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Autore: ScarletPuppet    10/11/2012    6 recensioni
Athena è riuscita a stipulare una tregua con Hades e ha riportato in vita i suoi paladini, i Generali degli Abissi e i God Warriors di Asgard. Kanon ha ottenuto il perdono di Poseidone e ha il permesso di rimanere in congedo dal suo ruolo di generale degli abissi ritornando tale in caso di guerra.
Nessuno dimenticava i suoi occhi scarlatti e la sua espressione impassibile durante situazioni come quella vissuta quattro anni prima. Lui fu l’unico a cogliere uno sprazzo di dolcezza e vulnerabilità dietro la maschera astiosa dallo sguardo truce che portava a Sparta nel momento cruciale.
Solo lui.
Kanon di Seadragon.

Tenterò di stare il più possibile IC con i personaggi (anche se penso che non ci sia un vero IC alla fine, vabbè xD), ma metto OOC per sicurezza. Enjoy!
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemini Kanon, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Ghiaccio e del Fuoco - Linee di sangue'
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Capitolo 12

NOTE
Questo capitolo è stato diviso a metà. Il capitolo 13, quindi, sarà il "seguito" di questo. Motivo: sarebbe stato troppo lungo. Colgo questa occasione per ringraziare - per quanto mi è possibile - la mia beta silvermoon74, che mi ha aiutato nella stesura delle mie idee dandomi anche preziosi consigli. Grazie mille curiosona! Buona lettura! PS: non so perchè parte del capitolo è più piccola dell'inizio..

Capitolo 12

Come sempre la sua giornata cominciò all’alba. I raggi del sole coloravano di mille sfumature calde il freddo e buio cielo della notte, dipingendolo di rosso e di arancione, proprio come i suoi capelli e quelli di Nym. Già, la sua piccola allieva. O quasi. Dopo colazione si sarebbe recata con la novizia al tredicesimo tempio, decisa ad ottenere il permesso di addestrarla. I motivi per cui, secondo lei, avrebbero dovuto accettare quella proposta erano vari. Innanzitutto, Aima era l’unica disposta ad allenare una ragazzina dai poteri così particolari e letali; secondo, Nymphodora l’aveva presa subito in simpatia, dandole fiducia; terzo, e più importante, la rossa si era decisa a rinnovare una promessa che era morta con una sua cara amica. Indossati degli abiti da allenamento, la marionettista scese al piano di sotto. L’alloggio delle sacerdotesse non era molto diverso da un albergo. Ai piani superiori c’erano le camere da letto, mentre, al piano terra, una grande cucina e un’accogliente sala da pranzo. Aima scorse Nym intenta a servirsi. Dopo aver controllato dove la piccola si fosse seduta, Scarlet prese un vassoio e si servì a sua volta, raggiungendo poi la novizia.
«Non hai dormito stanotte?»
Nymphodora trasalì; non si era accorta dell’arrivo della rossa. Due profonde occhiaie le incorniciavano gli occhi, il viso tondo e liscio era di un colore quasi verdognolo, i capelli arancio-dorati visibilmente non pettinati.
«Per niente. Continuavo a pensare ad oggi. Ho paura che non mi affidino a te.»
Confessò la ragazzina con un fil di voce, addentando poi una grossa brioche. Aima sbucciò una mela con il solo ausilio dei suoi fili da marionettista. Nym la fissò meravigliata.
«Oh, non stupirti, lo faccio sempre. Detesto sbucciare la frutta con il coltello. Comunque, tornando a cose serie», addentò il frutto «ti affideranno a me, che lo vogliano o meno. Hai mai avuto maestri prima d’ora?»
«No. Cioè, sì, ma è morto carbonizzato. Gli avevo detto che non potevo fare un corpo a corpo per via dei miei poteri, ma lui non mi ha ascoltata e.. Requiescat in Pace.»
Finita la colazione, entrambe si incamminarono verso le dodici case. Alla prima casa trovarono Mu alle prese con alcune armature da riparare, aiutato dal fratello Kiki che, allegramente, salutò Nym. A quanto pare si conoscevano. Il padrone di casa rinnovò l’invito a Scarlet per altri allenamenti.
«Appena sarò libera, Mu!»
Gli rispose la rossa, congedandosi subito dopo. Ripresero la scalata, dovendo chiedere permesso solo a Ioria, Shaka – che impeccabilmente era intento a meditare –, Milo, Shura e Camus. Il resto delle case era ancora immerso nel sonno. Arrivate davanti al portone dorato, si trovarono di fronte alle solite formalità: chiedere alle guardie il permesso per parlare con il sacerdote, aspettare di poter entrare. Varcata la sacra soglia, Scarlet e Nymphodora raggiunsero lo scranno dorato, ove Saga sedeva avvolto nella sua veste sacerdotale e, stranamente, indossava il copricapo dorato. La novizia si inginocchiò reverente, al contrario della rossa che, ovviamente, non ne voleva sapere di piegare il capo davanti a qualcuno che non considerava come la sua assoluta autorità. Il sacerdote ricambiò lo sguardo indifferente della marionettista, poi parlò.
«Dunque, Scarlet, di quale questione vuoi parlarmi? Anche se posso intuire che riguardi la piccola ospite vicino a te.»
Nym non fiatò nemmeno, probabilmente schiacciata dall’enorme macigno dell’imbarazzo.
«Mi sono recata al tuo cospetto per chiedere l’affidamento di questa aspirante sacerdotessa, attualmente senza maestro.»
«Mmm..»
Il pontefice si fermò a riflettere. Con l’imminente guerra, era ormai ovvio che tutti gli aspiranti e i maestri sarebbero stati occupati dagli allenamenti. Il Santuario, infatti, si era già svuotato in gran parte: molti erano partiti per l’estero al fine di migliorare le loro prestazioni. I soldati semplici erano quasi tutti radunati in appositi campi, dove perfezionavano l’uso delle armi. Il Grande Sacerdote dovette valutare la situazione sotto diversi punti di vista. Kanon gli aveva riferito dello spiacevole incontro con Fenrir, il leggendario lupo gigante figlio di Loki, quindi fratello di Aima, e come questa gli avesse risparmiato la vita rispedendolo ad Asgard. «Come posso fidarmi di te appieno? Resti la figlia del nemico e, da quel che mi è stato riferito, pare che tu non abbia ucciso chi ha eliminato un componente del nostro esercito. Per non parlare, ovviamente, della tua omissione di rapporto.»
Si trovava dunque in bilico tra diffidare e fidarsi della marionettista. Forse, però, accordare un po’ di fiducia alla ragazza li avrebbe avvantaggiati su strategie ed informazioni. Sentendosi più accettata, avrebbe cominciato ad essere più collaborativa.
«Omissione di rapporto? Vedo che Kanon non ha capito quello che gli ho detto: dovete leggere i testi sacri della mitologia nordica. Non l’ho ucciso? Se ritornerà, sta certo che lo farò.»
Replicò stizzita la ragazza. Aveva ucciso parecchie persone nella propria vita, e un sacerdote osava sfidarla in quel modo? A suo fratello non era legata che da un semplice rapporto di pietà. Finalmente la massima autorità dopo Athena puntò lo sguardo su Scarlet, nessuna emozione particolare trapelava dal suo viso.
«Ti accordo il permesso, purché rimaniate all’interno del Santuario. Non possiamo permetterci lontananze prolungate da parte tua.»
Il pontefice, tuttavia, era fermamente convinto che dovevano prendere le giuste precauzioni. Il suo gemello sarebbe stato incaricato di osservarla in ogni momento, visto che, all’interno della dimora della dea della giustizia, era colui che conosceva meglio quell’ambigua burattinaia. Dopodiché si rivolse a Nym.
«Vieni con me, dobbiamo controllare se l’armatura della Lince è ancora disponibile o se devo assegnartene un’altra.»
La ragazzina alzò lo sguardo spaesata, cercando un qualsiasi aiuto da parte della burattinaia.
«Ti aspetterò qui.»
Le disse semplicemente, mettendosi a braccia conserte contro una colonna e osservando i due sparire dietro il trono. 

«Silver Saint della Lince, dunque.»
«Sì!»
Anche se la maschera inespressiva le copriva il volto, Aima potè immaginarsi un sorriso a trentadue denti ed uno sguardo compiaciuto dietro quel pezzo di latta. Nym le saltellava di fianco, visibilmente al settimo cielo. La calura pomeridiana non sembrava minimamente infastidirla, tanto era felice. Scarlet la portò nell’arena dove l’aveva conosciuta, sedendosi all’ombra dei resti delle colonne. Prima di cominciare a lavorare sui colpi e sul corpo a corpo, aveva bisogno di comprendere di più su quella ragazzina. L’aspirante Saint si sedette di fronte alla marionettista, che la scrutò impassibile. In quel momento aveva preso la parte del protagonista, avrebbe indossato la maschera da maestro: bianca e liscia, le labbra costituite da un’unica linea orizzontale, gli angoli della bocca leggermente piegati verso il basso e zaffiri incastonati negli occhi per sottolineare la freddezza dello sguardo. Un’espressione che, però, in casi eccezionali, avrebbe lasciato posto a dei lineamenti comprensivi e affettuosi.. forse. Dalla piccola tracolla che era andata a prendere, Scarlet ne estrasse appunto una maschera seria, indossandola. Appena la fredda materia dell’oggetto aderì al suo viso, Nym indietreggiò spaventata.
«Lo sapevo.», affermò la rossa «hai paura di queste maschere. Saresti così gentile da spiegarmene il motivo? Fa parte della tua preparazione anche questo. Non pretendo di essere la tua migliore amica o la tua confidente, io ti chiederò solo ed esclusivamente cose relative alla tua formazione.»
La novizia si impose di sedersi nuovamente di fronte alla sua mentore, sforzandosi si fissarla in volto.
«Benché io porti un nome greco, le mie radici sono in Italia, a Venezia. Una città favolosa, allegra, viva, dai mille colori, ma anche dalle mille maschere. Per i pochi anni che ho avuto la fortuna di viverci si è sempre rivelata un luogo ambiguo. Chissà, colpa del Carnevale, forse?» la domanda, alle orecchie della rossa, sembrava più rivolta a lei, ma rimase comunque in silenzio «Mio padre è.. era un borghese piuttosto conosciuto e rispettato. Da quel poco che capivo in ambito economico, sembrava non dare rogna a nessuno. Fatto sta che lo scorso Carnevale organizzò una festa nella nostra residenza. Preparativi riusciti a meraviglia, devo dire. Tutti arrivarono agghindati alla perfezione con le loro maschere. Ricordo ancora gli arlecchini che intrattenevano gli ospiti, chi si confondeva fra loro facendo spettacolo e suscitando scalpore fra i più critici e rigorosi. Poi c’era lui. Vestito di rosso e di nero, girava fra la folla guardandosi intorno. Gli andai contro per sbaglio, disorientata da tutti quei colori. La sua maschera esprimeva serenità e gentilezza, tant’è che mi regalò una rosa bianca. Ne vidi altri come lui, vestiti in modo diverso ma con la stessa copertura in viso. Tutto si stava svolgendo alla perfezione, finchè mia madre non urlò terrorizzata e mio padre si girò verso di me mostrando la gola sgozzata. Uno dei tizi con la maschera serena lo aveva ammazzato. Non vidi cosa capitò a mia madre, so solo che poi quell’uomo puntò su di me, ma fu fermato dall’intervento di mio fratello, che mi intimò di scappare. Corsi via spingendo malamente la gente: improvvisamente tutti si erano trasformati in assassini mascherati. Non riuscivo a capire chi mi volesse morta e chi no. Qualcuno tentò di aiutarmi, ma io lo respinsi terrorizzata. Corsi fino al molo inseguita da due di loro. Ero talmente arrabbiata che lanciai a terra la mia maschera, frantumandola. Non avevo mai sentito esplodermi dentro così tanto calore. Mi accorsi del mio potere solo quando uno dei due assassini mi bloccò. Lo vidi trasformarsi in una specie di cumulo di carboni ardenti, finchè non si disintegrò in cenere. Puoi immaginare la reazione degli abitanti! Ero in mezzo al molo, durante il periodo in cui il commercio era più fiorente, quindi era pieno di persone. Fu Camus di Aquarius a portarmi via da lì, grazie al suo controllo sui ghiacci. Non lo ringrazierò mai abbastanza.»
Aima rimase in silenzio, ripensando a tutto ciò che l’allieva le aveva raccontato. Troppo piccola, forse, per capire queste lezioni fondamentali, pensò.
«Questa tua esperienza ti ha già insegnato molte cose, devi solo comprenderle. Io sono qui per aiutarti a farlo. Sei pronta, dunque?»
Nymphodora esitò. Fino a che punto Scarlet era disposta ad aiutarla? Si legò i capelli arancio-dorati in una coda alta e, preso coraggio, fissò quella maschera seria e impassibile, sforzandosi di pensare che, dietro di essa, non si celava altro che il suo nuovo maestro.
«Pronta.»
Affermò dopo un grande respiro. Scarlet, così, potè cominciare la sua prima lezione.

Alle sei di sera, Nym era tornata all’alloggio delle sacerdotesse saltellando felice. Da quel che la rossa aveva capito parlando con lei, l’allieva non desiderava nulla più di un’armatura. Una buona, anzi buonissima, motivazione. Aima decise a sua volta di uscire dall’arena e di tornare dal Grande Sacerdote. La breve discussione avuta poche ore prima con lui l’aveva ferita nell’orgoglio, e avrebbe fatto di tutto per avere la piena fiducia del pontefice. Recuperare un oggetto che il sacerdote del suo ex santuario l’aveva pregata di custodire con gelosia e riguardo, era la sua missione. Forse, pensò, può essere una garanzia per riavere indietro il mio dio. Nel frattempo, però, un’altra presenza la stava tenendo d’occhio.
«Perché devo essere proprio io a controllarla?», chiese spazientito.
«Tu la conosci meglio di me.», replicò con fare ovvio il gemello.
«Scordatelo.»
«Te lo ordina il Grande Sacerdote, non tuo fratello.»
«Maledizione a te e a quando lo sei diventato.»

«Bene bene, per la prima volta posso scorgere un accenno di felicità sul volto di questa scostante marionettista.»
La schernì Kanon, non appena la ragazza lo passò senza accorgersi della sua presenza. Aima si bloccò di colpo, recuperando come poteva la maschera fredda e scostante.
«Vedi un sorriso sulle mie labbra, per caso?», replicò sarcastica.
«No, ma la tua allieva ti ha preso molto. Anzi, sei parecchio soddisfatta di lei. Sai, se tu non avessi avuto questi pensieri per la testa, appena superata la colonna mi avresti detto qualcosa del tipo “Seadragon, ti ostini ancora a seguirmi?”.», affermò il Gold Saint con un ghigno vittorioso.
«Sei così arrogante da pensare di essere sempre nei miei pensieri?» la rossa assottigliò gli occhi.
«Mai quanto possa esserlo tu a riguardo.»
«Non sfidarmi Seadragon, non vinceresti.»
La Silver Saint si avvicinò minacciosa al cavaliere, sibilandogli contro. Kanon ridacchiò perfido.
«Di che sfida parli? I morsi? Non vincerà nessuno finchè uno dei due non strapperà il labbro all’altro, probabilmente.»
Le soffiò sulle labbra, dopo averla avvicinata un poco. Gli occhi del Corvo si incendiarono.
«Se continui così, puoi giurare che lo faccio.»
Lo avvertì lei, dirigendosi verso il tredicesimo tempio.

Uccidilo.
Ma perché dovrei?
Ti vuole fare del male.
Non è assolutamente vero.
Plin. Plin. Il sangue colava dal suo fianco ferito, la creatura alla fine aveva attaccato, e ora si affrettava ad infliggere altri colpi.

Usando semplicemente i tuoi fili non puoi fare niente. Usa il Cosmic Marionation che ti ho insegnato. Hai faticato per apprenderlo, vuoi buttare mesi di fatica così?

Non è facile per me. Buttare via così la mia maschera.. papà si arrabbierà molto.
Non lo farà. Mi assumerò io ogni responsabilità. Fallo!
Tu non lo conosci..
Un flebile sussurro, ricco di silenzi e parole urlate.
Cosmic Marionation!

Dunque? Com’è andata?
Ha eseguito il colpo. Ha completamente perso il controllo nell’ucciderlo. Non è rimasto altro che una misera carcassa informe.

Ottimo lavoro, Minos.
Non sapeva mentire con gli occhi, Loki..
  
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