YOU ARE MY SUNSHINE
CAPITOLO SETTE
Blake
si buttò di peso sul divano accanto alla
sorella e sbuffò di noia. Osservò che cosa
stavano facendo alla tv e inorridì
non appena si accorse che era uno dei film di High School Musical.
Sua sorella si era vista quei film almeno un centinaio di volte e
ancora non si
era stufata di guardarli. Non capiva come facesse, era una cazzata
tremenda, i
personaggi non facevano altro che cantare, ballare e pensare ai vestiti
e alla
moda. Oltretutto, un film pieno di cliché.
“Come
fai a guardarti sempre questo stupido film?”
le chiese, osservando come Troy Bolton stava giocando a golf nel campo
del
padre della bionda Sharpay.
“Non
è un film stupido!” rispose lei indispettita,
senza togliere gli occhi dallo schermo.
“Se
lo dici tu”.
Il
ragazzo avrebbe tanto voluto cambiare canale, ma
se si azzardava a farlo la sorella si sarebbe incazzata di brutto e
l’avrebbe
pure picchiato. In realtà non aveva niente da guardare alla
tv, anzi, non aveva
proprio niente da fare, ma piuttosto che guardarsi High School Musical
preferiva andare già a dormire.
“Blake!
Susy!” si sentirono chiamare dalla voce
della madre. “E’ pronta la cena”.
Il
rossino si alzò subito senza farselo ripetere due
volte e si diresse in cucina, mentre la ragazzina stoppò il
registratore e lo
seguì un po’ pigramente.
Quando
si sedettero, la madre li servì e tutta la
famiglia cominciò a mangiare e a parlare, come facevano
sempre durante la cena.
Il padre si dilungò in discorsi di quello che gli succedeva
a lavoro, mentre la
dodicenne Susy raccontava di quello che avevano fatto lei e la sua
amica
Sharon. La madre, invece, stava ad ascoltarli anche piuttosto
interessata.
L’unico che non sembrava minimamente interessato e che non
disse neanche una
parola fu Blake. Continuava a mangiare quello che aveva nel piatto
quasi
controvoglia, senza neanche accorgersene, gli occhi fissi in un punto
impreciso
della tavola e la mente persa in chissà quali pensieri.
“Che
cos’hai, Blake?” gli chiese il padre in tono
gentile, notando che era piuttosto pensieroso. “Mi sembri un
po’ sulle nuvole”.
Il
figlio sollevò lo sguardo a guardarlo, ma non
fece in tempo a rispondere che la sorella intervenne.
“E’
innamorato”. Cantilenò.
“Stai
zitta, tu!” la sgridò, allora, il fratello,
girandosi per lanciarle un’occhiata minacciosa.
La
ragazzina, però, per tuta risposta, scoppiò a
ridere rischiando di rovesciarsi il succo addosso e, in quel momento,
anche la
madre spostò gli occhi sul figlio interessata.
“Davvero,
tesoro?” gli chiese.
“E
anche se fosse?” fece Blake, abbassando lo
sguardo nel piatto, imbarazzato. Era un pessimo bugiardo, se provava a
mentire
sua madre se ne sarebbe sicuramente accorta e poi, in genere, non
c’erano molte
cose che le nascondeva.
I suoi genitori sapevano quasi tutto di lui, persino che era gay e non
si erano
fatti molti problemi su questo. All’inizio erano rimasti un
po’ scioccati,
certo, ma gli volevano bene lo stesso. A loro bastava che fosse felice.
“E
dimmi, chi è?” domandò ancora la donna
che amava
molto i pettegolezzi. “E’ figo?”
“Be’,
abbastanza”. Si decise a parlare finalmente il
figlio. “Si chiama Tyler, abita nella Sleepy
Avenue…”.
“Ah,
forse ho capito chi è”. lo interruppe il padre,
servendosi altri spaghetti al pomodoro. “Si tratta mica di
Tyler Bennet, quello
che si è trasferito insieme alla madre nella casa della
vecchia Signora Pegg?”
“Sì,
proprio lui”.
“Ah.
Ma quel ragazzo non è mica… cieco?”
“Sì,
lo è”.
“Davvero?!”
esclamò la madre sorpresa.
“Ma
tu come fai a sapere chi è, papà?”
“Me
ne ha parlato il signor Tanen, sono stati a
pranzo da loro. Effettivamente mi ha anche detto che sua figlia Emily
non ha
fatto altro che ripetere quanto fosse attraente”.
Il
ragazzo scrollò le spalle. Il padre di Emily
lavorava con il suo
e andavano anche
parecchio d’accordo, perciò era normale che si
raccontassero alcune cose l’un
l’altro.
“Mi
ha anche detto che ha saputo che il padre di
Tyler è morto in un incidente”. Aggiunse
l’uomo.
Questa
volta fu il turno di Blake di sgranare gli
occhi per la sorpresa. “Davvero?!”
“Non
lo sapevi?”
Il
ragazzo negò col capo. No, non ne aveva idea.
Effettivamente, aveva conosciuto solo sua madre, un presunto padre non
l’aveva
mai visto e il ragazzo non gliene aveva mai parlato. Ma non si era di
sicuro
immaginato che potesse essere morto.
Poi rimase un attimo a pensare e provò a fare due
più due. Il padre di Tyler
era morto in un incidente, poteva essere stato un incidente
d’auto, il ragazzo,
inoltre, alla festa aveva detto che in auto si potevano fare degli
incidenti e
che si poteva morire e poi aveva fatto un allusione che lui aveva perso
la
vista proprio in un incidente…
Non poteva essere che…
“Ma
dimmi qualcosa di più di questo Tyler”.
Insistè
allora la madre, distraendolo dai suoi pensieri.
“E
che cosa vuoi sapere?”
“Be’,
che rapporto avete, ad esempio. Siete amici?”
“Sì,
credo di sì”.
“Ma
anche lui è gay?”
“Non
lo so, non credo”.
“E
lo sa che tu lo sei?”
“No,
non gliel’ho detto”.
“Dovresti
dirglielo”.
Il
ragazzo annuì debolmente. Non aveva molti
problemi a dire di essere gay, né a negarlo se glielo
chiedevano, però non gli
era mai capitato di doverlo proprio specificare. Di solito la gente lo
capiva o
almeno lo sospettava quando lo vedeva.
Quando lo vedeva, appunto, ma Tyler non lo poteva vedere.
Quando
la cena fu terminata e anche l’interrogatorio
da parte della madre, Blake si alzò dalla sedia e
andò in camera sua,
buttandosi di schiena sul letto.
Rimase un attimo ad ammirare il soffitto e a pensare ancora a Tyler e a
come
poteva dirgli che era gay, soprattutto a come avrebbe reagito a quella
notizia.
Improvvisamente,
sentì il cellulare vibrare e trovò
due messaggi, uno di Lucy e l’altro di Ken.
Lucy:
ehi,
grazie ancora per il regalo, mi è piaciuto molto. Tu
sì che hai gusto, sei il
mio amico gay preferito xD. Ci vediamo presto, vienimi a trovare quando
vuoi.
P.S. Tyler è proprio figo, adesso capisco perché
ti sei innamorato di lui.
Ken:
alla
festa di Lu ci siamo divertiti, vero? E tutto per merito delle canne.
Domani ci
vediamo? Spero di sì. E magari porta anche Tyler, me lo
scoperei volentieri.
Cerca di scoprire se anche lui è gay.
Blake
sorrise tra sé e sé. Lucy e Ken erano degli
amici fantastici, non sapeva che avrebbe fatto senza di loro.
Ma decise di rispondere più tardi ai messaggi, in quel
momento si sentiva
abbastanza stanco e non aveva voglia di far niente, nemmeno di muovere
un
muscolo.
***
La
madre di Tyler continuava a correre in giro per
la casa, ogni volta dimenticandosi qualcosa. Riporre il portafoglio in
borsa,
indossare la maglietta, mettere il profumo...
Era
il suo primo giorno di lavoro come segretaria
nel museo d’arte dove lavorava anche la sorella ed era
piuttosto agitata.
Chiedeva al figlio se magari aveva messo troppo profumo, se indossava
una
maglietta troppo scollata, dimenticandosi pure che lui non la vedeva, e
il
figlio le rispondeva con un sei perfetta,
mamma come un disco rotto, tenendo gli occhi fissi alla tv
sul quale stava
guardando, o meglio, ascoltando un programma di cucina su Real Time.
“Più
tardi arriverà la zia Mandy, così non starai
tutto il tempo da solo, ok?”
“Ok”.
“Se
hai bisogno di qualcosa, chiamami. Basta che
schiacci in basso del tasto grande del telefono, va bene?”
“Va
bene”.
Kelly
sistemò un’ultima volta la borsa e
indossò la
giacca.
“Sei
sicuro che ce la farai a stare da solo?”
“Sì,
mamma, non ti preoccupare. Non è la prima
volta”. Le rispose Tyler, leggermente frustrato.
“Ok,
ti voglio bene”. gli sussurrò, dandogli un
bacio sulla guancia.
“Anche
io, mamma”.
La
donna uscì velocemente e il ragazzo rimase
finalmente solo, nel silenzio che circondava la casa.
Appoggiò la testa allo schienale del divano e chiuse gli
occhi, concentrandosi
per ascoltare il programma che stavano trasmettendo in Tv, ma
improvvisamente,
una certa fiacchezza lo colse e sentì di star cominciando
pian piano ad entrare
nel mondo dei sogni.
Quando
le braccia di Morfeo stavano per coglierlo,
il campanello della porta lo destò di colpo e per poco non
lo fece balzare fino
al soffitto.
Maledisse
la zia Mandy che era già arrivata, se la
aspettava molto più tardi.
Si
alzò lentamente dal divano e andò alla porta,
sbattendo contro il tavolino di vetro e tirando imprecazioni.
“Entra
pure, Mandy”. Disse non appena aprì la porta,
girandosi subito dall’altra parte per tornare in salotto.
“Non
so chi sia questa Mandy, ma di sicuro io non
sono lei”. Disse, invece, una voce maschile dietro di lui.
“Blake?!”
esclamò Tyler sorpreso.
“Indovinato,
baby”.
“Scusa,
credevo fossi mia zia”.
“Sei
rimasto deluso?”
“No,
affatto!” esclamò il moro, sincero. In
realtà,
era contento che Blake fosse venuto. “Accomodati”.
Gli disse, tornando a
dirigersi in salotto. Qui inciampò di nuovo nel tavolino di
poco prima,
sbattendo forte il ginocchio. Questa volta, però, il mobile
l’aveva fatto
sbilanciare e così si era ritrovato a mulinare con le
braccia in avanti,
sentendo di stare per cadere.
Ciò però non successe perché Blake lo
aveva afferrato da dietro con le braccia
magre, circondandolo per la vita.
Riuscì
a rimettersi dritto e poi si girò verso il
rossino per ringraziarlo. Ma questi, non appena lo vide in volto,
sgranò gli
occhi ed esclamò: “Oh mio Dio!”
“Che
c’è?” chiese Tyler un po’
preoccupato.
“Tu…
tu hai degli occhi stupendi”.
“Eh?”
Blake
rimase imbambolato a fissare gli occhi
dell’altro, come incantato. Non aveva mai visto degli occhi
come quelli di
Tyler, erano azzurri, ma non un azzurro semplice. Erano come il cielo
in
estate, un cielo sereno e senza nuvole, mentre attorno alla pupilla
diventavano
sempre più chiari, assumendo tonalità di grigio.
Cristo,
Tyler, perché devi essere così bello?
“Davvero,
Tyler. Tu hai dei bellissimi occhi”.
Il
moro li abbassò leggermente, sentendosi in
imbarazzo. Blake, allora, lo lasciò andare, anche se avrebbe
voluto stringerlo
ancora tra le proprie braccia e magari baciarlo, ammirare ancora i suoi
occhi
che finalmente riusciva a vedere.
“Dovresti
farli vedere più spesso, anziché metterti
sempre gli occhiali. Sono davvero belli”.
“Ma
tanto non mi servono a niente”.
Tyler
sembrava essere diventato improvvisamente
malinconico, forse anche sul punto di piangere, ma in poco tempo
riuscì a
riscuotersi e a tornare come era di solito: duro e impenetrabile.
“Comunque,
posso offrirti qualcosa? Da bere? Da
mangiare?”
“No,
grazie. Piuttosto, vorrei vedere la tua stanza,
se posso”.
“Certo.
È di sopra”.
Il
moro lo condusse su per le scale a chiocciola,
mentre Blake gli stette dietro, attento che non si facesse male di
nuovo.
“Wow!
Non è male!” esclamò il rossino non
appena fu
entrato dentro. Tyler si buttò sul letto e vi si sedette
sopra a gambe
incrociate, aspettando che l’altro finisse di ammirare
l’ambiente.
Blake fu attirato da una fotografia incorniciata e appoggiata ad uno
scaffale
che rappresentava il moro da piccolo, più o meno doveva
avere dieci anni e lo
riconobbe per quei particolari occhi azzurri, abbracciato ad un uomo
piuttosto
alto, ma ancora abbastanza giovane. Erano seduti per terra, in un
giardino dal
prato verde e ben curato ed entrambi sorridevano
all’obbiettivo, anche il ragazzo
aveva un sorriso radioso, come Blake non gliel’aveva mai
visto fare.
“Chi
è quest’uomo che è con te nella
foto?” chiese a
Tyler, quello in versione più grande seduto sul letto.
“Mio
padre”. Rispose l’altro.
Blake
rimase ancora un po’ ad ammirare la foto, come
se fosse la cosa più bella o più straordinaria
che avesse mai visto. Ma,
improvvisamente, sentì una certa tristezza assalirlo.
“Ti somiglia. Avete gli
stessi occhi”.
“Mia
madre si ostina a tenermela in camera anche se
non posso vederla”.
“Be’,
è un bel gesto”.
Piombarono
entrambi in silenzio, Tyler perché non
sembrava voler aggiungere altro e Blake mettendosi a scorrere i titoli
dei
libri che riempivano le mensole sopra la scrivania. Ne prese uno in
mano e
cominciò a scorrere le pagine incuriosito.
“Che
strani questi libri”. Commentò, per poi
esclamare subito dopo. “Ma sono scritti in brail?!”
“Sì”.
“Wow!
Non ne avevo mai visto uno”.
“Adesso
puoi dire di averlo visto”.
“Li
hai letti tutti?”
“Alcuni
sì”.
“Chi
te lo ha insegnato?”
“Sono
andato in una scuola”.
“Scusa,
forse sto facendo troppe domande”. Disse poi
Blake, notando che Tyler sembrava rispondergli un po’
controvoglia, come se
fosse obbligato.
“No,
è tutto ok. Solo che… non mi piace parlare di
questo, tutto qui”. Fece l’altro, abbassando lo
sguardo.
Blake
ripose il libro e si appoggiò alla scrivania
guardandosi intorno, come se volesse evitare lo sguardo del moro.
“Senti,
Ty, ma io e te… siamo amici?” gli chiese un
po’ imbarazzato.
Tyler
assunse un’espressione perplessa. “Sì,
direi
di sì”.
Il
rossino, allora, sorrise a quella risposta. Se
non potevano stare insieme, almeno sarebbero stati amici. Anche se,
doveva
ammettere, non gli sarebbe stato semplice essere amico di qualcuno che
amava.
“E
ci possiamo raccontare tutto, quindi?”
“Blake,
se vuoi sapere qualcosa da me, basta che me
lo chiedi. Non servono tutti questi giri di parole”.
Sbottò, infine, Tyler che
aveva l’impressione di aver capito dove l’altro
volesse andare a parare.
“No,
no!” si affrettò a rispondergli Blake.
“E’ solo
che io… ti devo dire una cosa”.
“Dimmi”.
“Io
sono… ecco, io sono… sono…
gay”.
Tyler
rimase con gli occhi fissi al muro di fronte a
lui, senza cambiare espressione.
“Ok”.
Disse infine.
Blake
spalancò gli occhi. “Ok? Tutto qui?”
“Be’,
che altro dovrei dire? Se ti piacciono gli
uomini sono affari tuoi”.
“Ma
non ti dà fastidio?” Il rossino era leggermente
stupito, ma anche piuttosto sollevato.
“Perché
dovrebbe darmi fastidio? Mica mi salterai
addosso come un maniaco pervertito”.
Non
sai quanto ti sbagli, Tyler. Non faccio altro che desiderare di farlo
fin dal
primo momento che t’ho visto.
Il
rossino, allora, si sedette sul letto accanto al
moro e, senza che l’altro se lo fosse assolutamente
aspettato, lo abbracciò
forte.
“Blake!”
esclamò l’altro, trovandosi a soffocare
nella sua morsa d’acciaio.
“Grazie,
grazie, grazie…”. Cominciò a dire
l’altro,
senza lasciarlo andare. Tyler si ritrovò sdraiato sul letto
sotto il peso del
corpo di Blake che gli stava quasi sopra.
“E
per cosa?”
“Be’,
per avermi accettato per quello che sono”.
“E
come ti dovrei accettare se no? E
poi, anche tu mi stai accanto nonostante io
sia cieco”.
“La
cecità non è mica trasmissibile”.
“Nemmeno
la gaiezza”.
(NDA:
sei sicuro? ^^)
Blake
ridacchiò divertito e si rimise seduto. “Sai,
Tyler, sei divertente a volte”.
“Davvero?
Sei il primo che me lo dice”.
“Be’,
è vero”.
“Ma
i tuoi lo sanno? Che sei gay, intendo”.
“Sì,
lo sanno. All’inizio, quando gliel’ho detto,
erano rimasti un po’ scioccati, ma poi lo hanno
accettato”.
“E
i tuoi amici?”
“Lucy
è stata la prima a saperlo, praticamente
quando l’ho scoperto anche io. Ci conosciamo dalla prima
liceo. Ken, invece…
be’, diciamo che l’abbiamo scoperto insieme, di
essere gay”.
“Anche
lui è gay?!” questa volta sì che Tyler
parve
un po’ sorpreso.
“Sì.
Io e lui ci conosciamo da quando avevamo nove
anni”.
“Ma…
fra voi due c’è qualcosa?”
“Oh
no, no. Siamo solo amici, anzi, a volte è come
se fossimo gemelli, praticamente ci piacciono le stesse cose e ci
intendiamo
anche senza parole”.
“E’
bello avere un amico così”. Sospirò il
moro, un
po’ malinconicamente.
“E
tu? Ce l’hai?” gli chiese Blake con cautela,
temendo di fare un’altra domanda inappropriata.
Tyler
fece una smorfia. “No. Ho avuto parecchi amici
una volta, ma… diciamo che le persone ti stanno accanto solo
quando fa comodo a
loro. Le persone preferiscono non avere molto a che fare con me
perché pensano
che poi dovranno sempre starmi appresso e quelli che mi stanno vicini
di loro
spontanea volontà lo fanno perché li faccio
pena”.
Era
la prima volta che il ragazzo diceva qualcosa di
più su se stesso senza allusioni o giri di parole e Blake ne
rimase un po’
stupito. Però gli fece anche piacere che si stesse aprendo
con lui, da un lato
almeno, dall’altro, invece, venne di nuovo assalito dalla
tristezza.
Non era giusto, Tyler era un ragazzo fantastico che meritava di essere
accettato e di essere felice.
Perché felice non lo era, Blake l’aveva capito in
quel momento.
“Sai,
anche per me è difficile essere accettato
dagli altri. Oltre Ken, Lucy, i miei genitori e mia sorella
nessun’altro sa che
sono gay. I compagni a scuola credo lo sospettino perché io
sono uno di quelli
che si capisce subito che sono dell’altra sponda. Quindi,
preferiscono starmi alla
larga”.
Il
moro sospirò. “Non serve circondarsi di molte
persone. Ne bastano pochi, purché siano buoni”.
“Già”.
Cadde
di nuovo il silenzio, ma solo per pochi
secondi, poi fu Tyler il primo a interromperlo, cambiando totalmente
argomento.
“Hai una sorella?”
“Sì,
si chiama Susan, ha dodici anni ed è una
rompiscatole. Pensa che si guarda ancora High School Musical e le
piacciono i
Jonas Brothers”.
Il
moro ridacchiò. “Se le piacciono i musical le
consiglio di vedersi Mamma mia o Grease. Sono decisamente
meglio”.
“Tu
li hai visti?”
“Praticamente
guardo solo quelli o gli horror, visto
che mettono parecchie musiche e posso capire qualcosa”.
“Oh
già, immagino”. Disse Blake. “Io,
invece, gli
horror non li sopporto, mi mettono paura. Lucy li adora e a volte mi
costringe
a guardarli, ma poi sto sempre con la faccia coperta”.
“Basta
solo che pensi che si tratta soltanto di un
film”.
“E’
facile dirlo”. Il rossino si mise ad osservare
lo scaffale sopra il letto, notando che c’erano un sacco di
CD. “Ti piace
ascoltare la musica?”
“E’
praticamente una delle poche cose che riesco
ancora a fare”.
“Ti
piacciono tanto i Queen”.
“Già”.
“Oh
mio Dio!” esclamò Blake, improvvisamente,
saltando in piedi.
“Che
c’è adesso?”
“Non
ci credo! Anche tu leggi la saga di Connor
Jempsy?”
“Be’,
la leggevo. Non dirmi che piace anche a te?”
“Io
l’adoro! Me li sono riletti non so quante
volte”.
“Oh,
io sono arrivato al quarto libro e a metà del
quinto. Poi, sai… ho avuto questo piccolo problemino alla
vista e non sono più
potuto andare avanti. Mi hanno raccontato la storia, ma non nei minimi
dettagli”.
“Se
vuoi posso leggertelo io”. Si offrì Blake tutto
contento.
“Adesso?”
fece l’altro stupito.
“Sì,
a me non dispiace leggerli di nuovo e poi gli
ultimi sono quelli più belli”.
“Be’,
se hai così tanta voglia, va bene”.
Blake
si sdraiò nel
letto accanto al moro. “Abbiamo trovato una cosa in
comune”. Gli disse il
rossino prima di iniziare a leggere e l’altro sorrise,
preparandosi ad
ascoltare.
MILLY’S
SPACE
Ed
eccomi di nuovo qui con un altro capitolo bello lungo,
per compensare l’attesa.
Allora: nemmeno qui succede nulla d’interessante, a parte
Blake che svela a
Tyler di essere gay. E meno male che Ty l’ha presa bene ^^.
Una
piccola precisazione: la saga di Connor Jempsey l’ho
inventata io. In realtà inizialmente avevo pensato a Harry
Potter ma siccome la
storia è ambientata più o meno nel nostro periodo
e Tyler è rimasto cieco due
anni fa, avrebbe fatto a tempo benissimo a
finire di leggere tutta la saga ^^.
Dettaglio insignificante ma ci tenevo a dirvelo.
Scommetto però che
vi starete chiedendo
dove sono le foto che ho promesso l’altra volta ^^
ehehe… sì sì ci sono… se
andate sulla mia pagina Facebook
http://www.facebook.com/MillysSpace
sull’album
You are my sunshine le troverete : )
E
ricordatevi di lasciarmi qualche commentino.
Baci,
baci,
M.
FEDE15498:
secondo me le fotuzze sono belle, ma poi i gusti son gusti ^^ ma
preparati a
sbavare su Tyler ^^ Spero che ti sia piaciuto anche questo cappy e
fatti
risentire ^^.
E, mi raccomando, non sgobbare troppo sui libri o diventi gobba e cieca
come
Leopardi ^^
Un bacione, Milly.