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Autore: RizafromKeron    22/05/2007    8 recensioni
Disse il foglio bianco:
“Sono stato creato puro come neve e tale resterò.
Preferirei finire preda delle fiamme che lasciarmi sfiorare da tenebre impure.”

L’inchiostro nero sentì quelle parole,
e rise gocciolando nel suo cuore scuro.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: Alternate Universe (AU), Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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PICCOLE COSE

1. PAPO

Pioveva.

La bimba non è potuta uscire.

Tanto dubitava che le sarebbe stato dato comunque il permesso di arrivare fino alla spiaggia a raccogliere conchiglie. La pioggia ha solo reso più facile la rinuncia. E’ rimasta seduta alla scrivania della camera da letto, ad ondeggiare le gambe intrecciate che ancora non arrivano a toccare terra, al ritmo di una nenia scandita da sbuffi annoiati.

Ha stretto il suo orso di pezza tra le braccia, reprimendo l’ennesimo sbadiglio nella nuca morbida e pelosa.

E’ stata svegliata all’alba.

La madre, china sul letto, riempie la valigia per lei gettando troppa roba tutta insieme alla rinfusa in una valigia sola. La bimba piega la bocca in una smorfia seccata quando vede anche il suo maglioncino preferito, quello rosa e bianco, ammucchiato malamente con gli altri, ma non dice niente.

La mamma è un po’ nervosa.

Il padre è in cucina a leggere il giornale, ad inchiodare le dita nella carta come se volesse ucciderla, e quella smorfia di profonda preoccupazione marcata sulle sopracciglia che riserva anche alle notizie più banali. Ogni tanto si porta la pipa alle labbra, ma il fumo non esce da un pezzo.

C’è un lieve bussare alla porta d’ingresso.

“Sono loro.”

Ma “loro” chi?

C’è solo un uomo là fuori, alla finestra.

Una figura storpiata dalla pioggia battente: la testa occultata dall’ombrello, le spalle strette e la schiena curva nella stoffa di un cappotto lungo e scuro. La mamma porge la valigia alla figlia in un gesto un po’ rude, quasi gliela butta in grembo svuotandole i polmoni in uno sbuffo sorpreso. Lei, la presenza gentile, un fantasma garbato dai lunghi capelli biondi di cui a tratti si dimenticava l’esistenza.

La prende per la spalla e la fa alzare in piedi.

Sulla soglia le mette in fretta il suo nuovo impermeabile blu chiaro e l’abbraccia forte. La bimba gira la testa per evitare la massa imbrogliata di capelli biondi, e guarda il papà: è ancora in cucina, col giornale e la sua pipa spenta, e non la guarda. La mamma cerca di sfilarle l’orso che ancora tiene tra le braccia, ma la bimba caccia un grido e lo stringe al petto con impeto.

Per nessun motivo…

Nessuno la separerà mai dal piccolo Papo.

E si divincola dall’abbraccio della mamma cattiva, e non vuole vederla mai più, e scoccandole uno sguardo di fuoco apre la porta da sola anche se la maniglia è in alto e lei ci arriva a fatica.

Quasi finisce in braccio a “loro”.

“Loro” è un signore molto gentile che odora di dopobarba e pulito, che le mette una mano sulla spalla mentre le sorride. Le copre la testa con l’ombrello, le apre la porta della carrozza trattandola come una signorina ricca. Le fa segno di entrare mentre lui mette il suo bagaglio in cassetta, sotto un telo impermeabile. Dentro ci sono altre persone, una donna troppo impegnata a leggere certe carte scritte fitte fitte per salutarla e un uomo che russa, con la testa pigiata contro il vetro umido.

Sono vestiti uguali, di blu chiaro.

Color “impermeabile”.

Come “loro”.

La bimba rimane in silenzio a guardare la sua casa farsi piccina e scomparire inghiottita dalla pioggia, e poi la strada informe. I grandi stanno zitti: la donna legge, l’uomo dorme. “Loro” continua a fissarla in una maniera che la mette a disagio, e le dita corrono a tormentare il naso del piccolo Papo.

“E’ strano che non pianga.”, dice la donna in un tono sgradevole. “Non ti avranno mica appioppato quella cosetta muta, con tutto il denaro che abbiamo dato loro.”

“Io parlo.”, dice la bimba.

“La muta” si chiama Vivie, vorrebbe gridare, e non è una cosa: è sua sorella minore. Non è possibile scambiarle l’una con l’altra perché non potrebbero essere più diverse d’aspetto, e di sicuro piange molto più di lei.

“Loro” allunga una mano verso di lei.

Lei, terrorizzata dall’idea che possa tirargli via Papo dal petto come ha fatto la mamma sull’ingresso, se lo preme contro la pancia e accenna un mugolio di diniego. L’uomo rimane un istante con la mano levata incerta nell’aria, finché non le sfiora la testa bionda in una ruvida carezza.

“Sei una signorina coraggiosa.”

Lei poggia la bocca contro il nasino di plastica.

“Alle signorine coraggiose non servono gli orsetti.”

La bimba affonda il viso negli occhi di bottone di Papo e trema, serrandolo spasmodicamente tra le dita. Si accuccia sul sedile sollevando le ginocchia e premendo le cosce nude contro la schiena morbida del pupazzo. Non le importa se tutti in quella carrozza le vedranno le mutandine da sotto la gonna, o se starà scomoda, Papo non si tocca.

Non lo permetterà.

E’ stata Vivie a regalarglielo: è il suo adorato Papo, l’orsetto con cui dorme da quando è nata e che non ha mai voluto nemmeno farle tenere in braccio: con ciocche di ondine scure appiccicate alle guance rosse, e le lacrime a premere dagli occhioni grigi, prima di andare a letto.

Non ha che questo.

La carrozza ondeggia e vibra, la pioggia sfrigola. Il viaggio continua senza che lei si muova di un millimetro, anche se le tremano i muscoli e le faccia male il tallone, premuto contro il bordo della carrozza. Ma nessuno tenta di forzarla ad aprire le braccia, né le toglie il suo orsetto.

Nessuno fa nulla.

Poco prima di arrivare, dopo quelle che alle sue gambe sembrano ore, le viene detto che lei è il primo soggetto del gruppo R, e che vivrà nel magazzino Z del quartiere Alfa di Central City.

“Il tuo nome è R1zα, adesso.”

La bimba lo trova un nome stupido.

Ma finché avrà Papo andrà tutto bene.

Fine capitolo 1

Note di fine fic: Innanzitutto, non chiedetemi perchè l'orsacchiotto si chiama Papo. Proprio non chiedetemelo, perchè non ne ho la più pallida idea (anche se grazie a questo nome è saltata fuori una cosa geniale della mia amica Ale, che sbagliandosi l'ha chiamato POPI. Grosse risate di mezz'ora). E' un nome che mi è venuto in mente nel momento esatto in cui mi sono chiesta "Come si chiama questo orsacchiotto?" A istinto mi è venuto in mente Papo e sempre viva viva l'istinto! XD Oppure è un rimando a Paco, l'amico di Chico, che ieri ho deciso essere il nome di un eventuale gemello malvagio di Ed (anche qui, non chiedetemi il perchè, si delirava su una yaoi RoyxEd e ci siamo lasciate prendere la mano. XD)

Poi, visto che siete brave persone non mi chiederete nemmeno perchè non ho messo la dicitura AU, anche se ne sono convinta, molto probabilmente ci andrebbe (non sono così matta da pensare che la mia idea abbia un fondamento di verità, è troppo assurda! Ma col tempo capirete XD). Sappiate che il motivo principale per cui non metto la dicitura AU è che NON esco dalla storia principale (a meno di svolte future del manga, allora FORSE penserò alla dicitura, hu hu hu! ^.^).

Infine, visto che nutro la più piena fiducia nei miei lettori (che ringrazio sempre grandemente), essi avranno la pazienza di perdonarmi se una volta tanto non finirò una storia nello spazio di un capitolo solo. XD E sicuramente avranno la pazienza di attendere eventuali sviluppi prima di lanciarmi addosso delle scarpe. Eventuali teorie e pippe mentali sono graditissime, naturalmente. ^^

  
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