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Autore: WordsEnchantress    14/11/2012    0 recensioni
Quale miglior interlocutore della leggera brezza che ti sussurra tra i capelli e ti punteggia di brividi la nuca?
Storie che solo lui può conservare e trasmettere con la cura necessaria e la devozione di chi ha ululato sempre, senza mai risposta, fin'ora.
Genere: Generale, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro amico,

 

Come ti ho promesso eccomi qui, ancora a scrivere parole futili.

Forse è il momento di fare un ulteriore passo avanti…

Perché ho deciso di scrivere a te?

Forse perché Dio non risponde mai, tu invece accarezzi la mia pelle, respiri il profumo dei miei capelli, sussurri al mio orecchio, mi schiaffeggi.

Forse perché nessuno si aspetta nulla da te.

Vieni e vai, e nessuno si stupisce mai.

Non prepari le valige, non dici addio, non sparisci d’improvviso…

Forse perché riesco a dire alcune cose solo a te.

Forse perché alcune cose non possono esser dette in altro modo al di fuori di come le si dice, oppure, semplicemente, non si riesce a dirle al di fuori di quella modalità.

A proposito voglio raccontarti ancora qualcosa:

Le sedie di quel teatro erano vuote e logore, i pavimenti puliti, da dietro le quinte non giungeva più neanche un sussurro.

Le porte principali erano appena state chiuse, i camerini riordinati, le scenografie smontate.

Eppure la luce, non troppo insistente, di un riflettore illuminava ancora il palco.

Sotto di essa il protagonista ancora respirava, ancora provava, ancora viveva.

Una sola magica melodia scandiva il fruscio del suo abito scuro, così elegante… Sembrava quasi i suoi piedi non sfiorassero il terreno.

Entrò una comparsa, così normale, così diversa.

I capelli castani ricadevano liberi sulle spalle bianche, il lungo vestito rosso metteva in risalto le labbra e i suoi grandi occhi.

Cominciò a danzargli attorno, senza pretesa, senza bellezza, ma silenziosamente.

Poi prese a sussurrargli parole che divenivano fiabe piene di significato, non lo guardava negli occhi. Lui le prendeva la mano, la faceva volteggiare e poi ascoltava ancora una storia.

In ogni favola lei lasciava scivolare un pezzo del suo esistere, un frammento d’anima.

Lui coglieva la lucentezza di ogni sillaba, eppure sembrava non capisse cosa lei volesse dire.

Una sincera timidezza le stringeva il collo, soffocando ogni tentativo d’esser diretta, rendendola muta, muta della sua verità.

Fu così che la musica finì, e lui non colse il tentativo della fanciulla.

Ella smise di danzare e fece il suo inchino, per poi sparire dietro le quinte.

Ecco qui, tu capisci vero?

Come un equilibrista che traballa sul filo della propria logica.

Ora ti sei placato, la strada tace, la luce riposa…

E anche l’ultimo riflettore si è spento, nascondendo segreti irrisolti.

Sogni d’oro silenziosa brezza…

 

Clarissa

   
 
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