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Autore: elrohir    05/06/2007    9 recensioni
La musica, la scuola, i sogni. La vita. L'amore. Ma come è difficile quando hai diciott'anni e hai perso la testa per il tuo migliore amico. Come è difficile se tutto sembra assurdo, come una lastra di vetro nero che, improvvisamente spezzandosi, rivela tanti, minuscoli frammenti bianchi...
Genere: Generale, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Lo sapevo che non dovevo lasciarlo qui

Nico – Parole che senso non conoscono

 

"Lo sapevo che non dovevo lasciarlo qui. Figurarsi se non me lo perdevi."

"Ohi bimbo, non dare la colpa a me adesso. Sei tu che molli la tua roba dappertutto. Chissà dove l'hai ficcato."

Alzo lo sguardo per fulminarlo. "Non è vero. Se la tua macchina non fosse così incasinata, allora forse…"

Blue sbuffa e si sporge in avanti, schiaffeggiando via la mia mano. "Guarda che questa roba è tutta tua. Lascia, faccio io."

Incrocio le braccia al petto, poggiando la schiena al sedile e fissando gli occhi sulla sua testa bionda.

"Chi li conosce, poi, sti qua… Toh, era questo che cercavi?"

Mi porge un cd. Lo prendo, e sorrido. "Proprio questo, Bluette." Incasso la testa tra le spalle per ammortizzare lo schiaffetto. "Piantala. Già basta Lily con quel nomignolo del cazzo."

"Però quando ti chiama così lui non fai storie."

Blue si passa la mano tra i capelli, facendomi l'occhiolino. "Geloso?"

"Figurati. Sai che mi frega." Infilo il cd nello zaino e guardo fuori dal finestrino.

"Dai, non ci credo… sei geloso davvero! Di me o di Lily, Nikita? Tutti e due?"

"Fanculo Blue, non sei divertente," bofonchio, incrociando le braccia al petto.

Mi piace stare seduto in auto con lui. Mi piace stargli vicino, ascoltar la mia musica e poter chiacchierare. Guardare il paesaggio. Pensare.

"Al contrario. È il tuo senso dell'umorismo, bimbo, che lascia molto a desiderare."

Anche se a volte pensare fa male. Anche se a volte quando pensi ricordi, e se ricordi non puoi fare a meno di risentire mani tra le gambe, lingua in mezzo ai denti.

E una voce chiara sussurrare all'orecchio parole che senso non conoscono.

Blue si sporge a cambiare canzone. Io lo lascio fare per un attimo, poi alzo una mano.

"Lasciala questa. Mi piace."

Lui solleva un sopracciglio. "Nico, è una tristezza assurda. Come fa a piacerti?"

Scrollo le spalle. "Mi piace. Qualche problema?"

"Hai dei gusti strani bimbo, lo sai?"

"Cazzi miei, no?"

Cade il silenzio. La chitarra lo riempie un poco, ma resta assordante lo stesso. Brucia la pelle.

"Senti, se ti da così fastidio cambia, ok? Non è che muoio."

Blue piega un ginocchio al petto. Mi osserva. "In realtà stavo pensando a te."

Un brivido. "A me?"

Annuisce. "Sei strano in questi giorni. Ci sono problemi?"

Io tengo gli occhi ancora fissi altrove. Marciapiede, panchina. Un triangolo di cielo chiaro. Il cancello di casa mia, qualche metro indietro. "Assolutamente no."

"Guardami in faccia quando dici stronzate, almeno."

Sospiro. Mi volto verso di lui. "Non ci sono problemi, Blue. E non sono strano. In questi giorni."

Lui allunga una mano e mi infila una treccia dietro l'orecchio. "È per l'altra sera da Lily, vero?"

"No. Te l'ho già detto."

"Vuoi parlarne?"

Infilo le mani in tasca, sprofondando un po’ più in basso. "Non c'è niente da dire," rispondo, sbirciandolo all'ultimo momento. Giusto per farlo contento.

"Quindi non è cambiato niente?"

"C'è da chiederlo? Solo perché una sera non siamo riusciti ad evitare di saltarci addosso, non vuol dire che…"

"Che?"

Mi mordo il labbro. "Che improvvisamente non posso pensare ad altro che al tuo letto, Blue. Per quanto comodo sia."

Incredibilmente, capisce. Forse perché l'argomento mette a disagio anche lui. Ma capisce. E sogghigna. "Oh, davvero? Comodo dici, eh. Sicuro di non volerlo provare?"

Rido. "Piantala di fare il deficiente."

"Ma io sono serissimo… dai, stasera ho casa libera, non te ne pentirai."

Scuoto la testa. "Stasera non ci sono."

"E perché?"

Guardo Blue e sorrido. "Vengono Dani e i suoi a cena, e i miei nonni… mamma mi ammazza se non mi presento. E dopo di lei, ci pensa Ale."

"Ah."

Blue tamburella sul volante e non mi guarda. Allungo una mano a sfiorargli il braccio. "Ehi, Blue?"

"No, niente. Solo, avevo voglia di uscire."

Lascio che il tocco si trasformi in carezza. Uccidendo ogni sfumatura sessuale, mi decido a stringergli la spalla, gentilmente. "E allora esci."

Abbassa gli occhi sulle mie dita. Poi inclina la testa all'indietro e mi sorride. "Nah. Se te non ci sei non è divertente, bimbo."

Lo lascio andare di scatto. Lui sembra divertito, e io avrei voglia di spaccargli la faccia. Mi trattengo.

"Idiota."
"Adoro quando mi dici certe cose."

Scelgo di non rispondere. Invece, guardo l'orologio. "Merda. Devo andare. Senti Blue…"

"Ci vediamo domani? Devo trovare un paio di scarpe, avevi detto che mi accompagnavi. Ti ricordi?"

Poso la mano sulla maniglia. "Sì, certo. A domani allora."

Lui chiude il pugno sulla mia maglia. Lo riapre, e il suo braccio scivola a cingermi la vita. "Ehi, non saluti neanche?"

"Blue, vuoi venire anche tu?"

Mi lascia andare. "Venire dove?"

Arrossisco appena. "A cena. Voglio dire…"

Lui solleva un sopracciglio. "Nico, è una cena di famiglia. Che cazzo ci faccio io?"

"Fra c'è."

"Fra è praticamente tuo cognato. Fa parte della famiglia, non conta. Io…"

"Va bene, se non vuoi venire…"

Alza una mano, mentre il suo abbraccio si fa un po’ più deciso. "Non è che non voglio. È solo che… non mi sembra opportuno."

Annuisco, mentre lui continua. "Meglio se vado a casa. Ti passo a prendere domani verso le undici, ok? Magari pranziamo insieme, che ne pensi?"

Io penso che la sua mano schiacciata al mio fianco è fottutamente perfetta e che sapere che tra un attimo la toglierà potrebbe ammazzarmi, ma annuisco di nuovo, lo stesso. Sporgendomi veloce a baciargli la guancia, gli scosto i capelli dalla fronte, discretamente. Di nuovo, il suo pugno si chiude sui miei vestiti, e per un attimo credo che non mi lascerà andare. Che come l'altra sera mi stringerà più forte e mi bacerà la bocca, e la mascella e il collo, infilandomi le dita tra le trecce.

Si tira indietro appena. Per guardarmi in faccia. "Buona serata, bimbo. Saluta Ale da parte mia."

Mordo tra i denti la frustrazione e sposto il braccio indietro, aprendo a tentoni la portiera.

"D'accordo. Ciao."

"Ciao."

Cammino senza voltarmi, l'attenzione fissa sul mio cancello. Mi concentro sul peso dello zaino sulle spalle, sul rumore dei cd che dentro si urtano a vicenda. Mi concentro sull'odore dell'aria, che è odore di città e anche odore di vita. Pesco in tasca le chiavi, le infilo nella serratura.

Solo allora, arrischio un'occhiata indietro. E vedere l'asfalto vuoto, lì dove due minuti fa stava l'auto di Blue, fa male. Solo un poco più di quanto avrebbe fatto vedere lui.

 

Ale – Ridere all'ultima cena

Quando Francesco fa l'amore, gli occhi gli diventano più chiari.

È strano da vedere. La pupilla si allarga e conquista un poco d'iride – che si addolcisce di qualche sfumatura.

È strano da vedere. Bello.

"Cosa stai pensando?"

Gli passo le dita tra i capelli un'ultima volta, prima di rispondere.

"Che sei tutto strambo."

Lui sposta il viso per mordermi la spalla. "Stronzo."

Trattengo il fiato quando si abbassa di poco, baciandomi un capezzolo. Lo attiro più vicino, avviluppandogli intorno una gamba.

Mi piace stringerlo quando è ancora nudo. Mi piace sentire addosso la sua pelle, il suo odore. Mi piace che mi resti incollato anche dopo, come un segno di quel che c'è stato.

"Dicevo in senso buono."

Lui sorride contro il mio petto. "Ah. Scusa allora. Tesoro."

"Fa niente. Ci sono abituato."

Francesco alza la testa. "Ai morsi?"

Scrollo le spalle. Lui ride. "Eddai. Dillo che ti piace."

Lancio uno sguardo all'orologio. Sette meno cinque. Nico sarà qui a momenti. Sospiro.

"Ehi ehi ehi. Dove credi di andare?"

Gattono fino alla fine del letto e mi chino per sgattare tra i vestiti. I boxer di Fra mi capitano in mano per primi, glieli lancio senza guardarlo. "Copriti, che se Nico ti vede gli prende un infarto."

"E perché scusa? Guarda che tuo fratello l'ha già visto un uomo nudo."

Alzo gli occhi al cielo.

"Anzi. Missà che ha già visto nudo pure me."

Gli lancio un'occhiata, e noto soddisfatto che nonostante le proteste mi ha ubbidito. Aspetto che si sia allacciato la cintura, prima di rispondere. "Credo che sarebbe più turbato da un'altra cosa."

"Eh?" Francesco mi guarda da sotto la frangia spettinata. Alzo una mano per riavviargliela, sbuffando. "Intendo dire che non è proprio una brillante idea farsi beccare nel suo letto."

Francesco non dà segno di capire. Mi permetto di allungargli uno schiaffetto, terminando. "Dopo che ci ha espressamente vietato almeno dieci volte di farlo in camera sua. Cretino."

"Perché adesso ti comporti come se la colpa fosse tutta mia?"

"Perché la colpa è tutta tua, Fra."

Lui si lascia cadere a terra e incrocia le braccia. "Ah sì? Chissà perché ero convinto che fossimo in due dentro il letto."

"Non c'entra. Chi è che mi ci ha trascinato?"

"Chi è che ha cominciato a provocare?"

"Chi è che prende tutto per una provocazione?"

"Chi è che è così schifosamente bello che…"

Mi lascio baciare. Quando Francesco si tira indietro, sorrido. "Sei un deficiente."

"Vacci piano, amore. Potrei montarmi la testa, avanti di questo passo."

"Idiota."

"Qualcos'altro?"

"Coglione."

La porta che sbatte ci fa sobbalzare.

Nico ha lo sguardo più scuro del secolo. "E io che credevo che mio fratello fosse finalmente rinsavito."

Francesco rilassa un po’ la stretta sulla mia vita. "Buongiorno raggio di sole," commenta ironico.

Nico getta il suo zaino in un angolo. A giudicare dal rumore, temo che abbia appena distrutto un paio di cd. E quando mio fratello non bada all'incolumità della sua musica, c'è poco da stare allegri. Vorrei che Francesco se ne ricordasse. Prima di cominciare a sfotterlo come suo solito.

"Che cazzo ci fate qua dentro?"

Mi avvicino cautamente. Gli poso una mano sulla spalla, e lui non si tira indietro. Soffocando un sospiro di sollievo, rispondo. "A Fra serviva il computer."

Mio fratello lancia uno sguardo al mio ragazzo, che risponde con un sorriso innocente. Nico socchiude istintivamente gli occhi. "Non avrete scopato in camera mia, vero?"

Francesco alza le mani in gesto di resa. "Noi? Scopare? In camera tua? Ma per chi ci hai presi, Nikita? Figurarsi, come ti vengano certe idee io proprio non…"

Sospiro. Mentre mio fratello geme e mi fa scivolare un braccio intorno alla vita, posando la fronte contro la mia spalla. "Giuro," sussurra nella mia maglietta "Che prima o poi ci vado io in camera sua. Aspetta solo, Francesco, aspetta…"

Il mio amore è troppo stupido per decifrare l'occhiata d'avvertimento che gli sto mandando. O forse, semplicemente se ne frega.

"Aspettare cosa, Nikita? Che ti trovi un ragazzo? Perché al momento non mi sembri nella posizione adatta a minacciare…"

Nico solleva la testa d'improvviso per fulminarlo. Poi sogghigna. "Davvero, Fra? Scommettiamo che se stasera esco, nel giro di mezz'ora lo trovo qualcuno disposto ad aiutarmi a rimediare?"

Assistere alla trasformazione di Francesco-lo-stronzo in Francesco-il-papà-protettivo è sempre qualcosa di esilarante.

"Ohi Nik, vedi di non far cazzate eh?"

"E te vedi di star lontano dalla mia stanza. Cristo Ale, ma come fai a sopportarlo?"

Nico e Fra litigano da quando si conoscono. Da bambini facevano a botte con frequenza regolare. Come abbiano fatto a non scannarsi nei gloriosi giorni dei DarkSun, non l'ho mai capito. Le volte che andavo a guardarli provare, il mondo sembrava sull'orlo di una crisi di nervi.

Forse la presenza di Daniele evitava i danni maggiori. O più semplicemente, ogni battuta lanciata addosso era soltanto parte di un gioco.

Ogni tanto mi stupisco che dopo tutto questo tempo si divertano a calcare ancora lo stesso copione.

Ma non mi lamento. Perché quando litiga con Fra, gli occhi di mio fratello perdono un po’ delle loro nebbie. E quelli del mio amore si fanno allegri come fossero di un bambino.

Non mi lamento.

So che alla fine, basterebbe niente per fermarli.

 

Quando abbiamo ospiti a cena, mia madre si sbizzarrisce in creazioni prodigiose. Io e Niki non siamo mai stati particolarmente interessati a quel che mettiamo in bocca. A volte credo che sia per questo che mamma ha cominciato ad invitare anche Fra ai pranzi di famiglia.

Il mio amore, quando mangia, sembra andare in paradiso.

Nico sogghigna al mio fianco. "Attento che ingrassi. E poi chi ti vuole ancora?"

Fra inghiotte il boccone e infilza un altro pezzo di carne con la forchetta. "Non preoccuparti, Nikita. Non sono come te, che la gente mi apprezza solo per il bel faccino."

Niki appoggia la tempia alla mano. "Ah davvero? E che altro ci vedono, scusa?"

"Nico mangia, che si raffredda tutto," interviene mia nonna. Lui si porta una patatina alle labbra, ma si ferma prima di addentarla. "A parte che. Chiamare il tuo un bel faccino. Ce ne vuole di fantasia."

Sospiro. Di fronte a me Daniele nasconde un sorriso dentro il bicchiere.

"Nico, sai che ho davvero voglia di tirarti un pugno sul naso?"

"Fra? Sai che ho davvero voglia di allungarti un calcio nei…"

"Nico! Siamo a tavola!"

Ci sono volte che mio fratello sembra avere ancora sette anni.

"Ti sta bene" sillaba Francesco, ghignando. E addentando con gusto la carne.

E ci sono volte – molte volte, in effetti – che il mio ragazzo ne dimostra ancora meno.

"Allora, Daniele. Con Caterina, come va?"

Spio mio fratello con la coda dell'occhio. Nico sta guardando fisso Francesco, e non dà cenno d'aver sentito. Riconosco l'inganno dal movimento delle mani – strette intorno alla forchetta, si muovono di continuo. Sospiro. Aspettando la risposta di mio cugino.

"In effetti era di questo che volevo parlarvi. Voglio dire, la cena e tutto."

Daniele guarda mio padre, e sorride. Nico sposta gli occhi da Francesco al suo piatto.

"Abbiamo deciso di andare a vivere insieme. E di sposarci, più avanti. Con calma. Probabilmente."

Nico alza la testa di scatto. Daniele gli lancia uno sguardo veloce, e sorride. "Lo so che è un po’ improvviso, ma…"

"Sposarvi? Cazzo Dani! Avete ventitrè anni!"

"Non ho detto che ci sposeremo di sicuro. Ci stiamo solo pensando."

"L'età non conta un tubo, Nik," dice Francesco, che quando si tratta di imparare una lezione fa prima a morire.

"Col cazzo che conta un tubo. Cosa faresti se ti dicessi che mi sposo io?"

"Fammi conoscere la tua ragazza, e poi ne parliamo," replica Francesco sollevando un sopracciglio. "Fra…" sibilo io, mentre Nico si alza in piedi.

"Stasera sei più stronzo del solito, Francesco." Spinge indietro la sedia, allontanandosi di un passo. "Non ho più fame, scusate."

"Potevi startene zitto, sai," sussurro.

Fra scrolla le spalle. "Tanto se ne sarebbe andato comunque. Almeno così ha avuto la scusa."

"Vado a vedere come sta."

Daniele si alza in piedi prima di me. "Lascia Ale. Vado io. Dovrei comunque parlarci. Tanto vale chiarire adesso."

"Non ce l'ha con te, Dani," bofonchio. Francesco, che questa sera ha evidentemente deciso di rendersi utile, trilla tutto allegro. "Ma và. Se è incazzato nero. Secondo me se Daniele entra in camera sua lo fucila."

"L'ho gestito in momenti peggiori," sorride Daniele, uscendo dal soggiorno.

Fra fa una smorfia, come a dire che sono fatti suoi.

Io resto a guardarlo per un attimo incredulo.

Alza un sopracciglio. "Bhe? Che c'è?"

"Sei davvero stronzo."

Sorride. "Lo so," annuisce. E si infila in bocca una forchettata di patatine.

 

Nico – L'unica risposta di cui c'è bisogno

"Vattene. Non ho voglia di parlare."

"Nico, sono io. Daniele."

Sbuffo, schiacciando la faccia nel cuscino. Come se non lo sapessi. Come se non fosse quello il problema.

Ale l'avrei fatto entrare.

Fra anche, per il solo gusto di scorticarlo lentamente. Godendomi ogni suo lamento. Ogni piccola, infinitesimale espressione di dolore.

Ma Daniele farà meglio a star lontano. Daniele non lo voglio neanche sentir parlare.

"Dai. Apri. Chiariamo le cose, ok?"

"Non c'è un cazzo da chiarire."

Sospira. Me lo immagino, con gli occhi rivolti al soffitto e il palmo della mano posato sulla mia porta. Schifosamente calmo e tranquillo e controllato.

Dio. La voglia che ho di spaccargli quella maschera. La voglia che ho di rivederlo davvero. Rivederlo nudo e giovane e reale.

"Ti diverti a comportarti da moccioso? Fa bene il tuo amico a darti del bambino."

Prima di processare del tutto l'insulto ho già spalancato la porta.

"Lascia Blue fuori da sta storia. Capito?"

Lui mi spinge di lato ed entra nella stanza. Siede sul mio letto. Mi guarda.

"Allora? Qual è il problema?"

"Non lo indovini?"

Scuote la testa. Io muovo un passo avanti, fino a restare in piedi di fronte a lui.

"Mi presentassi io a casa tua, e dicessi nel mezzo di una cena che sto andando a convivere con uno, lo dicessi così, a te come a tua madre e a tuo padre e ai nonni, saresti contento? Saresti contento, cazzo, non ti darebbe fastidio? Non te ne fregherebbe niente?"

Aggrotta le sopracciglia. "Sei incazzato perché non te l'ho detto prima?"

"In parte."

Per guardarmi in faccia deve tenere la testa rovesciata all'indietro. Io non ho intenzione di abbassarmi. Non ho intenzione di rendergli più facile il tutto.

"E l'altra parte dove sta?"

Resto zitto.

"Porca puttana, Nico. Abbiamo passato un anno a non parlarci. Vogliamo ricominciare?"

"È complicato," dico.

"Con te è sempre tutto complicato. Vai e vieni come se gli altri non contassero. Ti incazzi per chissà cosa e quando ti passa tutti dovrebbero dimenticare. Perché tu non dai mai nessuna fottuta spiegazione. Come quando mi sono messo con Caterina."

Sobbalzo.

"Ancora adesso non so cos'avevi. Era per me, erano cazzi tuoi, cosa? Non mi hai parlato per un mese. Ti si vedeva appena. E non dicevi niente di niente di niente. Neanche fossi un estraneo."

"Adesso non esagerare."

"Esagerare? Cazzo Nico, ho scoperto che eri gay quando ti ho beccato con i pantaloni abbassati e le mani di uno stronzo nelle mutande!"

Scatto indietro. "Questa te la potevi risparmiare," sussurro.

Lui si ferma un attimo. Impallidisce. "Dio. Scusa. Hai ragione."

Chiudo gli occhi. Respiro. "È complicato," ripeto.

Allungo una mano, trovo il letto. Siedo sul materasso, appoggiando al muro la schiena. Porto le ginocchia al petto. "Vuoi saperlo davvero?"

"Sicuro."

"Tutto?"

La voce è vicina, quando risponde. "Tutto."

"Ok."

Silenzio di un attimo.

"Non è facile."

Le sue dita tra i capelli. In una carezza delicata, eppure sicura. La carezza delle mani di Daniele. "Lo so, scricciolo. Altrimenti me l'avresti già detto da un pezzo."

"Ho paura di farti incazzare."

"Non mi incazzerò."

Stringo forte gli occhi. "Aspetti un attimo?"

"Tutto il tempo che vuoi, Nico. Prenditela comoda."

Ascolto le sue carezze, il suo fiato, il suo odore. Ascolto il suo corpo pulsare di fianco al mio, il suo peso sul mio letto, le sue mani. Lascio che Nico bambino tragga un po’ di conforto dalla sua vicinanza, e intanto rincorro i pensieri.

Alla fine mi decido. Dopo che qualche secondo si è sciolto nell'aria.

"Ero geloso."

La carezza esita un istante appena, prima di ripetersi identica alle altre. "Geloso di cosa?"

"Di te. Lo sono sempre stato, Dani, lo sai."

Lo sento annuire. Continuo, determinato. "Avrei dovuto dirtelo subito ma avevo paura. Della tua reazione, di allontanarti. La cosa divertente è che a forza di fare sono stato io a mandarti lontano."

"Divertente più o meno, Nico. Io sono stato da cani."

"Ti stava bene. Ero contento che stessi male. Significava che di me qualcosa ti importava." Continuo prima che possa parlare. "So che è una stronzata, però volevi la verità, no? Poi era così difficile trovare un equilibrio… quando è arrivata Cate non ci ho visto più. E non perché lei non mi piaccia, tutt'altro. Voglio dire, è bellissima e simpatica e intelligente e tutto quello che vuoi. Però io ero geloso. Ed incazzato con te. Molto."

Daniele si schiarisce la gola. "Quando dici geloso, in che senso lo intendi?"

Non credevo che il cuore avrebbe potuto battermi tanto veloce. Senza fermarsi.

"Nel senso che vedere Cate che ti baciava mi uccideva. Nel senso che avrei voluto baciarti io e non potevo. Nel senso che… nel senso che ero geloso, Dani. Geloso come lo saresti tu se lei andasse a letto con un altro."

Lo sento trattenere il respiro. E forza per rimpiangere di aver parlato non riesco a trovarla.

"Sei incazzato?"

"Ti piacevo? Io?"

Lascio che la testa cada all'indietro, che la nuca vada a sbattere contro il muro. "Mi sei sempre piaciuto, Dani. Ero innamorato perso. Peggio di Ale con Fra, quasi."

Dovrei aprire gli occhi per vedere la sua faccia, ma resto immobile. Cercando di distinguere i contorni della sua risatina.

"Non avrei dovuto dirtelo."

"Cristo Nico. Dovevi dirmelo secoli fa. Perché non l'hai fatto?"

Inclino un poco il viso. "Perché avevo paura?"

La sua bocca mi coglie alla sprovvista. È fresca e leggera – ferma sulle mie labbra.

Apro gli occhi un attimo, mentre lui si tira indietro. Li richiudo quando si riavvicina.

Toccare i sogni fa un effetto strano. Sento la sua mano sulla spalla, vicino al collo, e mi sembra così distante. Socchiudo le labbra quando lui approfondisce il bacio.

Mi tocca il viso, la guancia, l'orecchio. Con la gentilezza che sempre hanno le sue dita quando carezzano me.

"Cosa cazzo stiamo facendo?" sussurro.

Lui mi bacia ancora una volta, lentamente e leggero. "Non lo so."

Passo la mano nei suoi capelli. "Ami Caterina, vero?"

Annuisce. "Non c'entra niente, però."

"Lo so. Ma i tempi sono sbagliati."

Il suo viso resta talmente vicino che posso sentire il suo fiato nella bocca. "Non avrei dovuto?"

"No. Hai fatto bene. Altrimenti mi sarebbe rimasto sempre il dubbio."

"Anche a me."

Poso le mani sulle sue spalle. Resto fermo un attimo. Poi lo allontano. "Devo andare."

Lui mi guarda. "Dove?"

Io lo guardo. "Fuori."

Ci guardiamo. Poi lui annuisce. "Metti la giacca però. Che fa freddo."

Sorrido. "Va bene, Dani. Come vuoi tu."

 

Giacca o non giacca, quando arrivo da Blue sono congelato.

Alzo lo sguardo verso la finestra di casa sua. Luce accesa, nel mezzo di una città buia.

Ho bisogno di vederlo.

Me ne sono accorto mentre camminavo, ad ogni passo che facevo. La voglia aumentava. Di stringerlo, di respirarne l'odore.

Di dirgli che me ne fotto del resto, dirgli che succeda quel che deve succedere.

Che succediamo noi.

L'idea che non sia solo mi attraversa la testa, ma la scaccio via con un gesto. Solo o in compagnia, lo vedrò. Questo è quel che conta. Al resto si può rimediare.

Quando apre la porta sgrana gli occhi.

È vestito stavolta, di una maglietta scura. Umida sulle spalle – per colpa dei capelli. Sono più scuri del solito, bagnati di doccia.

"Nico?"

Gli allaccio le braccia alla vita e me lo tiro vicino. Lo sento chiudere la porta, prima di sfiorarmi cauto.

"Nico tutto bene?"

Non rispondo. Infilo il naso nei suoi capelli e respiro. Poso le labbra dietro il suo orecchio, e succhio appena al pelle.

Lui si tira indietro, senza lasciarmi andare. "Nico non dovevi stare a casa?"

Mi sporgo e gli bacio le labbra. Lui mi posa il palmo della mano sul petto. "Sei gelato. Ti preparo qualcosa di caldo."

Lo seguo in cucina. Lo guardo muoversi tra ante e fornelli, pallido e chiaro, accendere il gas. Lo guardo riempire una pentola d'acqua, metterla a bollire. Cercare nella credenza qualche bustina di tè.

"Hai fame?" chiede. Lanciandomi uno sguardo da sopra la spalla.

Annuisco. Poi scuoto la testa. Lui aggrotta le sopracciglia e mi siede davanti, al tavolo.

"Mi spieghi cosa succede?"

"L'altra sera ti ho detto che non sono pronto."

Annuisce. "Me lo ricordo."

"Ho cambiato idea."

Abbassa lo sguardo. "Non scherzare su certe cose, Nico."

"Non scherzo. Voglio venire a letto con te. Stasera. Adesso. Quando vuoi. Se lo vuoi."

Sbuffa, soffiando via una ciocca dagli occhi. "E dopo?"

"Quello che vuoi."

Posa un gomito sul tavolo. Anche l'altro. Porta al viso le mani, coprendosi del tutto.

Respirando profondamente.

Mi alzo in piedi.

"Blue. Per favore, guardami."

Gli tocco la spalla. Sposto il braccio fino a cingergli il collo, scivolandogli in grembo.

Lui mette le sue mani sui miei fianchi, senza attirarmi vicino né spingermi lontano.

"Vuoi farlo?"

Deglutisce. "Vorrei dire di no. Lo vorrei davvero."

Mi sporgo e lui china la testa. "Ma non ci riesco."

Rialza il viso e lo bacio. Questa volta non mi ferma. La presa sui miei fianchi si stringe un istante, poi le sue dita scivolano indietro. Sotto la maglietta.

Chiudo gli occhi, mentre la sua lingua mi carezza le labbra. Mentre mi carezza la bocca, i denti, la voce. Mentre il suo tocco sulla mia schiena è convinto ed esitante e pare quasi tremare.

Chiudo gli occhi, anche se vorrei tenerli aperti per vederlo. Anche se vorrei tenerli aperti per guardare dove lo tocco, per spiare le sue espressioni, per scoprire il biondo scuro dei suoi capelli schiarirsi di un niente ad ogni goccia d'acqua evaporata. Ad ogni minuto passato, le sue iridi farsi più scure. Più mie.

Si solleva in piedi, sedendomi sul tavolo. Somiglia al nostro primo bacio, mi vien da pensare. Lui in piedi ed io seduto. Lui con le mani su per la mia schiena, sulle mie cosce, tra i miei capelli. Io con le gambe allacciate ai suoi reni, per tenerlo vicino.

Somiglia al nostro primo bacio ed è diverso, è più stanco. Più veloce e deciso e spaventato e affrettato – la sensualità pare farsi impazienza, la dolcezza rabbia addormentata.

"Letto?" sussurra Blue nel mio orecchio. Annuisco e sorrido, e forse sorride anche lui.

Il tempo di attraversare il corridoio, di aprire la porta e di chiuderla. Di accendere la luce, accendere la lampada, spegnere la luce. Il tempo di non toccarlo un istante, di guardare la sua stanza razionalmente, e mi volto.

Gli occhi sono scuri di qualcosa che non è mio. I capelli quasi del tutto asciugati, e spettinati dalle mie mani.

Sorrido. Lui no.

"Sei sicuro."

Annuisco. Lui incrocia le braccia dietro la schiena e si appoggia alla porta. "Davvero."

"Blue che cazzo ti prende?"

Scuote la testa, mi carezza la guancia. "Mi sembri strano. Ti è successo qualcosa. Lo sento."

Mi lascio toccare. La sua mano scivola lungo la mia mandibola, sulla gola, sul collo, nello scollo della maglietta. Senza forzare la stoffa, restando ferma sull'orlo.

"Avevi detto che restavi a casa, Nico. Perché sei qui?"

Mi volto e siedo sul letto.

"Avevo bisogno di vederti."

Blue siede vicino a me. Mi sfiora la spalla, di nuovo.

Continuo. "Ho baciato Daniele. Lui mi ha baciato."

La sua mano si ferma. Ma non mi lascia andare.

Continuo. "Ha deciso di andare a vivere con Cate."

Quando mi volto, ha gli occhi seri. Scuriti da qualcosa che non sono io.

"D'accordo," dice. Attirandomi – per la prima volta – vicino. Baciandomi il collo, la spalla. Cominciando a sfilarmi la maglietta, a slacciarmi la cintura. "Va bene."

Chiudendo le labbra su un capezzolo – la mano ferma sulla mia schiena.

Affondo le dita nei suoi capelli e sorrido.

"Grazie," sussurro.

E - ascoltando il suo silenzio - penso che le sue dita a disegnarmi le vertebre sono l'unica risposta di cui ho bisogno.

 

***

 

Finalmente l'ho finito. Venuto fuori diverso dalle aspettative, ma ormai ci ho fatto il callo. Più che altro, non credevo che avrei scritto così tanti dialoghi. E che Fra mi sarebbe uscito così genialmente deficiente.

Comunque, ormai è qui.

Come sempre, mi scuso per l'attesa. Ma la scuola è quel che è, studiare bisogna studiare. E la Musa si diverte a scaraventarmi in testa tre miliardi di personaggi diversi, tutti da conoscere. Tutti da giocare.

 

Aurora – Hai ragione riguardo a Lily: disincantato è la parola giusta. La mia intenzione era quella, rifugiato su quel terrazzo lo immaginavo sofferente. Sanguinante. Stanco. Non so se in Beating spiegherò le ragioni di questo cambiamento – forse lo farò in una storia a parte. Vedremo.

Quanto a Blue… ma piccolo tesoro mio, che ti ha fatto di male? Che cambi in continuazione è vero, però… Boh, sarà che a me fa pena saperlo impegnato a gestire Niki. (Che a volte è davvero un moccioso viziato).

In ogni caso… grazie come sempre, di cuore! Spero di aggiornare presto anche Beating (l'intenzione c'è, sicuro, anche se non posso assicurare niente!).

Siz – Muovere Blue una faticaccia? Non sai quanto. Ma è soddisfacente, senza dubbio. Anche se certe volte mi fa venire una rabbia… va bene andarci con i piedi di piombo, però cavolo, le storie che si inventa per star lontano da Nico. (E non è solo colpa mia, davvero. È lui, che ha una fifa matta di starci male).

Animor – Se ti restava qualche dubbio circa il mio sadismo, credo che lo scorso capitolo te l'abbia cancellato. Però qui le cose proseguono un poco, non trovi? Dai, siamo sulla buona strada. (Ci avviciniamo alla fine, in realtà. Credo. Anche se all'orizzonte potrebbe starci un seguito. In teoria).

Cialy – Nico si è deciso, alla fine. (Non sono stata a indagare i suoi processi mentali, mi è bastato sapere che camminava per strada diretto verso casa di Blue che l'ho lasciato andare. Con tutte le benedizioni). Adesso bisogna solo vedere come l'altro demente intenderà la cosa. E in proposito non posso proprio pronunciarmi.

HP Mary – Sono contenta che il 'crossover' con Beating sia stato apprezzato… inizialmente l'idea mi spaventava un poco, però Nico e Lily stanno troppo bene insieme, dovevo farli incontrare. E lo Shadow come ambientazione mi serviva, quindi…

Whity – Blue ti piace tanto quanto Kuroi? Sai, la cosa mi fa sorridere, perché io ho sempre pensato che Seiran funzionerebbe benissimo come migliore amico di Blue. Lo stacco temporale c'è, anche se non troppo netto (qualcosa tipo sei mesi, direi). E riguardo al perdersi in mezzo alle mie storie… a dire il vero mi fa stupire che riusciate ancora a tenermi dietro, con tutti sti casini e – soprattutto – i miei ormai famosi ritardi… quindi non preoccuparti assolutamente, non posso fare altro che ammirare la vostra costanza!

Ciocco – Credo di averti già risposto in parte nell'ultimo capitolo di Beating, però… il tuo commento è talmente bello che mi sembra impossibile lasciarlo passare 'sotto silenzio'. Devo ringraziarti davvero, perché saperti partecipare così emotivamente alle vicende dei miei personaggi scalda il cuore. Poi, alcune delle sensazioni che descrivi sono molto simili a quelle che provo io quando leggo qualcosa che mi prende – sensazioni che adoro – e sapere di essere capace di suscitarle in altri… fa piacere. Quindi… grazie.

Melisanna – Effettivamente gli unici che credono ancora al gioco del 'gatto e del topo' sono Nico e Blue – deficienti fino in fondo, proprio come piacciono a me. (^___^). Ti ringrazio per quel che dici di Blue, della sua voce straziante. È come vivo io il personaggio, e come sempre mi emoziona sapere che altri riescono a coglierlo.

Fata -  Tesoro mio, che altro dirti? I tuoi commenti – te l'ho ripetuto alla nausea – mi lasciano sempre senza parole… A questo poi forse ho già anche risposto. Non ricordo. Comunque, un grazie devo dirtelo di nuovo. (Dovrei andare avanti per qualche giorno ininterrottamente, a ben pensarci). Grazie perché capisci i miei personaggi meglio di me, perché capisci me e il mio scrivere e a volte – mi viene da pensare – anche il mio vivere. Grazie perché ti conosco da poco, eppure sei già un punto di riferimento importante – importante davvero.

 

Bacioni! Chissà quando riuscirò a farmi risentire (ormai non provo neanche più ad illudermi, circa il 'presto'!). Roh

 

 

 

 

 

   
 
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