NOTE
Questo capitolo è stato diviso a metà. Il
capitolo 13, quindi, sarà il "seguito" di questo. Motivo:
sarebbe stato troppo lungo. Colgo questa
occasione per ringraziare - per quanto mi è possibile - la mia
beta silvermoon74, che mi ha aiutato nella stesura delle mie idee
dandomi anche preziosi consigli. Grazie mille curiosona! Buona lettura! PS: non so perchè parte del capitolo è più piccola dell'inizio..
Come
sempre la sua giornata cominciò all’alba. I raggi del sole coloravano di mille
sfumature calde il freddo e buio cielo della notte, dipingendolo di rosso e di
arancione, proprio come i suoi capelli e quelli di Nym. Già, la sua piccola allieva.
O quasi. Dopo colazione si sarebbe recata con la novizia al tredicesimo tempio,
decisa ad ottenere il permesso di addestrarla. I motivi per cui, secondo lei,
avrebbero dovuto accettare quella proposta erano vari. Innanzitutto, Aima era
l’unica disposta ad allenare una ragazzina dai poteri così particolari e
letali; secondo, Nymphodora l’aveva presa subito in simpatia, dandole fiducia;
terzo, e più importante, la rossa si era decisa a rinnovare una promessa che
era morta con una sua cara amica. Indossati degli abiti da allenamento, la
marionettista scese al piano di sotto. L’alloggio delle sacerdotesse non era
molto diverso da un albergo. Ai piani superiori c’erano le camere da letto,
mentre, al piano terra, una grande cucina e un’accogliente sala da pranzo. Aima
scorse Nym intenta a servirsi. Dopo aver controllato dove la piccola si fosse
seduta, Scarlet prese un vassoio e si servì a sua volta, raggiungendo poi la
novizia.
«Non hai dormito
stanotte?»
Nymphodora
trasalì; non si era accorta dell’arrivo della rossa. Due profonde occhiaie le incorniciavano
gli occhi, il viso tondo e liscio era di un colore quasi verdognolo, i capelli
arancio-dorati visibilmente non pettinati.
«Per niente.
Continuavo a pensare ad oggi. Ho paura che non mi affidino a te.»
Confessò la
ragazzina con un fil di voce, addentando poi una grossa brioche. Aima sbucciò
una mela con il solo ausilio dei suoi fili da marionettista. Nym la fissò
meravigliata.
«Oh, non stupirti,
lo faccio sempre. Detesto sbucciare la frutta con il coltello. Comunque,
tornando a cose serie», addentò il frutto «ti affideranno a me, che lo vogliano
o meno. Hai mai avuto maestri prima d’ora?»
«No. Cioè, sì, ma
è morto carbonizzato. Gli avevo detto che non potevo fare un corpo a corpo per
via dei miei poteri, ma lui non mi ha ascoltata e.. Requiescat in Pace.»
Finita la
colazione, entrambe si incamminarono verso le dodici case. Alla prima casa
trovarono Mu alle prese con alcune armature da riparare, aiutato dal fratello
Kiki che, allegramente, salutò Nym. A quanto pare si conoscevano. Il padrone di
casa rinnovò l’invito a Scarlet per altri allenamenti.
«Appena sarò
libera, Mu!»
Gli rispose la
rossa, congedandosi subito dopo. Ripresero la scalata, dovendo chiedere
permesso solo a Ioria, Shaka – che impeccabilmente era intento a meditare –, Milo,
Shura e Camus. Il resto delle case era ancora immerso nel sonno. Arrivate
davanti al portone dorato, si trovarono di fronte alle solite formalità: chiedere
alle guardie il permesso per parlare con il sacerdote, aspettare di poter
entrare. Varcata la sacra soglia, Scarlet e Nymphodora raggiunsero lo scranno
dorato, ove Saga sedeva avvolto nella sua veste sacerdotale e, stranamente,
indossava il copricapo dorato. La novizia si inginocchiò reverente, al
contrario della rossa che, ovviamente, non ne voleva sapere di piegare il capo
davanti a qualcuno che non considerava come la sua assoluta autorità. Il
sacerdote ricambiò lo sguardo indifferente della marionettista, poi parlò.
«Dunque, Scarlet,
di quale questione vuoi parlarmi? Anche se posso intuire che riguardi la
piccola ospite vicino a te.»
Nym non fiatò
nemmeno, probabilmente schiacciata dall’enorme macigno dell’imbarazzo.
«Mi sono recata al
tuo cospetto per chiedere l’affidamento di questa aspirante sacerdotessa,
attualmente senza maestro.»
«Mmm..»
Il pontefice si
fermò a riflettere. Con l’imminente guerra, era ormai ovvio che tutti gli
aspiranti e i maestri sarebbero stati occupati dagli allenamenti. Il Santuario,
infatti, si era già svuotato in gran parte: molti erano partiti per l’estero al
fine di migliorare le loro prestazioni. I soldati semplici erano quasi tutti
radunati in appositi campi, dove perfezionavano l’uso delle armi. Il Grande
Sacerdote dovette valutare la situazione sotto diversi punti di vista. Kanon
gli aveva riferito dello spiacevole incontro con Fenrir, il leggendario lupo
gigante figlio di Loki, quindi fratello di Aima, e come questa gli avesse
risparmiato la vita rispedendolo ad Asgard.
Si trovava dunque
in bilico tra diffidare e fidarsi della marionettista. Forse, però, accordare
un po’ di fiducia alla ragazza li avrebbe avvantaggiati su strategie ed
informazioni. Sentendosi più accettata, avrebbe cominciato ad essere più
collaborativa.
«Omissione di rapporto?
Vedo che Kanon non ha capito quello che gli ho detto: dovete leggere i testi
sacri della mitologia nordica. Non l’ho ucciso? Se ritornerà, sta certo che lo
farò.»
Replicò stizzita
la ragazza. Aveva ucciso parecchie persone nella propria vita, e un sacerdote
osava sfidarla in quel modo? A suo fratello non era legata che da un semplice
rapporto di pietà. Finalmente la massima autorità dopo Athena puntò lo sguardo
su Scarlet, nessuna emozione particolare trapelava dal suo viso.
«Ti accordo il
permesso, purché rimaniate all’interno del Santuario. Non possiamo permetterci
lontananze prolungate da parte tua.»
Il pontefice, tuttavia,
era fermamente convinto che dovevano prendere le giuste precauzioni. Il suo
gemello sarebbe stato incaricato di osservarla in ogni momento, visto che,
all’interno della dimora della dea della giustizia, era colui che conosceva
meglio quell’ambigua burattinaia. Dopodiché si rivolse a Nym.
«Vieni con me, dobbiamo
controllare se l’armatura della Lince è ancora disponibile o se devo assegnartene
un’altra.»
La ragazzina alzò
lo sguardo spaesata, cercando un qualsiasi aiuto da parte della burattinaia.
«Ti aspetterò
qui.»
Le disse
semplicemente, mettendosi a braccia conserte contro una colonna e osservando i
due sparire dietro il trono.
«Silver Saint
della Lince, dunque.»
«Sì!»
Anche se la
maschera inespressiva le copriva il volto, Aima potè immaginarsi un sorriso a
trentadue denti ed uno sguardo compiaciuto dietro quel pezzo di latta. Nym le
saltellava di fianco, visibilmente al settimo cielo. La calura pomeridiana non
sembrava minimamente infastidirla, tanto era felice. Scarlet la portò
nell’arena dove l’aveva conosciuta, sedendosi all’ombra dei resti delle
colonne. Prima di cominciare a lavorare sui colpi e sul corpo a corpo, aveva bisogno
di comprendere di più su quella ragazzina. L’aspirante Saint si sedette di
fronte alla marionettista, che la scrutò impassibile. In quel momento aveva
preso la parte del protagonista, avrebbe indossato la maschera da maestro:
bianca e liscia, le labbra costituite da un’unica linea orizzontale, gli angoli
della bocca leggermente piegati verso il basso e zaffiri incastonati negli
occhi per sottolineare la freddezza dello sguardo. Un’espressione che, però, in
casi eccezionali, avrebbe lasciato posto a dei lineamenti comprensivi e
affettuosi.. forse. Dalla piccola tracolla che era andata a prendere, Scarlet
ne estrasse appunto una maschera seria, indossandola. Appena la fredda materia
dell’oggetto aderì al suo viso, Nym indietreggiò spaventata.
«Lo sapevo.»,
affermò la rossa «hai paura di queste maschere. Saresti così gentile da
spiegarmene il motivo? Fa parte della tua preparazione anche questo. Non
pretendo di essere la tua migliore amica o la tua confidente, io ti chiederò
solo ed esclusivamente cose relative alla tua formazione.»
La novizia si
impose di sedersi nuovamente di fronte alla sua mentore, sforzandosi si
fissarla in volto.
«Benché io porti
un nome greco, le mie radici sono in Italia, a Venezia. Una città favolosa,
allegra, viva, dai mille colori, ma
anche dalle mille maschere. Per i
pochi anni che ho avuto la fortuna di viverci si è sempre rivelata un luogo
ambiguo. Chissà, colpa del Carnevale, forse?» la domanda, alle orecchie della
rossa, sembrava più rivolta a lei, ma rimase comunque in silenzio «Mio padre
è.. era un borghese piuttosto
conosciuto e rispettato. Da quel poco che capivo in ambito economico, sembrava
non dare rogna a nessuno. Fatto sta che lo scorso Carnevale organizzò una festa
nella nostra residenza. Preparativi riusciti a meraviglia, devo dire. Tutti
arrivarono agghindati alla perfezione con le loro maschere. Ricordo ancora gli
arlecchini che intrattenevano gli ospiti, chi si confondeva fra loro facendo
spettacolo e suscitando scalpore fra i più critici e rigorosi. Poi c’era lui.
Vestito di rosso e di nero, girava fra la folla guardandosi intorno. Gli andai
contro per sbaglio, disorientata da tutti quei colori. La sua maschera
esprimeva serenità e gentilezza, tant’è che mi regalò una rosa bianca. Ne vidi
altri come lui, vestiti in modo diverso ma con la stessa copertura in viso.
Tutto si stava svolgendo alla perfezione, finchè mia madre non urlò
terrorizzata e mio padre si girò verso di me mostrando la gola sgozzata. Uno
dei tizi con la maschera serena lo aveva ammazzato. Non vidi cosa capitò a mia
madre, so solo che poi quell’uomo puntò su di me, ma fu fermato dall’intervento
di mio fratello, che mi intimò di scappare. Corsi via spingendo malamente la
gente: improvvisamente tutti si erano trasformati in assassini mascherati. Non
riuscivo a capire chi mi volesse morta e chi no. Qualcuno tentò di aiutarmi, ma
io lo respinsi terrorizzata. Corsi fino al molo inseguita da due di loro. Ero
talmente arrabbiata che lanciai a terra la mia maschera, frantumandola. Non
avevo mai sentito esplodermi dentro così tanto calore. Mi accorsi del mio
potere solo quando uno dei due assassini mi bloccò. Lo vidi trasformarsi in una
specie di cumulo di carboni ardenti, finchè non si disintegrò in cenere. Puoi
immaginare la reazione degli abitanti! Ero in mezzo al molo, durante il periodo
in cui il commercio era più fiorente, quindi era pieno di persone. Fu Camus di
Aquarius a portarmi via da lì, grazie al suo controllo sui ghiacci. Non lo
ringrazierò mai abbastanza.»
Aima rimase in
silenzio, ripensando a tutto ciò che l’allieva le aveva raccontato. Troppo piccola, forse, per capire queste
lezioni fondamentali, pensò.
«Questa tua
esperienza ti ha già insegnato molte cose, devi solo comprenderle. Io sono qui
per aiutarti a farlo. Sei pronta, dunque?»
Nymphodora esitò.
Fino a che punto Scarlet era disposta ad aiutarla? Si legò i capelli
arancio-dorati in una coda alta e, preso coraggio, fissò quella maschera seria
e impassibile, sforzandosi di pensare che, dietro di essa, non si celava altro
che il suo nuovo maestro.
«Pronta.»
Affermò dopo un
grande respiro. Scarlet, così, potè cominciare la sua prima lezione.
«Perché
devo essere proprio io a controllarla?», chiese spazientito.
«Tu
la conosci meglio di me.», replicò con fare ovvio il gemello.
«Scordatelo.»
«Te
lo ordina il Grande Sacerdote, non tuo fratello.»
«Maledizione
a te e a quando lo sei diventato.»
«Bene bene, per la
prima volta posso scorgere un accenno di felicità sul volto di questa scostante
marionettista.»
La schernì Kanon,
non appena la ragazza lo passò senza accorgersi della sua presenza. Aima si
bloccò di colpo, recuperando come poteva la maschera fredda e scostante.
«Vedi un sorriso
sulle mie labbra, per caso?», replicò sarcastica.
«No, ma la tua
allieva ti ha preso molto. Anzi, sei parecchio soddisfatta di lei. Sai, se tu
non avessi avuto questi pensieri per la testa, appena superata la colonna mi
avresti detto qualcosa del tipo “Seadragon, ti ostini ancora a seguirmi?”.»,
affermò il Gold Saint con un ghigno vittorioso.
«Sei così
arrogante da pensare di essere sempre nei miei pensieri?» la rossa assottigliò
gli occhi.
«Mai quanto possa
esserlo tu a riguardo.»
«Non sfidarmi
Seadragon, non vinceresti.»
La Silver Saint si
avvicinò minacciosa al cavaliere, sibilandogli contro. Kanon ridacchiò perfido.
«Di che sfida
parli? I morsi? Non vincerà nessuno finchè uno dei due non strapperà il labbro
all’altro, probabilmente.»
Le soffiò sulle
labbra, dopo averla avvicinata un poco. Gli occhi del Corvo si incendiarono.
«Se continui così,
puoi giurare che lo faccio.»
Lo avvertì lei,
dirigendosi verso il tredicesimo tempio.
Ma
perché dovrei?
Ti vuole fare del
male.
Non
è assolutamente vero.
Plin.
Plin. Il sangue colava dal suo fianco ferito, la creatura alla fine aveva
attaccato, e ora si affrettava ad infliggere altri colpi.
Usando
semplicemente i tuoi fili non puoi fare niente. Usa il Cosmic Marionation che
ti ho insegnato. Hai faticato per apprenderlo, vuoi buttare mesi di fatica
così?
Non
è facile per me. Buttare via così la mia maschera.. papà si arrabbierà molto.
Non lo farà. Mi
assumerò io ogni responsabilità. Fallo!
Tu
non lo conosci..
Un
flebile sussurro, ricco di silenzi e parole urlate.
Cosmic
Marionation!
Ha eseguito il colpo. Ha completamente perso il controllo nell’ucciderlo. Non è rimasto altro che una misera carcassa informe.
Ottimo lavoro, Minos.
Non sapeva mentire con gli occhi, Loki..