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Autore: fortiX    12/11/2012    6 recensioni
Bassai dai é il nome di un kata del karate shotokan. Il termine vuol dire entrare nella fortezza. E cosa sono Sephiroth e Cloud se non due fortezze mai violate? Cloud sta aprendo la sua verso una nuova vita e si accorgerà presto che, nonstante le numerose sconfitte, il suo nemico mortale non é mai stato veramente conquistato. I segreti e le paure verranno mai svelati? Cloud avrà questo coraggio?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cloud Strife, Nuovo personaggio, Sephiroth, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Trattengo il respiro per un tempo in parvenza infinito, mentre il rimbombo dei passi in corridoio pugnalano il mio cuore ad ogni battuta. I miei occhi sono fissi sulla maniglia della porta, pronti a far reagire il mio corpo al solo accenno di movimento. Getto un’occhiata sfuggevole al cassetto alla mia destra: la mia mano è poggiata su di esso, come a sottolineare il nascondiglio delle mie bugie. Sarei un vero imbecille farmi scoprire così. Appena faccio per spostare la mano da lì, mi accorgo di un’eco lontana di quei passi che hanno destato il mio allarme. Non sono sicuro di aver udito bene, ma spero vivamente che le mie speranze non abbiano iniziato a farmi strani scherzi mentali. Riprendo a respirare con parsimonia e mi avvicino alla porta. Apro l’uscio quel tanto che basta per permettere al mio occhio di sbirciare oltre lo spiraglio. Nessuno. Il corridoio è immerso nella penombra della luce lunare che filtra dalla finestra e l’unica cosa a tenermi compagnia è un triste vasetto bianco sul tavolino di fronte il mio ufficio. Tiro un sospiro di sollievo, il quale mi ritempra anima e corpo, quando uno scricchiolio attira nuovamente il mio allarme. Qualcuno sta salendo le scale. Chiudo più che posso la porta per impedire alla luce della lampada di rivelare la mia presenza, ma, al contempo, vedere di chi si tratta. Il mio animo si quieta appena scorgo la testolina arruffata di Denzel. Sta letteralmente dormendo in piedi, quanto i suoi occhi sono chiusi e il corpo accartocciato su se stesso. Non si accorgerebbe nemmeno di Behemoth, tanto è assonnato. Mi sfugge un sorriso a quella vista dolce e ironica nello stesso tempo. Ho imparato ad apprezzare molto di più i bambini di recente. Non aveva mai capito quanto fossero straordinari e quanta felicità possono trasmetterti. Ho imparato ad usufruire della loro energia e allegria, quando mi sento un po’ giù; invece di scappare in qualche angolo recondito di Midgar ad autocommiserarmi. Mi siedo con loro e mi presto ai loro giochi. E’ davvero rigenerante.
Denzel scompare nella sua cameretta e dichiaro il cessato pericolo. Mi sporgo dall’uscio per controllare la porta della camera matrimoniale che divido con Tifa e noto che è serrata. Vorrei tornare accanto a lei, ma il richiamo irresistibile di quell’oggetto mi attira di nuovo nell’ufficio. Dopotutto, non ho ancora finito di leggere la prima giornata. Chiudo la porta alle mie spalle e mi ci appoggio per lasciar scaricare la tensione di poco prima. Ora che la mia mente si è calmata, posso pensare freddamente a queste prime parole impresse sulla carta dal mio peggior nemico. Il solo pensiero mi riempie il cuore di una profonda tristezza. Quando prestavo servizio alla ShinRa lo incontravo spesso, ma non sembrava così depresso. O forse a me piaceva pensarla così, perché il leggendario eroe SOLDIER non aveva problemi. Non POTEVA avere problemi. Santo Bahamuth, quanto mi sento idiota a credere a una scemenza simile! Ora che ho avuto un solo assaggio della mente di Sephiroth capisco il suo odio per l’umanità. Lo abbiamo rinchiuso dentro ad una gabbia dorata di gloria e perfezione fino a farlo impazzire. Io, in primis, mi sento in colpa. Lo vedevo come un Dio in terra, capace di tutto, tranne che di sbagliare. E quanto si sentiva solo per questo. Sephiroth non poteva avere amici, non ne aveva bisogno. Lui era al di sopra di qualunque cosa, tanto era forte. Ma senti! Che boiate! Come si fa a recludere così una persona solo perché la credi una divinità? Mi rendo conto che il vero burattinaio tra noi due, sono io. Io e tutta l’umanità lo hanno voluto così. Lui non ha fatto altro che conformarsi completamente al suo mito, con tutte le conseguenze che ne derivano. Mi accorgo che siamo stati noi a creare il mostro. Affondo il viso tra le mani e mi do una scrollata: il sonno comincia a farsi sentire, ma non abbastanza per indurmi al letto caldo. La scarica di adrenalina mi ha dato una bella sveglia e credo di andare avanti ancora per qualche minuto. Sospirando, ritorno alla scrivania, tiro fuori il diario dal suo nascondiglio e mi rimetto a leggere.

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Il diario è una bella invenzione per coloro che non hanno amici con cui parlare. Mi sovviene in questo momento di non essermi mai presentato ad anima viva. Tutti sanno chi sono io. Sephiroth, l’eroe di SOLDIER. Detesto questo titolo pomposo e ingiusto. Io non sono un eroe, io non salvo la gente, la uccido. I veri eroi sono i soldati sacrificatosi per i loro compagni, la madre che salva il figlio dalla fiamme, il marito che lotta contro la crisi finanziaria per portare la pagnotta dalla sua famiglia, un malato terminale di cancro che si gode la vita. Mi viene da mettermi le mani nei capelli quando sento il Presidente presentarmi ai suoi ospiti con quell’aggettivo. Mi verrebbe da fracassare loro il cranio. Sento sempre una grande rabbia pervadere il mio essere quando sono a contatto con le persone. Mi schifano con la loro ipocrisia e i loro sorrisi falsi. Avverto il loro timore, quando mi tendono la mano per presentarsi a me. Io mi rifiuto toccarli. Farò la figura del cafone, ma non mi importa. Uno dei pochi lati positivi di essere una celebrità è che c’è sempre qualcuno pronto a prendere le mie difese. Le ragazzine di 13’anni, ad esempio. Per loro, il mio modo distaccato e anti-antropico è dannatamente affascinante. Non ne concepisco il motivo. Sono venuto a conoscenza che molte donne adulte lo pensano. Sospiro rassegnato tutte le volte. Sarò una frana con i rapporti sociali, ma personalmente io non mi tratterei male tutto il tempo. Bisogna anche precisare che quel poco che so sulla sfera femminile proviene dalle voci delle camerate. E con questo ho spiegato tutto. Quand’ero un giovane SOLDIER, sentivo i miei compagni parlare spesso di femmine. Anche se all’epoca avevo più o meno l’età delle stesse ragazzine che oggi mi corrono dietro. Non si facevano scrupoli a sventolarmi in faccia le riviste pornografiche comprate sottobanco durante i turni di guardia e farmele trovare nei posti più impensati. Si divertivano a vedermi arrossire come un pomodoro davanti a quelle ragazze ritratte in posizioni scabrose. Era praticamente un bambino all’epoca, vissuto recluso in casa fino a pochi minuti fa e l’unica compagnia femminile che avessi mai avuto era la professoressa privata di matematica. Con tanto di baffoni e sedere dalle misure astrofisiche. Mi monta un nervoso indescrivibile pensare a quel periodo. E’ incedibile come l’umano possa essere crudele con un esemplare più giovane, solo perché più esperto in certi aspetti della vita naturale (e per alcuni nutro corposi dubbi). Era imbarazzante per me vedermi sbattuti in faccia momenti della vita che dovrebbero essere privati e speciali. Non era tanto la vista di organi sessuali (tra i mie tanti libri ce ne è uno di anatomia), ma era più che altro pudore. Concetto che ai miei compagni più grandi era sfuggito. Poi un giorno, mi fecero uno scherzo molto più pesante del solito (mi ero trovato un’escort nel letto)e a quel punto feci capire loro che la mia pazienza aveva un limite non consigliabile da superare. Ne mandai quattro all’ospedale per lesioni multiple al petto e… uno ci rimise le penne. Fu la prima volta che tolsi la vita ad un essere umano. Fu un’esperienza agghiacciante. Quel ‘toc’ secco di un collo che si rompe rimbomba ancora nelle mie orecchie. Ricordo la frenesia che annebbiò la mia mente all’udire quel suono. Rimembro il piacere provato a spezzare la sua giovane vita. Poi vidi solo rosso e una furia cieca travolgere gli altri aggressori. Quando finì tutto, mi sentii talmente male da vomitare sangue sui loro corpi. Per le successive settimane di addestramento non uscii mai dalla mia stanza. Durante quell’isolamento, compresi il pericolo di stipare i miei sentimenti. Sono come una bomba ad orologeria: se mi carichi troppo, esplodo e devasto tutto quello che si trova sul mio cammino. E’ terribile vivere così. Con la paura costante di liberare la mia rabbia, di non potersi lasciare andare. La sento grattare sotto al mio petto, come una bestia che ti rode dall’interno per farsi strada verso l’esterno. Quella bestia è potente, perché l’ho nutrita fin da bambino attraverso l’odio che provo per quella frattaglia umana di mio padre. Quante volte ho cercato la sua pietà, quando mi infilzava l’unico millimetro di pelle ancora sana in mezzo ad un tripudio di fori viola. Tante volte ho pianto disperato chiedendogli di smettere, cercarlo d’intenerirlo chiamandolo ‘papà’; ma credo che ci provasse un gusto perverso nel vedermi piangere. Spesso i suoi assistenti prendevano le mie difese, sopraffatti dalla pietà che provavano verso di me, e cercavano di fermare quella sadica frenesia; ma quel vecchio bastardo li faceva cacciare fuori dal laboratorio dalle guardie SOLDIER generosamente offerte da quel viscido del Presidente. Poi, il giorno dopo se ne presentavano altri diversi. Ogni nuova generazione di assistenti diventava sempre più fredda e distaccata, tanto che ad un certo punto rimase solo il Professore a salvarmi. Quando era presente ci pensava lui alle mie infusioni di mako. Era terribilmente doloroso comunque, ma lui non la smetteva un secondo di rassicurarmi e cercava di essere più delicato possibile. Mi raccontava storie fantastiche per distrarmi dal dolore. Non sapevo come facesse ad inventarsene una nuova ogni volta, ma mi piace pensare che si ispirasse alla sua famiglia. Invidiavo moltissimo sua figlia. Quando se ne andava, mi ritrovavo a pensare che al posto di quella bambina ci dovevo essere io. La invidiavo profondamente e la invidio tutt’ora.

Aerith

Oh, si è fatto tardi. Tra un po’ devo partire per una missione. E’ bene che mi prepari.

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Mi si gela il sangue nelle vene a leggere il nome di Aerith scritto dal SUO pugno. E’ elegante, ricalcato più volte, in molti punti. Sembra quasi che ci tenesse a vederlo stilato in modo impeccabile. Mi immagino Sephiroth chino sul tavolo di vetro a rimuginare sul lavoro fatto. A contemplare quel nome. Credo che in un qualche modo percepisse il legame fatale che li legava e, di conseguenza, se ne sentiva attratto. Almeno è così che la vedo io, ma tutto mi lascia pensare a questo. Le altre parole sono redatte, sì, in maniera impeccabile con eleganti ghirigori e lettere allungate; ma su QUELLA parola si è concentrato molto di più. Ma forse sono io che alle tre di notte comincio a vedere complotti immaginari scaturiti dalla mia mente stanca. M’incuriosisce, però, il fatto che l’abbia scritto a capo, lontano dalle altre frasi e molto più in grande. Forse l’ha scritto per imprimere un pensiero complicato o un’emozione profonda in una sola parola. Da come è scritta sembra quasi sospirata…

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Mi sveglio tardissimo e mi ritrovo a tastare il materasso dalla parte di Tifa, alla sua ricerca; ma quel posto è vuoto. Lei non è accanto a me. E’ già sveglia, sovvengo. Fortunatamente, è giovedì. E giovedì non lavoro, a meno di consegne straordinarie. Si sente silenzio in casa e nessun vociare proviene dal bar. Mugugnando mi giro verso il comodino e cerco la sveglia. Il display segna le 14:30. Grugnisco. Ho dormito un sacco. Odo dei passi in corridoio, ma, stavolta, non destano il mio allarme; anzi li riconosco: sono leggeri e soavi. Se non avessi l’udito potenziato dagli esperimenti eseguiti da Hojo, probabilmente non l’avrei sentita arrivare. Fa di tutto per non svegliarmi. La sento accostarsi alla porta, respirando piano per non far rumore. Sorrido. I suoi sospiri sono una musica delicata per le mie orecchie. E poi mi diverte vedendola prendere tutte le premure per non destarmi, quando io sono già arzillo. Vedo le sue dita sottili spuntare dall’uscio, lasciato accostato, e chiudersi sul legno con attenzione. Mi metto supino e attendo. Una leggera pressione con entrambe le mani e ,finalmente, vedo spuntare il suo viso. Il mio sorriso si allarga appena incontro i suoi occhi e si trasforma in un ghigno divertito appena vedo la sua espressione stupita.
“Ma sei sveglio!”
Inizio a ridere e mi tiro appena su, puntellandomi con i gomiti. Tifa entra nella stanza e la inonda con la luce del sole. La sua figura snella e perfetta si staglia contro di essa, gettando un’ombra su si me. Poggia i pugni sui fianchi e mi guarda falsamente offesa, con la bocca semiaperta e gli occhi fessurati. Adoro quell’espressione, mi fa avvampare letteralmente. Rimaniamo a guardarci per qualche secondo, durante i quali la sua espressione si addolcisce sempre più e il mio desiderio aumenta costantemente. Poi lei si getta tra le mie braccia, ridendo felice. Mi stringe a sé e io rispondo al suo abbraccio. Ridendo come due adolescenti ci rotoliamo nel letto, buttando all’aria tutte le coperte. Iniziamo a giocare e Tifa inizia a prendermi a cuscinate.
“Non”-cuscinata-“prendermi”-“ altra cuscinata -“in”- terza cuscinata -“giro!”, scandisce, tra una risata e l’altra.
L’ultimo colpo riesco a pararlo e afferro la federa con forza, strappandola dalle sue mani.
“Ah! Ora tocca a me!”, dico con fare minaccioso.
“No, ti prego! Aaaaaaaaah!”
Mi scaglio contro di lei e inizio a calare le mie cuscinate sul suo corpo, mentre Tifa urla e ride. Ad un certo punto cerca di scappare, ma con un rapido blitz le cingo la vita col braccio e la tiro a me, gettandola poi sul letto. Le salgo sopra, immobilizzandola. Ansimiamo entrambi. Tifa mi guarda con uno sguardo pieno di gioia e amore. So che questo mio nuovo comportamento la rende felice. E anche me. Mi sento appagato nel donarle l’allegria attraverso gesti e situazioni che prima non sarei mai stato in grado di creare. L’ombra di Sephiroth e la morte di Aerith non avevano precluso solo la mia di felicità, ma anche quella delle persone intorno a me. E io non me ne ero mai accorto. Credevo che fosse un fardello solo mio, ma non mi ero reso conto che l’avevo proiettato anche su di lei. Mi sento in colpa per questo, perciò sto cercando di aprirmi di più con Tifa e donarle queste piccole cose solo nostre. Inoltre, credo che la mia voglia di vivere sia derivata all’iniezione di tristezza proveniente da questa notte. Ho visto a cosa può portare il non godersi alla vita, quindi credo sia uno stimolo in più tenermi stretta la donna che amo.
Inconsciamente, stringo Tifa più forte verso di me. Lei mi accarezza la guancia con la leggerezza di una piuma; poi scende e poggia il dito nell’incavo tra le clavicole. Inizia a picchiettare, mentre alza uno sguardo malizioso sulla mia espressione studiosa.
“Sai, il bar apre tra mezz’ora e i ragazzi sono a scuola…”
Io sorrido e colgo la richiesta celata. La osservo per qualche altro istante, inebriandomi nella sua bellezza. Poi, infine, la bacio.
Questo sì che è un buongiorno.

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Oggi la giornata è volta al termine troppo presto, quindi sebbene sia quasi mezzanotte non ho un minimo di sonno. Amoreggiare con Tifa oggi pomeriggio mi ha rigenerato e mi sento una grande energia addosso. Mi sento ottimista e, sinceramente, non mi va di leggere le memorie depresse del mio nemico. Anche se… il velo d’inquietudine, che si è avvolto attorno a me riguardo a quel nome sospirato tra le pagine di un diario, non mi ha abbandonato per tutta la giornata. E’ la curiosità e il fascino del mistero che mi riportano nel mio ufficio, invece di lasciarmi sulla poltrona a guardarmi le prove libere della corsa motociclistica a Icicle. Mi siedo e tiro fuori il diario. Lo contemplo per qualche secondo, tenendolo in verticale davanti a me.
Sei davvero sicuro, Cloud?
Forse dovrei davvero seguire il suo consiglio e godermi le piccole cose, invece di rimestare le acque torbide di un passato che va via via dimenticandosi.
Sono pensieri privati. Era il suo unico sfogo.
Sì, dopotutto che diritto ho io di leggergli nella mente? Ho capito dove ho sbagliato, il perché sia diventato così rabbioso; come l’umanità lo ha costretto a vivere.
C’è dell’altro. Che rapporto c’era tra lui e Aerith?
Faccio per aprire il diario e un pezzo di carta cade dalle pagine centrali, finendo sul pavimento. Mi chino per raccoglierlo e… ciò che vedo mi lascia senza fiato!

Ecco qua, una nuova sfornata di allegria per voi! Bene, per ora il nostro Sephiroth sembra più triste che mai, mentre Cloud sempre più felice (per la situazione CloTi super-zuccherosa, prego picchiare Manila XD). Un capitolo pieno di misteri questo. Cosa c’è di sopito e nascosto tra Aerith e Sephiroth? Cosa ha trovato di sconvolgente il nostro Cloud, sbucato fuori dal diario del nemico? Ve lo direi adesso, ma necessito di un foglio immacolato, un matita, dei colori e uno scanner. Quindi, saprete tutto nella prossima puntata, signori miei!

Ringraziamenti:
one winged angel: per le sue recensioni precise e accurate;
Serith: pignola (a detta sua), ma dispensatrice di importanti consigli (da non perdere la sua “Sfumature”!);
Manila: la folle pazza autrice delle Dis-avventure, a cui io ho rubato la vena CloTi. Se vi vengono le carie è colpa della sua influenza! No, carissima ragazza e brava scrittrice!
Alla prossima!
Besos

   
 
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