Nome autore: Mitsuki91
Titolo storia: Senza
rimpianti
Pacchetto usato: Patronus
Coppia: Amelia Bones/Kingsley
Shacklebolt
Rating: Giallo
Link al contest: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10352083&p=1
PS = gli errori segnalati
sono stati corretti, ove possibile.
Eccoci qui! A pubblicare
questa storia che mi è piaciuto molto ideare e scrivere. Sono molto fiera del
risultato, anche se certi errori si potevano evitare tranquillamente (me ne
assumo tutta la responsabilità: avrei dovuto rileggere una volta di più
>..<).
Che dire? Vi lascio alla
storia, sperando che vi possa piacere =)
Fatemi sapere! =D
Buona lettura =)
Senza rimpianti
Ero
appena diventata membro del Wizengamot quando accadde.
Eravamo
in piena guerra, la prima guerra magica. Un ragazzo di colore, alto, capelli
scuri e occhi penetranti, era appena diventato Auror, e ci portò uno dei primi
Mangiamorte catturati perché lo giudicassimo.
Ne
rimasi subito colpita. Portamento serio, professionale, molto dedito al suo
lavoro. Io avevo all’incirca quarant’anni – venti più di lui, accidenti! – e
lui riuscì ad entrarmi subito sottopelle e a sconvolgermi.
Non
si può dire che fino ad allora avessi vissuto una vita infelice. Ero stata una
bambina – poi ragazza e donna – amata, mi ero sposata giovane sotto l’influsso
di una grande passione, stravedevo per la mia prima e unica nipote e avevo
fatto carriera in fretta all’interno del Ministero della Magia. Però non avevo
avuto la grazia di un figlio, quando la passione con mio marito si era spenta
avevo concluso che gli volevo bene, sì, ma non lo amavo come si dovrebbe amare
un marito, e avevo recuperato il mio cognome da nubile per prendere le distanze
da lui, che si era adeguato alla situazione senza fiatare. Forse anche per lui
era finito l’amore, non so, ma sta fatto che mi ero buttata a capofitto nel
lavoro per superare la noia di una vita coniugale monotona e che, quando non
ero in ufficio, andavo sempre a trovare mio fratello con moglie e figlia, la
piccola Susan. Lei era la figlia che non avevo mai avuto, la gioia della mia vita
familiare.
Poi
arrivò lui.
Ero
indubbiamente troppo vecchia per Kingsley Shacklebolt, ero sposata e, non per
ultimo, lui non mi aveva dato segnali che mi facessero sperare, almeno non in
quel primo incontro. Che segnali avrebbe dovuto mandare, poi?! Aveva solo
consegnato un sospetto Mangiamorte alla giustizia.
Quella
sera stessa, però, tornando a casa, persino mio marito si era accorto della mia
irrequietudine. Il fatto era che vederlo mi aveva sconvolta nel profondo:
finora avevo letto il suo nome in qualche rapporto, sì, ma non l’avevo mai incontrato
e in ogni caso non mi era mai passato nell’anticamera del cervello che potessi
sentirmi… Attratta, ecco, da un nuovo cadetto più giovane di me di vent’anni.
Mi
buttai su mio marito sperando di dimenticare. Il miglior sesso del mio
matrimonio, ancora meglio dei giorni infuocati di passione del primo periodo.
Lui, alla fine del rapporto, mi guardò sbalordito, mentre io cercavo di
assumere un’aria innocente e dentro di me mi sentivo malissimo: perché non
avevo fatto l’amore con mio marito, no, nella mia testa erano altre le mani che
mi toccavano, era un’altra la bocca che mi baciava, e quando mi aveva preso…
Era stato Kingsley, non lui.
Andò
avanti così per parecchio tempo. Ero diventata una donna divisa, lacerata: la
passione che mi divorava la scaricavo su mio marito, mentre dentro di me il
sangue ribolliva per quel giovane Auror… E mi sentivo infinitamente in colpa.
Povero Arold! Se il nostro rapporto fosse stato solo un po’ più profondo,
probabilmente si sarebbe accorto del mio stato d’animo.
Intanto
le cose al lavoro per un verso miglioravano, e per un altro peggioravano.
Kingsley continuava a portarci prigionieri… E aveva iniziato a guardarmi,
insistentemente, ma senza abbandonare i toni professionali. Credevo che fosse
una mia impressione, finché anche Dolores Umbridge me lo fece notare. E se me
l’aveva fatto notare lei, regina dei pettegolezzi leziosi, sempre a caccia
dell’ultimo scandalo, potevo star sicura che fosse vero.
Mi
confondeva. Cosa significavano quegli sguardi? Possibile che fosse davvero
interesse nei miei confronti? In ogni caso, io ero più grande, sposata… E lui
era giovane, con tutta una vita davanti per, eventualmente, cambiare idea.
La
guerra finì. Harry Potter, un semplice bambino che Colui Che Non Deve Essere
Nominato non era riuscito ad uccidere, era diventato l’orfano più famoso di
tutto il mondo magico inglese. Per ancora qualche mese Kingsley portò al Wizengamot
prigionieri: ci furono un sacco di processi, accuse, nomi… Poi tutto finì. E io
mi sentii perduta, perché non potevo più vedere quell’uomo che mi aveva
sconvolto nel profondo.
Lui
però mi cercò. Ormai era indubbio che provava un certo trasporto nei miei
confronti, ma non successe mai nulla di eclatante… Divenne il mio ‘porta-notizie’
personale, mi informava su tutto ed in ufficio, forse divertiti da questa sorta
di ‘pettegolezzo’ su una nostra presunta relazione, iniziarono ad affibbiargli
– e ad affibbiarmi – incarichi che prevedessero la nostra collaborazione.
Non
che me ne lamentassi, anzi. Potergli stare così vicino, ancora di più di quando
lo vedevo in tribunale, era una cosa… Esaltante. E presto iniziarono i primi
contatti, quasi per sbaglio: lo sfiorarsi passando per un corridoio stretto, il
raccogliere documenti caduti insieme mettendo a contatto le mani… Forse potevo
illudermi? Ma non successe nulla. Magari era frenato dal fatto che fossi
sposata. Magari dall’età. Di certo quelle cose fermavano me dall’avere un
approccio più diretto… Ma lo desideravo, eccome se lo desideravo! Non mi ero
mai sentita così, non lo credevo possibile… Ma a quanto pare la mia adolescenza
non si era presa i miei ormoni, che vagavano sempre liberi in sua presenza. Mi
salvai solo adottando un contegno professionale.
Passarono
gli anni. Mio marito morì in un incidente sulla scopa. Credo che non scorderò
mai il suo funerale… Sempre per via di quel giovane Auror, Kingsley
Shacklebolt. Ero triste, certo, per la scomparsa della persona con cui nel bene
o nel male avevo diviso la vita… Alla cerimonia vennero quasi tutti i miei
colleghi, oltre agli amici di famiglia e di mio marito. Kingsley era presente.
Mi abbracciò per le condoglianze. Era il primo vero contatto fra di noi, un qualcosa fatto sotto gli occhi di
tutti perché concesso, e non solo uno sfioramento rubato in un angolo di
corridoio. Mentre le sue braccia mi stringevano sentii più a fondo il suo
profumo, affondando la faccia nel suo petto: un misto di vaniglia, cuoio e
pelle. Era perfetto. Era suo. E i miei ormoni, che credevo sopiti dopo la
menopausa, si risvegliarono improvvisamente, mandandomi in subbuglio.
Ero
al funerale di mio marito, e lo desideravo. Nel profondo, come la prima volta
che lo avevo visto, come in tutti quegli anni in cui avevo imparato, bene o
male, a conoscerlo. Forse ora che Arold non c’era più si sarebbe fatto avanti…
Ma Kingsley era un uomo dalla forte integrità morale, o mi considerava troppo
vecchia, o semplicemente non provava quello che provavo io, perché non lo fece.
Dopotutto quando ancora avevo quarant’anni se ne poteva parlare, ma adesso?
Invecchiavo sempre di più. Certo, non mi ritenevo una brutta donna, ma non
potevo fare molto contro l’età avanzante…
E
venne una nuova guerra, in un certo modo più devastante della prima. Colui Che
Non Deve Essere Nominato agiva nell’ombra, la politica al ministero stava
cambiando rapidamente, e iniziai a sentirmi come un pesce fuor d’acqua. Già
solo poco tempo prima il processo a Harry Potter mi era sembrata un’assurdità:
ma poi? Metterci in guardia da lui, velatamente, piuttosto che da Colui Che Non
Deve Essere Nominato… Assurdo. Era semplicemente assurdo, e in qualche
conversazione con Kingsley espressi i miei dubbi. Lui mi ascoltò attentamente e
si professò d’accordo con me, ma m’intimò di tacere e di adeguarmi, almeno per
il momento. Cos’era quell’espressione negli occhi? Preoccupazione? Kingsley si
preoccupava per me? Eppure lui era il primo a rischiare la vita – e la
carriera, dati i tempi – per arrestare Mangiamorte.
Credo
che dopo qualche tempo arrivò ad un punto di rottura. Il Ministero scivolava
sempre di più nel caos, leggi assurde venivano varate, noi del Wizengamot
venivamo messi alle strette, ben noti Mangiamorte iniziarono a ricoprire
cariche di prestigio… Kingsley esplose, con me, per me.
Eravamo
in archivio. Dovevo mettere a posto della documentazione importante, e lui mi
stava aiutando: il lavoro di per sé era noioso, ma se Kingsley era nella stessa
stanza…
“E
questi dove vanno, Miss Bones?” mi chiese, togliendo un altro fascicolo da
quelli sul tavolo.
Gli
gettai una rapida occhiata.
“Quinto
scaffale a destra, sotto la lettera ‘F’.”
“Ricevuto.”
Presi
anch’io un fascicolo. Quinto scaffale a destra, manco a farlo apposta… Però
sotto la ‘P’.
Mi
avvicinai all’uomo, cercando la lettera giusta. Era in basso, tanto da dovermi
chinare un po’… E Kingsley trovò in quel momento la ‘F’, nella mia stessa fila
ma sopra, e si allungò oltre di me per posizionare il fascicolo. Lo sentivo
vicino, a pochi centimetri di distanza dal mio corpo… Mi rialzai, mentre il suo
profumo mi investiva, facendomi ribollire e impedendomi di andarmene.
“Amelia.”
Una
voce nuova, che non gli avevo mai sentito, roca, quasi…
Mi
girai. Kingsley mi sovrastava, era dannatamente alto, ed era serio, mi fissava
negli occhi… Non mi aveva mai chiamata Amelia prima d’ora, era sempre stato
molto professionale…
Poggiò
le mani sullo scaffale, ai lati della mia testa, chiuse a pugno, come per non
farmi scappare. Si avvicinò un po’ con il viso.
“Non
resisto più, Amelia.” mi disse, ed il suo sguardo era così ardente… Poteva
significare solo una cosa…
Gli
poggiai una mano contro la guancia, e lui sobbalzò leggermente.
“Kingsley…”
mormorai, e fu questo a farlo scattare, credo.
Mi
baciò, con passione, mentre i miei ormoni impazzivano, mentre la mia mano che
era ancora sulla sua guancia si apriva e lo accarezzava, mentre il braccio
libero si avvolgeva dietro al suo collo per avvicinarlo a me… E poi finì.
Lui
si staccò da me piano, io aprii lentamente gli occhi e lo trovai ansimante, che
mi fissava.
“Kingsley,
non possiamo.” sussurrai, ancora sconvolta dalle sensazioni provate.
“Perché?”
mi chiese, e sembrava un lamento.
“Sono
più vecchia di te, io… Di certo ti meriti di meglio e…”
“Voglio
solo te. Ho sempre voluto solo te…”
Ero
confusa. Le sue parole erano belle, perfette, un sogno proibito che si
avverava…
“…
Ma allora?”
“Eri
sposata, Amelia. Ed io ero appena uscito dal corso per Auror: sarebbe stato
complicato. E c’era una guerra. E poi rimanevi sposata, e distante, e
professionale… Pensavo che non volessi sconvolgere la tua vita. E poi tuo
marito è morto, ma mi sembrava così presto… ‘Fra poco’, mi dicevo, ma era
passato solo un mese dalla morte di tuo marito, e poi sei, e poi un anno, ed
era sempre troppo presto e poi… Questa nuova guerra… Io non posso più
aspettare, Amelia. Non posso rischiare di morire ogni giorno, con questo
rimpianto.”
Ero
stupefatta. Sconvolta. Lui aveva aspettato tutto questo tempo… Per me? Come era
possibile? Perché non aveva parlato prima? Perché io non avevo parlato prima? Se solo… Ma poi pensai che comunque ero
una donna vecchia, e lui un bellissimo uomo giovane, e…
“Kingsley,
io… Non credo di meritarti… Tu ti meriti una donna giovane, bella e sana… Una
donna con cui costruire un futuro, che possa magari darti dei figli e…”
Stavano
per venirmi le lacrime agli occhi, lo sentivo. Era tutto così… Confuso, e
meraviglioso, e impossibile…
“Voglio
solo te, Amelia.”
Mi
baciò di nuovo.
Mi
arresi.
Io
e Kingsley iniziammo una relazione, in segreto. Lui sembrava tenerci a me, io
indubbiamente ero attratta da lui… Parlammo molto, durante i nostri incontri
segreti. Più di quanto avremmo mai fatto da semplici colleghi, lontani da occhi
ed orecchie indiscrete.
“Sai,
Amelia…” mi disse un giorno, dopo che avevamo fatto l’amore, mentre gli accarezzavo
i capelli e lui aveva la testa sul mio seno. Oh, il mio nome detto dalla sua
bocca… Non capivo come facesse a farlo sembrare miele, così dolce…
“Vorrei
poter dire a tutti che sei la mia ragazza…”
Ridacchiai.
Ragazza, io?
“Semmai
vetusta amante.”
Mi
ignorò.
“Ma
questo per ora deve essere il nostro segreto… Alla fine della guerra, però…”
Mi
aveva detto di far parte dell’Ordine della Fenice, la società segreta che
combatteva contro Colui Che Non Deve Essere Nominato. Per questo, più che per
altro, insisteva nel mantenere il segreto… Ed io ero ben contenta di farlo,
dato che in questo modo avrei potuto averlo. Anche per questo stavamo molto
attenti e, soprattutto al Ministero, continuavamo a comportarci in modo
professionale. L’episodio all’archivio era stato l’unico, e Kingsley mi passava
a trovare a casa quando poteva, materializzandosi direttamente in salotto così
che nessuno potesse vederlo. Non era molto il tempo che potevamo trascorrere
insieme, ma mi accontentavo. Pur di averlo con me…
Un’altra
volta si confidò con me a proposito del lavoro di Auror.
“Sono
stanco, Amelia.”
Eravamo
seduti al tavolo della cucina, una tazza di tè davanti e qualche pasticcino.
Erano le sei e mezza, fra poco saremmo dovuti essere al lavoro.
“Di
che parli?”
“Del
lavoro di Auror. Non fraintendere!” mi disse, osservando la mia espressione
sconcertata “Credo ancora nella causa, ed è anche per questo che combatto per
porre fine al regno di Voldemort.”
Sussultai,
come sempre, sentendo quel nome.
“Però…
Mi manca la motivazione, ecco. Ho visto troppi uomini feriti, troppi uomini
morti… E troppi carnefici reputati innocenti. A che serve il mio lavoro, mi
chiedo, se i criminali che catturo vengono rimessi in libertà poco dopo?”
Allungai
una mano per prendere la sua.
“Oh,
non dire così. Rischi la tua vita per salvarne molte altre. E’ nobile.”
Mi
sorrise.
Rischiava
la vita, già. Era la cosa che più mi preoccupava, il fatto che potesse morire.
Ci eravamo negati l’uno all’altro per così tanto tempo: cosa avrei fatto se
fosse morto? Il pensiero era talmente orribile che non riuscivo a pensarci.
Ecco
perché colsi dell’ironia, quando vennero a prendermi.
Ero
una semplice impiegata al ministero. No, ok, facevo parte del Wizengamot, però…
Avevo mantenuto un ‘basso profilo’, d’accordo con Kingsley. Quindi mi chiesi: perché io?
Guardai
il cadavere di mia cognata, riversa sul tappeto del salotto, sopra una pozza di
sangue che si allargava sempre di più. Mi si strinse il cuore: sì, le volevo
bene, ma ciò che più mi preoccupava in questo momento era Susan, sua figlia.
Chi si sarebbe preso cura di lei? Mio fratello era ancora vivo, vero? Ci
eravamo trovate solo noi due, per un semplice tè fra cognate. La casa aveva
incantesimi di protezione, ma non erano stati abbastanza forti per respingerli.
Osservai
il Mangiamorte davanti al cadavere, che aveva la bacchetta tesa, pronto a
colpirmi. Altri due erano dietro di lui: tentare di difendermi sarebbe stato
inutile. E poi avevo lasciato la bacchetta in cucina.
Kingsley.
Provai
un’enorme fitta di rimpianto e rimorso. Che avrebbe detto? Che avrebbe fatto?
Si sarebbe vendicato? Si sarebbe fatto sopraffare dal dolore?
No, Kingsley, non soffrire.
Era
ancora giovane: poteva andare avanti. Ed io non lo ero più tanto, e avevo
vissuto una vita tutto sommato soddisfacente. E nell’ultimo periodo ero stata
più felice che mai: una breve parentesi, troppo breve forse, ma gioiosa. Non
potevo chiedere di meglio.
Non
sentii il Mangiamorte gridare l’incantesimo. Sentii però il dolore, quando il
fascio di luce mi colpì e il mio petto si squarciò, letteralmente. Caddi, e li
vidi smaterializzarsi mentre il dolore mi sopraffaceva. Inutilmente, in un
gesto disperato, mi portai le mani al petto, cercando di arginare il sangue che
usciva copioso.
Sarei
morta.
La
consapevolezza giunse improvvisa, in mezzo al mare di dolore.
Avrei
rivisto qualcuno? O mi aspettava l’oblio eterno?
Mi
stavo interrogando sulla vita dopo la morte, mentre mi sentivo sempre più
stanca e dolorante, quando arrivò.
Kingsley
si precipitò sul mio corpo. Aveva la faccia sconvolta, la bocca aperta, gli
occhi lucidi.
Volevo
parlargli, volevo dire che sarebbe andato tutto bene. Non riuscivo, non trovavo
più la mia voce.
“Amelia…
Amelia, no, per favore…”
Però
ci sentivo. Sentivo tutta la sua sofferenza. Vidi una lacrima scorrere sul suo
volto, mentre mi concentravo per rendere i contorni meno sfuocati. Il dolore
stava scemando, e mi sentivo terribilmente stanca. E fredda. Ancora non
riuscivo a parlare.
Però
trovai la forza per alzare una mano. Era tutta sporca di sangue, ma non me ne
curai. La appoggiai sulla sua guancia, proprio come quella prima volta. Lui mi
si appoggiò contro, ed io aprii a fatica le dita, per accarezzarlo. Mi resi
conto di stare piangendo.
No, Kingsely, non soffrire per me.
“Ti
prego, Amelia…”
Ma
non c’era nulla da fare: lo sapevo io, come lo sapeva lui. Ero sempre più
debole, sempre più lontana. E Kingsley piangeva, aggrappandosi alla mia mano
come se fosse l’unica ancora.
“Li
troverò, Amelia, e gliela farò pagare.”
Sapevo
che l’avrebbe detto, che mi avrebbe vendicato.
Non metterti in pericolo per me,
Kingsley, non ne vale la pena.
Non
riuscivo a parlare. Quante cose avrei voluto dirgli! E invece ogni secondo ero
trasportata sempre più lontano da lui. Stavo scivolando via…
“Ti
amo, Amelia…”
Lo
disse chiudendo gli occhi, sopraffatto dal dolore. Per un secondo mi sentii
finalmente completa: e non importava che fossi vicina alla fine, non importava
che mia cognata fosse morta, non importava il dolore… La mia anima ribolliva
ancora, quelle due parole mi avevano regalato qualcosa che valeva molto di più
della mia vita…
Un sentimento corrisposto, Kingsley.
Chiusi
anche io gli occhi. Non ce l’avrei fatta a tenerli ancora aperti, e non volevo
che la morte mi trovasse così: sarebbe stato oltremodo brutto, per Kingsley,
vedermi con gli occhi vitrei.
Avrei
voluto dirgli anch’io che lo amavo. Avrei voluto, ma ormai non mi era più
possibile.
Il
mio ultimo pensiero fu solo uno: per la mia eternità, per la durata della sua
vita… Sarei stata a guardia del suo cuore, della sua anima, del suo corpo. Lui
era ancora giovane, bello, sano: avrebbe dovuto amare ancora, e non vivere nel
mio ricordo.
L’avrei
aiutato, perché lo amavo anch’io.
***
Dieci anni dopo
Gli
invitati sembravano agitati, nervosi. Molti uomini si erano tolti la giacca e
si stavano addirittura slacciando la camicia, le donne si accontentavano di
sventolarsi con qualsiasi cosa capitasse a tiro: era una giornata particolarmente
calda, e il fatto di essere a luglio non aiutava.
Io
ero eccitato, in visibilio. Dopotutto, fra poco si sarebbe celebrato il mio
matrimonio.
Mi
misi in attesa sotto l’arco di rose.
Ero
certo che lei l’avrebbe apprezzato.
Pensai
con un sorriso a come sarebbero potute andare le cose, per noi. Chissà che
avrebbe detto la sua famiglia… Suo fratello. Che ero troppo giovane per lei?
Forse nel modo in cui adesso ero troppo vecchio per la mia sposa. Pazienza. Non
l’avrei mai saputo.
Ma
lei doveva sapere che c’era un motivo
per cui l’avevo scelta. Oh, Amelia lo sapeva, ne ero certo, lo sapeva bene e
forse approvava, sorridendo, o forse mi condannava. Quando sarei morto l’avrei
scoperto anch’io.
Era
ora. Tutti gli invitati si erano seduti. Il celebrante, alle mie spalle, era
agitato: forse per il caldo.
Sentii
la marcia nuziale partire e guardai verso l’entrata del tendone.
La
mia sposa era bellissima. Il pancione della gravidanza si vedeva appena, e lei
lo accarezza debolmente con una mano mentre con l’altra teneva il bouquet. Suo
padre mi sorrise: nonostante all’inizio ci fossero state alcune divergenze,
adesso era tutto apposto.
La
osservai.
Ti somiglia, sai, Amelia?
Lei
arrivò davanti a me e sorrise, radiosa.
Quanto avrei voluto un giorno così per
noi due, amore.
Non
importava. Forse non sarei stato felice per sempre, forse sarei bruciato nelle
fiamme dell’inferno per questo mio amore non puro, ma era necessario.
Allungai
una mano sulla sua pancia mentre il celebrante recitava le formule di rito.
“Vuoi
tu, Kingsley Shacklebolt, prendere Susan Bones come tua legittima sposa?”
“Lo
voglio.”
Sono due gemelle, sai, Amelia?
“E
vuoi tu, Susan Bones, prendere Kingsley Shacklebolt come tuo legittimo sposo?”
“Lo
voglio.”
Abbiamo già deciso i nomi. E presto
ritornerai alla vita, Amelia, solo con il mio cognome. Come sarebbe dovuto
essere fin dall’inizio, non trovi?
PRIMA CLASSIFICATA:
MITSUKI91
"Senza rimpianti"
MITSUKI91
"Senza rimpianti"
Grammatica e Ortografia: 13.5/15 (essendo il conteggio complessivo dei punti scalati di 1.5)
- "Un ragazzo di colore, alto, capelli scuri e occhi penetranti, era appena diventato Auror" (-0.25 per la punteggiatura)
- "all'incirca", non "l'incirca" (-0.2 per forma lessicale sbagliata)
- "mrs.": credo sia più corretto "Miss", ma in ogni caso va con la maiuscola (-0.2 per forma lessicale sbagliata)
- "Familiare", non "famigliare";
so che ci sono un po' di controversie su questo, e so che "famigliare" non è del tutto sbagliato (vedi Lessico Famigliare, ad esempio), ma è arcaico, e sinceramente a me non piace affatto. (-0.5 per forma lessicale sbagliata -lo trovo più grave degli altri due-)
- Hai scritto "quinti" invece di "quinto" (-0.05 per errore di battitura)
- "Com'era", non "come era". So che tecnicamente va bene anche la forma non contratta, ma rende la frase meno scorrevole. (-0.3 per la forma che appesantisce)
Stile: 9.25/10 (essendo il conteggio complessivo dei punti scalati di 0.75)
La storia è davvero bella, prende molto, e mi pare scritta anche molto bene, ma ci sono alcuni punti in cui ho avuto la leggera impressione che non fosse troppo scorrevole. Forse è dovuto a qualche congiunzione di troppo, non lo so, ma lo stile è quello quindi non mi sono permessa di stravolgerlo. Per qualche punto di poca chiarezza ho deciso di toglierti 0.25, giusto come annotazione, e di cose da farti notare invece c'è soltanto questo:
- "…la piccola Susan, per cui stravedevo."
"per cui stravedevo" lo dici già all'inizio del racconto, non c'è bisogno di ripeterlo anche tre righe dopo, rende l'amore della zia sulla nipote leggermente assillante. (-0.5 per ripetizione)
Utilizzo del pacchetto: 10/10
Su questo devo farti i miei più sinceri complimenti: hai saputo sviluppare una storia pazzesca partendo neanche dal suo inizio, pure da prima per quanto possibile, e allo stesso modo la conclusione post-fine. Bravissima!
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10 (xy: 5/5; xx: 5/5)
Assolutamente perfetta: li hai descritti con precisioni dalle fattezze fisiche fin nelle profondità dell'anima. Bravissima!
Originalità: 9/10
La storia è bellissima e originale, sei riuscita incredibilmente a creare tutto un mondo di eventi e situazioni che girano intorno a dei personaggi pressocchè di sfondo. Bravissima, davvero!
Il punteggio, però, non te lo do pieno per una piccola pecca: il "ti amo" finale alla morte di Amelia, che, in queste occasioni, è terribilmente abusato e sa di cliché.
Gradimento personale: 4/5
Non nascondo che la tua storia sia una di quelle che ho apprezzato di più, ma non ti do il punteggio pieno per il leggero senso di inquietudine che mi ha lasciato alla fine xD Non mi è piaciuto questo matrimonio con Susan, non tanto per la differenza d'età e cose simili, ma per l'ostinazione di Kingsley a pensare soltanto ad Amelia: molto romantico, sì, ma insomma, il voler avere una bambina soltanto per farla "rivivere" è abbastanza raccapricciante..
Totale: 55.75/60