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Autore: NanaBianca    04/11/2012    6 recensioni
Da grande appassionata del telefilm Buffy, voglio provare a mischiare un po' le carte per vedere cosa ne esce fuori. [NO Cross-over] [Spoiler Terza Stagione] [Damon/Nuovo Personaggio]
Klaus è partito portando Stefan con sé. Tra Elena e Damon l'intesa e l'attrazione fisica diventano sempre più potenti. Ma qualcosa sta per succedere a Mystic Falls. Summer Reed, l' attuale cacciatrice, si reca in questa piccola cittadina alla ricerca di un pugnale: l'unica arma in grado di sconfiggere Klaus.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Klaus, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ad Alice che non mi ha permesso di rinunciare.
Ad Alice a cui va il mio impegno nel continuo tentativo di migliorare.
Ad Alice l'accenno di Bondage che non potevo evitare xD







Proprio come la strega della sua visione, Lily sfiorò i petali del Fiore di Loto, e subito fu pervasa da una strana e forte sensazione.
Fu come varcare i cancelli della morte e andare ancora oltre, in un luogo ancora più buio, per poi ritornare attraverso un sentiero di luce.
[The Slayer – Cap. 52°]




*** 28 Dicembre ***
Parte 2^



Il mondo le appariva irreale. Il biancore della neve creava un riverbero accecante che le pungeva gli occhi; e il grigio denso del cielo la sovrastava trasmettendole una sensazione di pesantezza quasi asfissiante.
Gli occhi le facevano male, mentre scrutavano il luogo, quasi in cerca di un piccolo angolo in cui la realtà dei fatti fosse meno dolorosa. Privo di vita tra le sue braccia, il capo di Damon era rilassato sul suo petto. Summer avvertiva la totale mancanza di ogni tipo di rigidità nel corpo del vampiro; e adesso sentiva che anche il proprio andava lentamente affievolendo le ultime energie che le permettevano di restare vigile: a stento sentiva la forza per mantenere il collo dritto e le braccia salde e protettive attorno al corpo di lui. Tutto sembrava avvolto da una nebbia che la nascondeva allo scorrere del tempo.
Quanto aveva pianto? Summer non riusciva a quantificarlo; ma ora i suoi occhi reclamavano una pausa da quelle lacrime che l'avevano svuotata di ogni goccia di vita. Eppure era ancora lì, viva, a chiedersi perché il suo corpo si ostinasse a combattere: a rigenerarsi e a fronteggiare le tante ferite. Lei non aveva più nessuna voglia di vivere, ormai.
In quell'attimo pensò che fosse il desiderio di vendetta ad aggrapparsi con le unghie a quel mondo che ora non le apparteneva più.
Klaus? Dov'era finito? Quando era scappato? Perché non l'aveva uccisa?
Ma se era davvero quel pensiero ciò che la manteneva in vita, la vendetta sbagliava i suoi conti: Summer non poteva allontanarsi, non poteva muoversi neanche di un millimetro: farlo significava distanziare il corpo di Damon dal suo, e non ne aveva il coraggio: il gelo le avrebbe investito la pelle facendole rivivere la sua morte e portando con sé nuove e devastanti emozioni, che non avrebbe avuto la forza di riaffrontare.
In fondo, che c'era di male a voler morire avvolta da ciò che restava del calore di Damon?
Gli occhi si posarono nuovamente su di lui, e le lacrime ripresero a percorrerle le guance, come se in quel breve istante d'inattività si fossero rigenerate in tutta la loro pienezza.
La bocca le si contrasse in una smorfia sofferente. Perché non moriva? Perché il suo maledettissimo cuore non si fermava? Era come se il suo corpo continuasse a lottare per osservare fino alla fine quei lineamenti di cui era immensamente innamorata. Ma Summer sapeva che quegli occhi non si sarebbero riaperti, che non le avrebbero più mostrato quelle iridi di cielo in cui lei aveva trovato il proprio paradiso. Quindi, perché? Perché si stava aggrappando ostinatamente ad una vita che non voleva più vivere?
Il pianto riprese il suo fervore; e, mentre gli posava il mento sul capo, fece scorrere le dita in quella massa di capelli corvini per far aderire maggiormente il volto del vampiro al suo seno. Quella ritrovata forza di singhiozzare, seppur sommessamente, diede altro suono ai sibili di quel vento gelido, che faceva vibrare le ultime foglie secche ancorate ai rami degli alberi.
Perché? Perché non moriva? Perché il Cielo non la liberava da quella sofferenza? Continuava a chiedersi, mentre lo stringeva a sé con una forza che si misurava in dolore; poi, mentre l'ennesimo singhiozzo le bloccava il respiro, un pensiero, veloce ma afferrabile, fece spalancare i suoi occhi. Come se la mente le avesse mostrato un benevolo spettro, con le mani tremanti allontanò il capo di Damon per osservarlo meglio; e il suo cuore si mosse in un battito violento e quasi doloroso, quando ciò che vide si agganciò al pensiero che l'aveva portata ad agire, come una sorta di perfetto ingranaggio. Il volto del vampiro era niveo, perfetto, bello come lo era sempre stato, nei suoi lineamenti decisi che si addolcivano nella morbidezza delle labbra rosate e carnose.
Perché la sua pelle non si era raggrinzita, come quella di tutti i vampiri quando vengono colpiti in pieno cuore da un paletto di legno? Un fremito di agitazione, fatto di speranza e fantasia, le percorse lo stomaco fino a bloccarlesi nella gola. Passò ansiosamente la mano sulla schiena di Damon, proprio all'altezza del suo cuore; e sotto il tocco delle sue dita, tra la stoffa lacerata, sentì che la pelle del vampiro era completamente rimarginata: liscia come se nulla l'avesse colpito. Com'era possibile? Il suo pensiero volò subito al sangue di Klaus, che egli aveva bevuto poco prima, anche se non capiva in quale modo avesse potuto proteggerlo: in fondo, quel pugnale era stato creato appositamente per uccidere il vampiro originario...
Summer non riusciva a darsi una spiegazione motivata e coerente. Lo guardò stupefatta: la voglia di illudersi era immensa e pari solo alla paura di auto-ingannarsi, esponendosi ad altro e insopportabile dolore; ma la prima vinse la seconda, poiché spinta da quella forza sognatrice e ostinata intorno alla quale orbita ogni grande amore.
Quella speranza richiese una dose di ossigeno tale da farla ansimare; e ora il suo petto si muoveva rapidamente, seppur compresso dalla forza con cui aveva stretto nuovamente Damon a sé; e quando il cuore decelerò il ritmo del suo battito, quel pensiero assunse contorni ancor più reali, nonostante la sua totale mancanza di spiegazioni razionali. Scostò nuovamente il volto del vampiro per osservarlo, per far sì che quella pelle immutata desse maggiore forza alle sue convinzioni o, almeno, al disperato bisogno di queste ultime. No! Non poteva essere soltanto un'illusione! Damon si sarebbe svegliato! L'avrebbe fatto, ne era sicura! Il contrario avrebbe impresso nella sua anima una dannazione peggiore di quella che le si prospettava: perché tutto ciò che viene amplificato dall'aspettativa nella sua mancata realizzazione trova una doppia dose di amarezza; e Summer non avrebbe retto nuovamente quel dolore, non ora che la speranza l'aveva dolcemente affievolito. Non voleva neanche pensarci. Aveva trovato una fantasticheria pronta a fronteggiare quella tremenda realtà, e in essa voleva riporvi tutta la sua fede; voleva credere di avere ragione, sebbene quel pensiero non potesse avvalersi di nessuna logica conosciuta: Summer non aveva mai visto nulla di simile. Nessun vampiro era mai rimasto immutato dopo un colpo al cuore inferto con un paletto di legno. E se quel legno fosse stato creato per avere effetto solo ed esclusivamente su Klaus? Era un'ipotesi improbabile ma infinitamente più logica di quella legata al sangue. Fatto era che le sembrava di brancolare in un labirinto buio, ma ora finalmente dotato di una via d'uscita certa.
Era questo il motivo per cui il suo corpo continuava a resistere? Summer si convinse che una parte di lei – quella più recondita alla sua coscienza – lo avesse già capito, e che fosse stato proprio questo a tenerla in vita. Perché... sì! Fino a quando Damon non avesse riaperto gli occhi, lei sarebbe sopravvissuta!
«Damon...» bisbigliò con dolcezza, scuotendolo delicatamente, e mentre nei suoi occhi tremavano lacrime di lucente speranza. Ma il vampiro rimaneva immobile, privo di vita. La sua anima era ormai lontana dal suo corpo, come da quel mondo materiale e definito: era imprigionata in un luogo primordiale e tetro. Al contrario di ciò di cui si era convinta Summer, in quel momento, Damon era morto.


*** ***

Un raggio di sole era riuscito a farsi spazio tra le dense nubi, ed ora colpiva le palpebre di Lily, facendole reagire prontamente.
Un profondo senso di disorientamento e fiacchezza le dava la sensazione che qualcosa di immensamente pesante la stesse schiacciando sul materasso, e ciò durò per un lungo istante; poi la strega si alzò con la schiena, guardandosi intorno con aria confusa.
Si trovava su di un letto d'ospedale posizionato nell'angolo di una piccola stanza. Di fronte a lei vi era un armadietto metallico e alla sua destra una finestra da cui si intravedevano i contorni delle colline e il cielo plumbeo.
Mise a sedere, toccando il camice grigio che le avevano infilato.
Cos'era successo? Nella sua mente ancora il ricordo frastornante del cuore di Gloria... e poi la Luna, Klaus, Summer di lì a poco per ucciderlo. Non ricordava nient'altro. Dov'era Summer?
Sì alzò dirigendosi verso l'armadietto; vide che gli indumenti che le erano stati tolti e il suo cappottino lampone erano stati sistemati con cura al suo interno. Frugò nell'ampia tasca del cappotto per prendere il telefono. Provò a chiamare Summer, ma la segreteria partì tempestivamente. Nel petto della strega un nascente senso d'angoscia la destò definitivamente dal lieve torpore residuo. Ricordò per un breve istante una luce accecante, un rumore assordante ed il volto di una donna con un camice bianco e i capelli corti e brizzolati, che la guardava dall'alto. Cosa le era capitato? Mentre si rivestiva, si avvicinò al letto per sbirciare nella sua cartella medica. Era stata in coma! Non riusciva a crederci... non riusciva a focalizzare il momento in cui fosse successo, ma ricordava chiaramente la stanchezza che aveva invaso il suo corpo; aveva sfruttato il potere della luna contro Klaus, ma plasmarlo secondo le sue necessità era stato faticoso, proprio come uccidere Gloria e ricomporre il pugnale. Non ce l'aveva fatta; e un senso d'impotenza l'assalì, facendole provare qualcosa di molto simile alla vergogna. Ma Summer? Dov'era? Al peggio non voleva neanche pensarci. La conosceva bene: era certa che fosse stata lei a metterla in salvo. Certo, avrebbe potuto ottenere conferma dagli infermieri, ma preferì non farlo: non voleva che le facessero perdere del tempo prezioso con le solite noie burocratiche. Era stata Summer a portarla lì, ne era sicura; e questo significava che lei era riuscita a salvarsi. Ma perché ora non era lì con lei? Dov'era andata? Che fine aveva fatto Klaus?
Infilò il suo cappottino e legò velocemente i capelli nel suo solito chignon, mantenuto dalle tante pinze a forma di farfalla. I suoi gesti erano veloci ma riuscivano a mantenere una certa precisione. Lily riusciva a conservare la calma anche quando il suo cuore era in subbuglio. Lì dove le persone si facevano prendere dall'ansia e dai gesti convulsi ed inutili, lei riusciva ad essere pragmatica e controllata; ed uscì da quella stanza con una nonchalance tale da non farla saltare agli occhi degli infermieri, rapidamente convinti che fosse una delle tante rappresentanti farmaceutiche che solitamente facevano visita ai medici. E quando l'addetto alla sorveglianza cercò di fermarla, lei non fece altro che farfugliare una delle sue formule, continuando a camminare con calma, e questi si imbambolò, dimenticandola all'istante. Quando fu fuori dall'ospedale, però, il suo passò accelerò inevitabilmente.
Arrivata al parcheggio, scelse velocemente un'auto. Con un gesto della mano fece scattare la serratura, mettendola automaticamente in moto. Lily odiava servirsi di questi mezzucci, ma sapeva bene che vi erano casi in cui erano necessari. Sperò di poterla restituire una volta vinta la battaglia, ma quel pensiero fu sostituito rapidamente da cose più importanti: ora doveva stabilire la sua meta; e, dopo averci riflettuto brevemente, decise di recarsi a casa di Damon: lì vi era la mappa localizzatrice, creata sfruttando il legame tra il corpo di Klaus e l'anima di Esmaél, ovvero sfruttando il rancore di un morto verso il suo uccisore. Era certa che questa le avrebbe dato la sua giusta ubicazione e lì, forse, avrebbe trovato anche Summer.

Le ci vollero pochi minuti per raggiungere il pensionato; Lily uscì rapidamente dalla piccola monovolume grigia e si affrettò ad entrarvi.
Sentiva il cuore batterle nel vuoto dello stomaco, mentre spalancava la porta e pronunciava:« Summer, Summer, sei qui?», ma aspettandosi a priori di percepire solo un avvilente silenzio come risposta. Varcò la soglia della camera di Summer e lì, sul letto, vide l'arsenale di Kendra in bella mostra, notando subito che al suo interno mancavano delle spade. Angosciata, uscì dalla stanza dell'amica per entrare in quella di Damon e cogliere altri indizi; dopo una prima occhiata, che le aveva fatto sembrare quel gesto inutile, venne colpita dall'immagine di una bottiglietta posata sul comodino. Al suo interno era chiaramente contenuto del sangue; si avvicinò e l'afferrò. Un attimo dopo, una visione del passato le invase la mente con forza: era Klaus che premeva il pugno, facendo sgorgare sangue al suo interno. Lily spalancò gli occhi. Il sangue di Klaus in quella boccetta, poteva essere? Eppure, le sue visioni non avevano mai fallito. La sistemò velocemente nella sua borsa. Se avesse trovato Summer in difficoltà, o peggio, avrebbe provato a darglielo. E se...e se quel sangue fosse già servito per guarirla? Perché l'aveva trovato sul comodino? Per cosa era servito? Tutte quelle domande la facevano stare incredibilmente male. Ma non era da lei pensare subito al peggio, e quindi cancellò quel pensiero dalla sua mente ancor prima di averlo formulato nella sua interezza.
Raggiunse il salotto e si inginocchiò di fronte al piccolo tavolinetto, posando le mani sulla mappa. Gli occhi scorsero i perimetri di Mystic Falls quasi febbrilmente, ma nulla! La goccia di cera era sparita. Com'era stato possibile? Solo la morte di Klaus poteva annullare quell'incantesimo e, per un breve istante, quella consapevolezza la fece sentire felice e sollevata; ma i suoi poteri sensitivi erano troppo forti affinché non percepisse la nota stonata della realtà dei fatti; così il suo entusiasmo si dissolse rapidamente. Se Klaus era morto, doveva averne la certezza, e soprattutto doveva accertarsi che Summer fosse sopravvissuta.
Con la gola stretta in un nodo, si alzò, pronta ad uscire. L'unico luogo che le veniva in mente, per ora, era quello in cui si era svolto l'ultimo scontro. Doveva recarsi lì e cercare indizi di ciò che era accaduto dopo il suo svenimento...


*** ***

Buio. Silenzio. Ormai si sentiva parte inscindibile di quella dimensione fatta di sola oscurità. Tutto ciò che percepiva sembrava essere fuori come dentro di lui; ma quel tutto si riduceva ad un senso di tenebra che lo avvolgeva da ogni lato, ad una pesantezza che schiacciava la sua anima nella profondità di quello spazio.
Damon era divenuto il vuoto, il buio fitto, il silenzio; e non poteva scindere da questi elementi. Erano ciò che adesso era, e ciò che percepiva sarebbe sempre stato. Aveva oltrepassato il mondo dei morti, finendo nella desolazione del nulla, con una sola goccia di coscienza a renderlo consapevole di quella dannazione. Ma poi, improvvisamente, in quel manto di tenebra densa, scorse un punto di luce, inizialmente piccolo ma via via sempre più grande ed accecante; e sentì la sua anima che, inchiodata al fondo di quella dimensione da catene di rimorso e colpa, diveniva inaspettatamente leggera, fino a sentirla attratta con forza da quella stessa luce. E come un Fiore di Loto che dal fondo di uno stagno viene spinto dall'acqua verso la sua superficie, per emergere, limpido e pulito, alla calda luce dal sole, Damon attraversò l'oscurità di quella dimensione
...ed aprì gli occhi.
Prese aria con una forte boccata, sentendosi confuso e smarrito, accecato dalla luce e frastornato da ogni minimo suono. Le braccia di Summer lo tenevano saldamente; e lui posò la mano sul suo avambraccio stringendolo con forza; poi la guardò come se fosse stata lei lo spettro tornato dal mondo dei morti.
«Summer...» pronunciò affannato. Avvertiva il suo corpo come una centrale di nervi in piena attivazione: un formicolio forte e incessante tormentava ogni centimetro della sua carne; e continuava a respirare come se fosse stato ore sott'acqua.
Summer gli sorrise in una smorfia di pianto. Non poteva crederci...si era svegliato! Non era stata soltanto una sua fantasia forzata! Era successo davvero! Damon aveva riaperto gli occhi!
«Ti sei svegliato...» sussurrò con voce bassa e delicata, e mentre nei suoi occhi brillava una gioia infinita. Accarezzò la sua guancia col pollice; e Damon, ancora stordito e confuso, fece forza sulla schiena per non gravarla del suo peso. Il vampiro avrebbe desiderato un attimo in più per smaltire quelle strane sensazioni, quel senso di vita che scorreva nel suo corpo frenetico e agitato, quei formicolii incessanti, quella sensazione di pesantezza alla testa che faceva apparire tutto più accecante e contornato, ma non gli fu concesso. Summer chiuse gli occhi stancamente, crollando su di lui; e in quel gesto Damon percepì la vita che la abbandonava inesorabile. «Summer...» pronunciò, posando una mano sulla sua nuca, e mentre il peso dell'angoscia gli schiacciava il petto. Poi, quando poggiò l'altra mano a terra, intento a sollevarsi, sotto il suo palmo sentì la neve di una strana consistenza; si guardò attorno e vide di trovarsi in una pozza del suo sangue. Capì, allora, che non vi era tempo per cercare di ricordare o anche solo di pensare a ciò che era accaduto. Invertì le posizioni, facendole adagiare la testa sul petto. “Non lasciarmi...” era l'unico pensiero che riusciva a formulare, ed era ripetuto in continuazione, come se la sua interruzione potesse provocare qualcosa di fatale ed irreparabile. «Summer...» la scosse delicatamente per poi accarezzarle la guancia. Era pallida come la cera, e il suo respiro era talmente debole da risultare percettibile solo a sensi sovrannaturali come i suoi. Istintivamente, il vampiro si portò il polso alle labbra per morderlo, ma poi la voce di lei si manifestò in un ricordo chiaro e vivido: ”Una cacciatrice non può diventare un vampiro. Il vostro sangue non ha alcun effetto su di noi. Non può neanche guarirci...anche se...a detta di Lily... il sangue di Klaus potrebbe essere diverso”. Quindi prese il suo corpicino tra le braccia e la portò a casa.


*** ***

Lily si era recata nel luogo dello scontro. Quel tratto di strada ora illuminato da un flebile riverbero diurno le appariva totalmente diverso dalla sera prima; ma a conferma dell'avvenuto vi erano delle prove inequivocabili.
La moto di Summer e l'auto di Klaus erano parcheggiate all'estremità della strada, a metà tra l'asfalto e il terriccio.
Era stata sicuramente opera di qualcuno, perché le ricordava ben piazzate al centro della strada.
Si avviò ai margini dell'asfalto e, dopo un tratto di qualche metro, in cui gli stivali affondavano in un terreno umido e morbido, nascosti tra fango e foglie secche vi erano i corpi dei due vampiri uccisi da Summer. Lily chiuse la mano a pugno, come se al suo interno vi fosse stato qualcosa da spremere, e nel lasso di qualche istante i due corpi si incendiarono, diventando polvere. Ormai non aveva più dubbi sul fatto che fosse stata Summer a sistemare le cose. Provò a richiamarla, ma la segreteria continuò a ripetere il suo snervante messaggio. In quel momento, Lily non sapeva cosa fare, ma nel riporre il telefono nella borsa la mano urtò un aggeggio che lei riconobbe subito. Era una bussola: una di quelle bussole di cui si serviva solitamente Kendra per localizzare i vampiri. Senza perdere tempo, Lily la aprì, aspettando che l'ago si stabilizzasse sulla destinazione; ed esso si fermò rapidamente, come se in quella cittadina vi fosse un solo vampiro. Per ciò che lei sapeva, Damon era lontano da Mystic Falls: dunque pensò subito si trattasse di Klaus. Rientrò in auto, intenta a scoprirlo.


*** ***

Damon spalancò la porta di casa sua con un violento colpo di spalla. Se non fosse stato preda dell'agitazione più logorante, si sarebbe accorto di aver percorso il tragitto ad una velocità nettamente superiore rispetto alla solita; ma per ora la percezione di se stesso si riduceva nell'avvertire l'invisibile cappio della paura stretto intorno alla gola. Portò Summer nella sua camera e l'adagiò sul letto. Si avvicinò al comodino e, dopo un attimo di incredulità, realizzò che, su quella superficie di ciliegio scuro, della bottiglietta contenente il sangue di Klaus non vi era traccia. In una sorta di negazione, sfiorò con le dita la superficie di legno; e il suo sguardo palesò quanto quella realtà gli apparisse inconcepibile, inaccettabile, dannatamente inopportuna e crudele! Dove diavolo era finita quella boccetta? Era sicuro di averla posata lì, come era sicuro che al suo interno vi fosse ancora del sangue. Dov'era, adesso? Dove diavolo era? Frugò febbrilmente nei cassetti, ma non vi trovò nulla. Si passò le mani tra i capelli, in un attimo in cui respirare gli parve l'esperienza più dolorosa che avesse mai provato. Non aveva tempo da perdere e quella dannata bottiglietta non si trovava! Non poteva crederci! Non poteva essere vero! In un impeto di rabbia e afflizione, con un gesto della mano scaraventò il comodino lontano dal letto, facendolo ribaltare e rompere in più punti. Diede un'occhiata al resto della camera, ma nulla! Di quel dannato sangue non vi era traccia! E Damon continuava a non crederci, a ripetersi che non poteva essere vero. Forse era solo un sogno, pensò. Forse era morto e quello era il suo personale inferno. In fondo, la sua più grande paura prima di morire era stata proprio quella: il non riuscire a salvarla. Ma ce l'aveva fatta! Ne era sicuro! Aveva donato la sua vita per lei! Ricordava di averla vista poggiata ad un albero, mentre Klaus si scaraventava su di lei brandendo il pugnale. Inizialmente, il suo intento era stato quello di spingere Summer lontana da quell'attacco; ma, quando aveva capito che non ce l'avrebbe fatta in tempo, non aveva esitato a mettersi tra i due e a farle da scudo, sperando solo che lei trovasse un modo per mettersi in salvo. Perché le cose stavano andando in quel modo? Perché lui era vivo, mentre Summer stava morendo? Dopo l'ultima, inutile, occhiata alla stanza, si sedette accanto a lei e le accarezzò la guancia col pollice. Delle copiose lacrime iniziarono a bagnare le sue guance. «Non lasciarmi...» sussurrò con voce soffocata. Ma, mentre Damon poggiava la fronte sulla sua, lasciando cadere le lacrime sulla sua pelle, Summer restava immobile, visibilmente priva di vita.
«Non farlo. Non ti azzardare neanche a non darmi il tempo di salvarti. Non lo perdonerei a me stesso ma non lo perdonerei neanche a te...». Continuando ad accarezzare la sua guancia, la baciò dolcemente; poi, in un attimo in cui la sua anima bruciò di consapevolezza, le sussurrò un: «Ti amo anch'io...» ammantato di dolcezza ma colmo di un dolore infernale. Erano queste le parole che avrebbe dovuto pronunciare dopo il discorso che Summer gli aveva fatto solo un'ora prima. In quel momento, aveva avvertito solo una raffica di pensieri confusi, ma ora capiva che era semplicemente questa la risposta che avrebbe dovuto darle, sebbene lei avesse evitato di dirglielo espressamente.
Ma adesso non aveva tempo per incolparsi e darsi dello stupido. Avrebbe significato ammettere che quelli erano i suoi ultimi istanti. E... no! Non Poteva! Doveva reagire! Quel dannato sangue non si trovava, e questo significava che le cose andavano fatte in maniera tradizionale: doveva portarla in ospedale. Così le mise un braccio dietro la schiena e l'altro dietro le ginocchia, ma poi, nell'attimo in cui avrebbe dovuto alzarsi per portarla via da quella casa, poggiò invece le spalle allo schienale del letto, continuando a tenerla fra le braccia. Lui avrebbe dovuto essere morto, che diavolo ci faceva nel mondo dei vivi? Era chiaro che qualcosa l'avesse protetto. Non sapeva cosa, ma intuiva che poteva dipendere dall'aver bevuto il sangue di Klaus: era probabile che fosse ancora in circolo nel suo corpo; e quindi valeva la pena tentare. Ma un dolore agli zigomi rese faticoso ciò che per lui rappresentava la norma. Damon non riuscì a capire perché i suoi canini fossero spuntati con una simile difficoltà; e mentre si mordeva il polso, pensò che fossero ancora i postumi di quella pseudo-morte – in fondo, il suo corpo era ancora pervaso da stranissime sensazioni, e alcune di queste si erano addirittura acutizzate.
Avvicinò il polso alle labbra di Summer, sussurrando: «Avanti...cerca di berlo» e riponendo in quel filo di voce tutte le sue speranze. Era certo che in lei vi fosse ancora un soffio di vita: lo sentiva; proprio come sentiva che il tempo a disposizione era poco. E mentre la metteva in una posizione in cui il sangue fosse facilitato a scenderle lungo la gola, teneva poggiate le labbra sulla sua fronte, lasciandole dei piccoli baci, come se fosse stata una bambina da incoraggiare; perché non desiderava altro che lei riaprisse i suoi grandi occhi, sempre dolci e vivaci, e che gli dicesse qualcosa...qualunque cosa!
Questi attimi di tormento gli parvero interminabili; e senza badare a ciò che accadeva nella sua mente, in pensieri veloci e sfuggenti, vi paragonò tutti gli istanti di sofferenza che aveva provato nella sua lunga vita. Ora, come il più delle volte in cui il vecchio e il nuovo vengono messi a confronto, la dipartita di Katherine, il ricordo dei propri occhi posati sul lago in attesa di raggiungerla nel mondo dei morti, sembrava un evento arido e sbiadito. Adesso non riusciva a credere di stare provando tutto quel dolore, quella paura e quel rimprovero insieme: credeva esistesse comunque un limite al modo in cui un uomo può sentirsi morire; e, soprattutto, non poteva credere che ogni attimo della sua vita si riducesse a quest'unica, esemplare punizione. In quel momento, gli pareva di vivere una sorta d'infernale resa dei conti; perché nella sofferenza che provava, Damon sentiva sempre una scomoda punta di giustizia; e ciò, più di ogni altra cosa, nei decenni trascorsi aveva rappresentato il residuo immortale della sua umanità. Ma ora non vedeva nulla di equo in ciò che stava accadendo. Non poteva finire così! Summer non doveva essere il prezzo da pagare per i suoi sbagli! Non lo avrebbe permesso! Avrebbe pagato in un altro modo...tutto ma non lei!
«Fallo per me...» continuò, mentre le lacrime che scorrevano dai suoi occhi non accennavano ad arrestarsi. Poi, come un incubo che termina nel momento peggiore, sentì le labbra di lei che si muovevano sulla pelle del suo polso. Damon emise dalla bocca tutta l'aria che aveva nei polmoni, aspettando con impazienza che lei riaprisse gli occhi; e quando finalmente lo fece, lui non poté fare altro che sorriderle, poggiando nuovamente la fronte sulla sua, come per liberarsi dalla debilitante stanchezza causata dalla troppa tensione.
«Damon...» fece lei, con un filo di voce flebile, mentre si alzava leggermente con la schiena per sedere meglio, ma senza permettergli di allontanarsi dal suo viso. Poi, ancora incredula ma felice, passò una mano sul petto di lui.
«Non mi sembrava vero. Per un attimo ho creduto di averlo solo immaginato! E invece ce l'hai fatta! Ti sei svegliato! Ce l'hai fatta davvero!» disse, abbracciandolo con impeto e iniziando a piangere.
«Già. Non per vantami, ma a quanto pare sono indistruttibile!... Oppure non sono gradito neanche all'inferno. Scegli la versione che preferisci, tanto mi lusingano entrambe! » rispose con una giocosità atta ad alleggerire il suo umore, sorridendo e cullandola: ma lei continuava a piangere disperatamente, stringendolo con forza, come per accertarsi che quel momento non fosse solo la proiezione di un'anima morente.
«Ehi, ssshh, va tutto bene...è andato tutto bene...» Damon cercò di calmarla, stringendola con una gioia liberatoria. Era salva e poteva di nuovo tenerla tra le braccia. Perché lei stava piangendo? Non c'era più nulla di cui disperarsi...
«No, non è vero. Non va tutto bene. Ho fallito. Ho rovinato ogni cosa: non sono riuscita ad uccidere Klaus...» lo strinse con tutta la forza che aveva «ed ho solo rischiato di perderti...» e riprese a piangere con maggiore agitazione. Come poteva perdonarsi ciò che era successo? Avrebbe dovuto uccidere Klaus e mettere in salvo le persone che amava, ed invece la piega che avevano preso gli eventi era stata tutt'altra. Era solo colpa sua! Se Damon aveva rischiato di morire, era a causa sua!
«Ma non mi hai perso... quindi smettila di piangere...» Damon accarezzò il suo volto, scostandoselo momentaneamente dalla spalla «E poi sei tu quella che fino ad un attimo fa era in fin di vita...».
E fu in quel momento che Summer si accorse che le guance del vampiro erano segnate dalle lacrime. Gli accarezzò dolcemente il viso; e Damon, investito da un lieve disagio, si mosse morbidamente, abbassando gli occhi per non incontrare i suoi: solo ora realizzava di aver pianto; e sperò con tutte le sue forze che lei non dicesse nulla... che non ancorasse la sua attenzione a quelle ciglia ancora bagnate e pesanti. Ma la reazione di Summer non fu altro che una voglia viscerale di baciarlo fino a consumarlo; e, quando lo fece, l'impeto fu di una tale forza che tra di loro fu annullato ogni spazio, perché stretti in un abbraccio pressante e quasi doloroso, vivo del residuo di disperazione che li aveva assaliti e bisognoso di manifestare tutta la felicità che non riuscivano ad esprimere a voce.
Ed entrambi non avevano voglia di porsi domande. Cosa avesse salvato lui...cosa avesse salvato lei... Avrebbero analizzato tutto in un secondo momento.
Ora esistevano solo labbra che si univano, lingue che si sfioravano, mani che si cercavano, bocche che ansimavano, anime che si completavano...
Ma quella violenta passione si trasformò presto in sola dolcezza, poiché frenata dalla triste razionalità imposta dal momento. Damon, steso sul fianco e con la testa sostenuta dalla mano, con sguardo serio, disse: «Mi hai fatto spaventare...e non deve succedere mai più!» e quest'ordine fu accompagnato da una dolce carezza alla sua guancia; ma Summer, anche se a malincuore, la interruppe mettendosi a sedere.
Lei, che era l'unica e sola cacciatrice, non poteva accettare simili discorsi. Damon sembrava non voler capire il suo ruolo, i suoi doveri verso l'umanità; ma lei non poteva dimenticarli, magari facendogli sdolcinate promesse in cui gli assicurava che non sarebbe accaduto mai più, che sarebbe stata al sicuro tra le sue braccia. Lei non poteva più permettere che Damon si immischiasse nelle sue faccende. Non poteva rischiare di perderlo ancora. Ma cercò di spiegarglielo con un tono di voce caloroso e dolce: «Succederà, invece» fissò un un punto idefinito per un lungo istante, e poi continuò «Damon tutto questo... Klaus, le battaglie, il pericolo...non è altro che la mia vita... la vita della cacciatrice. Ma tu... tu non devi fartene carico. Metterti tra me e Klaus è stata la cosa più nobile che potessi fare ma è anche quella che non potrò mai perdonarti. Non dovevi farlo...e devi promettermi che non succederà mai più! Perché... se tu fossi...» ma non riuscì a proseguire.
Il vampiro alzò la schiena, mettendosi seduto e poggiandosi nuovamente alla spalliera.
«Sai, Summer, puoi continuare a dirmi che sei la cacciatrice tutte le volte che vuoi, puoi anche provare a sfinirmi se ti fa piacere. Ma non cambia che l'ho fatto, lo rifarei e lo farò di nuovo se sarà necessario. Prima lo accetti e meglio sarà per entrambi! Non mi farò da parte solo perché qualche idiota ha stabilito che tutti i fardelli sovrannaturali sono esclusiva tua! Io continuerò a proteggerti. Accettalo!» disse con tono pacato ma colmo di ostinazione e prepotenza.
«Come fai a pensare che si tratti solo di questo?! Del mio ruolo... Damon, io non voglio che tu mi protegga, perché potrebbe significare perderti! E non posso rischiarlo! Non potrei sopportarlo di nuovo! Non ne avrei la forza!» si sentì mancare l'aria, mentre ripercorreva mentalmente tutto il dolore che aveva provato. Scosse la testa, cercò di alzarsi, ma Damon intervenne prendendola con forza tra le braccia e lasciando che lei crollasse in un nuovo pianto. «Lasciami! La cosa non si risolverà così! Con te che passi sopra a ciò che dico, fregandotene e facendo di testa tua! Perché, perché non vuoi capirlo!? Perché sei così stupido!?» si agitò, dimenandosi e provando a divincolarsi dall'abbraccio del vampiro, che però la teneva stretta in una presa forte e rassicurante; e lei, sentendosi esausta, mise la testa sulla sua spalla e versò lacrime di resa. «Perché non lo vuoi accettare?! Sei tu, sei tu che devi farlo! Non io!» concluse, con una vocina quasi infantile.
Damon si era limitato ad assorbire quella sfuriata con un sorriso sereno ed una presa salda e tranquillizzante. La capiva, la capiva benissimo. E, anche se non desiderava altro che vederla sorridere, tutti quei singhiozzi e quelle lacrime che ancora stava versando per lui lo riempivano di dolcezza, facendolo sentire felice: erano sintomi di quel sentimento ricambiato, di cui era ormai certo, e che non doveva fare altro che trasformarsi in qualcosa di definito.
Continuava a tenerla tra le braccia, pensando che finalmente aveva l'occasione di dimostrarle che poteva proteggerla da qualunque cosa: sia dai nemici che dal dolore. Damon voleva farle capire che ci sarebbe sempre stato e che, con quella stessa presa salda, avrebbe messo un divisorio tra lei e tutto ciò che poteva farle del male. «Hai finito?» disse poi dolcemente; e Summer si perse nel calore della sua voce, calmandosi e nascondendo il volto nella sua spalla. In quell'attimo, pensò a qualcosa a cui non aveva avuto il coraggio di pensare per tutto quel tempo in cui aveva creduto che Damon fosse morto tra le sue braccia. Il vampiro l'aveva salvata. Le aveva donato la sua vita... e questo poteva significare una cosa sola. Finalmente calma ma con un cuore che iniziava ad agitarsi frenetico, si scansò quel tanto che bastava per guardare il volto del vampiro; e lui, sentendola meno agitata, non esitò ad allentare la presa.
«Dimmi solo perché...perché l'hai fatto...» sussurrò lei, con un filo di voce carico di timidezza ed emozione, e mentre nei suoi occhi già brillava il riverbero della risposta.
Il vampiro ricambiò il suo sguardo, persistendo nella sua espressione serena, in quei muscoli lievemente contratti, che non dovevano fare altro che sfociare in un sorriso di definitiva e dolce resa. Doveva dirglielo, proprio come aveva fatto solo qualche minuto prima; ma questa volta lei doveva ascoltarlo, doveva accogliere quel “ti amo” dentro di sé ed accettarlo come indiscutibile motivazione al fatto che lui si sarebbe sacrificato per lei altre mille volte. Ma, improvvisamente, in quelli che per lui furono dei lunghi istanti, ebbe l'impressione che il mondo si fosse lentamente fermato, fino a percepirlo soffocante e sbiadito; poi sentì i suoi sensi acuirsi e la percezione focalizzarsi esclusivamente su ogni centimetro del suo corpo, e capì che, dentro di sé, tra il formicolio incessante e quelle strane e brevi fitte di dolore, c'era qualcos'altro che non andava; e, nell'attimo successivo, Damon lo sentì con estrema chiarezza: forte e rumoroso, che si agitava nel suo petto e che scandiva quel momento come se non si fosse mai congelato nella primavera del 1864. Il suo cuore batteva. Batteva davvero. Ma lui era un vampiro, e vampiri non hanno un cuore che batte! Che diavolo stava succedendo?! Eppure era proprio così: quel vecchio agglomerato di cellule velenose batteva come se farlo fosse stato del tutto normale; e quei lineamenti congelati nella nascita di un sorriso non poterono fare altro che appassire rapidamente, lasciando che la luce negli occhi gli si spegnesse e che la felicità provata si frantumasse.
«Beh... perché... te l'ho detto che ti avrei protetta...» bisbigliò con un'allegria forzata, accarezzandole una ciocca di capelli con tutta la dolcezza che poteva concederle in quel momento così assurdo «E intendo farlo fino alla fine...».
Negli occhi di lei leggeva chiaramente il senso di delusione e smarrimento, e si odiava con tutto se stesso per questo; ma non ci riusciva: non riusciva a dirle che l'amava in un momento in cui gli pareva che la sua identità si stesse rapidamente sgretolando. Un cuore che batteva. Aveva di nuovo un cuore che batteva. E non sapeva come diamine fosse stato possibile e neanche voleva curarsene; desiderava solo che si fermasse! Perché lo aveva scoperto da pochi minuti e già non sopportava più quel rumore che, per sua dannazione, sembrava ovattare tutto il resto...
Summer annuì debolmente, gli occhi le si riempirono di lacrime e adagiò nuovamente la fronte sulla sua spalla, soffocando con forza ogni singhiozzo, sforzandosi di piangere in assoluto silenzio. E provando uno smisurato senso di vergogna, ebbe l'assurdo timore che il vampiro potesse leggerle il pensiero: o, meglio, potesse leggere la presunzione che aveva avuto aspettandosi un “ti amo”; in fondo, perché avrebbe dovuto amarla? Cos'aveva di speciale? Si chiedeva, mentre la sua anima veniva ripetutamente calpestata da quelle parole mancate. Eppure Damon aveva sacrificato la sua vita per lei... Possibile che l'avesse fatto solo per un sentimento d'amicizia? Non le era difficile pensare che il vampiro fosse capace di incredibili gesti di cavalleria, ma questo le pareva troppo. Doveva esserci per forza un posto speciale per lei nel suo cuore, ma forse non era grande come aveva sperato, pensò. Altrimenti perché negarle quelle due parole, dopo tutto quello che avevano passato?
Ma ora sapeva soltanto che provava una strana sensazione a farsi coccolare dalle stesse mani che le avevano spezzato il cuore; era di una crudeltà così ironica che il dolore le sembrava quasi irreale...


*** ***

La bussola aveva condotto Lily al Mystic Grill e ora, con suo grande stupore, puntava in direzione di una ragazza bionda, seduta ad un tavolo insieme ad un ragazzo atletico dai capelli nerissimi.
Caroline, come in ogni notte di luna piena, era stata accanto a Tyler per tutto il tempo; ed ora i due stavano stuzzicando qualcosa al Grill, come da tenera coppietta quali erano.
Lily non ebbe sensazioni negative riguardo a quella vampira; sapeva bene che alcuni di loro riuscivano ad integrarsi e a condurre esistenze relativamente umane. Ma non riusciva a spiegarsi perché la bussola non segnasse altre presenze. Damon era chissà dove a proteggere Elena, ma Klaus? Dov'era finito? Possibile che Summer fosse davvero riuscita ad ucciderlo? Lily, conoscendola, non lo credeva impossibile, eppure qualcosa, nella sua mente, continuava a tenerla in allerta, dicendole che quella storia non si era ancora conclusa.
Uscì dal Mystic Grill. Sarebbe ritornata all'ospedale: forse Summer era ritornata lì per accertarsi che lei stesse bene.


*** ***

Damon continuava ad accarezzarle i capelli con estrema dolcezza; sapeva che quella tenerezza non bastava a curare il male che le aveva fatto, ma quel senso di disagio continuava ad essere più forte di lui. Tristemente, si rese conto di poterla proteggere da qualsiasi cosa meno che da se stesso; e ciò lo faceva sentire ancora più debole e smarrito di quanto non stesse già facendo quel cuore clandestino. Summer teneva la fronte sulla sua spalla, e lui, come un ladro che nasconde una refurtiva, temeva che potesse sentire il suo battito; ma ciò non avvenne.
Ora che si erano ritrovati, la paura li aveva abbandonati per fare spazio ad altre emozioni: entrambi sentivano un crescendo di rabbia verso colui che aveva provato a separarli. E fu Summer la prima a reagire. Non ce la faceva più a stare tra le sue braccia, facendosi domande su domande. Ora la vendetta era l'unico pensiero che accoglieva di buon grado: in fondo, solo Damon poteva batterla nella sottile arte della mutazione del dolore in rabbia e violenza. Allontanò il volto dalla spalla del vampiro, prendendo aria dalla bocca a causa di quel respiro reso irregolare dai singhiozzi trattenuti.
Senza la forza di guardarlo negli occhi, si liberò dall'abbraccio del vampiro, che preda della colpa non ebbe il coraggio di opporsi. Si alzò, dicendo: «Il destino del mondo è davvero in pessime mani. Sto qui a piagnucolare, mentre Klaus è diretto chissà dove con il pugnale...» si asciugò una lacrima «non ho più tempo da perdere».
E la sua acida auto-critica e quel tono duro furono interpretati da Damon nel modo giusto: era stato lui a farla chiudere nuovamente nella sua corazza di cacciatrice; e sapeva che ora vi sarebbe stata un'altra lotta di potere, come sapeva che questa volta avrebbe dovuto vincerla a tutti i costi. L'aveva tenuta tra le braccia, cercando di ignorare i suoi vestiti sporchi di sangue, il modo in cui Klaus l'aveva ridotta, ma ora quel pensiero bruciava la sua carne e accelerava i battiti di quel dannato cuore. No, Summer non lo avrebbe affrontato di nuovo! La scrutava attentamente, mentre lei, dinanzi allo specchio, cercava di dare un ordine al suo aspetto. Osservava ogni mutamento del suo sguardo e sapeva che in quel momento lei viveva con disagio l'essere rivestita di abiti sporchi di sangue: erano il simbolo della sua sconfitta; e la conosceva fin troppo per non sapere che avrebbe desiderato cambiarsi ma che non avrebbe perso tempo a farlo. E mentre lei raccoglieva i capelli in un alta coda, Damon aprì il primo cassetto del comodino alla sua destra, ovvero quello che si era salvato dalla sua furia devastatrice, per afferrare un oggetto metallico e metterlo nella tasca posteriore del pantalone. Si alzò a sua volta e si sbottonò la camicia, gettandola poi sul letto. Lanciate attraverso lo specchio, tra di loro vi furono delle occhiate cariche di disagio.
Summer si era armata della sua maschera preferita, quella di combattente solitaria il cui cuore è nascosto in un blocco di cemento. Solo in quel modo poteva fronteggiare la situazione e far sì che la sua delusione d'amore non influisse sulla sua forza. Damon non le aveva detto che l'amava, quando lei l'aveva creduto con ogni respiro della sua anima. Ora doveva accettarlo e farsi forza: avrebbe sofferto quando avrebbe potuto permetterselo. Ma adesso Klaus era diretto chissà dove con il pugnale. Non c'era più tempo da perdere. Doveva ucciderlo! Doveva esorcizzare tutto il dolore che aveva provato, perché, nonostante tutto, nonostante le tante lacrime versate, lo sentiva ancora dentro di sé, pronto a pungerla da un momento all'altro.
«Spero che tu ti renda conto che non abbiamo tempo per litigare...»
Summer sperò di risolvere la cosa pacificamente, in modo da non sprecare altri minuti preziosi. Ma era impossibile: erano entrambi troppo ostinati e cocciuti per un approccio del genere; e Damon, che si trovava di fronte all'armadio per scegliere il nuovo indumento sacrificabile, si girò lentamente verso di lei, incenerendola con lo sguardo.
«E se invece volessi?... Mh? Cosa faresti? Ovvieresti al problema spezzandomi di nuovo il collo?»
L'aver previsto la sua reazione gli permise di risponderle con un tono asciutto; sapeva bene che il tempo delle coccole e delle parole dolci era ormai finito, per lasciare spazio a quello delle lotte con lame affilate. Adesso erano di nuovo il vampiro arrogante e la cacciatrice prepotente: due uragani pronti a scontrarsi.
«Se tu non mi lasciassi altra scelta...sì! È quello che farei»
«Be' allora fa' pure, non ho altre scelte da darti!»
Summer gli afferrò il collo, trascinandolo e bloccandolo alla più vicina parete, ma poi indugiò per qualche secondo. Non voleva farlo, non in quel modo; era scorretto e brutale affrontarlo così apertamente, ma sapeva di non poter esitare oltre; e poi Damon le sembrava fin troppo passivo: quella sicurezza stampata sul suo viso la insospettiva, alimentando la sua convinzione che non vi fosse altra scelta, altro modo di proteggerlo. Ma quell'attimo di esitazione, fatto di dita troppo morbide sul suo collo, per lei segnò una sconfitta confusa quanto rapida. Un ghigno aveva increspato un angolo delle labbra del vampiro, e un secondo dopo questi aveva preso l'oggetto che teneva nella tasca posteriore del jeans, legandolo a quel polso la cui mano stazionava incerta sul proprio collo. Summer non aveva fatto neanche in tempo a chiedersi dove diavolo avesse preso quelle manette: Damon l'aveva scaraventata a terra con forza, proprio accanto ad uno dei grandi piedi di legno che sorreggevano il letto, e dietro vi aveva congiunto anche l'altro polso, in modo da completare la sua rapida azione.
«Damon! No! Non puoi! Non puoi farlo davvero! Dannazione!...Slegami!» Summer si agitava nervosamente ma invano. Non poteva credere di essere stata tradita da quell'attimo di esitazione: attimo in cui era stato proprio il suo amore e il suo rispetto per lui ad avere la meglio! Ed ora Damon la osservava dall'alto, con un ghigno soddisfatto impresso sul volto.
«Pretesa piuttosto alta per chi mi ha spezzato il collo e non avrebbe esitato a rifarlo, non trovi!? »
No, non era vero! Lei aveva esitato, maledizione! E adesso, a quanto pareva, ne avrebbe pagato le conseguenze...
«Non puoi paragonare le due cose! Era mio dovere farlo! Ho tutto il diritto di lasciarti fuori da questa storia! Questa è una guerra che devo affrontare da sola, Damon. Sola! Dio Santo!...Slegami! Ti ho detto di slegarmi!» il nervosismo la faceva agitare convulsamente; ma un lampo d'incredulità la fece calmare per un breve istante: «E poi mi dici dove diavolo hai preso queste manette!?»
«Diciamo che...non ti piacerebbe saperlo!» Damon sembrava visibilmente divertito. Adorava avere potere su di lei, farla innervosire e soprattutto non dargliela vinta! Ritornò al suo armadio per scegliere la camicia, mentre lei ancora strepitava: «Damon! Damon, ti prego, non farlo! Klaus si sarà già ripreso, ed è più forte di quanto immagini...Ti farai solo ammazzare, e questa volta definitivamente!»
«Be' in questo caso...al massimo ti avrò rubato l'idea!»
Summer strinse i denti dalla rabbia, ma poi si arrese fintamente. In un attimo di lucidità, aveva trovato il modo per liberarsi: non avrebbe dovuto fare altro che incurvare la schiena, portando le ginocchia all'altezza delle spalle, mettere i piedi sotto alle aste di legno che vi erano tra un piede del letto e l'altro, e fare da leva con le gambe. Solo in quel modo sarebbe riuscita ad alzare quel pesantissimo letto, che, ad occhio, doveva pesare almeno mezzo quintale.
Soffiò aria dalla bocca in segno di una contrarietà ormai sfinita e vinta.
«Bene, Damon, fa' pure! Fa' come credi. Se è il suicidio ciò a cui stai puntando, allora puoi stare certo che rispetterò la tua scelta e non ti fermerò!»
Damon posò la camicia sul letto, trattenendo un sorriso: la adorava, quando ce la metteva tutta per risultare credibile e poi falliva miseramente!
La guardò con sospetto. Cosa si nascondeva dietro quel mutamento improvviso? Era solo la rabbia a parlare? O c'era dell'altro?
Con un'aria di sfida ornata della solita tracotanza, si sbottonò la cintura sotto lo sguardo stranito di lei, che non riusciva ad interpretare le intenzioni che si celavano dietro la forzata freddezza dei suoi occhi. «Che vuoi fare?» domandò quindi con tono incerto.
«Qualcosa che sta davvero iniziando a piacermi...» e la sua voce suonò una nota di diabolica placidità, nonostante l'immortale sottofondo di benevola ironia.
Si inginocchiò e le afferrò le caviglie, cercando di unirle; ma Summer, dopo un primo momento di incredulità, iniziò ad opporsi con tutte le sue forze.
«Sei impazzito, o cosa? Damon! Fermati! Smettila subito!». Non capiva cosa stesse succedendo, ma le mani di Damon le risultavano inaspettatamente forti. Sapeva che molte volte, per divertimento e per galanteria, le aveva lasciato fare la prepotente; ma non credeva che avesse potuto nasconderle una simile forza. Forse era lei ad essere ancora debole, pensò ma confutando quasi subito quell'ipotesi. Ma allora? No... Non poteva essere... Damon aveva meno di duecento anni, non poteva fare di lei ciò che voleva! Era impossibile! Eppure si rese conto che anche qualche minuto prima, quando l'aveva scaraventata a terra, l'aveva sorpresa con una velocità impensabile per un vampiro giovane come lui. Che diavolo succedeva?
Le proteste di Summer furono inutili: in pochi gesti, Damon riuscì a legarle i piedi; proprio come se avesse intuito che nella mente di lei già vi fosse il modo di liberarsi. Ancora inginocchiato, avanzò sul suo corpo, sedendo a cavalcioni sul suo addome e tenendole i gomiti bloccati a terra.
«Damon, ti prego, non farlo. Andremo insieme, lo affronteremo insieme. Ma Slegami…ti prego...» gli occhi di Summer si colmarono di lacrime, mentre il peggio invadeva i suoi pensieri, avvelenandoli.
Ma, con la sua solita espressione dispettosa, Damon fece schioccare la lingua sul palato un paio di volte. «Alla collaborazione ci avresti dovuto pensare prima di attaccarmi. Ora il mio animo sensibile e ferito non ti vuole tra i piedi!» e il suo tono suadente continuava ad essere una snervante presa in giro.
«Perché ti stai comportando in questo modo?! Come fai ad essere così sicuro di te!? La verità è che ti farai ammazzare, ti farai ammazzare e basta! » sentì come qualcosa che le schiacciava il cuore «E non puoi pretendere che io me ne stia qui a pensare al peggio! Perché continui a non capirlo?... Non posso starmene qui...» e le lacrime nacquero impetuose tra ciò che erano violenti spasmi. Un forte senso di angoscia e claustrofobia le attanagliò lo stomaco. L'intera stanza sembrava pressarsi sul suo petto. L'aria le risultava rarefatta, tanto da costringerla ad ansimare con forza. La testa le sembrava pesante quintali; e gli arti le dolevano a causa dell'inutile sforzo che facevano per liberarsi. Non poteva credere di essersi fatta mettere K.O così facilmente. Non poteva credere di non essere in grado di fermarlo. L'avrebbe perso, l'avrebbe perso di nuovo. Questa volta per sempre! Non poteva, non poteva lasciarlo andare!
Damon la osservò con un'espressione intenerita; poi passò una mano sulla sua guancia, asciugandole le lacrime con una dolcezza tale da farla calmare all'istante.
Sarebbero sempre stati il vampiro arrogante e la cacciatrice prepotente, ma l'amore che adesso regnava tra di loro era troppo forte per fermarsi di fronte a quelle semplici maschere, senza comprendere tutto ciò che si nascondeva dietro quei plateali gesti di facciata. Entrambi erano altalenanti come le onde del mare, ma sarebbero sempre stati acqua che incontra altra acqua: persone simili che riuscivano a scrutarsi oltre il vetro opaco delle loro anime.
«Non devi piangere. Non hai niente di cui preoccuparti. Finire all'altro mondo rientra nei miei piani solo quando significa impedirlo a te...» e il suo tono rassicurante e dolce sembrò posarsi come una piuma sul cuore agitato di Summer, che regolarizzò il suo battito, nonostante le emozioni devastatrici che avevano fatto da eco a quella frase. Perché, perché continuava ad inviarle segnali contrastanti? Perché la illudeva e la uccideva in continuazione?
Damon fece scorrere le mani su di lei, lentamente, dal collo fino a quei polsi legati, abbassandosi col busto in un movimento carico di un'anticipazione erotica sfacciatamente voluta.
Le sue mani irradiavano un calore che accendeva fantasie impronunciabili, rese maggiormente inopportune dal momento delicato; e quando le sue labbra furono ad un soffio da quelle di lei, con un filo di voce colmo di una sensualità impertinente, le sussurrò: «E poi...legarti mi è piaciuto fin troppo per non tornare a completare l'opera!»
E a Summer parve che il respiro le si spezzasse in quel preciso istante, ancor prima che le labbra di Damon si posassero dolcemente sulle sue. Sentì di non potersi sottrarre a quelle emozioni dense d'amore, vibranti di eccitazione, che percorrevano il suo corpo in caldi e lussuriosi fremiti. E quando il bacio ebbe fine, lei sorrise di una disperazione dolcemente arrendevole.
«Come fai a scherzare in un momento del genere?!» chiese quindi, con voce amorevole e divertita. Neanche in quell'insolita circostanza poteva negare che la particolare vivacità di spirito con cui Damon affrontava le situazioni era tra le qualità che più amava di lui.
Damon si alzò, riprese la sua camicia e la infilò aggiustandosi il colletto.
«Mai stato più serio!» disse, lasciando la stanza. E la sentì più volte pronunciare il suo nome, mentre si avviava verso la rampa di scale. Improvvisamente, percepì una fitta di dolore alle tempie, e attorno ai suoi occhi comparvero le solite venature scure di quando si trasformava in un vampiro. Fu costretto a poggiarsi alla parete, e la rampa di scale dinanzi ai suoi occhi sembrò più volte restringersi per poi allungarsi. Il suo corpo era preda di strane sensazioni, che divenivano progressivamente più intense e dolorose; ma decise di non badarci: un vampiro originario, un'arma per ucciderlo e una donna da cui ritornare; doveva focalizzarsi solo su questo. Al resto – a se stesso e a tutte quelle domande che necessitavano di una risposta – avrebbe pensato dopo...


*** ***

Elena, seduta sul divano a braccia conserte, lanciava delle occhiate a Stefan cariche di rimprovero. Il vampiro si ostinava a non volerle parlare; e lei stava iniziando a spazientirsi. Sì alzò con impeto, dirigendosi verso la finestra di fronte alla quale Stefan se ne stava fermo a fissare lo scenario.
Appena la ragazza gli si avvicinò, egli esordì con un: «Non ho voglia di parlarne...» una sorta di cantilena che doveva stroncare ogni suo tentativo sul nascere.
Elena lo guardò di sbieco, indietreggiò di un passo e prese il suo giubbotto dall'appendiabiti; poi, una volta indossato, afferrò la maniglia per uscire da quella baita divenuta troppo opprimente.
«Non puoi startene fuori. È pericoloso» Stefan si avvicinò a lei in un istante, mettendo la mano sulla porta per non fargliela aprire.
«Resterò dentro solo per parlare!»
Ma Stefan abbassò repentinamente lo sguardo, lasciando scivolare la mano verso il basso, sempre più debolmente; e da quel gesto Elena capì che avrebbe continuato nel suo silenzio.
«Bene. Vuol dire che non è poi così pericoloso...» disse, uscendo e dirigendosi verso il piccolo ponte. Stefan ritornò alla finestra, questa volta per tenere lo sguardo fisso su di lei. Anche se era difficile per lui pensare alla peggiore delle ipotesi, capì che quel luogo che li aveva protetti per la notte ora iniziava a non essere più tanto sicuro. Se fosse accaduto il peggio, Klaus avrebbe scoperto l'esistenza di quella baita senza grosse difficoltà. Ma, in quell'attimo, il suo dolore per aver anche solamente pensato al caso in cui la cacciatrice non fosse riuscita ad uccidere Klaus, e che quindi fosse accaduto qualcosa anche a Damon, si manifestò sul suo volto con una chiarezza inequivocabile.
«Credi che abbiano qualche chance si farcela?» la voce di Jeremy che gli si avvicinava e che aveva letto le emozioni del vampiro con fin troppa facilità.
«Non so... ma presto tu ed Alaric dovrete portare Elena in un altro posto, lontano da qui. A Klaus basterebbe dare un'occhiata ai registri immobiliari per scoprire l'esistenza di questa baita. Ormai inizia a non essere più un luogo sicuro...» e diede un'altra occhiata ad Elena, sperando che rientrasse al più presto.
Jeremy annuì e si ritrovò anch'egli a fissare la ragazza. «E tu? Cosa farai?».
«Qualunque cosa...pur di non stare semplicemente ad aspettare delle notizie. Damon avrebbe dovuto farmi sapere qualcosa già da qualche ora...»
«Quanto tempo pensi che possa passare prima che accada il peggio?»
Stefan gli lanciò un'occhiata incuriosita. Che razza di domanda era? Ma poi il ragazzo continuò, spiegandosi meglio: «Ieri erano i vampiri della cripta e Katherine, adesso Klaus...quanto tempo pensi che passerà prima che si arrivi all'irreparabile? Che lei muoia o, peggio, che sia costretta a trasformarsi in un vampiro...»
Stefan trattenne il respiro per qualche istante. Il messaggio tra le righe l'aveva colpito in profondità, nel luogo in cui risiedevano le dure consapevolezze.
«Mi pare che tu abbia qualcosa da proporre...avanti, dillo. Credo che tu ne abbia tutto il diritto...» e a quel punto, Stefan desiderò che lui parlasse apertamente: voleva che qualcuno gli dicesse che, per Elena, lui era soltanto uno sbaglio; perché quelle poche ore trascorse con lei, seppur in silenzio, avevano iniziato a far vacillare tutta la forza delle sue scelte: l'allontanasi da lei per riportare normalità e serenità nella sua vita.
E Jeremy accolse quell'invito, esplicando la sua semplice visione delle cose:
«Prima che tu entrassi nella sua vita, mia sorella era solo una ragazza che aveva perso i genitori... Adesso è una ragazza costretta a scappare in piena notte, perché un vampiro originario ha bisogno del suo sangue per creare altri ibridi come lui...no, amico. Non ho soluzioni da proporre, puoi trarre le conclusioni da solo...» poi, mettendo le mani nelle tasche e curvando un po' le spalle, si avviò nuovamente verso la rampa di scale.


*** ***

In un battito di ciglia, Damon si ritrovò sul luogo dello scontro; e vedere con calma lucida la chiazza creata dal sangue di Summer lo rese furioso e bisognoso di una vendetta impellente e spietata. Senza perdere tempo, si mise alla ricerca di tracce: nonostante la velocità elevata, il passaggio dell'ibrido doveva aver lasciato segni visibili su quella natura invernale, da rami spezzati a striature sul terreno. Damon, con fatica, cercò di non perderne neanche una, giusto per orientarsi sulla possibile direzione presa dal suo nemico. Ma ben presto scoprì che queste terminavano in un tratto in cui il bosco era tagliato in due dalla strada statale. Era ovvio, quindi, che Klaus avesse preso un'auto. Sull'asfalto, i segni lasciati dai pneumatici lasciavano intuire che una macchina avesse fatto una brusca inversione per ritornare verso nord. Così fece marcia indietro, ripercorrendo la strada fatta, con l'intento di perlustrare tutta Mystic Falls, per accertarsi di aver avuto la giusta intuizione. Ma, ad un tratto, senza che lo avesse previsto, i suoi canini spuntarono dolorosamente per poi ritrarsi, mentre le venature intorno ai suoi occhi comparvero e scomparvero più volte, pungendogli la pelle come se fossero state formate da minuscole spine. La vista calò improvvisamente, riducendosi ad una sorta di velatura opaca; ogni minimo suono venne amplificato, fino a divenire insopportabile; e quel dannato cuore sembrava volesse schernirlo, battendo all'impazzata.
E ora che quelle sensazioni iniziavano seriamente a preoccuparlo, Damon avrebbe solo voluto sapere a cosa stava andando in contro; perché tutto, nel suo corpo, sembrava presagire l'avvento di quell'Inferno che aveva misteriosamente scansato...



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Angolino di NaNa

Ed eccomi qui dopo una lunghissima assenza^^
*20 kg di pomodori maturi colpiscono Nana, ma lei ne approfitta per fare le conserve... *
Il fatto è questo: è da settembre che il lavoro sta occupando l' 80% del mio tempo; non sono ancora riuscita a tro
vare un equilibrio e dubito fortemente di trovarlo.
In questo periodo mi sono ritrovata a dover mettere in discussione tante cose, proprio come a dover rinunciare a tante cose... e, per una questione di priorità, questa fan fic è stata una delle prime cose a cui ho tagliato la testa.
E nei momenti in cui il senso di colpa per questa storia lasciata a metà mi assaliva, mi ritrovavo davanti ad un foglio che restava bianco per troppo tempo.
Per non parlare di un un tentativo di plagio che mi ha nauseata e resa ostile a questo sito per un bel po'.
Poi il sostegno della mia cara Alice e un paio di giorni di febbre hanno fatto il “miracolo”...e quindi ecco questo capitolo, in cui, sinceramente, non speravo più.
Essendo stata ferma per parecchio, ed essendo una che perde la mano velocemente, non ho idea di cosa ne sia uscito fuori. In ogni caso, spero che l'abbiate trovato leggibile e magari anche piacevole.

Questo 28 dicembre è diviso in tre parti, l'ultima, ovvero la prossima, sarà bella lunghetta, questo perché sarà piena di tutte quelle domande tra personaggi che sono mancate in questo capitolo: ovvero, come ha fatto a salvarsi Damon e come invece ha fatto Summer. (in questo c. le ho volutamente evitate per non essere troppo ripetitiva, e poi perché sia per D che per S l'importante è stato che l'altro si sia salvato)
In ogni caso, la risposta alle due cose sarà ovviamente collegata, ma a questa si arriverà piano piano, visto che tutti brancolano nel buio.
Le poche ipotesi che sono state avanzate dai due, lo dico già, sono sbagliatissime.
La vostra Nana è troppo contorta per prendere strade così facili.
Ed il mancato “ti amo” di questo capitolo ne è l'esempio più lampante.
La strada verso la felicità è lunga. Per Damon stanno per arrivare momenti difficili e, inevitabilmente, questi si ripercuoteranno anche su Summer.
Questo capitolo è stato abbastanza divertente da scrivere. Ormai tutti sono ad un passo dall'esaurimento nervoso xD
In questa circostanza Summer è stata molto emotiva, ma, visto tutto quello che ha passato, mi è sembrato più che normale. Voi che ne dite?
Prestissimo ritornerà ad essere la ragazza che piange in silenzio e in piena solitudine, ma qualcosa, in lei, dallo scorso capitolo, un po' è cambiato per sempre. Ora che ha fatto capire a Damon quanto tiene a lui, in futuro sarà meno difficile per lei aprirsi con quella dolcezza che farà tanto bene al nostro...vampiro (?).
Damon, invece,..beh per Damon le cose si complicheranno davvero tanto (già mi immagino la voce della mia cara IanSom che mi dice che ce l'ho con lui xD) Neanche io ho la piena visione delle sue future reazioni, perché, lasciatemelo dire senza linciarmi, Damon è morto davvero. Paradossalmente, con questo cuore che batte e questa inspiegabile forza, il Damon che conosciamo è morto per sempre.
Ci saranno dei cambiamenti notevoli per lui, non so quanto potranno piacervi; io come sempre continuo sulla mia strada, sperando solo che apprezziate le mie idee, ma non mi offenderò se qualcuno dovesse abbandonare la fic^^ Sono gusti...


E dopo queste anticipazioni, come sempre passo a ringraziare tutti quelli che mi lasciano una traccia del proprio passaggio in questa storia, recensendo e/o tenendo questa fic nelle Preferite/Ricordate/Seguite*-*
E ovviamente ringrazio tutti quelli che continuano a seguire questa fic in silenzio ma, spero, con lo stesso interesse^^
Grazie di cuore. Senza di voi il mondo mi sembrerebbe senza nutella^^

Sul prossimo capitolo, purtroppo, posso solo dire che farò il possibile, ma non posso fare promesse.
Quindi un semplice...alla prossima^^










  
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