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Autore: Mary West    06/11/2012    5 recensioni
Un evento incredibile sconvolge la vita tranquilla di Tony Stark e lui si sentirà più solo e distrutto che mai proprio nel momento in cui il mondo ha bisogno di Iron Man più che mai prima d'ora. Un arrivo dal passato, un nuovo nemico da sconfiggere, amicizie indistruttibili e l'amore più puro fanno da sfondo all'avventura del secolo e tra litigi, notti insonni, travestimenti e bugie gli Avengers si riuniranno ancora.
Lei annuì e tornò ad accarezzargli la mascella, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi perfetti.
«Baciami» sussurrò adorante. «Tutta la notte.» Lui sorrise e la accontentò.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'You'll find that life is still worthwhile, if you just smile'
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Capitolo IV
How I met your father



Il sole splendeva raggiante quella mattina tanto quanto lo splendido anello che luccicava fra le coperte color bianco crema in cui era dolcemente avvolta la delicata figura di Pepper. La sveglia aveva da poco segnato le sette del mattino quando un violento tonfo pesante ruppe il silenzio che aleggiava nella casa ancora addormentata. Tony, che camminava per casa con indosso solo un paio di boxer, sbatté le palpebre con aria perplessa e raggiunse l’ingresso con i capelli disordinati e lo sguardo assonnato. Aprì la porta con un enorme sbadiglio. Quando vide la persona che lo aspettava sulla soglia di casa, rimase senza parole.
“Thor?” chiese perplesso, strofinandosi gli occhi con aria stupita. “Che ci fa qui?”
Il dio del tuono stava fuori dalla porta, con aria curiosa e il Mjolnir che si muoveva fra le sue mani sudate e impacciate.
“Uomo di ferro” esordì in tono solenne. “Mi dispiace ferire il tuo animo lacerato, ma ho bisogno di te.”
Tony si fece da parte e lasciò che il dio entrasse in casa. Thor si guardò intorno, ammirato.
“È bella la tua dimora, uomo di ferro” si congratulò appagato.
“Grazie” replicò Tony, non provando il minimo pudore per il suo vestiario, guidando l’amico verso la cucina. L’odore di caffè e pancake riempiva l’aria di dolce e zucchero.
“Che odore divino… è cibo degli dei, questo?” chiese Thor e avvicinò il volto al vassoio colmo di frittelle con aria affamata.
“Serviti pure” disse Tony cordiale e porse al dio un piatto con tre pancake ricoperti di sciroppo d’acero. Thor se ne riversò due in bocca senza esitazione, gustandoli con aria soddisfatta.
“Questo cibo è di discendenza divina” confermò entusiasta prima di nutrirsi della terza frittella. Pepper entrò in cucina proprio in quel momento.
“Tony, con chi stai parlando?” chiese raggiungendo i fornelli. “Oh!” esclamò poi quando i suoi occhi calamitarono su Thor e arrossì furiosamente perché indossava solo una maglia di Tony e nient’altro.
“Buongiorno” sussurrò a disagio.
“Buongiorno, milady” rispose Thor e fu subito davanti a lei, con le labbra che le sfioravano il dorso della mano in un gesto galante che infiammò ulteriormente le guance di Pepper. Tony roteò gli occhi al cielo e sbuffò.
“Dacci un taglio, casanova da strapazzo” gli disse seccato. Thor non lo ascoltò neanche.
“Thor, figlio di Odino. E dio del tuono” si presentò solenne, inchinando il capo come per ossequio.
“Oh… Virginia, ma puoi chiamarmi Pepper” disse lei, scuotendo la testa imbarazzata.
“Ma certo” annuì Thor comprensivo, poi guardò Tony e sorrise. “La donna di ferro.”
Tony scoppiò a ridere divertito e si sedette di fronte all’amico.
“Il tuo soprannome vale più di quanto credi” disse gioviale. “Come mai sei venuto?” gli chiese disinteressato.
“Sono qui, uomo di ferro, per chiedere il tuo aiuto.”
Pepper alzò lo sguardo verso il dio, ora del tutto dimentica di avere le gambe scoperte. Si avvicinò a Tony e si poggiò contro di lui, fissando gli occhi azzurri sulla figura ora preoccupata dell’ospite.
“Ieri sera, dopo la nostra quotidiana riunione alla sede nascosta, un gruppo di Midgardiani ci ha atteso all’uscita, ghermendo a tradimento i nostri compagni. Io solo sono riuscito a sfuggire a questo vile attacco” raccontò con grande empatia.
“Chi sono?” domandò Tony seriamente.
“Non conosco i loro volti né le loro identità” rispose Thor affranto. “Ma hanno condotto i nostri uomini in un dannato aggeggio strombazzante con una fila di numeri sulla coda.”
“Una macchina?” tentò Pepper, stringendo le labbra per evitare di ridere.
“Credo che questa sia stata la parola usata da uno dei codardi che ci hanno aggredito ignobilmente.”
“Aspetta” intervenne Tony, improvvisamente colpito da un’idea. “Thor, per caso ricordi la fila di numeri sulla coda?”
“Certo, uomo di ferro” rispose cordiale il dio. “Un Asgardiano non dimentica mai nulla.”
“E qual era?” domandò di nuovo Tony.
“GL4N573R” replicò Thor ostentando sicurezza. “Non nutro dubbi.”
Tony annuì soddisfatto e si diresse verso il suo laboratorio senza dare spiegazioni. Il dio assunse un’aria perplessa.
“È posseduto da una magia malvagia?” domandò preoccupato rivolgendosi a Pepper che sorrideva divertita.
“No” rispose lei tranquilla. “È solo Tony Stark. Un’altra frittella?”
 

*

 
“Non capisco.”
“Te l’ho già spiegato.”
“Continuo a non capire.”
“Te l’ho già spiegato!”
“Sì, ma non capisco lo stesso!”
Natasha sbuffò sonoramente e allungò una gamba per colpire il ginocchio di Barton e la spalla di Coulson. Entrambi gridarono oltraggiati.
“Ahia!”
“Perché l’hai fatto?”
“Smettetela immediatamente” intimò lei minacciosa.
“Non c’era bisogno di ricorrere alla violenza” si lamentò Clint, usando l’altra gamba per massaggiarsi il punto in cui il violento tacco di Natasha aveva lasciato il segno sulla sua pelle delicata, data l’impossibilità delle sue mani, legate dietro la schiena.
“Mi verrà un livido” affermò poco dopo.
Phil sbuffò spazientito.
“Sei un agente segreto, Barton. Non può venirti un livido per una botta, non avrebbe senso.”
“Sembri Rogers” lo rimbrottò Natasha.
“Ehy!” esclamarono Steve e Clint contemporaneamente.
“Il tuo paragone è del tutto infondato, Natasha. Scusa se te lo dico” s’intromise seriamente colpito Phil. “Steve” pronunciò il suo nome quasi con riverenza, “è un eroe di guerra, nobile e coraggioso. Clint, perdonami, è solo una spia che lancia dardi altamente tecnologici, ma non è un eroe.”
“Io non indosso patetiche tutine luccicanti” ribadì altezzoso Barton.
“Io non sono una ridicola imitazione di Cupido” replicò a sua volta Steve.
“Avete intenzione di ricominciare?”
“Ora basta” intervenne Nick con aria esasperata. “Siamo chiusi da ore in questa stanza polverosa e voi non sapete fare altro che litigare?”
“Non è colpa mia, capo” si giustificò Clint. “Mi annoio.”
“Sì” concordò stranamente Coulson. “Litigare è anche un modo per passare il tempo.”
Natasha respirò per non urlare dal nervosismo.
“Dobbiamo fuggire” disse Howard seriamente.
“Non è possibile” lo contraddisse subito l’agente Romanoff.
“Non ora” si corresse l’altro. “Dobbiamo aspettare che ci facciano uscire.”
“Cosa ti fa pensare che lo faranno?” gli chiese Clint.
Uno scatto improvviso proruppe nella stanza e una decina di uomini dal volto scuro e le braccia muscolose li trascinarono di peso fuori dalla camera facendo forza sui loro gomiti costretti.
Howard sorrise fra i baffi. Clint storse la bocca in una smorfia indispettita.
Furono di nuovo portati nell’auto e stipati tutti nell’abitacolo. La macchina partì con un ruggito possente e non si fermò fino al primo semaforo.
Seccato da tutta quella ridicola situazione, Steve rivolse lo sguardo al finestrino e cominciò a guardare le vie di San Francisco. I suoi occhi azzurri erano concentrati nell’osservazione di uno strano aggeggio di enormi dimensioni da cui si vedevano immagini confuse e assordanti – perché diavolo ci doveva essere un cinema in mezzo la strada, poi?! – quando una figura familiare attirò la sua attenzione. Girò appena la testa, facendo estrema attenzione a passare indiscreto, e aguzzò la vista sul furgoncino bianco alle loro spalle che segnava un’insensata forma geometrica sul cofano e nel quale aveva creduto di vedere la testa di Stark. Passarono alcuni istanti e il furgoncino li superò e Steve si convinse di aver immaginato tutto. Stark lo stava decisamente ossessionando, ancora un po’ e avrebbe cominciato a sognarlo di notte. Dopo non più di due minuti, notò ancora una volta quel rombo accanto all’auto in cui viaggiavano e strinse gli occhi sul vetro per cercare di identificarne il conducente. Proprio in quell’istante, la macchina frenò con uno stridio agghiacciante: un uomo dal volto coperto, con indosso una serie di luridi stracci e una benda a coprirgli l’occhi sinistro giaceva sul cofano, strillando indispettito. Dopo essersi alzato, si rivolse con un accento che lasciava Steve sinceramente perplesso al conducente della loro macchina e cominciò a parlare a sproposito, prorogandosi in mille scuse e accuse. Nel tentativo di ignorare quella voce familiarmente fastidiosa, Steve volse altrove gli occhi e vide dinanzi a sé, aldilà del vetro del finestrino, una ragazza dai lunghi capelli ramati e lo sguardo color del cielo con indosso un semplice paio di pantaloncini in denim e una maglia oversize di una delicata sfumatura pesca. Fra le mani piccole e affusolate, reggeva un cartello bianco con una scritta scura: non respirate.
“Non respirate?” ripeté Steve perplesso e tutti accanto a lui trattennero il fiato.
“… capisce, signure, io nun l’avevu vista mica e allura…”
Fu in quel momento che successe tutto: la ragazza estrasse una bomboletta dalla tasca degli shorts e spruzzò una densa sostanza verdastra sulla portiera della macchina. Quella cedette con un tonfo e Steve fu afferrato per un braccio fuori dall’abitacolo, con le mani finalmente slegate. La ragazza lo superò e fece uscire anche gli altri. Nel frattempo, avanti, il mendicante si era tolto la benda dall’occhio e aveva estratto una pistola dai pantaloni. Steve roteò gli occhi al cielo esasperato.
“È Stark!” gridò uno degli uomini sul sedile anteriore.
“Ma dai. Sul serio?” domandò lui fingendosi sorpreso e colpì chi aveva parlato. “Allora, dovremmo chiedergli un autografo.”
Finalmente anche Phil fu uscito e si mossero insieme verso il furgoncino. L’auto di scorta che li seguiva notò la fuga e iniziò a colpirli. Steve stava per entrare nel furgoncino dietro gli altri, quando notò la ragazza rimanere indietro; fece per correre in suo aiuto, ma Stark lo precedette: scavalcò due automobili, la prese per la vita e saltarono entrambi oltre il furgone. Lei gettò una gamba oltre il sedile di una moto da corsa e partì sgommando, con Thor dietro di lei; Stark li seguì nel furgone.
“Happy, vai!”
Come in attesa di un segnale, il conducente mise in moto il camion altamente tecnologico e partirono. Tutti tirarono un sospiro di sollievo e fissarono lo sguardo sul fautore dell’ansiogena fuga. Stark sembrava quasi non accorgersi dell’attenzione di cui era soggetto e stava osservando con estrema attenzione la canna della pistola.
“Uhm… ho perso tre colpi” ragionò fra sé.
“Come facevi a saperlo?” incalzò Natasha, l’unica che sembrava non aver problemi a dialogare con lui. Tony la guardò stupito.
“Ho aperto la pistola e ho visto il caricatore” rispose con ovvietà. Natasha roteò gli occhi.
“Come facevi a sapere di noi?!”
“Non hai visto il dio del tuono, sul retro della mia Agusta?” chiese tranquillo.
“Questo non spiega molto” replicò Nick in tono pacato.
“No, infatti” gli concesse Tony e posò la pistola per terra. “Ma si ricordava la targa dell’auto in cui vi avevano messi ed è bastato utilizzare un dispositivo di localizzazione seguendo il segnale del congegno elettrotecnico che Phil tiene sempre con sé. Poi non è stato particolarmente complesso risalire al proprietario, quanto più che ero già sulle sue tracce. Damon Glanster” aggiunse di fronte allo sguardo perplesso di Fury. “Quando mi hai chiesto di far parte di una nuova missione, nonostante tutto” continuò sempre con voce pacifica, ma Steve notò che aveva di nuovo abbassato lo sguardo sulla pistola “ho voluto controllare di che si trattasse. Sono entrato nei file segreti dello S.H.I.E.L.D. e ho scoperto che eravate sulle tracce di questo tale. La sua fedina è abbastanza sporchetta, devo dire… comunque, ho capito che doveva averne combinata un’altra, se lo stavate cercando con tanta voglia” concluse calmo. Si guardò intorno, poi i suoi occhi caddero sullo strumento avvolto attorno la vita di Steve e si assottigliarono increduli. “Quello è un marsupio?” chiese dubbioso.
Steve ricambiò lo sguardo stupito e fissò a sua volta l’oggetto estremamente utile che aveva recentemente preso ad abbinare alla sua divisa a stelle e strisce.
“E allora?” replicò tranquillo. “È molto utile e vantaggioso… ci si può mettere di tutto e si può portare sempre con sé.”
Tony sospirò e scosse la testa.
“Non ne avevo mai visto uno. Credevo non li fabbricassero più dal 1947 circa…”
“Tony” lo ammonì bonario Phil.
“Cosa?” chiese lui innocente.
Il furgone finalmente si fermò e tutti scesero dall’auto. Erano in un grande garage dalle pareti grigio metallico e dove erano parcheggiate senza esagerazioni una ventina di automobili, tutte eleganti, sportive e sicuramente costosissime.
Steve le guardò senza fiato. Tony ridacchiò.
“Ti piacciono i miei giocattolini, Capitano?” chiese divertito. Steve aprì la bocca per replicare, ma lo scatto della porta interna lo fece trasalire e i suoi occhi notarono la moto sportiva su cui erano fuggiti Thor e la ragazza rossa.
“Sei in ritardo” disse lei, raggiungendo Stark.
“Problemi di affollamento. Io non me la sono fatta sul giocattolino nuovo” ribadì lui ma sorrideva e Steve capì. Oh, Santo Cielo no. Era così carina.
“Come va?”
“Un amore” rispose lei e il Capitano sorrise ammirato di come lei ribattesse colpo su colpo, senza mai dargliela vinta. Doveva ricordarsi di chiederle ripetizioni; ma magari era solo una questione di allenamento: tredici anni erano veramente tanti. Poi si ricordò che era Stark che stava parlando: sì, erano decisamente tanti.
“Uomo di ferro” intervenne solenne Thor. “Lady Virginia è stata protetta a dovere da me come mi avevi saggiamente richiesto, durante la liberazione dei nostri compagni di viaggio.”
Tony annuì soddisfatto.
“Bravo amico” lo blandì. “Sono orgoglioso di te.”
Thor sorrise come un bambino e la ragazza – Virginia – rise a sua volta. Poi i suoi occhi si posarono su Steve e lui arrossì.
“Quello è un marsupio?” domandò dubbiosa. Steve credette che fosse uno scherzo; guardò Tony con aria sconvolta.
“Vi siete accordati?” gli chiese incredulo. Stark scosse la testa.
“Perché?” domandò a sua volta lei.
“Lascia perdere, Pepper” intervenne Phil ridendo. “Siete fatti l’uno per l’altra.”
“Oh, grazie Phil” rispose lei arguta. “Ma non so fino a che punto considerarlo un complimento.”
Stark la spintonò affettuoso.
“Bruce è in laboratorio?”
“Sì. Mi ha detto di avvertirti che Glanster sembra volersi avvicinare alla California.”
“Probabile” concordò. “Di certo, già sa della fuga. Potresti dirgli di provare a localizzarlo con l’impianto WBB e che lo raggiungo subito?” le chiese gentile. “Prima devo fare una cosa.”
Lei annuì e si voltò verso l’uscita interna. Thor la seguì saltellando allegramente. Steve intanto aveva lo sguardo fisso sul viso di Tony.
Era incredibile, ma si sentiva così profondamente in colpa nei suoi confronti. Non si trattava delle parole crudeli che gli aveva sputato addosso il giorno della riunione, o almeno non solo; dopo che Stark gli aveva salvato la vita e aveva dimostrato di voler provare ad essere suo amico, lui gli aveva deliberatamente taciuto la verità e, anzi, l’aveva addirittura biasimato per il suo comportamento, ricadendo nello stesso errore già commesso la prima volta che avevano combattuto insieme: l’aveva giudicato, di nuovo, senza scrupoli e legittimità. Gli aveva sparato una sentenza in fronte e lui, invece di rispondere alle sue provocazioni, l’aveva ignorato e si era fatto colpire.
Adesso lo vedeva così diverso. Dopo tutto quello che gli avevano fatto, lui era stato disposto a mettere da parte paura e rancore, si era messo in gioco, rischiando la vita – ancora una volta – per salvare la loro. Gli aveva evitato una morte sicura e addirittura li aveva portati al sicuro, in casa sua – perché, se c’era una cosa su cui Steve no nutriva alcun dubbio, era che solo Tony Stark poteva possedere tutte quelle automobili.
“Bentornato, signore. È andata a buon fine la missione?”
Una voce metallica li fece improvvisamente sobbalzare tutti – solo Phil non mosse un dito – e Steve portò la mano al marsupio.
“Sì, grazie mille Jarvis” rispose Stark tranquillo, guidando il gruppo verso una rampa di scale. “Lui è Jarvis, il mio maggiordomo” aggiunse dopo qualche istante e tutti si guardarono intorno alla ricerca dell’individuo, ma non videro nessun uomo. Tony strabuzzò gli occhi.
“È un computer” spiegò con naturalezza. “Non lo potete vedere.”
“Un computer?” ripeté Howard con un filo di ammirazione nella voce. Era la prima volta che parlava.
Tony annuì distaccato e si fermò di fronte ad una spessa porta a vetri. Sulla superficie apparve uno schema numerico e Stark vi digitò alcuni codici; la porta scattò e lui varcò la soglia. Nell’enorme stanza a cui dava accesso, c’era di tutto: macchinari, computer, bracci meccanici, documenti, casse per la musica, modellini, armadi; in uno di questi, Steve intravide la valigetta della Mark VII.
“Come va, dottore?” chiese Tony raggiungendo Bruce davanti al computer principale. Accanto a lui, erano seduti Virginia e Thor.
“Non sono riuscito a localizzare Glanster. Neanche con il WBB” rispose rassegnato, poi vide i nuovi ospiti e sorrise. “State bene?” chiese cordiale.
“Sì, grazie” replicò Fury seccato e raggiunse anche lui la scrivania tecnologica. “Dovremmo parlare di alcune cose” affermò solenne.
“Parla, allora” disse Tony e si guardarono. Steve era sicuro che aveva notato come gli occhi del direttore fossero saettati con superiorità sulla ragazza. Virginia si alzò.
“È meglio che salga” disse e fece due passi in avanti. Stark le afferrò il braccio.
“Non c’è bisogno” asserì perentorio, senza distogliere lo sguardo dal viso di Fury. Virginia alzò il volto e finalmente  si guardarono. Steve abbassò il capo, quasi imbarazzato. Non si sentiva particolarmente a disagio per il modo in cui solitamente le persone innamorate si relazionavano in pubblico, anche dinanzi a lui, ma quella circostanza era assolutamente diversa: innanzitutto, era già incredibile pensare che Stark potesse tenere a qualcuno in quel modo così profondo, ma poi non riusciva a comprendere come fosse unico il modo in cui lui e Virginia si guardavano. Non era stucchevole, dolce o amorevole; era come se stessero discutendo e c’era complicità e comprensione reciproca, a tal punto che Steve quasi si sentì mancare il fiato. La voce di Phil rimbombò forte e chiara nella sua testa e pensò che, dannazione, aveva ragione anche quella volta.
Non ti conviene mettere Stark di fronte ad una scelta. Sceglierebbe sempre lei.
Stava scegliendo lei. Finalmente Steve capì: certo, Stark aveva deciso di rischiare la vita, di accettare la bugia ed essere disposto ad andare oltre, ma i suoi occhi vedevano il modo quasi disperato con cui si reggeva alla sua Virginia e capì che era lei che l’aveva convinto ed era lei che lo stava sostenendo. Stark non aveva bisogno di aiuto in battaglia o contro i nemici, ma di qualcuno che gli stringesse la mano mentre pensava che non poteva accettare quell’ennesima menzogna. Lei l’aveva convinto a riprovare e dare a loro una seconda possibilità; nel momento in cui fosse venuta a mancare, tutto sarebbe crollato.
“Tony ha ragione, Virginia” disse Fury fra i denti e finalmente quel silenzio agghiacciante fu rotto. Il suo nome suonava un sibilo stressato dalle labbra scure del direttore. “Puoi restare.”
“Certo che può restare” replicò prontamente Stark. “È casa sua. Sta dove le pare.”
Nick serrò la mascella e inspirò profondamente. Steve notò lo sguardo paziente che Virginia rivolse a Stark e si chiese come facesse a trattenere l’impulso di prenderlo a calci; lui non ce l’avrebbe mai fatta.
“Dunque” cominciò il direttore con voce alta e tono professionale. “Come tutti avrete ormai capito, cioè quasi tutti…” continuò rivolgendo lo sguardo alla ragazza che adesso sedeva di fianco a Phil.
“Tutti, Fury, non preoccuparti” lo corresse Tony.
“… sì, insomma. Damon Glanster ci sta causando qualche problema. Nel 1999, dopo esser stato radiato dall’albo degli astrofisici nucleari per esperimenti proibiti ed evidentemente individualistici e quindi espulso dalla società, ha preso possesso di un prezioso marchingegno elettronico già esistente che Howard aveva creato appositamente per lo S.H.I.E.L.D. e che aveva lo scopo di proteggere tutti i dati gestiti dalla società e controllare che nessuno ne entrasse in possesso. Tuttavia, per l’utilizzo di questo congegno, bloccato appositamente da noi per evitare che qualcuno ne entrasse in possesso, è necessaria una serie di elementi chimici difficili da trovare e lavorare. Dal 1999 a oggi, Glanster non è mai riuscito a completare la ricerca; pochi mesi fa, ha trovato il penultimo elemento; l’ultimo è un elemento che in natura non esiste e che, fino ad oggi, è stato trovato e sintetizzato solo da una persona” fissò lo sguardo su Tony e lui annuì; la sua mano andò a toccare il cuore di metallo che brillava di luce azzurra.
“Il Pegasus.”
“Il Pegasus” ripeté Fury grave. “Tenterà di strappartelo dal cuore.”
Stark rise, divertito. “Non sarebbe la prima volta, che qualcuno ci prova” disse e sembrava molto più calmo di quanto in realtà non fosse.
“Dobbiamo fermarlo” continuò Nick ed era serio e preoccupato. “In possesso e capace di far funzionare quel congegno, Glanster può entrare a conoscenza dei dati dello S.H.I.E.L.D., giocarci o usarli per tenerci in mano sua. Può scoprire la modalità di funzione del Tesseract e usarne la forza per imporre il suo dominio nel mondo.”
“Mi stavo appunto chiedendo quando il tuo cubetto adorato sarebbe saltato fuori.”
“Stark” lo ammonì Natasha. “Come facciamo a fermarlo?” chiese poi rivolta al suo capo.
“Glanster sta venendo in California. Sa che vogliamo impedirgli di realizzare i suoi progetti e cercherà di fermarci a sua volta.”
“Quindi non ci resta che attendere l’arrivo dell’amico delle stelle e poi attaccarlo nell’edificio che sceglierà come sua sede” concluse Tony pragmatico. “Perfetto.”
“E nel frattempo dove andiamo?” chiese Barton. “Non possiamo tornare più nella sede segreta, non è più sicura.”
Steve intercettò lo sguardo di Stark e lo vide scambiarsi un’occhiata con Virginia. Lei sbatté le palpebre e sollevò le sopracciglia, sorridendogli divertita; lui sbuffò e parlò ancora.
“Potete stare qui” disse a denti stretti. “La casa è abbastanza grande per ospitare tutti e non è rintracciabile.”
“Anche la sede segreta non era rintracciabile” mormorò Rogers preoccupato.
“Non così, Capitano” lo contraddisse Tony. “Un impianto contro le presenze indesiderate è un giochetto da ragazzi da disattivare. Qui ci sono codici, computer, protocolli, apparecchiature anti-localizzazione da satelliti e altri congegni. Nessuno che io non voglia può trovare questa casa e buttare giù la porta.”
Si alzò dallo sgabello e precedette la sfilza di ospiti sulle scale. Tutti lo seguirono sulla rampa, ma Virginia rimase indietro. La voce di Phil, per quanto bassa e discreta, arrivò nitidamente alle orecchie di tutti.
“Grazie.”
La risata che ne seguì sfiorò cristallina e delicata le pareti del corridoio.
“Non è merito mio. Ha scelto lui di provare.”
“Non l’avrebbe fatto, se non ci fossi tu.”
“Lady Virginia?”
La voce di Thor risuonò cordiale fra i due amici.
“L’uomo di ferro ti sta cercando.”
Lei annuì e condusse gli ultimi due Vendicatori su per le scale, raggiungendo il salotto dove si erano radunati gli altri. Camminò scalza fino alla parete e lei e Tony si guardarono. Pepper capì al volo.
“Dunque” esordì serafica. “L’agente Barton e Thor possono prendere la stanza gialla, quella al primo piano” continuò, rivolgendosi alternativamente alle persone che citava. “Dottore, lei e l’agente Romanoff potreste dormire nella prima stanza degli ospiti, se non è un problema” proseguì con fare pratico. Bruce avvampò furiosamente e Natasha sorrise, accomodante; Tony si morse il labbro per non ridere. “Così nella seconda possono stare il direttore e il signor Stark” disse ancora e sembrava così strano parlare di un ‘signor Stark’ che non fosse il suo. “E Phil potrà dividere la nostra stanza con il Capitano.”
“No” intervenne subito Tony. “Rogers nel nostro letto no. Sul serio, lo profanerà” inveì turbato.
“Sono certo che sarà già profanato” replicò prontamente esasperato Steve.
“Be’, non mi aspetto che tu capisca, ma non concordo. Non può, davvero” ribadì intransigente. I suoi occhi cercarono quelli di Pepper e lei scosse la testa, con fare tranquillo.
“Puoi fargli cambiare stanza, se vuoi, ma è ferito ad una spalla e pensavo che, dato che quello è il letto più comodo…”
“Sei stato ferito ad una spalla?” chiesero all’unisono Phil e Tony, solo che il primo lo fece con tono estremamente preoccupato e premuroso, il secondo con espressione di gioia ed entusiasmo.
“E da chi? Voglio mandargli dei fiori!”
“Stark!” lo ammonì Fury.
Pepper sorrise di nascosto, ma a Steve non sfuggì.
“E va bene” concesse infine. “Ma ti avverto, Rogers, che se trovo la stanza cambiata anche solo di un capello, ti uccido e non ci saranno tutine né padelle a salvarti dalla mia furia.”
Howard sorrise a sua volta e si passò una mano fra i capelli.
“Jarvis, mostreresti ai signori le loro sistemazioni?”
“Certo, signorina” replicò servizievole il maggiordomo. Ognuno prese a raggiungere la sua camera e Tony si voltò verso Pepper.
“Forse dovremmo aspettare” disse subito lei e Tony vide che l’anello adesso era il ciondolo della sua catenina. Annuì, suo malgrado.
“Stavo per dirti la stessa cosa. Solo… mi dispiace.”
Lei sorrise bonaria e si sporse per baciarlo. Dopo tutte quelle parole e quegli sforzi, era come tornare a respirare aria pulita.
“Aspetta” la interruppe senza allontanarla troppo. “E noi dove dormiamo?”
Lei sbatté le ciglia con aria beffarda e indicò qualcosa alle loro spalle; Tony aprì la bocca indignato.
“Fammi capire bene: Rogers dorme nel mio favoloso letto e noi ci sistemiamo sul divano? Bimba, questo è troppo.”

































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Buongiorno a tutti, Vendicatori <3
Come va? Spero bene :D 
Allora, eccoci qui con il quarto capitolo di questa mia piccola, preziosa perla che non posso non amare tanto. So che è ridicolo, ma mi sono affezionata così tanto in breve tempo a questa storia e spero possa risultare gradita anche a voi. 
A questo proposito, voglio ringraziare tutte le persone che la seguono/leggono/ricordano/recensiscono/preferiscono e che si perdono su anche solo un minuto; siete la mia felicità. <3
Prima di lasciarvi, vorrei dirvi qualcosina su questo capitoluccio:

[1]: How I met your mother è una sitcom statudinense con protagonista Ted Mosby; 
[2]: la targa dell'auto indica un nome - Glanster - che è quello del nostro uomo. L'idea è liberamente ispirata alle targhe delle auto di Tony nei due film di Iron Man; 
[3]: il grande cartello che vede Steve è, naturalmente, un maxischermo; 
[4]: l'auto con cui Tony arriva è una Reanult; 
[5]: l'idea del cartello è liberamente ispirata ad una scena di Matrimonio impossibile e la battuta sul marsupio è di Michael Douglas; 
[6]: la moto su cui viaggiano Thor e Pepper è un Agusta ed è stata eletta fra le motociclette migliori di tutti i tempi da motocorse.com; 
[7]: WBB sta per "Viva Bruce Banner". 

Dunque vi ringrazio ancora e vi prometto di rispondere singolarmente alle recensioni il prima possibile. 
Un bacio e alla prossima!
Mary.
   
 
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