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Autore: Melanyholland    24/06/2004    9 recensioni
Per non perdere per sempre la sua Ran, stavolta Shinichi dovrà combattere la battaglia più dura: quella contro se stesso
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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8. Sunrise of Wishes

Un sole pallido sorse a fatica in quella umida e fredda domenica mattina, i deboli raggi di luce erano inghiottiti da una nebbia densa e esanime. Nell’ombra silenziosa della sua stanza, Ran Mouri dormiva profondamente, il viso sereno affondato nel cuscino asciutto, la forma deliziosa del suo corpo scolpita nella coperta. Niente lacrime sulle sue ciglia, o gonfiore sui suoi occhi...solo rossore sulle guance e un sorriso...

"No ho detto che non mi va!!" Piagnucolò una bambinetta con grandi occhi blu, i pugnetti stretti davanti al viso. Il ragazzino che gli stava davanti sbuffò indispettito, guardandola con gli occhietti a fessura: "Uffa!! Avevi detto che volevi giocare con me no? Allora forza, tu sei una rapinatrice e io un grande detective...tu scappi, io ti prendo e...."
"No! Non voglio!!" ribadì lei con la sua vocetta, sul punto di piangere: "Chiamo mamma, se fai il prepotente con me, ecco!" Stavolta il piccolo sembrò davvero impaurito, istintivamente si toccò la testa e guardò la bambina ancora indispettito ma decisamente più convinto a capitolare:
"Va bene, non c’è bisogno di chiamare nessuno...quanto sei noiosa. Che vuoi fare?" Lei gli sorrise asciugandosi le lacrime dagli occhioni, indicò raggiante le due altalene ora libere che erano nel parco, un po’ lontane dalla loro posizione sotto una grande quercia. Alle loro spalle, due donne erano sedute su una panchina, chiacchierando animatamente: una di loro rise passandosi una mano fra i lunghi capelli mossi. Il bambino si strinse nelle spalle: "Okay, vado a chiedere a mamma se possiamo...tu intanto vai ad occuparle." lei annuì e si avviò sgambettando verso la piazzola delle altalene, la gonna del vestitino mossa dal tiepido vento d’estate. Il piccolo raggiunse la panchina, attirò l’attenzione delle due donne e parlò, segnando con il dito il punto dove la bambina si stava avvicinando con vivace foga. La bella signora con i capelli mossi gli sorrise e gli accarezzò la testa con affetto, annuendo, anche l’altra donna con gli occhiali non parve avere nulla in contrario e le due ripresero tranquillamente la conversazione interrotta. Il bambino seguì i passi della piccola che l’aveva preceduto, lo sguardo basso e un po’ seccato, anche se quella alternativa non gli sembrava poi così male, in fin dei conti. Quando arrivò alla piazzola vide che c’erano un gruppo di bambini abbastanza grossi e robusti, forse delle medie, che guardavano minacciosi dall’alto in basso la bambinetta che gli stava davanti con lo sguardo impaurito: "Che succede qui?" chiese, la voce più matura che poteva sfoderare, tutti spostarono gli sguardi su di lui, compresa la bambina, che sembrava rincuorata:
"Te lo dico subito moccioso" rispose sprezzante il più grosso: "Questo posto è nostro, e questa stupida ha detto che vuole giocare qui..." "Non sono stupida!!" lo interruppe lei, la voce stridula di chi si sta trattenendo dal piangere. Il bambino aggrottò le ciglia arrabbiato: "Non è stupida...tu forse, sei più grande di noi e non sai ancora che il parco è di tutti!" lo studente delle medie gli si avvicinò minaccioso, torreggiando su di lui: "Ora ti faccio vedere io chi è lo stupido..." gli mollò un gancio destro in piena faccia e il bambino cadde a terra, il naso sanguinante: "No!! Mam..." la piccola cercò di gridare, ma un altro del gruppo gli tappò la bocca: i suoi occhi saettarono spaventati verso la panchina, ma le due donne continuavano a parlare concitatamente, ed erano troppo lontane per accorgersi di quello che succedeva. Il ragazzino si rialzò, tamponandosi il naso e sforzandosi di non piangere, mantenendo il suo sguardo determinato che si spostò sulla sua amichetta e gli fece crescere la rabbia: "Che c’è? È la tua fidanzatina? Che carini!!" lo prese in giro con tono di scherno, poi si avvicinò alla bambina e la prese in braccio, tenendogli la mano premuta sulla bocca e bagnandosela così con le sue lacrime: "Però...hai scelto bene piccolo...e se le dessi un bacetto io? Non ti dispiace vero?" lei chiuse gli occhi disperata e il bambino si scagliò con violenza contro il prepotente, che non era preparato ad una reazione così brusca e si beccò una testata in pieno stomaco, così forte che dovette premerci le mani cadendo in ginocchio. Lasciò andare la bambina che si riparò dietro la schiena del suo amico, chiudendo gli occhi aggrappata alla sua spalla. Il cerchio degli altri ragazzi si strinse attorno a loro. La bambina gemette, singhiozzando rumorosamente e tremando, il piccolo le lanciò un’occhiata rassicurante: "Non aver paura Ran" le sussurrò in tono amabile: "Non gli permetterò di farti del male. Ti proteggo io, non temere..." lei ricambiò lo sguardo riconoscente, asciugandosi le lacrime e smettendo di tremare: "Grazie Shinichi...sei il mio amichetto del cuore..." gli rivelò, lui sorrise e guardò di nuovo il gruppo di teppisti...

Ran aprì gli occhi, sbadigliò e si guardò attorno, riconobbe la sua camera, con tutte le sue cose; si rigirò e vide Kazuha che dormiva profondamente accanto a lei, la bocca aperta e i capelli sciolti spettinati che le coprivano metà della faccia. Non aveva idea di che ore fossero, ma al momento non le importava: voleva crogiolarsi nel sogno appena fatto, anche se in realtà non era stato un vero e proprio sogno, bensì un ricordo della sua infanzia...la prima volta in cui Shinichi aveva dichiarato di volerla proteggere, la prima volta che da bambino presuntuoso e un po’ arrogante si era trasformato in un amico su cui poter contare, una specie di angelo custode tutto per lei. Quella volta se l’erano vista veramente brutta, ma Shinichi già allora non aveva esitato a salvarla, sforzandosi di non piangere per sembrare forte e poter rincuorare lei. Certo, il coraggio non gli sarebbe bastato a vincere tutti quei teppisti, e lei era sicura che l’avrebbero ridotto davvero male se Eri Kisaki non fosse intervenuta prontamente, guardando torva e minacciosa i ragazzini delle medie e facendoli fuggire a gambe levate, compreso il più grosso, che ancora si teneva lo stomaco. Tuttavia lei gli era stata davvero riconoscente, si era sentita protetta, al sicuro. Ran assunse un’espressione contrariata ma allo stesso tempo divertita: Shinichi aveva approfittato subito del suo debito di riconoscenza costringendola a sottomettersi al gioco della rapinatrice e del detective. Naturalmente quando Eri l’aveva sorpreso a legare i polsi di sua figlia con una corda per saltare Shinichi si era ritrovato con un bozzo in più sulla testa e le lacrime agli occhi. Ran soffocò una risatina, attenta a non svegliare la sua temporanea compagna di stanza...nonostante tutto erano bei ricordi, davvero preziosi. Come aveva potuto pensare di buttare tutto quanto all’aria senza dargli nemmeno un’ultima possibilità? Il suo rapporto con Shinichi era fin troppo importante per lei...forse il nodo fondamentale intorno a cui girava tutta la sua vita, e forse era stata ingiusta nel giudicarlo. Lanciò un’altra occhiata a Kazuha: aveva ragione, doveva capire che investigare era fondamentale per lui, e per quanto facesse non poteva fargli cambiare il suo modo di essere, doveva accettarlo così com’era, se gli voleva bene davvero...le sue guance avvamparono, strizzò gli occhi sorridendo
e oggi pomeriggio lo rivedrò oh Shinichi dopo tanto tempo non vedo l’ora di nuovo soli noi due potergli parlare guardandolo negli occhi e raccontargli le mie ansie e sentirlo mentre mi dà della stupida e mi prende in giro ma non importa perché poi dirà qualcosa lo so qualcosa che mi colpirà e mi riscalderà e mi farà felice sì succederà lo fa sempre lui è fatto così
Si coprì il viso con le coperte, sorridendo ancora fra sé e sé, ansiosa di leggere sull’orologio le ore 18, quando finalmente avrebbe potuto riabbracciare Shinichi, passare con lui una serata stupenda e sentirsi di nuovo protetta, al sicuro vicino a lui. Ogni volta che ci pensava sentiva un tuffo al cuore ed era costretta a rigirarsi fra le lenzuola, per scaricare l’eccitazione, trattenendosi da lanciare grida esultanti; tutto quel movimento infastidì la povera Kazuha, la quale cercava disperatamente di dormire, dato che erano solo le prime luci dell’alba, e la quale continuava a grugnire raggomitolandosi sotto le coperte. Ran se ne accorse e dispiaciuta si alzò, decidendo di lasciarle tutto il letto, quasi per ripagarla del grandissimo favore che le aveva fatto dandole quel consiglio la sera precedente. Si tolse il pigiama, si infilò una maglietta candida e un paio di pantaloncini color crema, uscì dalla camera e si diresse in cucina per prepararsi la colazione. Mise sul fuoco un pentolino d’acqua e mentre aspettava che bollisse prese a sfogliare una vecchia rivista; ad un tratto sentì sbadigliare e alzò lo sguardo perplessa: strano che qualcun altro fosse già sveglio, che prima avesse disturbato la sua amica a tal punto che l’aveva destata dal sonno? Si preparò psicologicamente a farle le sue scuse ma, con gran stupore della ragazza, non fu Kazuha ad attraversare furente la soglia della porta, bensì il suo amico d’infanzia, Heiji Hattori. Anche quest’ultimo sembrò sorpreso di vederla lì:
"Ehm...Buongiorno..." esordì un po’ impacciato, la voce ancora impastata dal sonno; lei gli sorrise:
"Buongiorno Hattori kun....come mai già alzato?" domandò in tono leggero, alzandosi per spegnere il fornello e aggiungere all’acqua una bustina di tè. Heiji la osservò per un istante, poi rispose: "Non riuscivo a dormire...credo che andrò a fare una passeggiata, tanto per schiarirmi le idee..." mentì, felice che lei non lo stesse guardando. Non poteva certo dirle che lui e Kudo dovevano appostarsi davanti alla casa del giornalista aspettando che lui uscisse...
"E tu invece?"
Ran arrossì, indecisa se dirgli o meno il vero motivo per cui si era alzata dal letto: in fondo Heiji e Shinichi erano amici, e non poteva rischiare che lui andasse a riferirgli che era così ansiosa di uscirci insieme da perdere completamente il sonno: "Beh...ecco... Stessa cosa, più o meno...vuoi un po’ di tè?" Si voltò verso di lui con il pentolino in mano, sorridendogli cortese, ma Heiji rifiutò: non poteva perdere troppo tempo, o Conan l’avrebbe ucciso...aveva pensato di prendere qualcosa e mangiarlo per strada, non era preparato a trovarsi davanti un’altra persona; ringraziò il cielo che almeno non era Kazuha, la quale di sicuro avrebbe insistito in modo opprimente per andare insieme a lui, costringendolo ad un’estenuante discussione di almeno mezz’ora. Sorrise divertito e si avviò verso la porta, purtroppo però Ran era decisa a continuare quella conversazione, a causa di un pensiero che aveva in mente da quando Heiji aveva varcato la soglia della cucina: "Dài, non fare complimenti, ne ho fatto troppo....che fretta c’è? È così presto! Siediti!" indicò con lo sguardo una sedia davanti a sé e ogni discussione fu inutile. Heiji obbedì e si fece versare una tazza, pensando divertito e con una punta di panico al momento in cui avrebbe dovuto spiegare a Kudo che era arrivato tardi all’appuntamento per prendere il tè insieme a Ran. Non riusciva ad intuire quale delle due cose l’avrebbe fatto arrabbiare di più, se il ritardo o il fatto che avesse passato il tempo con la sua ragazza....i suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Ran: "Sai, Hattori, questa è la prima volta che noi due abbiamo la possibilità di parlare da soli...di solito ogni volta che vieni a trovarci stai tutto il tempo con Conan..." Heiji annuì sorseggiando il tè, stavolta riflettendo su quanto dovesse sembrare grottesco agli occhi degli altri il fatto che lui passasse la maggior parte della giornata con un bambino di sette anni. Ran continuò: "Oh, non ti biasimo, Conan kun è molto intelligente e sa essere davvero adorabile...e poi non ha atteggiamenti infantili, con lui posso parlare di qualsiasi cosa, e non mi tempesta di domande come fanno di solito i bambini. Anzi, qualche volta è lui che mi spiega le cose...Conan sembra...è...così...adulto..." disse meditabonda, Heiji trasalì e rispose in fretta: "I...Io non sono d’accordo...ad esempio ieri, non puoi capire quanti capricci ha fatto per non essere tenuto sulle spalle, continuava a dire che ce la faceva da solo...credo che sia solo una tua impressione...sì, è di sicuro così, Conan kun è il ragazzino più infantile che io abbia mai conosciuto!" Ran lo guardò per un attimo, sbattendo le ciglia incredula: "Sul serio?" Heiji annuì energicamente. Adesso poteva dire a Kudo di aver perso tempo per sviare i sospetti di Ran, il che gli assicurava parzialmente l’incolumità dalle sue ire. La ragazza portò la tazza alle labbra e bevve un sorso, poi riprese: "Dicevo...è la prima volta che parliamo a quattr’occhi, perciò ti dispiace se ti faccio qualche domanda..." deglutì rumorosamente "...su Shinichi?" evitò accuratamente di guardarlo negli occhi e abbassò la testa, desiderosa che lui non si accorgesse del suo rossore. Heiji diede un’occhiata all’orologio e disse in fretta: "Sicuro, chiedimi quello che vuoi." Sfortunatamente Ran aveva bisogno di più tempo per pesare le parole da dire e non aveva alcuna voglia di chiudere velocemente la conversazione: "Ecco...tu dici sempre che avete risolto insieme molti casi...e... insomma..."si schiarì la gola "Lui...Shinichi intendo...ti parla mai di me?" bevve un altro sorso di tè affinché non sembrasse troppo strano che tenesse gli occhi bassi e la testa china, Heiji ripensò a quando Conan si era aperto con lui in quella stanza d’ospedale e anche in quell’albergo, riflettendo se dovesse dirlo o no. Erano confidenze e non era sicuro che Kudo volesse che Ran le apprendesse; aveva impiegato molto a conquistarsi la fiducia del detective dell’est, solo dopo molto tempo avevano cominciato a parlare anche di cose personali e non esclusivamente di lavoro...non voleva buttare all’aria tutti gli sforzi che aveva fatto per diventare il suo migliore amico. Tuttavia se avesse risposto negativamente la cosa avrebbe potuto ferirla, e non voleva che Ran se la prendesse con Kudo per una sua bugia...si accorse di quanto quella situazione lo mettesse a disagio, poi lanciò uno sguardo a Ran e si accorse che stava fissando il tè nella tazza da quasi un minuto ormai. La situazione era reciproca, dunque. Finalmente si decise a rompere il ghiaccio:
"Sì, mi ha parlato di te..."
"Davvero?" Ran alzò lo sguardo su di lui, le brillavano gli occhi: "E...e cosa ti ha detto?" chiese ansiosa, sorridendogli; Heiji si portò la tazza alle labbra per temporeggiare: certo che Kudo aveva proprio scelto bene, lei era davvero carina...anche se non quanto un’altra ragazza che conosceva bene e che probabilmente adesso era nel mondo dei sogni. Quasi senza accorgersene cominciò a pensare alla sua amica d’infanzia, a quanto fosse cambiata rispetto alla ragazzina petulante con cui giocava da bambino...era cresciuta e diventata veramente una bella ragazza. Heiji ricordò quando qualche mese prima lei aveva rischiato di morire, ricordò il suo viso rigato dalle lacrime mentre lo pregava di lasciarla andare, di salvarsi almeno lui...la rivide più tardi, mentre dormiva serena per lo scampato pericolo, il viso arrossato ed estremamente dolce...era bellissima. "Hattori kun, qualcosa non va?" domandò Ran preoccupata dal suo silenzio, sporgendosi verso di lui: "Sei tutto rosso..." Heiji si svegliò bruscamente da quel sogno ad occhi aperti e scosse la testa come a voler cacciare fuori quei pensieri così imbarazzanti: "Eh, no, niente...dicevamo, Kudo...sì..." Si ricompose e la momentanea preoccupazione di Ran si trasformò di nuovo in emozione: pendeva letteralmente dalle sue labbra.
"Beh...ecco...lui mi ha parlato benissimo di te...Sai credo che sia davvero..." deglutì "...molto affezionato a te." Ran sorrise raggiante: "Da cosa lo capisci? Che ti dice?"
"Scusa Mouri ma, sai com’è, Kudo si è confidato con me e non so se vorrebbe che io ti dicessi tutto." Ammise sinceramente, sperando nella sua comprensione. Ran sorrise e annuì, era d’accordo con Heiji, tuttavia non poté nascondere la delusione: avrebbe tanto voluto sapere cosa provava per lei Shinichi: "Oh, ti capisco..." sospirò "La sua amicizia deve essere molto importante per te...come per tutti quelli che lo conoscono bene, del resto. Shinichi ha sempre avuto uno strano magnetismo, all’inizio può sembrare solo un ragazzino pieno di sé e un presuntuoso saccente..." rise "Eppure se si impara a vedere dietro quella sua maschera, si scopre una persona stupenda, pronta ad aiutare e proteggere i suoi cari e diventa impossibile non voler stare con lui. E’ intelligente e anche molto maturo, quando vuole...le sue parole sono capaci di colpirti nel profondo, quasi di commuoverti a volte e i suoi occhi, sempre così determinati, mai un segno di incertezza...mi infondono sicurezza. Sì, Shinichi è decisamente una persona fuori dal comune." Arrossì, tenendo la testa china, Heiji sorrise colpito dalla verità di quel discorso: erano le stesse impressioni che aveva avuto lui di Kudo. Ran si alzò e mise la tazza nel lavandino, facendo scorrere l’acqua e guardandola traboccare dal recipiente di ceramica come ipnotizzata. Heiji si alzò a sua volta e posò la tazza vicino a quella della ragazza, poi si avviò verso la porta.
"Però sappi che gli manchi davvero molto" aggiunse in tono serio. Ran si voltò verso di lui e di nuovo i suoi occhi azzurri brillavano: "Ci sta male per non esserti accanto, credimi." Concluse e senza voltarsi uscì dalla cucina. Ran lo seguì con lo sguardo finché non sparì, chiuse l’acqua e si sedette, coprendosi con le mani il viso bollente: così non era l’unica a soffrire, Shinichi stesso stava male per la sua lontananza, voleva averla vicino, pensava a lei...forse anche lui provava i suoi stessi sentimenti. Il suo cuore si riempì di felicità come mai da quando era partito e guardando l’orologio pensò annoiata che quelle che la separavano dall’appuntamento sarebbero state le ore più lunghe della sua vita.

"Sveglia Shinichi!! Sono già le sei!" la voce del professore svegliò il piccolo detective, che se ne stava rifugiato sotto le coperte per sfuggire alla luce insistente proveniente dalla finestra. Conan lo guardò con gli occhi a fessura per un secondo, poi si voltò dall’altra parte con un grugnito. Il dottor Agasa cominciò a scuotere il suo corpicino: "Forza! Devi lavorare non ricordi?" un altro mugolio scocciato e nessun’altra reazione. Lo scienziato sbuffò esasperato e tornò in camera sua, Conan emise un sospiro di sollievo: non aveva alcuna voglia di alzarsi, se l’avesse fatto, avrebbe dovuto di nuovo affrontare la realtà, pensare a tutti i suoi problemi e cercare di risolverli. Insomma, tutte quelle cose dalle quali il nulla del suo sonno senza sogni l’aveva liberato. Cominciò a pensare a Ran, che probabilmente se ne stava beata nel suo letto a dormire, senza l’ombra di alcuna preoccupazione e sorrise: era stato per merito suo che ora lei stava bene, solo grazie alle sue parole il cuscino non si era inzuppato di lacrime quella notte, e lei si era addormentata serena, libera da ogni tristezza. Si sentiva sollevato, perché le parole di lei allo stabile l’avevano trafitto da parte a parte, gli avevano fatto dubitare di se stesso, si era domandato se davvero era la persona corretta che credeva o solo, come aveva detto Ran, un cinico presuntuoso, se tutte le qualità che ostentava fossero solo apparenza...perché crudele lo era stato, e gli bruciava ancora dentro, ogni volta che l’aveva guardata disperarsi per la sua lontananza, che l’aveva vista in lacrime, si era dispiaciuto, certo, ma soprattutto Mi sono sentito sollevato felice sì felice perché se lei si comportava così allora voleva dire che era ancora disposta ad aspettarmi il fatto che lei soffrisse mi assicurava che pensava a me e che i suoi sentimenti non erano cambiati e per quanto cercassi di nasconderlo io sì mi sentivo bene godevo nel vederla piangere e allora mi chiedo se avesse ragione se io sono davvero una persona senza cuore un mostro sì perché è così che mi sento un mostro
Chiuse gli occhi, aver affrontato quei pensieri che da tanto celava perfino a se stesso l’avevano scombussolato, si sentiva di nuovo male, il dolce torpore che il sonno gli aveva dato era scomparso. Si chiese che cosa sarebbe successo se non si fosse presentato all’appuntamento...la delusione l’avrebbe distrutta dentro, nel profondo del suo cuore e del suo animo, tutto a causa di una promessa che lui le aveva fatto per non dover affrontare il suo pianto, per colpa di una promessa che difficilmente avrebbe potuto mantenere. Se non si fosse presentato all’appuntamento, la serenità di cui ora godeva Ran sarebbe stata un’effimera illusione, la breve parentesi che le avrebbe reso ancora più dolorosa la dura realtà. L’aveva ingannata, per sentirsi meglio, e se l’antidoto non avesse funzionato...l’avrebbe distrutta e lei l’avrebbe odiato davvero, al di là di semplici sfoghi momentanei. Era stato un errore e adesso non poteva più tornare indietro, anche se una soluzione c’era, semplice per lui ma estremamente pericolosa per due persone a cui era molto affezionato e che aveva giurato a se stesso di proteggere; un pensiero che passò fulmineo nella sua mente, e dal quale fu spaventato. Perché era davvero allettante, sì, e per nulla faticoso...doveva solo aspettare lì fermo e buono e tutto si sarebbe risolto...
"SHINICHI!!" la voce del professore lo fece trasalire, si accorse che stava quasi per scivolare di nuovo nel sonno e con estremo sollievo capì che i suoi pensieri erano stati dettati da quello stato di dormiveglia in cui la mente è fuori dalla realtà. Doveva alzarsi, ora, subito, e lottare affinché il suo segreto rimanesse tale... non poteva nascondersi in eterno e da un momento all’altro il suo collega sarebbe arrivato per la prima fase del piano, così si mise seduto con un grosso sbadiglio e si strofinò gli occhi cercando di abituarli alla luminosità. C’era silenzio, a parte il cinguettio degli uccelli e i brontolii sommessi che venivano dalla camera del professore. Inforcò gli occhiali e indossò le pantofole, dirigendosi verso il bagno per un non tanto salutare ma di sicuro efficace spruzzo d’acqua gelida in faccia; nel farlo passò accanto alla porta del laboratorio e notò un ciuffo di capelli biondi che spuntava dallo schienale della sedia, davanti al computer. Si avvicinò alla scrivania e vide Ai Haibara, le braccia incrociate sulla scrivania e la testa poggiata sopra, di lato, i capelli che si dipanavano disordinatamente su un blocco di fogli pieni di calcoli e cancellature: dormiva profondamente, e anche se il suo volto non era sereno ma profondamente segnato dalla stanchezza, aveva un aspetto adorabile. Conan guardò lo schermo del computer ancora acceso e vide altre centinaia di calcoli, poi si voltò di nuovo verso di lei sentendosi un po’ in colpa: doveva essere rimasta sveglia tutta la notte per studiare le dosi giuste del suo antidoto, che lui le aveva chiesto con tanta insistenza e urgenza. Uscì in fretta dalla stanza e comparve di nuovo con in mano una coperta di lana, la stessa sotto cui si era steso lui sul divano; gliela posò delicatamente sulle spalle per non svegliarla, e con suo gran sollievo lei emise solo un gemito sommesso. Le sorrise benevolo, sperando che le sue parole della sera prima fossero state dettate solo dalla rabbia: non aveva mai pensato di sfruttarla, né di tradirla, non voleva trattarla come aveva fatto l’Organizzazione e le sue accuse l’avevano davvero colpito, facendogli male. L’unica cosa che voleva era risparmiarle altre sofferenze solo per colpa sua, lasciarla vivere serenamente, come tutte le altre ragazze... Non si era ancora perdonato il fatto di non essere riuscito a salvare sua sorella Akemi, di averla lasciata sola al mondo, di averle strappato l’unica persona a cui volesse bene. Le accarezzò piano la schiena mentre il suo viso si rabbuiava, poi si diresse verso il bagno, chiudendo la porta dello studio per non disturbare il suo sonno. Si sciacquò la faccia e si vestì, tornando in salone, dove il dottor Agasa lo aspettava facendo zapping sul televisore: "Vedo che ti sei deciso finalmente...che roba! Prima mi raccomanda di svegliarmi presto per farlo alzare e poi..." borbottò con voce aspra, Conan guardò il viso paffuto del professore contratto per la stizza e lo trovò più buffo del solito: "Dai, non mettermi il broncio adesso...è arrivato Hattori?" chiese guardandosi intorno. "No, a quanto pare la pigrizia è una caratteristica essenziale per diventare uno studente detective..." Brontolò, gli occhi fissi sul televisore. Stavolta toccò a Conan sbuffare impaziente: "Cosa!? Sono già le sei e mezza! Non posso aspettarlo ancora!" si lamentò, sul viso del professore comparve un sorrisetto: "Che idiota...beh, digli che sono andato avanti quando si presenta, e che se non mi trova davanti al condominio vuol dire che Mori è uscito e l’ho seguito!" disse in tono perentorio e uscì di casa sbattendo la porta.

Quell’uomo non aveva la più pallida idea del guaio in cui si stava ficcando; lei invece lo sapeva perfettamente. Si passò il rossetto sulle labbra e quelle divennero rosse lucenti. Sicuro, si stava scavando la fossa con le proprie mani ed era così impegnato a montarsi la testa da dimenticare che già in passato, tutti quelli che si erano avvicinati troppo alla verità erano scomparsi misteriosamente. Se ne sarebbe occupata lei, nei confronti di quell’uomo provava solo disgusto, ribrezzo... fin dal primo momento che l’aveva sentito vantarsi tronfio del suo grande scoop al bar. Povero Cool Guy, sempre ossessionato da mille problemi, ci mancava solo quel giornalista a ficcare il naso nei suoi affari, nel suo segreto...di sicuro avrebbe incontrato anche lui, impegnato a fare di tutto per recuperare il nastro senza far del male a nessuno. Eh sì, Povero Cool Guy, sempre fissato con la giustizia e la lealtà, così ingenuo da non capire che ogni guerra ha le sue vittime, e se non si vuole soccombere bisogna agire senza indugi appena se ne ha l’occasione. Era una lezione che avrebbe imparato quel pomeriggio, lei lo sapeva. Quel nastro...era sicura che Angel sarebbe stata felicissima di ascoltarlo, si sarebbe sentita meglio. Il suo angioletto non doveva soffrire a quel modo, meritava almeno la possibilità di sentirsi meglio. A qualcuno spettava dargliela. Prima quell’uomo avrebbe fatto una brutta fine, comunque, si era comportato davvero male. Almeno avesse cercato di rovinare la vita di Sherry, allora forse gli avrebbe risparmiato la vita... Quella traditrice non meritava alcuna pietà e appena Cool Guy le avesse voltato le spalle, cosa che sarebbe successa prima o poi, le avrebbe fatto scontare tutto. Prese il cellulare e compose un numero, poggiando la cornetta sull’orecchio, da cui pendevano due vistosi orecchini d’oro. Sorrise, si prospettava una giornata interessante.

Mori aprì un barattolo di aspirine e ne mise in bocca una, ci pensò su e ne aggiunse altre due. Maledetti postumi della sbornia, aveva un mal di testa terribile e una tale nausea che si sentiva lo stomaco ridotto ad uno straccio sporco appena strizzato. Si guardò allo specchio: il volto era pallidissimo, e le occhiaie scure risaltavano più del solito; aveva i capelli unti e appiccicati alla faccia, lo sguardo malaticcio. Scosse la testa e si voltò, notando sul tavolo dove la sera prima aveva appoggiato le chiavi una scatola di fiammiferi abbastanza grande; l’aprì e vide un indirizzo scritto con un rossetto molto acceso. Improvvisamente ricordò l’incontro con quella bella bionda, che l’aveva abbordato in modo fin troppo evidente per poi mandarlo in bianco, ma che gli aveva lasciato un recapito dove incontrarla. Si sforzò intensamente di penetrare la nebbia mentale che la sbornia gli aveva procurato: se non sbagliava, lei lo aveva spinto a raccontarle tutta la faccenda imbottendolo di Whisky, un po’ come voleva fare lui per ben altri motivi...poi gli aveva rivelato che...sì gli parve di ricordare che lei aveva affermato di sapere come era stato possibile che Kudo fosse regredito all’età di sette anni. L’aveva detto con sicurezza, e aveva aggiunto che gli avrebbe fatto incontrare gli artefici della pozione quella mattina, alle dieci, all’indirizzo scritto sulla scatola di fiammiferi. Non aveva nessuna garanzia che avesse detto la verità, però era disposto a seguire qualsiasi pista pur di raggiungere il suo scopo, come ogni professionista avrebbe fatto. Certo era stato fortunato, il telefono era squillato più volte svegliandolo di soprassalto, se non fosse accaduto probabilmente avrebbe dormito fino a mezzogiorno, quella mattina. Una coincidenza favorevole e davvero strana, visto e considerato che avevano attaccato subito appena alzata la cornetta... Si strinse nelle spalle, aveva cose più importanti a cui pensare e doveva riprendersi il più possibile prima del suo appuntamento. Se la bionda non aveva mentito per quella sera sarebbe diventato il giornalista più famoso del mondo, il suo articolo avrebbe impressionato e sconvolto il pubblico e avrebbe di sicuro vinto il premio Pulitzer. Aveva appena cominciato ad immaginare le parole che avrebbe detto al suo discorso quando un nuovo conato lo costrinse in bagno, mentre, molti piani sotto di lui, un bambino con gli occhiali si era diretto dietro l’aiuola, con determinazione e rabbia negli occhi.

Note dell’autrice: Ciao a tutti! Innanzitutto vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto la mia fanfic fino a questo punto (complimenti, avete davvero un bel grado di sopportazione - _ -") e soprattutto Wilwarind, Elly-chan e Irma che hanno commentato...thanks, really!! ^///^ Adesso però voglio chiarire alcuni punti, che potranno esser sembrati ostici a coloro che non hanno letto alcuni numeri del manga (e ci credo, se la Kabuki continua così...*sigh* ;__;):
- La scena che Heiji ricorda durante la sua conversazione con Ran, quella che riguarda Kazuha, è successa realmente nel vol28, "The Mermaid Disappeared"; in breve, Kazuha precipita in un dirupo e Heiji la afferra per la mano, tenendosi aggrappato a sua volta ad un ramo. Quando la ragazza si accorge che il ramo sta per spezzarsi per il troppo peso incita il suo amico d’infanzia a lasciarla per salvarsi almeno lui. Beh, non c’è bisogno che vi dica se lui la ascolta o no immagino...^^
- Conan/ Shinichi parla a Heiji di cose personali solo in due occasioni, almeno per quanto ne so: la prima volta nel vol26, la seconda nel settimo film, "Crossroads in the Ancient Capital". Per il resto si limita strettamente al professionale. (a Shin-kun piace fare il duro!!)
- La bella bionda americana che Mori incontra al bar nel chap 6 e che si vede anche qui è un membro dell’Organizzazione degli uomini in nero. Il suo nome in codice è Vermouth. Non dico altro, altrimenti faccio troppo spoiler (decisamente troppo), ma questo era indispensabile al senso della storia.
Questo è tutto. Spero di non avervi annoiato ("troppo tardi!!" ndTutti). Se avete domande, dubbi, critiche (spero non insulti! Aiuto!) basta dirlo, sarò felice di rispondervi
....
Oddio...detto così fa molto "Guida Turistica"... - - "comunque...
See you soon
-Mel

  
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