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Autore: Stella cadente    20/11/2012    12 recensioni
"In quell’orfanotrofio degli Stati Uniti, in una piccola stanzetta, giocava una bambina pallida. Era una bambina dal corpo esile parzialmente ricoperto da lunghi capelli corvini, che le ricadevano vaporosi sulla sua schiena magra. Una bambina che si sentiva messa da parte, oppressa, imprigionata tra quelle pareti spoglie, scrostate e di un color bianco sporco, quasi grigio."
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"E non era colpa sua.
E lei avrebbe preferito incastrarsi in una dannazione eterna, piuttosto che vivere una vita vuota."
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La storia di una bambina come tante, eppure così diversa.
La storia di una bambina innocente che voleva solo un po' di affetto.
Lei voleva solo essere ascoltata.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Samara Morgan
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Ring - Samara Morgan'
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Capitolo 2
Nuova vita


 

Samara restò come impietrita ad osservare i Morgan, che la fissavano. Si sentiva stranamente a disagio, e non osava lasciar uscire dalle sue labbra nemmeno una parola.
Iniziò a torturarsi una pellicina, nervosa. C’era qualcosa che le impediva di abbracciarli, di stringerli e dire loro: “Finalmente siete qui. Siete qui per me”. E lei non sopportava il fatto di rimanere inchiodata lì, a guardarli in un modo che non osava immaginare.
Per un attimo ebbe paura di spaventarli, di sembrare anche a loro una ragazzina problematica proprio come credeva Evie.
Come credono tutti.
Non possono vedere.
Nessuno vuole vedere.
– Allora, visto che abbiamo già completato tutte le carte necessarie, possiamo anche andare – disse Anna, allegra.
– Andare dove? – chiese la bambina. Si domandò in quale quartiere abitassero i Morgan, come sarebbe stata la sua nuova casa, il nuovo ambiente in cui si sarebbe trasferita. Scoprì dentro di sé un’ansia del tutto nuova, un’ansia che però era quasi piacevole, che le formicolava nello stomaco per poi risalirle lungo la schiena sottoforma di brividi.
Richard alzò il braccio per dare un’occhiata all’orologio di ottone, poi alzò le sopracciglia con aria eloquente:
– Sarà meglio di sì. Manca poco meno di un’ora alla partenza del traghetto che ci serve per tornare a casa – concluse.
– Perché, dove abitate? – chiese Samara, curiosa.
– A Moesko Island, Samara – le rispose Anna con pazienza. Qualcosa nei suoi occhi sembrava voler dire che la conosceva, che sapeva come era fatta. Sembrava che fosse a conoscenza del fatto che Samara fosse una bambina fragile e sensibile, da trattare con dolcezza.
Lei si guardò intorno, come a voler scorgere qualche cosa in lontananza che potesse ricondurre a “Moesko Island”. Non sapeva quale isola fosse, quello era un nome totalmente sconosciuto alle sue orecchie.
– E dov’è? – chiese infatti dopo pochi secondi di silenzio, guardando Anna con un barlume interrogativo negli occhi.
– A poche ore da qui – disse Anna continuando a guardarla.
– Vedrai, ti piacerà – aggiunse Richard con un sorriso. La coppia sembrava sprizzare felicità da tutti i pori a tal punto che quella felicità sembrava creare luce intorno a loro; Samara non poté fare a meno di pensare che si trovava finalmente con le persone giuste.
– Che bello, quando partiamo? – domandò, mentre la curiosità la divorava. Sentiva, in una maniera o nell’altra, che proprio come aveva detto Richard si sarebbe trovata bene, che la sua nuova casa le sarebbe piaciuta.
– Anche adesso, se vuoi – rispose Anna, volgendo poi la testa verso Richard.
– Sì, anche adesso – le fece eco lui.
Sul volto di Samara nacque un lieve e dolce sorriso; poi la bambina si precipitò di nuovo dentro l’orfanotrofio per prendere con sé tutto ciò che le apparteneva.
E mentre correva, sentiva un nuovo sapore. Il sapore di libertà, il sapore della fiamma che andava crescendo dentro di lei, la fiamma della felicità.  Era come se si chiudesse una porta e se ne aprisse una nuova. Forse i suoi presupposti sarebbero andati in fumo, ma a lei non importava.
Tanto valeva provarci.
 
 

Poco dopo si trovava sul parapetto di un battello che scivolava metallico sull’acqua, coperta da un maglione nero che non ricordava di avere, mentre il vento di mare le scuoteva i lunghi capelli. Se ne stava in silenzio, circondandosi il corpo con le braccia. Aveva freddo, ma le piaceva la sensazione del vento che le lambiva il collo pallido e scompigliava disordinatamente i capelli.
Osservava le nubi che non lasciavano intravvedere neanche uno spiraglio di cielo blu, pensierosa. Cercava di farsi un’idea riguardo a Moesko Island, alla casa dei Morgan di cui non sapeva ancora niente, ma con frustrazione si accorse che nella sua mente c’era il vuoto totale.
Ad interrompere i suoi pensieri fu un rumore alle sue spalle, un rumore deciso di scarpe con il tacco non troppo alto, ma allo stesso tempo dolce, rassicurante, quasi familiare.
– Ti piace il mare?
Era Anna.
La sua voce fonda e vellutata la fece voltare di scatto, come se fosse un richiamo.
Distolse il suo sguardo dalle onde scure, e lo fissò negli occhi della donna. Avrebbe voluto dire che le piaceva guardare le onde, ma allo stesso tempo la vista dell’acqua la inquietava un po’, anche se non sapeva di preciso per quale motivo.
Invece restò in silenzio per una frazione di secondo, poi rispose:
– Sì, mi piace, è... bello.
Quelle parole suonavano false anche alle sue orecchie, ma per qualche oscura ragione non si sentiva di dire ad Anna della sua sorta di fobia verso l’acqua.
L’acqua...
Era come se preferisse nascondersi dietro ad una maschera, come se qualcosa le impedisse di aprirsi verso le due persone che probabilmente erano le uniche a cui importava di lei.
Le sembrava di volere loro già bene, ma non era facile parlare un po’ di se stessa.
Non lo era affatto.
Fortunatamente Anna sembrò capire e le fece una lunga carezza affettuosa sui capelli, come se già ricambiasse l’affetto che la piccola provava nei suoi confronti.
Restarono l’una accanto all’altra, affacciate al parapetto a guardare quel mare cupo e furioso.
– Moesko Island è quell’isola laggiù? – disse Samara, rompendo il silenzio che si era venuto a creare. Indicò un faro bianco, vagamente minaccioso.
– Esattamente – le rispose Anna, annuendo, mentre i capelli neri che le incorniciavano il viso erano come manipolati dal dispettoso vento di salsedine.
Samara scrutò l’orizzonte; ora poteva scorgere una piccola spiaggia di ciottoli grigi, sulla quale le onde si infrangevano per poi ritirarsi, come impaurite da qualcosa di invisibile.
Osservò l’isola immersa nella nebbia farsi sempre più vicina, riuscendo ogni volta a vedere un particolare che le era sfuggito.
– Wow – sussurrò in modo impercettibile, mentre il suo fiato formava nuvolette di condensa per il freddo.
Doveva ancora rendersene davvero conto, ma era arrivata. Era arrivata, e da lì a poco sarebbe sbarcata a Moesko Island, avrebbe camminato sui suoi ciottoli, sul suo terreno, avrebbe fatto piroette sfidando la densità della nebbia, avrebbe osservato la scogliera e, sebbene con un po’ di timore, anche il mare dalle profondità blu scuro.
Sarebbe stata a casa.

 

****

 
 
– Eccoci arrivati – disse Richard trascinando faticosamente le valigie.
Samara non stava nella pelle. Non riusciva a credere a ciò che le stava accadendo, e dovette sforzarsi di reprimere mille domande da fare ai suoi genitori. Avrebbe voluto chiedere loro come si trovassero, dove abitassero e cosa facessero nel tempo libero, ma come era già successo sul traghetto con Anna si sentiva pervasa da una strana vergogna.
Mentre ripensava a quello che si erano dette, osservò meglio l’ambiente circostante.
– La nostra casa non è lontana da qui, possiamo arrivarci anche a piedi – la informò Richard.
– Va bene, nessun problema – lo rassicurò lei, abbozzando un sorriso.
La coppia si avviò seguita dalla bambina, che si affrettava a tenere il passo cercando di non rimanere indietro; dopo circa un quarto d’ora Richard si fermò.
Samara lo imitò, ma non riusciva a vedere niente; per quanto cercasse di aguzzare la vista quella nebbia sembrava impenetrabile, una distesa grigia e densa che li avvolgeva come una pesante ala color fumo. Strinse gli occhi fino a farli diventare due fessure e tentò di vedere abbastanza per avere quantomeno un’idea generale di dove si trovasse.
Intorno regnava la calma, ma ammirò comunque la grande casa dal tetto color cremisi che le si presentava davanti; era circondata da prati verdi in cui, all’interno dei recinti, pascolavano cavalli di ogni genere e colore, mentre da una stalla si sentivano provenire di tanto in tanto nitriti e scalpitii impazienti di zoccoli.
Cercò di godersi il panorama naturale, semplice, accantonando la paura di poter allontanare da lei i suoi nuovi genitori per le stesse ragioni con cui aveva allontanato le persone all’orfanotrofio, e per l’oscuro potere che si portava dentro.
Aveva paura, paura che potesse emergere da un momento all’altro, nonostante cercasse continuamente di arginarlo. Non voleva che i Morgan stessero male per colpa sua, non voleva che facessero la stessa fine delle donne all’orfanotrofio.
Non voleva perdere la sua famiglia, le persone che credeva già di amare.
– Qualcosa non va? – le chiese Anna, accorgendosi evidentemente che fosse pensierosa.
Samara notò l’espressione sincera, preoccupata, apprensiva dei suoi occhi.
Esitò un po’ prima di rispondere:
– No – con la voce ridotta quasi ad un sussurro. – Sto bene.
Anna le sembrava una brava persona e non voleva preoccuparla;  forse lei pensava che non le piacesse l’ambiente o non si trovasse bene con loro, ma così non era.
Lei non sapeva di quello che da sempre si portava dietro, di quello contro il quale doveva ogni volta combattere, di quello che la tormentava senza darle tregua.
Ma in qualche modo con lei si sentiva al sicuro, protetta da tutto ciò che avrebbe potuto farla stare male.
Anche da quello.
A questo pensiero sorrise, fermandosi a contemplare la grande casa dei Morgan.
Sentì Anna cingerle le spalle con un braccio e poi accompagnarla all’interno della casa.
Le sembrò accogliente sin da subito: dalla porta si entrava in una sala spaziosa. Nel corridoio, dalle pareti intonacate di giallo pastello, c’era uno specchio che le ricordava tanto un oggetto proveniente da un’altra epoca.  Nell’aria si respirava il calore di una casa; la bambina era esaltata per tutte quelle novità.
Riportò lo sguardo sullo specchio; all’interno di quell’ovale trasparente, vedeva il suo riflesso e quello di Anna.
Provò ad immaginare quante volte la donna si fosse specchiata in quella superficie splendente, che portava una bella cornice argentata, e le sembrò di vederla. A guardare bene, poteva sembrare che fossero davvero madre e figlia: entrambe di alta statura, capelli scuri, carnagione diafana.
Si guardarono, e quando i loro occhi si incontrarono sul volto di ognuna prese forma un sorriso.
Un sorriso sincero, felice, sereno, seppur lieve ed appena accennato.
Evidentemente anche per lei quello era un giorno importante, che avrebbe ricordato per sempre.
Cercò di afferrare ogni dettaglio di  quella che da ora in poi sarebbe stata casa sua: dalla sala ampia e luminosa alle lievi e appena percettibili crepe nelle pareti, percepiva un ambiente caldo e accogliente. Probabilmente si sarebbe abituata presto.
Pensandoci, era strano che Anna e Richard non avessero mai avuto bambini; sembrava che sapessero esattamente come comportarsi con lei. Erano così gentili, premurosi, tutto ciò che potrebbero essere due bravi genitori, e le loro voci affettuose sembravano riempire le pareti di quella grande casa.
Mentre era immersa in questi pensieri, Anna la prese per mano e la condusse con sé.
– Dove andiamo? – disse perplessa. Si chiese dove la stesse portando, che cosa ancora ci fosse da scoprire all’interno di quella casa.
Probabilmente c’erano tante cose che avrebbe dovuto vedere, ma le piaceva rimanere in quella sala, lasciando che i raggi del sole – che ora avevano fatto capolino dalle nuvole, fondendosi con la nebbia in una luce delicata –  le scaldassero le guance con un calore lieve, tiepido, confortevole.
– E’ una sorpresa, lo vedrai tra poco – ribatté lei, con uno dei suoi sorrisi dolci.
La fece salire al piano di sopra e attraversarono un lungo corridoio. Samara si perse a guardare delle foto che erano appese al muro: quasi tutte ritraevano Anna e Richard.
– Samara – si sentì chiamare.
Anna aprì una porta di legno scuro, e la fece entrare in una stanza abbastanza grande, che dava sul giardino.
Le pareti erano dipinte di giallo pastello, lo stesso colore della coperta che stava sul letto appoggiato alla parete sinistra della stanza; in un angolo, un armadio grande di legno dipinto di bianco.
Su alcune mensole vicino al letto erano appoggiate con gusto bambole e peluches, mentre su un piccolo comodino si trovava una lampada ad abat-jour di un dolce color crema.
– Questa sarà la tua stanza. Spero ti piaccia – disse Anna facendole una carezza sul viso, prima di lasciarla a sistemare il contenuto della sua valigia.
Quando se ne andò, Samara ammirò quella che da ora in poi sarebbe stata la sua camera.
Emanava una luce fresca, accogliente, rassicurante, e dalla ampia finestra che era abbastanza vicina al letto si vedeva il giardino con un  imponente  albero dal tronco grande, dai rami fitti e numerosi. Appoggiò le mani contro il vetro appannato, poi aprì la finestra, inspirando a pieni polmoni l’aria ghiacciata di fine dicembre.
Si affacciò, facendo provenire una luce che illuminava leggermente tutta la stanza, e guardò incantata i cavalli che correvano nei recinti, che brucavano l’erba sereni, tranquilli, liberi.
I Morgan dovevano amare molto quegli animali e probabilmente erano ottimi allevatori. Tutto in quel ranch era perfetto, come mai aveva immaginato: c’ erano i cavalli, una bella casa, due persone disponibili e gentili.
Forse  avrebbe ricevuto l’amore che le era stato negato per tutto quel tempo.  
Forse, Anna e Richard Morgan le avrebbero dato quell’amore, e per lei sarebbe cominciata una nuova vita.

 


Buongiorno, popolo theringoso 

  Ecco che finalmente ho avuto il tempo di aggiornare :3
Che ne pensate?
Spero che le recensioni non tardino ad arrivare, perché ci tengo davvero tanto all'opinione altrui, solo ...
Secondo voi i capitoli  sono troppo corti? E' che per ora non siamo ancora arrivati al clou della storia, quindi sono un po' noiosi..
Ma mi auguro che vi piacciano lo stesso, o almeno, ci spero <3
bacioni,
Stella cadente

  
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