Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |      
Autore: KH4    08/11/2012    11 recensioni
Sei davvero così tanto arrabbiata con me? - ed ecco che giunse in porto la fatidica domanda.
Abbastanza -, rispose piatta lei, occupata a controllare il giusto dosaggio di sale e pepe della zuppa.
Perché non ti ho salutato come si deve? - continuò lui.
Anche. -
Cos’è? Siamo passati alle risposte monosillabiche? - 
Oh, ti da fastidio? Sai, pensavo che se tu ti senti tanto libero a dire e fare quello che più ti piace, non vedo perché non possa farlo anch’io. -
Non comportarti come una mocciosa -, la rimproverò.
Mi comporto come meglio credo, caro il mio signor Re dei Pirati . -
 
Piccola one-shot  su bisticci, sbuffi, e una zuppa che attende di essere assaggiata e gustata.
Paring: Roger x Rouge.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Gold D. Roger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Un uomo saggio tiene sempre a mente che, per quanto buona sia la scelta fatta, esiste un margine d’errore destinato a ripercuotersi su quella stessa azione.
E un uomo intelligente, sa che dare le spalle a quest’ultimo è utile soltanto a ingigantirlo.
 
Gol D. Roger si riteneva un uomo in tutto e per tutto, con una testa tutta sua e che il novantanove per cento dell’universo non riusciva a comprendere. Niente di più, niente di meno.
Ma anche lui, in quanto uomo, essere umano, aveva le sue “debolezze”; una, per l’esattezza, con il più bel paio di occhi dolci e testardi che avesse mai incontrato. Sfrontati poi, quando le sfumature cremisi cominciavano ad accentuarsi particolarmente, come a volerlo avvisare di non calcare troppo la mano.
 
Un richiamo forte quanto quello dell’oceano, intenso come le sue burrasche, ma niente di così sufficientemente pericoloso da fargli temere per la propria incolumità fisica. Non che avesse paura – figurarsi se un uomo grande e grosso come lui si faceva mettere in piedi in testa dal primo che gli passava davanti -, però Portoguese D. Rouge non era esattamente una timida locandiera conquistabile con un occhiolino e un sorriso sensuale: a conti fatti, era una mocciosa piena di lentiggini, dal carattere a tratti intrattabile, capace di servire i propri clienti con il sorriso sulle labbra per dodici ore di fila e prendere a padellate chi provava ad allungare le mani.
 
Anche in quel momento, nonostante fosse mezzanotte e la locanda fosse vuota, sorrideva: stava canticchiando qualcosa a bassa voce, asciugando con attenzione i boccali di birra appena lavati. L’aveva osservata lavorare tutto il giorno, senza mai uscire dall’ombra del pilastro di legno che gli consentiva di non essere visto, giusto per non disturbarla.
 
Dì piuttosto, che non vuoi che ti tiri dietro uno sgabello -, lo aveva colpito nel vivo un Rayleigh sogghignante, quello stesso pomeriggio.
 
Erano giunti a Baterilla di mattina, in netto anticipo rispetto ai tempi stabiliti. L’aria profumava di estate e i fiori d'ibisco rossi ne approfittavano per sbocciare in tutta tranquillità. Rouge li adorava, erano i suoi preferiti, tanto da piantarne qualche esemplare nei pressi di casa sua e riempirci i vasi che metteva sui tavoli della locanda. Considerata la propria posizione, Roger aveva riflettuto se presentarsi a mani vuote o armato di un’intera piantagione di quest’ultimi che attutisse la batosta che si era già figurato mentalmente, ma poi si era messo a osservarla silenziosamente da dietro quel pilastro e la questione non era più sorta.
 
Era cresciuta, la sua mocciosa.
I suoi ondulati capelli chiari si erano allungati, le dita affusolatesi e il viso fattosi graziosamente delicato. Piccoli e inevitabili cambiamenti fisici, ma lui aveva comunque sorriso compiaciutamente nel notarli.
 
- Hai intenzione di rimanere nascosto lì dietro ancora a lungo, Roger? -
 
Il pirata si ritrovò inconsciamente a battere le palpebre.
Quand’era stata l’ultima volta che l’aveva sentita pronunciare il suo nome? Avrebbe detto che era accaduto l’altro ieri, se a contraddirlo non ci fossero stati gli anni di pirateria fatti.
Lo aveva chiamato con voce piatta, ma chiaramente stanca di aspettare la sua mossa. Doveva averlo già scoperto da un bel po’ e la cosa non giocava certo a suo favore.
 
- Allora, Roger? Esci o devo forse venire io a prenderti? - incalzò lei.
 
Si stava spazientendo. Cattivo segno.
Grattandosi velocemente la nuca corvina, uscì allo scoperto e si diresse verso il bancone, sedendosi proprio di fronte alla donna.
 
- Alla buon ora -, sbuffò lei, passando a pulire i piatti e senza degnarlo di un solo sguardo - Cosa ti servo? -
- Che freddura. E’ così che accogli tutti i tuoi clienti? - cercò di ironizzare lui.
- No, solo quelli egocentrici, orgogliosi e convinti che l’osservarmi di nascosto per tutto il santo giorno non mi dia fastidio -, gli rispose, prendendo il tagliere e alcune verdure.
- Stavo solo costatando quanto tu sia diventata bella, in questi ultimi anni -, ed era la verità….quasi.
- E ti è occorsa addirittura un’intera giornata per arrivarci? Ne sono lusingata -, si finse stupita.
- E’ la verità o solo un modo per farmi intendere che la mia presenza non è gradita? - perseverò lui.
Con sua grande sorpresa, la donna si lasciò scappare un largo e sospettoso sorriso - No, Roger, la tua presenza non mi è sgradita, non del tutto - gli confessò, sporgendosi in avanti e incatenandolo allo sgabello con occhi di chi sapeva come realmente stavano le cose - E’ solo che a me piace essere salutata quando una persona decide di prendere e partire per un lungo viaggio e mi piace essere informata ogni tanto della sua incolumità. Non dico ricevere lettere tutti i giorni, ma leggere un messaggio di tanto in tanto aiuta a non pensare al peggio, se la persona in questione è un pirata. Peccato che non sia il caso di qualcuno di mia conoscenza, che invece preferisce sedurre un’innocente, partire alla volta del Nuovo Mondo senza neppure lasciarle uno straccio di biglietto, guerreggiare contro chiunque pensi che il suo sogno sia troppo folle da realizzare e tornare qui con la pretesa di trattare la cosa come se niente fosse. -
-….Sbaglio o ti sei definita innocente? -
 
Mai ci fu sbaglio più grande di quello.
L’uomo vide il viso della locandiera contrarsi per le continue prese in giro e la bocca sillabare il - “Gol D. Roger: non azzardarti a prendermi  per i  fondelli” -, più inquietante che gli fosse mai stato detto.
 
Era arrabbiata, oh, se lo era! E la colpa era sua, della sua linguaccia impertinente e di quella sua inguaribile voglia di cercarsi i guai e ingigantirli a dismisura. Magari Rouge non era orripilante o distruttrice come i mostri marini che imperversavano nelle Fasce di Bonaccia, ma sapeva far intuire al suo cervello quand’era la volta buona di smetterla con le stupidate. Su quel fronte era identica alla prima volta che l’aveva incontrata, con una suscettibilità che solo lui aveva il grande privilegio di portare all’esasperazione. Adorava da morire stuzzicarla, era una cosa da cui era stato lontano troppo a lungo e vedere il suo viso lentigginoso corrucciarsi non lo aiutava certo a essere serio o a porsi dei dovuti limiti.  Non che se li fosse mai posti, tra l’altro….
 
- E’ bello sapere che certe cose sono destinate a rimanere tali e quali per tutta la vita -, sghignazzò, ignorando volutamente la leggera scia di brividi freddi che gli aveva appena attraversato la schiena - Ah, mettici anche delle carote -, aggiunse subito.
- Non sei nella posizione di pretendere qualcosa -, tagliò corto lei, dandogli le spalle per gettare nella pentola brontolante le verdure affettate.
- Però mi stai preparando la zuppa -, notò con l’indice scuro.
- Non centra nulla. -
- Sarà, ma ricordo che quando venivo a trovarti dopo l’orario di  lavoro, furibonda o no con me, mi preparavi sempre la zuppa. E come la volevo io -, le rammentò placidamente l’uomo, contando memonicamente tutte le volte che era riuscito ad accaparrarsi un piatto sostanzioso e nutriente senza sborsare un solo soldo.
- Pura etica professionale - , si difese la donna, aggiungendo delle spezie e coprendo la pentola con l’apposito coperchio - Cucino per chiunque entri nella mia locanda e paghi quanto mangiato, cosa che non ti ho mai visto fare. -
- Sono un pirata, pagare non è nella mia natura -, si giustificò bellamente lui.
- Può darsi, ma sotto questo tetto sei un mio cliente -, replicò fermamente lei, incrociando le braccia.
- E allora, in quanto cliente, non ho il diritto di avere la zuppa come la voglio io? - ribatté lui, imitando la padrona di casa e rincarando la dose con occhi carichi di sfida.
- Solo se fossi venuto durante l’orario di apertura, ma visto che hai preferito rimanere impalato dietro il pilastro di legno, te la prendi così com’è. -
- Ti faccio notare che il tuo orario d’apertura è terminato da un po’, quindi non pago niente. - figurarsi se gliela lasciava vincere così facilmente.
- Lo dici tu. La locanda è mia e la gestisco io, pertanto ti prendi la zuppa com’è e mi paghi gli arretrati scroccati -, sentenziò definitivamente lei.
 
Cocciuta, sfrontata, permalosa e più dura di tutta l’algamatolite del mondo intero.
Ecco la Portoguese D. Rouge a cui aveva sempre voluto tappare la bocca con la propria.
Aveva sempre esternato apertamente l’esasperazione che provava, quand’era lui a renderle la giornata impossibile, ma nemmeno lei ci andava leggera: quando si impuntava per aver l’ultima parola, la conversazione miracolosamente intavolata, senza che volassero oggetti contundenti, si trasformava in un travaglio senza fine.
 
- Tu non hai idea di che cosa  voglia farti in questo preciso momento -, le confessò, sporgendosi leggermente in avanti.
- Voglio, voglio, voglio….com’è che quando vieni qua sento sempre qualche tua strampalata pretesa? - fece lei, per nulla toccata dalle sue ultime parole.
- Se ti riferisci ai nostri futuri figli, guarda che ero serissimo, quella volta -, le disse - Li ho sempre voluti e li voglio tutt’ora. Se sarà un maschio, si chiamerà Ace. Se invece sarà una femmina… -
- Si chiamerà Ann, lo so -, annuì lei – Ma da come te la sei data a gambe levate l’ultima volta, non sembravi tanto intenzionato ad averne. –
- Questo perché ero troppo impegnato a guerreggiare contro chiunque credesse che il mio sogno fosse troppo folle da realizzare -, e concluse il tutto con quel lungo sorriso semicoperto dagli sporgenti e sottili baffi neri, che tante volte aveva visto Rouge mordersi le labbra.
 
Anche lì, con un nervo verdastro e pulsante sulla tempia destra, la donna affondò i denti nel labbro, stringendo convulsamente il mestolo con il quale aveva girato accuratamente la zuppa. Nessuna forza divina avrebbe potuto impedirle di sbattere l’arnese contro i denti di Roger e farglieli saltare definitivamente, perché dopo averne sopportato la malcelata presenza per tutto il santo giorno, servirlo come un principino viziato e farsi prendere a pesci in faccia con le proprie parole non era nelle sue intenzioni!
 
Oltretutto, aveva pure la faccia tosta di fare il finto tonto!
 
Calmati, Rouge, calmati. Non è il caso di perdere le staffe, non ancora -, si ripeté con molta calma.
 
Sospirò pesantemente, come non aveva più fatto dalla sua ultima visita.
Lo aveva sempre saputo, sospettato, perché una testa come Roger, per quanto intricata che apparisse, era semplice e limpida come le sue intenzioni. Lui ricordava, aveva colto il punto che tanto la rendeva spigolosa e fredda come una lastra d’acciaio, ma era così divertito dal giocarci intorno che dava quasi l’impressione di non sapere effettivamente di che cosa stessero parlando. Invece lo sapeva bene, ne era cosciente, ed era quel suo modo di fare che la scombinava tanto.
 
Perfino adesso, la situazione non era tanto diversa da allora: lui era lì, seduto di fronte a lei, su quello sgabello che non lo ospitava da tanto tempo, con solo un cappotto vistoso e un paio di baffi neri a segnare il tempo trascorso. La sua roca risata aveva sempre cercato di coglierla di sorpresa durante la lunga assenza, ma lei non si era mai lasciata ingannare: sarebbe equivalso a dargliela vinta, e c’era già il suo animo ingarbugliato a renderle la vita difficile.
Nessun uomo mai incontrato si era rivelato così maledettamente e inspiegabilmente esasperante, disarmante e imprevedibile sotto tutti i punti di vista e se lo diceva lei – che comunque era un tipino non da poco – era più vero di certe dicerie sull’elisir dell’eterna giovinezza nascosto nel Mare Orientale.
 
Roger correva e non si fermava, non si guardava mai indietro: andava sempre dritto, oltre i confini, incapace di fermarsi e di sfiorare con le sue dita il tempo. Allora gli si gettava addosso, lo prendeva e lo legava per tenerlo unito e palpabile. Così raggiungeva le sue mete, così otteneva ciò che voleva.
 
Ma con lei doveva fermarsi, voleva fermarsi.
La sua mocciosa non poteva certo essere presa e impacchettata come un regalo di compleanno e non sarebbe stato il complimentarsi per il bel fiore d'ibisco rosso che portava nei lunghi capelli chiari, a salvarlo dalle sue occhiate alquanto stizzite.
 
- Sei davvero così tanto arrabbiata con me? - ed ecco che giunse in porto la fatidica domanda.
- Abbastanza -, rispose piatta lei, occupata a controllare il giusto dosaggio di sale e pepe della zuppa.
- Perché non ti ho salutato come si deve? - continuò lui.
- Anche. -
- Cos’è? Siamo passati alle risposte monosillabiche? -
- Oh, ti da fastidio? Sai, pensavo che se tu ti senti tanto libero a dire e fare quello che più ti piace, non vedo perché non possa farlo anch’io. -
- Non comportarti come una mocciosa -, la rimproverò.
- Mi comporto come meglio credo, caro il mio signor Re dei Pirati . -
 
Ahia! Di male in peggio!
Se Roger stava prendendo in seria considerazione l’idea di legarsi la lingua e starsene zitto fino alla fine della tortura, la faccenda non poteva che essere prossima alla catastrofe. Era passato dalla padella alla brace in solo colpo e tenere per sé i propri pensieri lo salvò dall’essere ridotto seduta stante in tanti minuscoli pezzettini.
Nessuno migliore di lui poteva sapere quanto fosse pericoloso avere a che fare con Rouge in quel momento e non erano i suoi occhi pronti a lanciare fulmini e saette sul suo capoccione corvino a renderglielo noto, ma una cosuccia che, all’apparenza, risultava quasi un’insulsa bazzecola.
 
Non lo aveva mai chiamato col suo soprannome. Per lei c’era Roger, Gol D. Roger, per l’esattezza: nessun demonio, pirata, ricercato su scala internazionale, Re dei Pirati….niente.
Solo Roger e basta.
 
Ma era capitato che il suddetto fosse automaticamente diventato il Re dei Pirati per l’aver commesso un affronto a dir poco imperdonabile e che la bella locandiera, non tanto amante degli scherzi, gli avesse reso pan per focaccia.
Tra l’essere costretto a dormire sulla panchina fuori dalla locanda, a sorbirsi le grasse risate del suo vice e a scalare le alte scogliere di Baterilla per raccogliere i fiori di ibisco più belli dell’isola, Roger aveva scoperto quanto fosse letale far perdere le staffe a una donna come Rouge. Lui era bravo a circondarsi di persone grazie al suo carisma, riusciva a scuoterle a tal punto da impedire loro di dimenticare il suo volto, ma con lei doveva combattere, sempre, costantemente.
 
Lei non pendeva dalle sue labbra: era testarda, alzava muri che sfuggivano alla sua comprensione, lottava quanto lui per non farsi condizionare da nessuno. E la cosa lo eccitava da morire.
A volte la stuzzicava per il puro piacere di vederne le reazioni, altre si scervellava per il non sapere che pesci pigliare e altre ancora arrivava perfino a chiedersi se fosse veramente possibile essere affascinato da una donna tanto suscettibile quanto caparbia.
 
Come adesso, per la precisione.
 
- Rouge… -
- Sai qual è la cosa che più mi da fastidio? - lo stroncò sul nascere, smettendo di mescolare la zuppa - Che col tuo modo di fare non pensi alle conseguenze. Ma come potresti, in fondo? Sei talmente pieno di te che le preoccupazioni non ti passano neppure per l’anticamera del cervello. -
 
Mentalmente, Roger alzò gli occhi al cielo.
Volente o nolente, la ramanzina gli toccava.
 
- Tu sei un irresponsabile. Un grandissimo e sconsiderato irresponsabile -, continuò lei, puntandogli l’indice contro - Ti getti fra le braccia del pericolo senza pensarci due volte e non ti curi della gente che si chiede se tu stia bene o no…. -
- Non pensavo di starti così tanto a cuore -, si mostrò felicemente sorpreso lui.
- Zitto e fammi finire! - e gli puntò contro il mestolo.
- Va bene, va bene! Scusa! - ridacchiò quello, alzando le braccia in segno di resa.
Il nervo già alquanto pulsante sulla tempia della donna diventò ancor più grande - Ecco, vedi?! E’ questo che intendo! Tu prendi tutto alla leggera, sparisci di punto in bianco e ti comporti come se nulla avesse un peso effettivo! Sai perché sono così arrabbiata, non fare il finto tonto e cerca di riflettere per un solo secondo su quanto sarebbe potuto accadere, se le cose fosse andate diversamente! -
- Mi stai forse dicendo che sei arrabbiata per non essere rimasta incinta di me? - incredibile ma vero, era sincero. Davvero, aveva perso il filo del discorso.

Pietrificata e superata ogni soglia di sopportazione, Rouge si morse le labbra fino a far diventare il suo viso rosso quanto un pomodoro.

- No, Roger, non sono arrabbiata perché non sono rimasta incinta di te -, rispose con voce e pugno tremanti, riuscendo comunque a versare la zuppa in una scodella - Ma ti vorrei rammentare che la notte antecedente alla tua fuga, non l’hai passata da solo e questo dovrebbe suggerirti qualcosa sui rischi che abbiamo corso. Non è successo niente che non volessimo, vero, e se anche fossi rimasta incinta non avrei di certo commesso chissà quale sciocchezza, ma quello che mi fa tanto arrabbiare, è che hai preso e te ne sei andato via senza prendere in considerazione tale eventualità: sei sparito per più di due anni e tornato qua di nascosto, lasciandomi scoprire da sola il tuo arrivo. -
- Sapevo che avresti attentato alla mia vita. -
- Cosa ti fa credere che abbia deposto l’ascia di guerra? -
- E a te cosa ti costa, arrenderti, darmi un bacio e farmi assaggiare la tua buonissima zuppa? -
 
Lo vide ancora.
Quel lungo, sfacciato e persistente sorriso era di fronte a lei, con tutto il suo ego, con tutto ciò che aveva bruciato a tempo di record il suo buon umore.
Lo vide e il suo cuore sospirò. Poteva cancellarlo? No, come mai avrebbe potuto odiare quell’uomo tanto snervante.
 
Grondava di sfrontatezza, arroganza, fiducia…
Era il suo modo di dirle che andava tutto bene, che sarebbe sempre andato tutto bene, perche qualunque pazzia egli avrebbe commesso, ne sarebbe uscito indenne per potersi gettare in un’altra ancor più suicida. O per tornare da lei. Le diceva tutto quello che voleva sentirsi dire, glielo faceva intendere senza alcuna parola. Trovava il modo di sconvolgerla, nonostante lei lo conoscesse così bene da saperne i più intimi segreti: c’era sempre qualcosa, un lato della sua personalità che lo rendeva incomprensibile perfino ai suoi occhi dalle sfumature scarlatte, che ora ne riflettevano lucidamente l’immagine. Se fosse stata un’altra persona, avrebbe dato chissà che cosa per scoprirlo, ma a lei bastava. Roger era Roger e lei aveva smesso da tempo di interrogarsi per quale assurda ragione lui fosse così maledettamente imprendibile sotto tutti i punti di vista.
 
Prenderlo per quello che era.
Ecco cosa aveva fatto la bella locandiera, quando aveva realizzato che quella persona, insieme al suo smisurato sorriso, avrebbe sfondato ogni singola porta della sua vita senza preavviso. Ciò che voleva otteneva, niente riusciva a fermarlo e anche questo era un dato di fatto che Rouge aveva imparato a conoscere a proprie spese.
 
Ma una piccola soddisfazione per tutto quello che le aveva fatto passare, voleva comunque prendersela.
Esibendo un sorriso a sua volta, dolce e comprensivo, prese delicatamente la ciotola riempita di zuppa bollente….per poi versarla sulla testa del suo visitatore.
 
- Mi dispiace tanto, ma la mia locanda e le mie labbra hanno chiuso i battenti -, lo informò cordialmente, compiacendosi dell’espressione accartocciata e scioccata che l’uomo mostrò nei secondi successivi.
- E per quanto riguarda le gambe? - fu l’ultima e speranzosa domanda di lui.
 
SCIAFF!!
 
Lo schiaffo che seguì a quella richiesta fu tanto violento da farlo girare di novanta gradi, giusto quel che serviva per fargli vedere la porta della locanda chiudersi violentemente.
 
- D’accordo, questa me la sono cercata -, ammise, massaggiandosi la guancia dolorante.
  
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: KH4