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Autore: schwarzlight    08/11/2012    3 recensioni
Il treno della sera, sguardi riflessi, un incontro mancato.
Un incontro ritrovato.
*Terza classificata al concorso [Mini Original 7] La Polvere e... la Sera, giudicato da Miss Dark*
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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eyes like dust
Nick dell’autore: schwarzlight
Titolo: Eyes like Dust
Tipologia: one-shot
Lunghezza: 518 parole
Genere: generale, introspettivo, slice of life
Avvertimenti: /
Rating: verde
Credits: /
Note dell'autore: ovviamente una cosa simile non poteva che venire in mente in treno... XD
Poi, Eva è la protagonista di una storia di prossima pubblicazione, Io e Nonna Angie (yay 8D), e, be', è ovviamente leggibile indipendentemente, ma volevo giusto precisarlo. Anche Ray è tra i protagonisti di tale storia. E' un po' un prologo, insomma, anche se non proprio... più un Missing Moments?'-'
ARGH. Basta.
Introduzione alla storia: Il treno della sera, sguardi riflessi, un incontro mancato. Un incontro ritrovato.





Eyes like Dust





"Eva è indistruttibile."

Eva non era indistruttibile, per quanto potessero affermare il contrario.
Eva aveva i suoi patemi, le sue insicurezze, le sue paure. Solo che non sfociavano all'esterno, rimanevano chiusi nelle loro scatole, accatastati negli scaffali assieme agli altri pensieri, al sicuro, mentre da fuori, Eva, sembrava effettivamente intoccabile.
Niente stress, niente isterie, niente debolezze, Eva era il saldo piedistallo che sorreggeva tutti. Eva era forte e poteva sopportare il peso degli altri. Ma, forse, anche lei aveva i propri problemi. Forse, il proprio peso era il più insostenibile fra tutti.
Ray se n'era accorto.
La precoce sera autunnale oscurava il paesaggio, ed entrambi fingevano di osservare il panorama, occultato dai finestrini del treno trasformati in specchi. Attraverso il vetro, Ray osservava la ragazza dall'altra parte del corridoio, lo sguardo perso oltre le sporadiche luci di case isolate sulla costa. Eva non vedeva nulla. Persa nei suoi pensieri, osservava il buio, senza accorgersi dello sguardo indiretto del ragazzo poco distante.
Occhi come polvere. Occhi grigi che ad un soffio un po' più forte sarebbero svaniti, si sarebbero dissolti nell'aria, portandosi dietro le loro silenziose parole.
Occhi come polvere, opachi, immobili da troppo tempo. E poi? Cosa avrebbe fatto lui, a parte continuare a fissare il suo sguardo perso, affascinato da quell'immobilità, da quel suo esser persa e impalpabile e forte allo stesso tempo.
Il treno cominciò a frenare.
Si sarebbe girato. Si sarebbe girato a guardarla, prima di scendere, e l'avrebbe fatto direttamente, senza tramiti, senza sotterfugi di specchi e ombre. L'avrebbe guardata e... e l'avrebbe portata con sé, l'avrebbe tenuta con sé.
No.
No, no, no.
Lui sarebbe stato con lei, sarebbe rimasto con lei, avrebbe sopportato il suo peso e tutto il resto.
Il treno si fermò, le porte si aprirono.
Per un attimo, solo per un infimo attimo, lei si spostò: sembrò notarlo, ed entrambi si girarono.
La gente stava scendendo. La gente stava scendendo, ed effettivamente quella era anche la sua fermata, di lei, di lui. La gente stava scendendo, una marea quasi immobile fra loro.
Poi la gente finì, e lei era già andata.




Un'altra mattina, una come tante. Rientrava appena a quell'ora, Ray, dopo una nottata passata alle corse di moto, quelle notturne, perché erano il suo elemento, la sua arena in cui scendeva da protagonista.
Finalmente tornava al suo appartamento, all'ultimo piano di una palazzina dall'ascensore che una volta andava, le altre cinque no. Per fortuna quella era una delle volte in cui, per chissà quale intercessione divina, il suddetto pareva voler funzionare. Meglio per lui.
Le porte si aprirono sull'ultimo pianerottolo, e davanti il suo ingresso uno scatolone - un elettrodomestico, forse - e una ragazza appoggiata ad esso che riprendeva fiato dopo aver appena finito l'ultima rampa di scale. Lei non era stata così fortunata, pareva.

- Che stai facendo?

Occhi come polvere.

Di nuovo, gli stessi occhi grigi, la stessa fragile forza, lo sguardo che si intrecciava al suo.
La polvere non c'era più.

- Mi chiamo Eva, abito con Angie- cioè, la signora Angelica. - disse indicando l'appartamento di dirimpetto.

- ...Ray. Quella è casa mia.

Andava bene così.







Grazie mille per aver letto, spero vi sia piaciuta seppure con un finale simile. u_ù
   
 
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