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Autore: LaMusaIspiratrice162    23/11/2012    4 recensioni
“La vita è una continua lotta. Ognuno di noi dal momento esatto in cui apre gli occhi, così curiosi e desiderosi di scoprire il mondo, comincia una dura battaglia con la vita. Talvolta sembriamo essere vincitori e altre volte,invece, appariamo vicini alla sconfitta. Questo fin quando un giorno i nostri occhi, persa la loro speciale luce,non si aprono più. Ma siamo sicuri che la morte sia proprio la liberazione da ogni male e non, semplicemente, una resa?”
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giusy

Un disperato grido d’aiuto

Ero affacciata alla finestra e guardavo il paesaggio autunnale che appariva davanti ai miei occhi.

Vedevo un enorme giardino verde in cui tra tanti alberi ne spiccava uno, diverso dagli altri. Dai rami cadevano foglie marroni e arancioni, il cui colore veniva risaltato da il paesaggio verde che lo circondava. Sembrava quasi che quella pianta fosse invecchiata prima delle altre, che avesse capito per prima che l’estate era finita…

Mentre contemplavo affascinata quel paesaggio, il prossimo paziente bussò alla mia porta, riportandomi alla realtà. Mi bastò uno sguardo per capire qual era il suo problema e che questo era molto più grave del caso precedente.

Era una ragazza di circa venti anni, con un caschetto biondo che le incorniciava il viso pallido. Due grandi occhi azzurri lucidi mi guardavano implorando aiuto. Indossava una camicetta a maniche corte rossa a pois bianchi e un jeans scuro. Attraverso quei vestiti larghi si intravedeva il corpo scheletrico simile a quello di un manichino.

Allungai la mano, fingendo naturalezza, e mi presentai. Le mi porse la sua piccola e magra mano, sussurrando con una voce squillante “Io sono Giusy.”

La feci accomodare e le domandai che scuola frequentasse o se lavorasse già.

-No, studio. Frequento la facoltà di lettere moderne. Faccio anche parte del giornalino scolastico…sì sono una persona molto impegnata tra studio,cineforum e articoli!-disse sorridendo.

Osservai quel sorriso che lasciava trasparire tutta la tristezza, che avrebbe invece dovuto nascondere.

-Ti piacerebbe fare la giornalista, quindi?-

-Sì. Moltissimo.-

Non sapevo più cosa chiederle, né come arrivare all’argomento che mi interessava davvero. Per fortuna fu lei a togliermi dall’impaccio.

-Sì, sono anoressica…-sussurrò, abbassando lo sguardo.

-Da quando? Insomma…da quando non mangi nulla?-le chiesi, imbarazzata dalla sua enorme franchezza.

-Da tre mesi…all’incirca. Salto pranzo e cena e quando ho troppa fame mangio una gomma. Poi tra i tanti impegni che ho, riesco a dimenticarmi della fame. Tuttavia non mi giudichi male! La prego non lo faccia!-

Quell’ultima frase mi toccò profondamente e mi spinse a cercare di tranquillizzarla. Presi le sue mani tra le mie e le strinsi forte. –Il mio lavoro è quello di aiutarti, non di giudicarti,no?-

Lei sorrise ed annuì. La abbracciai e in quel momento, solo in quell’istante i suoi occhi lasciarono cadere le lacrime che trattenevano da molto tempo. Le massaggiavo la schiena e ascoltavo i suoi singhiozzi desiderosa di aiutarla. Improvvisamente si staccò da me e dopo aver asciugato le guance bagnate, si sedette di nuovo sulla poltroncina e cominciò a massaggiarsi le ginocchia nervosamente.

Quell’abbracciò l’aveva messa a suo agio e convinta a rivelare tutti i segreti della sua anima.

-Io non sono come le altre. Non è stato qualche chilo di troppo a farmi fare questa scelta,no. La mia è una richiesta d’aiuto…d’attenzione.-

Mi sedetti davanti a lei, pronta ad ascoltare la sua triste storia.

-Fin da quando ero bambina ho sempre pensato che la mia fosse una famiglia felice. Avevo un’ amorevole mamma, un antipatico fratello maggiore ed un buon padre. Divenuta grande ho però capito che l’immagine della famiglia perfetta, che avevo creato nella mia testa era solo un’invenzione. La ragione? La dipendenza di mio padre per il gioco. Adesso mi sono accorta del suo egoismo che lo spinge a spendere tutti i suoi guadagni e a dimenticarsi della sua famiglia che lo aspetta a casa. Sono giunta alla conclusione che lui non mi ami…altrimenti non mi farebbe questo. Così ho pensato di farmi del male, così da riuscire ad attirare la sua attenzione e ricevere una prova d’affetto. Purtroppo fino ad ora non ne ho ricevuto alcuna. Tutti sono troppo occupati a risolvere i nostri problemi finanziari per avere il tempo di notarmi. Lui continua a vivere nel suo mondo…-

-Io non credo che tuo padre non ti voglia bene, probabilmente la dipendenza dal gioco è una malattia…dalla quale non riesce a guarire.-

-Sarà…-rispose senza convinzione.

Guardai l’ora sull’orologio posto alla parete e mi accorsi che il tempo disponibile era terminato. Quell’ora era stata così intensa che era volata.

-Giusy adesso dobbiamo salutarci. Ci vediamo la prossima settimana, intanto promettimi che smetterai di digiunare. Se le persone accanto a te soffrono, questo non vuol dire che debba soffrire anche tu, capito? Sei una ragazza così piena di vita e di allegria …sarebbe un peccato buttare via tutto questo. Me lo prometti?-

Lei mi sorrise tristemente e giurò che ci avrebbe provato. Mentre usciva dallo studio notai quanto quella ragazza fosse diversa dalle sue coetanee. Portava sulle spalle un pesante peso che la opprimeva e le aveva tolto la spensieratezza e la giovinezza. Era stata costretta a crescere più in fretta delle altre, a risvegliarsi dalla veloce stagione primaverile. Proprio come quell’albero che avevo osservato prima. Ma l’inverno sarebbe finito e un sorriso felice sarebbe rinato su quel viso smorto.

  
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