POV
MOUSSE
Boccheggio
un paio di volte prima di realizzare ciò che realmente sia
successo negli
ultimi cinque secondi.
Shan-Pu è sulla soglia del mio camerino.
Shan-Pu tiene
tra le mani un pacchetto e una colomba bianca.
Shan-Pu si è ricordata del mio compleanno.
–Posso
entrare?- mi chiede timidamente. Mi riscuoto per poi ricadere del
panico più
totale.
–C-certo, scusami, prego, accomodati! Lei entra piano e
richiude la
porta dietro di sé: posso leggerle sul viso
un’aria… affranta?
Preoccupata? Delusa? Non lo so. Certo è,
però, che non è
la fiera e altezzosa Shan-Pu di sempre.
La sorpresa di vedermela davanti (e che si fosse ricordata del mio
compleanno, per giunta!) mi ha fatto persino dimenticare che sono
ancora
arrabbiato con lei e che a stento le rivolgo la parola. Fra noi cala un
pesante
silenzio, rotto pochi istanti dopo dal battito di ali della colomba
bianca;
quel rumore sembra riportare Shan-Pu nel mondo reale, come se si fosse
ricordata improvvisamente di qualcosa di importante. –Ah,
quasi dimenticavo:
poco fa ho trovato questa colomba davanti al mio camerino: era ferita
così ho
pensato di curarla io. E’ tua, non è
così? Fisso più attentamente il candido
uccello: non ci sono dubbi, è Korin, la colomba alla quale
avevo chiesto di
guidare Shan-Pu affinché scoprisse quello che
c’era tra me e Xiwan. Allungo un braccio verso di lei e,
senza che le abbia comandato nulla con
la voce, Korin sbatte un paio di volte le ali e , barcollando, viene a
posarsi
sulla mi spalla. Mente le solletico la gola, mi chiedo se abbia fatto
bene a
pianificare tutto questo solo nella speranza che Shan-Pu si allontani
da me.
Per qualche minuto le mie attenzioni sono rivolte interamente alla
colombella,
tanto da non rendermi neanche conto che la ragazza per cui spasimo
ormai da
anni mi sta osservando esterrefatta e quasi incantata. La vedo solo
scuotere
con voga la testa e avvicinare il piccolo pacchetto a me, distogliendo
lo
sguardo. –Ti ho preso anche un pensiero. Non lusingarti
troppo: non è nulla di
speciale, solo una vecchia scatola che ho trovato per caso nel mio
camerino.
–Ti ringrazio. E’ la prima volta che qualcuno si
ricorda del mio compleanno…
nemmeno i miei genitori se ne sono mai ricordati.- dico senza pensarci
troppo,
prendendo a scartare delicatamente il pacchetto. Giro più
volte tra le mani la
scatola con raffigurato un drago cinese.
Sotto la scatola leggo un’iscrizione: “Xiāng de
huíyì”, la scatola dei ricordi. Allora
è lei la bambina di quella volta...
–Che
cos'è questa scatola?
–E'
una sctola dei ricordi: nonna dice che quando ci metti dentro qualcosa
a cui tieni tantissimo lo spirito di quell'oggetto viene catturato
dalla scatola e quando lo riapri lui ti riporta con la mente al momento
in cui hai trovato o hai ricevuto quell'oggetto.
–Sciocchezze!
Sono le solite chiacchiere dei paesani!
–Sarà,
ma tu tienila comunque: è un regalo da parte mia e sarei
felicissimo se lo accettassi!
Sorrido
a quel tenero ricordo di me e Shan-Pu da bambini. Come avevo fatto a
non riconoscere il mio primo grande amore, nonostante fosse passato
tutto quel tempo? Il dolce ricordo viene, però, spiazzato
subito dalla realizzazione di ciò che ho appena detto:
quando comprendo di aver buttato fuori anche troppo, mi do mentalmente
dello stupido: bravo Mousse, continua a fare
la parte del
povero imbecille incompreso! Ma stavolta la reazione di
Shan-Pu è
tutt’altro che prevista: si volta a guardarmi come
improvvisamente interessata
alle mia vita privata. –Perché?- mi chiede
semplicemente, come se quelle parole
le fossero sfuggite involontariamente dalla bocca.
–Perché siamo troppo poveri
e il lavoro occupa tutto il nostro tempo. E’ già
tanto se ricorda di avere un
figlio. Ma non le faccio un torto, la capisco: deve mandare avanti da
sola due
persone, è normale che le sfugga di mente una cosa
così sciocca come il mio
compleanno. A volte dimentica persino di mangiare o di dormire a causa
del
troppo lavoro… per questo ho deciso di diventare un artista
circense: per poter
mandarle qualcosa ogni tanto e non far gravare su di lei tutte le spese.
Shan-Pu è a dir poco rapita dalle mie parole: se avessi
saputo che per
attirare il suo interesse sarebbe bastata qualche parola
melodrammatica,
c’avrei pensato prima!
–Quindi tu sei qui perché vuoi aiutare tua
madre…
Annuisco. Chi l’avrebbe mai detto che io, la talpa
eternamente
sfortunata, un giorno mi sarei seduto a un tavolo a parlare
malinconicamente
(ma soprattutto a parlare) della
mia
vita con la persona da me amata e che non mi ha mai degnata di uno
sguardo. –Già…
tu perché sei qui, invece?
Shan-Pu si prende un po’ di
tempo per riflettere. –Sono scappata perché volevo
essere libera. Nessuno sa
che sono qui: se lo sapessero, non me lo perdonerebbero mai.-
La
cosa mi lascia sorpreso, ma non le chiedo altro e aspetto che lei
continui il
suo discorso.
–Odio la
mia famiglia: combattere, combattere, combattere. Questo solo sanno
dire. Mi
sentivo in gabbia, oppressa…e sono scappata. E sinceramente
non so nemmeno
perché sto vendendo a raccontarti tutto questo.
–Forse solo perché hai bisogno di sfogarsi con
qualcuno. O su qualcuno.
Ecco, questo deve essere
il momento in cui Shan-Pu perde le staffe e mi lascia a terra,
più morto che
vivo. E, invece, anche stavolta devo ricredermi: lei mi guarda con
sofferenza
mista a orgoglio infranto e in un pesante sospiro mi dice:
–Hai ragione. In
realtà sono più sola di quanto credessi. Non so
quale forza misteriosa, quale
meccanismo cerebrale o istintivo, quale parte del mio ego mi abbia
permesso di
compiere il gesto più pericoloso che esista a questo mondo:
alzarmi meccanicamente
e abbracciare Shan-Pu da dietro. No, non uno di quei soliti abbracci da
povero
innamorato incompreso per il quale poi viene pestato a sangue dalla
donna più
difficile di questo pianeta. Un abbraccio semplice, affettuoso,
comprensivo.
–Non sei sola. Io sono qui e non ti abbandonerò.
Perché ti amo.-
Sento Shan-Pu tesa e rigida come la corda di un funambolo, poi
però si
rilassa e si abbandona completamente. Ed è a questo punto
che azzardo il
limite: con i polpastrelli le volto il viso verso di me e poco alla
volta mi
avvicino alle sue labbra. Nessuna opposizione da parte sua:
né uno schiaffo, né
un grido, né altro. Lo sento: il buon profumo della sua
pelle, il respiro caldo
che soffia dalle narici, il battito del cuore simile al rullo dei
tamburi che
tengono il pubblico col fiato sospeso durante l’esibizione
dei trampolinisti.
Manca poco, posso sfiorare le sue labbra con la punta del naso.
–MOUSSE,
AI LEN!
La
porta sbatte violentemente contro il muro, producendo un rumore sordo.
Balzo
all’indietro con un solo piede, l’altro che tenta
di ristabilire l’equilibrio.
Per qualche attimo l’aria che si respira è tesa e soffocante:
sposto lo sguardo
ora su Shan-Pu ora su Xiwan, mentre osservo le due cinesi scrutarsi con
aria
truce, quasi di sfida. Xiwan sorride in una maniera tale da incutermi
timore,
poi si volta verso di me, lasciando perdere Shan-Pu e facendo come se
lei non
fosse presente lì tra noi. Non mi fa nemmeno domande sulla
scena vista poco prima,
ma forse questo perché ho fatto in tempo a spostarmi prima
che la ragazza dai
capelli corvini potesse fraintendere la situazione.
–Mousse, ho provato a resistere, ma non ci sono riuscita,
devo dirtelo:
ho prenotato un viaggio per noi due… in Cina! Torniamo a
casa, sei contento?
Poi una volta lì potremo organizzare il matrimonio, ma
questo è un altro
discorso, poi ne riparleremo! Torniamo in Cina, a casa nostra, capisci? Mi spiace solo che non potremo partecipare allo spettacolo finale: il volo sta alle sei del pomeriggio, in concomitanza con l'inizio dello spettacolo. Comunque ho già parlato con il direttore: dispiace moltissimo anche a lui, sa bene quanto tu ti sia impegnato durante le prove, ma alla fine ha capito la situazione. Perciò, non ci resta che partire e iniziare una nuova vita insieme!
Nell’arco
di tre secondi tutti i miei sogni si frantumano come un vaso di
cristallo che cade rovinosamente sul pavimento. In
Cina…nella mia terra madre, dalla quale sono mancato per
tutto
questo tempo. Torno a casa.
Il
mio sguardo corre a Shan-Pu, ma prima che possa anche solo rivolgerle
la parola,
la vedo sfrecciare via fuori dal camerino. Qualcosa di caldo giunge
sulla mia
guancia: mi tocco nel punto bagnato con un dito e lo porto
all’estremità della
lingua: è salato. Una lacrima.
–Mousse…- Xiwan
mi osserva con aria ferita e irritata. -E’ vero che ho detto
che ti avrei aiutato a
dimenticare Shan-Pu, ma tu devi collaborare: se desideri dimenticarti
di lei,
allora non devi farti coinvolgere. E finchè rimarrai qui lei
ti coinvolgerà
sempre. Per questo ho preso la decisione del viaggio: solo
allontanandoti dalla
fonte del tuo dolore potrai sperare di continuare a vivere, altrimenti
ti
logorerai a poco a poco senza nemmeno rendertene conto.
–Perché non ne hai parlato prima con me, eh? La mia
opinione non conta
nulla?- sbotto alzando inavvertitamente la voce.
–Tu
saresti stato in grado di scegliere tra il restare accanto
all’amore della tua
vita, soffrendo, e l’allontanarti da lei, provando a
ricominciare?
La domanda di Xiwan mi spiazza completamente.
Che cosa
avrei fatto se Xiwan mi avesse dato la possibilità di
scegliere?
Forse è stato meglio così. Per tutti e due,
Shan-Pu.