamente svanita dal suo volto.

-Non scherzate, Rosalie- disse, allontanandosi da me, senza tuttavia perdere di vista la mia arma.

-Non lo sto facendo, infatti- risposi- a differenza vostra, voglio essere franca. Il mondo che mi avete imposto non fa per me, come vi ho già detto.-

Il viso di Yolande rimase paralizzato, prima di contorcersi in un'espressione di furia. -Non siate ridicola! Come potete rifiutare tutti i benefici che questo lignaggio vi concede? Come potete ignorare tutti i sacrifici che sono stati ottenuti per raggiungere la soglia di un simile traguardo? Come potete mancare di rispetto a me, che vi ho messo al mondo?- disse, severa e indignata allo stesso tempo.

La fissai con indifferenza.

-I vostri sforzi non mi turbano.- risposi - e nascondervi dietro al fatto che mi avete messa al mondo non vi servirà a condurmi dalla vostra parte. Non avete più nulla che possa legare la mia vita alla vostra...ed il legame di sangue a cui vi state tanto attaccando e assai più falso di quello che avete affermato di nutrire per Charlotte.-

La dama fece per scagliarsi contro ma si calmò subito, quando la lama accarezzò il suo collo di cigno.

- L'unica cosa di cui vi sono davvero grata è stata quella di affidarmi a quella santa donna che era la povera Nicole Lammorliere. Lei è la sola persona che posso riconoscere come madre, anche se la nostra parentela è spirituale e non di sangue. - dissi - Voglio che sappiate che io non vi riconosco degna di questo titolo. Voi non siete all'altezza di un simile compito...perché semplicemente non sapete farlo. Potrete pure essere una gran dama...ma non possedete altre virtù, posso garantirvelo...e non c'è da meravigliarsi se poi Charlotte ha fatto la fine che ha fatto.-

Il respiro della Polignac si fece affannoso.

La mano tremava. Forse mi avrebbe addirittura schiaffeggiato, se la spada, a bella vista, non le avesse ricordato di essere in una posizione per nulla favorevole. 

-Vorreste picchiarmi, non è vero?- dissi,  sorridendo triste- Posso capirvi. In questo modo, non dovreste ammettere di aver venduto vostra figlia ad un degenerato, senza alcuna dignità. Già me lo immagino. Di certo, non avete per nulla sentito il suo pianto...e nemmeno la disperazione per l'ovvia bestemmia di un simile matrimonio. Voi non sbagliate niente...ma ora Charlotte giace sotto terra...e questo non potete negarlo.-

Lei tremò.

-Per quanto ancora vorrete rinfacciarmelo?- ribatté - Charlotte è morta in un incidente.-

Scossi il capo.

-Charlotte si è suicidata. Ha preferito la dannazione eterna ad un'esistenza che, se da un lato avrebbe portato vantaggi alla vostra famiglia, avrebbe portato una vita che non meritava di essere vissuta. Contessa, se davvero amavate tanto vostra figlia, perché avete preferito prometterla in sposa ad un uomo che prova piacere nello stuprare le ragazzine invece di scegliere un gentiluomo che avrebbe saputo rispettarla? Potevate approfittare della posizione ottenuta con la regina per darle un matrimonio soddisfacente che voi, per quel che ne so, non avete mai avuto...e invece avete pensato solo a voi stessa.- dissi dura.

La Polignac mi guardò. Gli occhi sembravano fiammeggiare nel buio di quella notte. -Sono venuta per dirvi che non sposerò De Guiche...né ora, né mai.- conclusi, mettendomi in piedi.

Un lampo d'ira attraversò il viso della contessa.

-Voi non avete nessuna autorità nei miei confronti...e nemmeno il nome dei Polignac è abbastanza convincente per spingermi a immolare la mia vita per voi.- dissi- Per questa ragione, vi dico addio.-

Feci per andarmene, quando una risata attirò nuovamente la mia attenzione.

Mi voltai di scatto.

La contessa mi stava fissando, con aria derisoria. -Non siate ridicola- disse- Voi, Rosalie, sporca pezzente, non siete alla mia altezza e nemmeno nelle condizioni di opporvi a me.-

Non risposi.

-Avete dimenticato che potrei infamare la vostra beniamina? Oppure che potrei fare uccidere la vostra Jeanne, con un minimo cenno della mano?- domandò tronfia.

Mi avvicinai di nuovo.

-La vostra superbia è senza eguali- dissi- e mi fate pena. Non avete più niente con cui ferirmi. Ho perso entrambe le sorelle che possedevo...per colpa della vacuità dei nobili...e ho perso la donna che amavo sopra ogni cosa, la mia vera madre, per colpa di una femmina senza arte né parte che, dopo essersi sbarazzata di me, distrugge il mio mondo e pretende di usarmi...come ha fatto con i figli legittimi.-

Senza rendermene conto, avevo avvicinato la spada al volto della contessa...e questo non era sfuggito alla Polignac. -Volete uccidere me, la prima dama di compagnia di Sua Maestà?...Ma sì, in fondo voi siete venuta per questo. Tante belle parole...ma la verità è che volete vendicarvi...Avanti, fatelo! Fatemi vedere cosa sapete fare!- mi sfidò.

 

Ben volentieri, caro lettore, avrei stroncato quella vita malata...ma in quel momento, dopo tutto il dolore sofferto, mi rendevo conto che una simile azione non avrebbe portato a nulla e che, in fondo, la morte era ciò che lei voleva.

Un modo distorto, per infliggermi il peso di un rimorso futuro...ma non conosceva affatto la mia indole, non completamente.

-No- dissi- non voglio mischiarmi a voi nobili...e, di certo, non diventerò un'assassina come voi. Io ho ricevuto un insegnamento ben più duro, votato ad un'onestà ad oltranza. Non posso essere come voi, come una volgare mezzana che vende le proprie figlie al miglior offerente. Io non temo la miseria...non l'ho mai fatto. A differenza vostra, che avete temuto la povertà senza conoscerla, io ho avuto modo di sperimentarla...e non la temo. Voi, invece, vi siete chiusa nella vostra bella gabbia dorata, vi siete circondata di cose belle, sacrificando i vostri balocchi quando avevate il timore di poter uscire dalla vostra prigione. Non esiste nient'altro oltre a voi stessa e questo vi consente di poter sacrificare anche i parenti senza battere ciglio.-

Scossi il capo.

-Mi fate davvero pena...e forse l'unica cosa che davvero posso perdonarvi è il fatto che, grazie al vostro egoismo mi avete dato una vera madre.- feci, prima di raggiungere la finestra- Quanto a Oscar, non azzardatevi più a tirarla dentro i vostri giochetti...o non ci metto niente a concludere quello che non ho finito ora. Al contrario di voi, io non ho nulla da perdere. Addio.-

Non udii alcuna risposta...e, senza degnarla di uno sguardo, saltai giù.

 

 

La via era ancora deserta e, solitaria, mi limitavo a condurre, tenendolo per le briglie, lo stallone che avevo rubato al duca. La testa era completamente sgombra di ogni pensiero. Non ero né triste, né arrabbiata.

Semplicemente vuota.

Non sentivo nemmeno il freddo di quella notte morente che soffiava dentro gli strappi dell'abito che ancora portavo.

Proprio mentre mi incamminavo lungo la strada, vidi una carrozza immobile.

Subito mi accigliai.

Possibile che mi abbiano già scoperta?mi chiesi, mentre l'ansia prendeva possesso di me.

Lo sportello si aprì e fece la sua comparsa il conte di Polignac.

-Ciao Rosalie- disse pacato- avete fatto ciò che sentivate di fare?-

Lo guardai...ma subito mi ritrovai a chinare il capo.

L'espressione rilassata di lui rendeva per me impossibile sostenerne il peso...e le emozioni provate quel giorno piovvero improvvise su di me.

-Non lo so- risposi, tremando.

Jules chiuse gli occhi.

-Rosalie- fece- vorreste venire nella casa che possiedo a Parigi? Vivo insieme ad Isabelle e lei avrebbe piacere di averti un po' con lei. Seguitemi. Vi riposerete e poi deciderete sul da farsi.-

A quell'invito, non potei dire di no.

Il mio vestito era completamente strappato e andarmene in giro così era sconveniente e pericoloso...impossibile rifiutare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La casa del conte, un acquisto assai recente, era bella e confortevole. Jules l'aveva intestata a Isabelle, con la quale viveva come se fosse sua moglie. Avevo previsto di  rimanervi qualche ora, per poi andarmene...ma non avevo tenuto conto che, dopo gli spaventi e le emozioni prese, avevo preso una brutta febbriciattola.

E'colpa della stanchezza aveva commentato il medico, chiamato urgentemente da Isabelle.

Per questo motivo, passai alcune settimane nella sua abitazione.

Isabelle e Jules mi fecero compagnia in ogni singolo momento della giornata, conversando con me. Erano una coppia molto affiatata e quello che davvero mi fece piacere fu la silenziosa complicità che li legava.

Durante questa permanenza, venni a sapere della storia di mio padre. La zia provò in ogni modo a farne un ritratto lusinghiero ma non era difficile notare, dalle sue esitazioni, che non era molto semplice. Persino per lei, che era sua sorella, era difficile farne un'immagine positiva e dalle sue parole riuscii a capire il motivo per cui Nicole ne parlava sempre in termini molto vaghi e perché fosse così dura verso Jeanne.

Da quello che avevo capito, era un nobile che, malgrado le naturali qualità e l'attuale condizione avversa, non era mai riuscito ad adattarsi alla perdita del suo benessere di aristocratico. Malgrado il suo matrimonio d'amore, aveva finito con il disprezzare la mia madre adottiva e, dopo aver sedotto per una scommessa una giovane della piccola aristocrazia, aveva lasciato la famiglia, per poi essere ucciso dai parenti della fanciulla disonorata.

La vittima di tutto questo, altri non era che Martine Gabrielle de Pollastrion, ovvero la contessa di Polignac.

Il racconto di Isabelle mi spinse a rivalutare molte cose e la posizione dei personaggi della storia. Il mio affetto e stima per Nicole crebbero ulteriormente...e, per una ragione che tuttora ignoro, finii con l'essere un po'meno dura con la contessa, benché non perdonassi affatto le sue azioni.

Isabelle chiesi, alla fine della storia qualcuno, una volta, mi disse che non si può odiare la propria madre...io non riesco a farlo.

Lei mi guardò sorpresa.

Le avevo raccontato tutte le mie peripezie, compreso l'incontro con Madamigella.

Chi vi ha detto questo è una persona molto saggia...ma non dovete dimenticare che siete una creatura della stirpe degli uomini. La ragione ed i sentimenti non vanno di pari passo. La contessa non ha mai saputo come fare la madre...non fa parte della sua educazione. Ciò nonostante, ha fatto l'unica cosa giusta nei vostri confronti...ovvero darvi ad una vera madre. Se lo è potuta permettere perché non aveva altre vie...forse, una volta sposata, questo genere di cose non sarebbe mai accaduto. Grazie al suo egoismo, voi avete avuto una madre che vi ha amato come e forse più della sua figlia di sangue.

A quel pensiero, inarcai la fronte.

Nicole ha amato Jeanne e me allo stesso identico modo obiettai. Per quanti sforzi facessi, Lammorliere aveva usato le stesse maniere con entrambe.

Non è così disse la donna ricordate che siete una trovatella, nonché figlia di un tradimento. Nicole ha forzato il proprio orgoglio di moglie per potervi amare come madre e, di conseguenza, proprio perché ha distrutto questo amor proprio, ha usato per voi una misura d'amore maggiore.

Quelle parole mi fecero riflettere molto...e, tuttora, quando mi trovo a cader vittima del pregiudizio, ripenso a quella chiacchierata. Non avevo mai affrontato quel genere di argomenti con qualcuno e mi sorprende pure adesso la facilità con cui ne ho parlato con mia zia, una donna che, peraltro, conoscevo davvero molto poco.

Non so perché lo feci...forse, era colpa del prolungato silenzio che avevo tenuto per così tanto tempo, chissà.

In seguito, parlai molte altre volte con Isabelle, soprattutto durante la mia convalescenza...e lo stesso valse per il conte.

 

 

Davvero curioso che in una simile situazione d'isolamento, abbia creato dei legami tanto pacifici. Questa fu, senza dubbio, una delle impreviste conseguenze piacevoli della mia esperienza.

 

Sì, stavolta, posso dare la notizia ufficiale. Questo è il penultimo capitolo, dove, in qualche modo, si tirano le somme delle considerazioni di Rosalie. Non so quanto potrà essere necessaria la cosa...comunque, il pezzo forte, a mio parere, è quello dell'incontro tra la protagonista e la contessa.

Rosalie poteva pure scappare ma ha voluto togliersi un sassolino dalla scarpa...e terrorizzare la fautrice di tutte le sue rogne era una delle soddisfazioni che voleva avere e, se vogliamo, anche un modo per allontanarla in maniera definitiva.

Ringrazio tutti coloro che mi hanno letto.

Presto avrete il tanto sospirato epilogo.

cicina

   
 
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