InuYasha: Atto Finale
INTRO:
Questo capitolo, in realta', potrebbe sembrare una sorta di one-shot slegata dal resto della storia. E' infatti stato scritto quasi ad una anno di distanza dal resto del racconto, ma e' la conclusione che ho sempre immaginato per esso, e che inizialmente avevo evitato di scrivere per non rovinare il bel finale della storia. Ma senza di esso il racconto non sarebbe stato veramente completo: quest'ultimo quadro era, nella mia fantasia, parte integrante di "Atto Finale".
Il tono ed il linguaggio cambiano rispetto ai capitoli precedenti: ho cercato di rendere ogni frase il piu' possibile poetica, ed ho utilizzato molti termini inusuali. Troverete in calce un piccolo dizionario che elenca i termini di piu' difficile interpretazione.Detto questo...
Avete prepareto i fazzoletti di carta??? Vi avviso che ho pianto io mentre scrivevo...
Capitolo X : TRA LE PIEGHE DEL TEMPO
Un vento gelido sferzava la campagna.
Le nuvole correvano rapide sulla volta celeste, celando a tratti la
limpida luna sotto la loro coltre.
La notte era ormai avanzata ed il villaggio giaceva addormentato e
silente nella piccola vallata che da tempo immemore lo accoglieva;
solo il vento frusciava fra i sentieri di terra battuta, sollevando in
piccoli mulinelli le foglie secche che l'autunno aveva strappato agli
alberi.
Poggiata malinconicamente allo stipite della finestra, la donna
contemplava il pallido astro notturno; da un anno ormai, ogni notte
dialogava silenziosa con la luna, condividendo con essa quel dolore
che serbava nel profondo del cuore.
Ma quella per lei sarebbe stata l'ultima notte.
L'indomani la follia degli esseri umani le avrebbe strappato anche
quel suo unico tesoro.
Per sempre.
Dal tramonto del giorno seguente e per il resto della sua vita, altri
avrebbero posseduto le sue notti.
I profondi occhi scuri si velarono di lacrime e, per un attimo,
abbandonarono la luna per correre liberi fra i boschi e le risaie che
conoscevano fin dalla fanciullezza.
Era nata e cresciuta in quel luogo. Non vi era nulla di speciale,
eppure lo amava: era stato la culla dei sogni della sua giovinezza, lo
sfondo della sua profonda ma fugace felicita' ed il ricettacolo della
sua disperazione.
Ed ora avrebbe dovuto abbandonarlo.
Un leggero fremito scosse le sue fragili membra ed una lacrima
solitaria trabocco' correndole lieve lungo la guancia, mentre la sua
mano si afferrava saldamente al legno che incorniciava la finestra,
tanto forte che le unghie intaccarono lo stipite.
Il vento riprese a soffiare ancora piu' impetuoso, scuotendo impietoso
le fronde degli alberi, ed una folata gelida si insinuo' nella
finestrella, venendo a scompigliare i neri capelli della donna.
Nello scostare un filo nero dalla fronte, ella torno' a levare lo
sguardo verso la luna, ed i suoi occhi incrociarono cosi' la figura di
colui che, ogni notte, come lei apriva il suo tacito cuore al diafano
astro.
Con un nodo alla gola si scopri' a contemplare quella sagoma stagliata
contro il pallore lunare: poteva riconoscere il profilo duro di quel
volto, sul quale non ricordava di aver mai scorto un sorriso; poteva
vedere i suoi lunghissimi capelli argentei ondeggiare come impazziti
sferzati dal vento, poteva immaginare la calda ambra dei suoi occhi
che riflettevano la luna...
Da lungi egli era l'ignaro compagno delle sue notti: lei pregava la
luna dal finestruolo della sua povera capanna, ed egli faceva lo
stesso dall'alto di quel promontorio, ove anche quella sera se ne
stava accucciato.
Lei, prigioniera fra quelle quattro mura, e lui, libero e selvaggio,
che osava levare al cielo il suo volto impertinente senza che nulla si
frapponesse fra il Piccolo Astro ed i suoi occhi...
Egli era solo una figura lontana, del tutto inconsapevole dell'umile
presenza della donna.
Eppure, per lei, saperlo li' ogni notte era sempre stata l'unica
consolazione.
Nessuno al villaggio aveva mai compreso la sua solitudine. Nessuno si
era mai adoperato per lenire il suo dolore...
Quella sagoma burbera e distante le era sempre sembrata l'unica che
condividesse qualcosa con lei.
Non lo amava.
No.
Come avrebbe potuto amare di nuovo?
Come, poi, amare quell'essere che non era neppure umano?
Lo temeva, come tutti, li' al villaggio.
Era diverso. Non solo nell'aspetto.
Il suo carattere indomito e ribelle lasciava trasparire una selvaggia
ferinita' che nessun umano possedeva.
Ma i suoi occhi erano dannatamente tristi.
Forse era per questo che, nonostante mai, di giorno, ella avesse osato
levare lo sguardo verso di lui, lo sentiva piu' vicino di chiunque
altro.
E l'indomani avrebbe perduto anche lui.
D'un tratto si senti' gelare ed un brivido freddo le corse lungo la
schiena.
La furia del vento si era accresciuta di nuovo e l'aria si era fatta
pungente: ormai l'inverno era alle porte e presto avrebbe stretto ogni
cosa nella sua morsa candida.
Si getto' un pesante scialle sulle spalle e vi si strinse nel
tentativo di trovare un po' di tepore.
Riaccostandosi alla finestra, le parve che la figura sul promontorio
fosse piu' raggomitolata del solito...
Chissa'...
Forse anche lui sentiva freddo, in quel momento...
Si volto' verso il suo misero giaciglio ed esito' solo un istante; poi, tremante, afferro' la sua coperta consunta e, silenziosa come un'ombra, corse fuori nella notte.
***
InuYasha si strinse le gambe al petto, rabbrividendo, e poso' il
mento fra le ginocchia, senza mai discostare le sguardo dalla cerea
luna.
Faceva freddo.
Sarebbe dovuto rientrare in casa, ma non se la sentiva.
Odiava quella casa vuota e silenziosa. Non riusciva a trascorrervi le
notti. Ormai da lungo tempo era tornato a dormire all'aperto, nel
folto dei boschi. Almeno li' c'era il fruscio delle foglie e l'ululato
del vento a tenergli compagnia.
Il Vento...
Gli piaceva, il vento...
Anche quando era gelido come quella sera e si faceva quasi
insopportabile a contatto con la pelle, quando si infilava fra le
pieghe del suo kimono facendogli gelare la spina dorsale.
Vento...
Lo sferzava impetuoso, giocando coi suoi capelli ribelli...
Se chiudeva gli occhi gli sembrava che le carezze irriverenti del
vento gli strappassero l'anima e la trascinassero via con se', lassu',
nel cielo piu' profondo...
Brandelli d'anima...
frammenti della sua ineffabile tristezza che si libravano lontano,
gridando una disperazione che egli non osava narrare ad alcuno, se non
alla luna...
Quante volte aveva desiderato morire cosi', affidando il suo spirito
al vento e lasciando che questi lo conducesse fino a lei?...
Lei...
Si strinse ancora piu' forte le gambe...
Lei...
Ormai non aveva piu' lacrime... e poi, a che sarebbe servito piangere?
Di certo non a riportarla in vita.
Kagome era morta. Da cinque anni, ormai.
E lui era rimasto solo.
Solo di nuovo.
Credeva che ce l'avrebbe fatta: in fondo era vissuto nella piu'
completa solitudine per molto tempo...
Invece...
Invece il vuoto che lei aveva lasciato era ancora incolmabile, e cosi'
devastante da ottenebrargli la ragione.
Non aveva alcun senso quel suo ripiegarsi su se stesso, quel suo
sopravvivere disperatamente nel ricordo di lei...
Lo sapeva...
Ma non riusciva a vivere altrimenti.
Avrebbe dovuto riprendere in mano la sua vita, guardare avanti...
Ma da solo non ne aveva la forza.
Tutto cio' che era stato importante, per lui, ormai non c'era piu'.
Ora non aveva nulla.
Per un mezzodemone lo scorrere del tempo e' differente:
chi ha sangue per meta' demoniaco non invecchia tanto rapidamente come
gli esseri umani.
E pensare che gli uomini, da tempo immemore, inseguono il miraggio
dell'eterna giovinezza e dell'immortatlita'... Stolti!
Non vi e' nulla di piu' orribile del restare immutati mentre il
passare del tempo consuma coloro che ami...
Lei era invecchiata.
Era naturale: era una semplice umana.
Il tempo si era divorato la freschezza della sua figura e pian piano
era avvizzita, come una foglia strappata al ramo.
La sua pelle vellutata era stata solcata da rughe sottili, poi pian
piano si era completamente raggrinzita; i suoi capelli d'ebano si
erano striati d'argento, poi mutati in una nuvola candida; la sue
gambe si erano fatte malferme e le mani tremanti ed insicure; solo i
suoi profondi occhi scuri avevano conservato sino all'ultimo quella
luce pura che li aveva sempre contraddistinti.
Dio, quanto avrebbe voluto invecchiare insieme a lei, quanto avrebbe
voluto che il suo corpo si corrompesse, cosi' da poter condividere con
lei anche la vecchiaia...
Ma questo non gli era stato concesso: egli conservava ancora l'aspetto
di un giovane sui venticinque anni.
Gli pareva ancora di rivederla, posare la sua manina grinzosa sulla sue dita artigliate, carezzarle lieve e poi fissarlo interrogativa chiedendo:
-Che ci fai ancora con me?...-
Lui non sapeva risponderle. Anche se era vecchia e malata, le voleva
cosi' bene...
Cosi' piccola e rugosa come una tartarughina... ma era la sua
Kagome...
Lei conosceva il suo cuore. E con lei si sentiva in pace.
Era il suo nido, caldo ed accogliente; era un luogo dove rifugiarsi e
trovare protezione, qualunque fosse il suo aspetto.
Quando le sue condizioni fisiche erano precipitate, l'aveva vegliata
ed accudita per giorni nell'asettica camera d'ospedale in cui era
ricoverata, senza chiudere occhio per quasi un'intera settimana.
La guardava boccheggiare affannosamente dietro la mascherina
dell'ossigeno, con svariati tubicini che le entravano nelle vene ed
altri macchinari per lui incomprensibili collegati tramite elettrodi
alle sue braccia ed al suo torace.
Tutt'ora a volte gli accadeva di essere tormentato in sogno da quel
volto agonizzante: la vedeva soffrire, coi tratti del viso contratti
in una smorfia di dolore, e non poteva far altro che restarla a
guardare, del tutto impotenete.
Si era persino scoperto a desiderare che la Morte la conducesse con
se' al piu' presto, pur di non vederla piu' soffrire cosi'...
Eppure, quando ella aveva sollevato per l'ultima volta la mano per
carezzargli il viso, rivolgendogli il suo ultimo sorriso, si era
sentito morire con lei...
-Promettimi... Promettimi che non resterai solo, InuYasha...- gli aveva sussurrato con l'ultimo suo filo di voce prima di chiudere gli occhi per sempre.
Lui aveva assentito... ma non aveva mantenuto la promessa.
Era rimasto al villaggio, ma solo perche' quel luogo era pieno di
richiami a lei...
Era un posto a cui tornare, ma non ritrovava piu' se' stesso in quel
luogo, si sentiva sempre piu' smarrito...
D'altronde Kagome, grazie alle cure mediche della sua epoca, era
vissuta molto a lungo: quasi novant'anni, ben piu', dunque, dei
canonici cinquanta concessi agli umani dell'era Sengoku.
Miroku, Sango e tutti coloro con cui aveva condiviso la vita, se
n'erano andati gia' da lungi ed i suoi stessi figli, col poco sangue
demoniaco che avevano ereditato, non erano sopravvissuti alle guerre
ed al colera.
Da quando lei era morta non aveva piu' dato o ricevuto calore umano...
Ed ogni sera guardava la luna, sperando di scorgere riflesso sul cereo
astro il dolce volto della ragazzina che gli aveva stregato il cuore
tanti anni prima...
Parlava con lei, e cosi' facendo gli sembrava di non essere piu'
solo...
Stava impazzendo.
Lo sapeva.
E nessuno al villaggio se ne era accorto...
D'un tratto il vento si arricchi' d'un profumo nuovo: un odore caldo e
femminile... non gli era ignoto.
Si volto' appena verso il limitare del bosco, incuriosito: perche' mai
una donna si trovava a vagare nella bruma a quell'ora di notte?
Un'esile figura emerse dall'ombra della vegetazione, recando qualcosa
fra le braccia; mosse qualche passo sulla radura del promontorio, poi,
scoprendosi osservata, si arresto' di colpo, abbassando timidamente
gli occhi e stringendo forte al petto cio' che portava in braccio.
-Miyuki san?- la riconobbe il mezzodemone: -Cosa ci fate qui fuori con un tempo simile?-
-I..InuYasha sama...- balbetto' la donna intimorita: -Io...- ma non oso' proseguire.
Dalla rigidita' dei suoi movimenti e dal colorito acceso delle sue guance, egli si rese conto che la poveretta doveva sentirsi profondamente a disagio. Non se ne stupi': in fondo tutti, li' al villaggio, mostravano un forte imbarazzo se si trovavano soli di fronte a lui.
-Non temete, Miyuki san, non vi importunero' ulteriormente: proseguite pure per la vostra strada senza badare a me.- disse atono tornando a voltarsi verso la vallata.
-M..ma veramente io... sono venuta per voi...- ammise ella titubante.
Il mezzodemone, assai stupito, si giro' quasi incredulo verso la sua interlocutrice:
-Cosa?!- sbotto' sgranando gli occhi in un'espressione attonita.
-Io... vi ho portato questa, InuYasha sama...- disse lei sollevando il volto verso di lui e porgendogli il fagotto che stringeva al petto con un timido sorriso.
Era bella.
Piccina e dai lineamenti delicati, sembrava cosi' indifesa mentre quel
vento implacabile sferzava la sua esile figura scompigliandole i
capelli...
Senza neppure rendersene conto, il mezzodemone resto' ammutolito a
guardarla mentre gli si faceva vicina e gli posava esitante il suo
dono in grembo.
-Ma cosa...- riusci' a malapena a balbettare quando si ritrovo' quella stoffa fra le dita.
-E' una coperta...- si giustifico' la donna, senza guardarlo in viso: -Ecco,il vento e' gelido stanotte, ed io ho pensato che aveste freddo quassu', dove spira ancora piu' forte...-
InuYasha contrasse il viso in quello che poteva forse sembrare un mezzo sorriso divertito:
-Miyuki san, io non patisco il freddo...-
-Oh!- il corpo della donna si contrasse come se ella fosse stata schiaffeggiata, poi inizio' a tremare impercettibilmente: -Pe..perdonatemi, InuYasha sama, non avrei dovuto importunarvi...- disse inchinandosi umilmente: -Quest'inutile donna non vi disturbera' oltre...- continuo' riprendendo la coperta e voltandosi per scappare via.
Ma si senti' afferrare energiacamente per un polso e fu costretta, suo malgrado, a volgersi nuovamente verso il mezzodemone:
-Non scappate, Miyuki, non ce n'e' motivo. Anche se il freddo non mi nuoce, questo non significa che esso sia per me una sensazione piacevole...-
La donna alzo' lo sguardo verso di lui, fissando i suoi occhi tristi.
Com'erano strani quegli occhi color del fuoco...
Sembravano cosi' caldi, eppure riflettevano solo malinconia...
Prima di andarsene, avrebbe tanto voluto vederli sorridere, almeno un
attimo...
Si libero' dalla presa del mezzodemone e, senza dir nulla, spiego' la
coperta e gliela poso' affettuosamente sulle spalle.
Lui chiuse gli occhi e se ne lascio' avvolgere, abbandonandosi per un
istante a quel gesto cosi' materno, come ad un caldo abbraccio...
-Come sapevate che ero qui, Miyuki?- domando' in un sussurro senza riaprire gli occhi.
-Voi siete qui ogni notte. Vi vedo ogni notte parlare alla Luna da quassu'...-
-Mi vedete?...-
-Un anno fa il colera si e' portato via mio marito. Era tutto quello
che avevo al mondo: mi ha sposata anche se ero un'orfana senza dote e
non mi ha ripudiata nemmeno quando fu chiaro che non potevo dargli dei
figli... Era cosi' dolce con me...
E da quando non c'e' piu' io... io...- il volto della donna si rigo'
di lacrime silenziose. -io non ho saputo fare altro che guardare il
cielo ogni notte per lasciarmi affogare nel ricordo di lui...
E voi... Ogni notte siete sempre stato qui, fra me e la luna...-
-Miyuki san...- riusci' a malapena a balbettare lui, profondamente colpito nello scorgere una sofferenza simile alla sua negli occhi lucidi di lacrime di quella donna.
-Vi prego, InuYasha sama, tenete questa coperta. Io... devo andarmene dal villaggio e non potro' mai piu' guardare la luna... Ma se voi tenete la mia coperta, forse... forse... potrei illudermi che...-
Ma la voce le si spezzo' in gola. Tremava violentemente, scossa dai fremiti di un pianto che cercava disperatamente di trattenere.
-Andarvene?! Dove dovete andare, Miyuki san?- domando'concitato il mezzodemone, preda di un'apprensione che egli stesso non riusciva a spiegarsi. Perche' l'unico essere che gli aveva rivolto un'attenzione gli veniva portato via?...: -Perche' andate via?- le urlo' conto, quasi iroso.
-Non me ne vado di mia volonta': sono stata venduta a dei mercanti di schiavi... Domattina mi porteranno via...-
-Coooosaaaa?- sbotto' allibito il suo interlocutore.
-Io non ho piu' parenti, cosi' quando mio marito e' morto sono stata presa in casa da mio cognato, perche' lo aiutassi nei campi. Ma il raccolto dell'ultimo anno e' stato scarso e lui e' pieno di debiti. Ha sei figli da sfamare... Cosi' mi ha venduta per ricavare qualche soldo...-
-Come potete accettarlo senza ribellarvi? Perche' non fuggite?-
-Fuggire? E dove andrei? Io non sopravviverei nei boschi... Inoltre... sono una donna sterile, nessuno mi riprenderebbe mai in moglie: libera o schiava, posso solo aspirare a fare da serva...-
InuYasha tacque un attimo. Convivendo con gli umani, aveva imparato che le ragazze venivano educate alla remissivita' ed alla mansuetudine, quindi la reazione dimessa della donna non lo stupi' fino in fondo:
-Che ne sara' dunque di voi...- chiese esitante.
-Hanno detto... hanno detto che sono ancora abbastanza giovane... Per questo probabilmente mi venderanno ad una casa di piacere nei bassifondi di qualche citta'... Essendo sterile rendero' molto...-
InuYasha si senti' trafiggere il cuore: sapeva che quella di geisha di
alto rango era una posizione socialmente molto onorevole... ma finire
in un bordello cittadino poteva significare solo essere condannata a
soddisfare i piu' biechi impulsi sessuali della peggior feccia
d'uomini...
Significava calpestare in ogni momento il proprio cuore che ancora
rimpiangeva un amore perduto, per concedersi ad innumerevoli
sconosciuti...
Fisso' la donna che lottava per celare le sue lacrime... come lui, non
le lasciava libere di scorrere...
Non gli stava chiedendo aiuto, questo lo capiva bene. Gli aveva
raccontato la sua storia, ma non si aspettava nulla da lui.
Cerco' di immaginare quella carnagione dorata dal sole e quei
lineamenti delicati soffocati sotto il pesante trucco eburneo delle
geishe...
Senti' un'incontrollabile rabbia pervaderlo...
Kagome non avrebbe mai permesso che accadesse una simile atrocita'!...
Kagome...
Kagome non c'era piu'.
Era solo, ora.
D'impulso afferro' la donna per le spalle e la trasse a se', stringendola protettivo fra le braccia. Ne senti' il corpo irrigidirsi per lo stupore, ed il respiro arrestarsi per un attimo. Poi, cullate dal suo tepore maschile, le sue membra si rilassarono progressivamente, ed ella si abbandono' a singhiozzi liberi e sconsolati, aggrappandosi disperatamente alla stoffa ruvida del suo kimono scarlatto.
Com'era calda...
Da quanto tempo non sentiva quel calore?
Approfondi' l'abbraccio, posando una guancia sul capo di lei ed
abbandonandosi al suo profumo che sapeva di nostalgia...
Poi, quasi inconsciamente, sollevo' una mano e prese a carezzarle
paternamente la nuca.
-Sssht... Ora basta, Miyuki san. Basta piangere...- le sussurro' in un soffio.
All'udire quella voce calda e vibrante che le parlava con ferma
dolcezza, la donna si riavette, tornando bruscamente alla realta': ma
cosa stava facendo? Stava cercando consolazione fra le braccia di
quell'essere?!
Si stacco' dal suo petto e nascose il volto fra le mani:
-Pe..perdonatemi, InuYasha sama...-
Ma egli la riaccosto' dolcemente a se', scostandole le mani per guardarla negli occhi:
-Stupida! Non dire piu' simili idiozie! Sei venuta a portarmi quel calore che tanto bramavo, e che la fredda Luna non ha mai saputo darmi in tutte queste notti...-
Lei smise di singhiozzare e resto' a fissarne lo sguardo, ammutolita.
Egli d'un tratto lui arrossi' e discosto' il volto da quello di lei, come
imbarazzato, poi prosegui' esitante:
-Miyuki san, se io pagassi il vostro riscatto... accettereste mai di dimorare con me?...-
-Cosa?!...- la donna era completamente sbigottita.
-Non temete, non vi sto chiedendo di essere la mia serva, ne'
tantomeno la mia concubina... Sareste una donna libera...
Vi chiedo solamente di riempire la mia casa vuota...
E di venire qui con me, ogni sera, a guardare ancora il cielo...-
-M..ma che dite?! Paghereste una cifra tanto alta per non ricavarne nulla?... Siete forse impazzito?...-
-Chissa', forse sono davvero pazzo... ma in fondo
il denaro non mi e' mai servito, francamente non so che farmene,
qualsiasi sia la cifra pattuita per voi non mi spaventa...
... o forse... - ammise tornando a guardarla in viso: -Forse e'
soltanto che sono dannatamente solo...-
La donna sgrano' i suoi profondi occhi scuri: conosceva quella
solitudine... Dio, se ben la conosceva!...
Lascio' che, lentamente, un bellissimo sorriso illuminasse il suo
volto:
-No, non lo siete. Non piu'...-
Il mezzodemone rilasso' i lineamenti del volto e la fisso' con gratitudine, indi passo' un lembo della coperta che recava sulla schiena attorno alle spalle della donna, in modo da avvolgere entrambi:
-Allora torniamo a casa...- le sorrise: -il vento e' gelido, stanotte...- disse avviandosi accanto a lei giu' per il pendio.
Passo dopo passo, osservava colei che gli camminava al fianco, ne
studiava le movenze, i tratti del viso, il respiro...
In fondo era un'estranea, eppure gli sembrava di conoscere quella
donna da sempre, gli sembrava di aver visto riflesso il suo stesso
cuore nel profondo degli occhi di lei...
Per ora non erano altro che due gocce di solitudine che avevano
trovato comprensione e conforto l'una nell'altro...
Ma forse la Vita lo stava chiamando ad Amare di nuovo...
Per il momento non ne sarebbe stato ancora in grado: troppi lacci incatenavano il suo animo al passato, ed egli percepiva che per la donna valeva lo stesso...
Ma un giorno, forse...
Legare il cuore nuovamente ad una donna avrebbe significato ritrovarsi di nuovo preda di quell'insopportabile disperazione quando il Tempo gliel'avrebbe portata via...
Ma in quel momento non era spaventato.
Adesso basta. Era stanco.
Adesso voleva qualcuno da amare, piano piano...
FINE
DIZIONARIO:
FUGACE: che fugge via veloce; di breve durata.
RICETTACOLO: cio' che accoglie e contiene;
DIAFANO: trasparente; che si lascia attraversare dalla luce.
INDOMITO: che non e' mai stato domato, selvaggio;
INEFFABILE: che non puo' essere narrato a parole.
FERINITA': il fatto di essere selvaggio.
CEREO: del color della cera
EBANO: legno dal colore molto scuro, quasi nero.
BRUMA: tempo d'inverno, umido, freddo e nebbioso.
EBURNEO: del color dell'avorio, bianco.
SAMA: suffisso che i giapponesi fanno seguire al nome o al cognome di una persona. Ha lo stesso significato del piu' famoso -SAN, ma e' piu' gentile ed implica un maggior rispetto di colui che parla verso il proprio interlocutore. In italiano viene spesso reso come Signor, Eccellenza, Onorevole.
GEISHA (pronuncia:"gheiscia"): prostituta. Non avendo una tradizione cristiana, in Giappone la cosa non era disonorevole come da noi. Anzi, molte donne venivano allevate appositamente per imparare a compiacere un uomo in ogni cosa. Ma anche le GEISHA avevano una propria scala sociale, dalla nobili cortigiane alle povere prostitute delle case di piacere nei quartieri bassi delle citta'. Da notare che il termine e' invariante, cioe' resta GEISHA anche al plurale: ho scritto GEISHE nel testo perche' altrimenti in italiano "strideva" maledettamente...
RINGRAZIAMENTI:
Un sentito grazie a Rumiko Takahashi per aver inventato questa saga e questi personaggi, che da anni mi fanno compagnia e mi consolano nei momenti piu' pesanti.
Grazie a tutti coloro che hanno letto il mio racconto, sia a chi l'ha seguito con passione, sia a chi l'ha letto quasi per sbaglio, e grazie in particolare a chi ha voluto lasciarmi dei commenti. Io tengo molto a questa storia, perche', ad esclusione dei temi dle liceo, e' la prima cosa che io abbia mai scritto, e sono lieta che vi abbia appassionato ed anche un po' commosso... non speravo di riuscirci... Prometto a coloro che hanno commentato con fedelta' ogni capitolo che, non appena finisco l'altro mio racconto, verro' a leggere le loro storie!
A special thank al mio beta-lettore, Marco.
Ed infine, ma piu' importante di tutti, grazie ad H, perche' mi ha insegnato a fare le pagine html (partendo dalle basi: della serie "questo e' il tasto POWER del computer"...), ma soprattutto perche' mi ha sposata!!!! :)
Ciao a tutti!!!