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Autore: Tinkerbell92    23/11/2012    4 recensioni
STORIA IN REVISIONE
Emma Bennett è una trovatella, educata e molto intelligente, che ha passato diciannove anni nell'Orfanatrofio di Volterra.
Il suo tragico passato sembra, ormai, soltanto un lontano ricordo, quando, un giorno, assiste, per caso, al brutale omicidio di uno stranissimo essere umano dalla pelle fredda come il ghiaccio.
I giustizieri altri non sono che i Volturi, i quali, dopo aver discusso sul destino della scomoda testimone, invece che ucciderla, decidono di portarla in dono alla viziatissima figlia di uno dei tre capi.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Twilight Saga according to Tinkerbell'
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 Era una tranquilla mattinata di fine Settembre.
Come tutti i giorni, mi alzai presto e, dopo aver indossato il mio vestito azzurro, scesi al piano inferiore, dove Miss Collins stava spazzando il vecchio pavimento di legno rovinato.
Non potevamo permetterci di assumere degli addetti alle pulizie, così, eravamo noi ragazze più grandi, insieme alla direttrice, a tenere in ordine l’orfanatrofio.
Era una costruzione vecchia, un po’ cadente, ma io l’adoravo lo stesso. In fondo, era la mia casa.
Miss Collins mi guardò e sorrise, senza smettere di spolverare.
Era una donna anziana e minuta, con i capelli grigi tagliati molto corti e con gli occhi scuri che facevano trasparire la sua indole gentile.
- Buongiorno, Miss – la salutai – Serve una mano, per caso?
Lei scosse la testa: - Oh, no, grazie cara, ormai ho quasi finito. Sarò vecchia ma ce la faccio ancora a mantenere l’ordine. Tra un po’ la signora Donati vi servirà la colazione, intanto che aspetti puoi fare due passi in giardino… è una mattinata così tranquilla!
Le sorrisi, guardandola con tenerezza, e la salutai con una piccola riverenza: - A dopo, Miss.
Indossai la mia mantellina verde smeraldo, lo stesso colore dei miei occhi, ed uscii in cortile, venendo accolta da una piacevole brezza mattutina.
Il giardino dell’orfanatrofio era abbastanza spazioso, non grande come quelli dei palazzi reali, ma, comunque, sufficientemente esteso da permettere a trenta orfanelli di scorrazzare liberi.
Una stradina di sassi portava al cancello e tagliava in due un ampio prato.
C’erano delle panchine sparse qua e là, una fontanella con un Cupido scolpito in cima, un piccolo pozzo, qualche albero ed un roseto al quale Miss Collins teneva tantissimo.
Mi sedetti su una panchina, quella accanto alla fontanella, e, mentre guardavo l’acqua scorrere, pensai che, in fondo, non mi era andata poi così male.
Vero, non avevo una famiglia biologica, ma ne avevo trovata un’altra altrettanto accogliente.
Tirai fuori da una tasca del grembiule il bigliettino della nonna, rigirandomelo distrattamente tra le dita, e, come facevo spesso, iniziai ad immaginare le vicende di vita della mia famiglia prima della mia nascita.  
Miss Collins mi aveva parlato spesso di mia nonna e dei miei genitori, così, in qualche modo, sapevo di aver preso i capelli castani da mia madre, gli occhi verdi da mio padre e l’amore per i libri dalla nonna.
L’unica cosa che non mi accomunava a nessuno di loro era un’abilità particolare che mi aveva reso famosa in tutto l’orfanatrofio: riuscivo a riprodurre qualsiasi voce femminile dopo averla ascoltata una sola volta.
Restai a fantasticare per alcuni minuti, fino a quando non mi vennero a chiamare per la colazione.
Mentre mi sedevo alla grande tavolata dell’orfanatrofio, circondata dai miei compagni, dalla mia famiglia, pensavo che quello sarebbe stato un giorno come tanti. Non sapevo quanto mi sbagliavo.
 
In tarda mattinata, Miss Collins mi chiese di recarmi in città per una commissione.
Mi tirai su il cappuccio della mantella, per ripararmi dal vento che iniziava a soffiare, e, come al solito, imboccai il sentiero che attraversava il bosco.
Era la via più breve per arrivare in città e, nonostante fosse un po’ inquietante, non si era mai sentito parlare di aggressioni nel bosco in pieno giorno.
Mi trovavo circa a metà strada, quando, all’improvviso, un rumore sospetto mi fece bloccare.
Mi voltai, senza vedere nulla, eppure sentivo che qualcosa stava arrivando.
Improvvisamente, vidi qualcuno avanzare rapidamente verso di me.
Feci per spostarmi dalla strada, ma restai piuttosto scioccata non appena la strana figura si illuminò quando passò attraverso un raggio di sole filtrato attraverso gli alberi.
Sbattei le palpebre, cercando di mettere a fuoco: non c’erano dubbi, quello strano essere brillava.
Con uno strano senso di inquietudine, cercai con lo sguardo un nascondiglio sicuro, quando sentii una mano fredda e pesante afferrarmi un braccio.
Mi voltai di scatto e… trattenni a stento un grido.
La creatura che avevo visto era un uomo sulla trentina, dai capelli scuri e dalla carnagione incredibilmente pallida.
Come aveva fatto a raggiungermi così in fretta?
- Lasciatemi!- gridai – Che cosa volete da me?
La morsa sul mio braccio si strinse, mentre l’uomo si guardava attorno con aria circospetta.
Ero sul punto di tirargli un calcio nei testicoli – di solito funzionava sempre – ma mi bloccai non appena i suoi occhi incontrarono i miei.
Repressi un gemito, terrorizzata da quelle orribili iridi color rosso sangue.
Che accidenti di mostro era?
Si guardò di nuovo attorno, con movimenti rapidi e quasi convulsivi della testa, poi tornò a fissarmi con aria folle.
Iniziai a divincolarmi, senza risultato, finchè, dandogli una seconda occhiata, capii che il suo sguardo non esprimeva malvagità, ma paura.
La stessa paura che si leggeva negli occhi degli animali braccati.
Lo strano uomo ansimò, venendo scosso da una serie di tic nervosi: - Stanno arrivando a prendermi… mi sono alle calcagna… sono qui, stanno arrivando!
- Chi?- gridai, sempre più terrorizzata – Chi è che sta arrivando?
- Vattene via, umana!- sbottò, all’improvviso – Loro non devono trovarmi!
- Di chi state parlando?
 In tutta risposta, il tipo mi spinse da parte, facendomi rotolare dietro un cespuglio.
Cercai di rialzarmi, piuttosto ammaccata, ma, d’istinto, mi bloccai non appena sentii uno strano vento sul viso, come se qualcuno mi fosse appena sfrecciato davanti.
Una voce maschile, piuttosto untuosa e viscida, iniziò a parlare in tono irrisorio.
- Ma bene, ecco il nostro fuggitivo! Pensavi forse di scappare?
Avanzai strisciando, sporgendomi un po’ dal mio nascondiglio, in modo da poter vedere cosa stesse succedendo attraverso i rami intricati del cespuglio.
L’uomo – o qualunque cosa fosse -  che avevo visto prima, stava appiattito contro il tronco di un albero, gettando qua e là occhiate vitree e folli.
Sei figure, coperte da delle eleganti cappe scure, lo circondarono, sogghignando.
Uno di loro, un tipo dai lunghi capelli neri e lucidi, gli si avvicinò mellifluo, serrandogli una mano attorno al collo.
Il malcapitato gli lanciò uno sguardo vacuo: ormai, non sembrava più in grado di ragionare.
Che cosa potevano avergli fatto per ridurlo in quello stato?
L’uomo dai capelli neri lo fissò con un falso sorriso: - Immagino tu sappia che le nostre regole non sono state create per divertimento, ma per proteggere la nostra razza. Pensi che sia una cosa piacevole, per me, il compito di far rispettare questo semplicissimo regolamento, quando, poi, c’è gente come te che si diverte ad infrangerlo?
Un ragazzo dai capelli biondi, che affiancava Mister Falsità, sogghignò compiaciuto: - C’è solo un modo per farla pagare a quelli come te. Felix!
Una specie di scimmione, alto più di due metri, fece un passo avanti, con un sorriso sadico stampato in faccia.
Alla vista di quell’energumeno, il tizio braccato sembrò recuperare un po’ di lucidità, infatti, ebbe una specie di sussulto, iniziando a dimenarsi selvaggiamente: - No! Stammi lontano! Stammi lontano, maledetto!
L’uomo dai capelli neri si voltò verso un ragazzino moro, che se n’era rimasto fermo immobile per tutto quel tempo, e gli fece un gesto con la mano, come per invitarlo a fare qualcosa.
- Alec, procedi pure.
Il giovanotto annuì e tese i palmi delle mani verso il tipo, che non la smetteva di divincolarsi dalla stretta del suo aguzzino dal sorriso falso.
Una specie di nebbia perlacea iniziò a fuoriuscire dalle mani del ragazzo, dirigendosi lentamente verso la vittima, come un serpente pronto a catturare la preda.
Il cosiddetto fuggiasco venne, per un attimo, completamente avvolto da quel fumo grigiastro, che iniziò a diradarsi non appena egli smise di divincolarsi.
Trattenni a stento un grido di stupore: quegli esseri non erano umani, erano dei mostri!
Riuscii a tapparmi la bocca con entrambe le mani, appena in tempo per soffocare un altro urlo, non appena lo scimmione di nome Felix strappò con un solo colpo le braccia dal tronco del malcapitato, ormai inerme. Non uscì una sola goccia di sangue.
Volevo fare qualcosa, ma i miei muscoli erano come paralizzati dal terrore.
Assistetti sconvolta alla mutilazione del pover’uomo, o povero mostro, che si concluse con lo staccamento della testa ad opera del bestione.
Il ragazzo dai capelli biondi tirò fuori una stranissima arma, una specie di pistola, e, non appena premette il grilletto, una vampata di fuoco incendiò i miseri resti del giustiziato, facendo guizzare scintille incandescenti sul sentiero.
Un forte senso di nausea mi pervase, seguito da un tremendo capogiro.
Era impossibile. Era assurdo. Era… assolutamente innaturale.
I sei giustizieri ammirarono soddisfatti la propria opera, commentando qualcosa sull’esempio da dare e sulla giustizia, quando, all’improvviso, uno di loro si girò, iniziando a guardarsi intorno con aria sospettosa, come se stesse cercando qualcosa.
Era un ragazzo abbastanza giovane, più o meno della mia età, con i capelli castano-rossicci, corti e  un po’ arruffati, ed i lineamenti del viso assolutamente stupendi. La sua carnagione era pallidissima, come quella dei suoi compagni, ed aveva una corporatura asciutta ma muscolosa.
Richiamò l’attenzione di Felix, battendogli la mano sulla spalla, e gli sussurrò qualcosa.
Il bestione si voltò si scatto, guardandosi intorno a sua volta, ed osservò il compagno che si avvicinava pericolosamente al mio cespuglio, con lo sguardo che vagava qua e là.
Cercai di appiattirmi il più possibile contro il suolo, tenendo d’occhio il ragazzo, sempre più vicino, senza accorgermi che il suo amico  nerboruto era improvvisamente scomparso.
Mi immobilizzai, non osando schiodare il mento da terra, quando, all’improvviso, sentii una morsa potente serrarsi attorno alle mie braccia, e, pochi secondi dopo, venni tirata su di peso, ritrovandomi coi piedi a parecchi centimetri da terra.
Gli occhi rossi del giovane, che prima mi stava cercando, si spalancarono, mentre la voce dello scimmione Felix tuonò dietro di me, facendomi quasi saltare i timpani: - Guarda cosa c’è qui!
- Un’umana!- esclamò l’altro, con un’espressione sorpresa sul volto.
Il ragazzo biondo, quello con la pistola lanciafiamme, lo affiancò, squadrandomi con le sue iridi vermiglie: - Maledizione, ci stava spiando!
- Facciamola fuori! – gridò Felix, stringendo di più la morsa attorno alle mie braccia e facendomi gridare – Berrò il suo sangue fino all’ultima goccia!
Le sue orride fauci si spalancarono, arrivando a pochi centimetri dal mio collo, quando, all’improvviso, lanciò un urlo di disgusto: - Bleah! Sentite che roba! Mai sentito un odore più disgustoso! E’ rivoltante!
- Che cosa? – risposi, con la voce ormai ridotta ad uno squittio – Sarai tu ad essere rivoltante!
- Si può sapere che succede?
L’uomo dai lunghi capelli neri si avvicinò lentamente a noi, seguito dal ragazzino “manipolatore di nebbia”.
Il biondo mi puntò un dito contro: - Questa umana era nascosta dietro a quel cespuglio ed ha assistito all’esecuzione! Bisogna eliminarla!
- E che cosa state aspettando, allora? – domando calmo l’altro, gettando uno sguardo interrogativo allo scimmione che mi stava stritolando.
Felix mollò la presa, facendomi cadere in ginocchio, e rispose: - Il suo sangue ha un odore nauseabondo! Provate ad annusare!
Il ragazzo dai capelli castano-ramati si sporse un po’ verso di me, tirando su col naso. Un brivido lo scosse ed indietreggiò di alcuni passi: - E’ vero, è un odore fortissimo. Io non mi arrischierei a berlo.
- Allora rompiamole il collo e facciamola finita qui – propose il tipo dai capelli biondi, facendo un gesto a Felix, che mi serrò una mano attorno alla gola, costringendomi ad alzare la testa.
Notai un lieve stupore negli occhi del ragazzino più giovane: - Aro, guarda!
L’uomo dai capelli neri mi gettò un’occhiata distratta e, dopo avermi osservata, spalancò gli occhi rossi: - Oh, cielo…-
Felix mollò la presa, permettendo al suo capo di alzarmi il mento con le dita, in modo che potesse guardarmi negli occhi. Le sue labbra si serrarono in una smorfia: - In effetti, noto una certa somiglianza… ed ha pure gli occhi verdi… anche mia sorella li aveva, quand’era ancora umana…- guardò i propri compagni con aria quasi nervosa, poi si rivolse allo scimmione – Felix, fai in fretta prima che Marcus la veda…
- Che cos’è che non devo vedere?- disse una voce maschile, piuttosto pacata, alle spalle di Aro.
Il viscido essere si voltò lentamente, mentre veniva affiancato da un uomo molto alto di mezza età, con i capelli lunghi e castani e l’espressione un po’ cupa.
Come tutti gli altri, aveva gli occhi rossi, ma, per una strana ragione, non mi faceva più di tanta impressione. Anzi, oserei dire che il suo sguardo era quasi rassicurante.
- Questa umana ci stava spiando, Marcus- gli spiegò Aro, con una nota di nervosismo – Ci stavamo accingendo ad eliminarla.
- Devo essermi perso qualche passaggio- replicò lui, in tono calmo – Ero distratto dalle fiamme…
Mi gettò un’occhiata annoiata, ma, per un istante, mi sembrò che il suo volto si fosse illuminato.
Mi si avvicinò, portandomi una mano sotto il mento, e mi osservò a lungo, senza dire una parola.
Il ragazzo biondo fremette: - Marcus, stiamo perdendo tempo! Uccidiamo l’umana e andiamo via!
L’uomo non rispose, ma si limitò a commentare: - C’è una lieve somiglianza… e gli occhi sono gli stessi…
- Marcus!
Sentendo la voce dell’uomo chiamato Aro, Marcus si voltò con flemma: - Sì?
- Piantala di fare il tenero! Lasciamo che Felix le rompa il collo e poi bruciamola. Vuoi forse mettere a repentaglio la nostra sicurezza?
Marcus alzò le spalle: - Pensavo che, magari, si potesse trovare una soluzione alternativa…
- Non esistono “soluzioni alternative”, Marcus – sbottò il tipo biondo, perdendo la pazienza – Noi non diamo seconde opportunità!
- Io credo che, per una volta, si potrebbe fare un’eccezione- replicò con calma Marcus – Didyme la risparmierebbe… ha i suoi stessi occhi da umana… secondo me, potremmo portarla con noi.
- E perché dovremmo, quando è mille volte più facile e sicuro ucciderla?- protestò il biondino, che mi stava sempre meno simpatico – Basta con queste sciocchezze, Marcus, mi sto stancando!
- Non è, oggi, il ventitré Settembre?- domandò all’improvviso Marcus, ignorando le proteste dell’altro – Non è, oggi, il compleanno di Rowena?
- E questo che cosa centra?- domandò il biondo, incrociando le braccia con aria impaziente.
Marcus alzò le spalle: - Il fatto è che temo di essermi scordato di farle un regalo…
- Che cosa?
Il ragazzo biondo spalancò gli occhi rossi: - Sei pazzo? Come hai potuto dimenticarti una cosa del genere? Hai idea di come reagirà, non appena lo saprà?
L’uomo chiamato Aro alzò gli occhi al cielo: - Oh, andiamo, Caius, sono secoli, ormai, che è un vampiro! A che cosa serve farle, ogni anno, una festa e riempirla di regali?
“Un vampiro?” pensai allarmata “Che idiota, come ho fatto a non pensarci? Ecco perché lo scimmione voleva bere il mio sangue!”
Il ragazzo di nome Caius scosse la testa, guardando il compagno con un certo nervosismo: - Pensi che a Rowena interessino le tue ragioni? Hai forse dimenticato cosa succede, quando si arrabbia?
Aro represse una smorfia, diventando serio all’istante: - No, certo che no…- si rivolse a Marcus, con un sospiro – Vuoi regalare un’umana a Rowena?
Il vampiro annuì: - Se non sbaglio, non ha mai ricevuto un regalo così… di certo le farebbe piacere.
- Hey, un momento!- sbottai – Io non sono una bambola! Non ho alcuna intenzione di venire con voi e diventare il giocattolino personale di una bimba viziata!
- Zitta! – ruggì Felix, stringendomi un braccio – Non hai il permesso di parlare!
Strinsi i denti, guardandolo con odio: - Mi stupisce che tu sappia parlare senza emettere strani versi, troglodita di uno scimmione!
I suoi compagni trattennero a stento una risatina, mentre lui mi fulminò con lo sguardo: - Come osi!
Mi afferrò i capelli da dietro con forza, stringendomi una mano attorno al collo, quando il ragazzo dai capelli rossicci lo fermò: - Felix!
Il gorilla guardò il compagno con aria sorpresa: - Hai sentito quello che ha detto, Demetri?  
- Ho sentito- replicò calmo l’altro – Ma a Rowena non farà piacere ricevere un regalo rotto…
Felix sbuffò e mi lasciò andare, mentre il ragazzino di nome Alec mi lanciò uno sguardo dubbioso: -Allora è proprio deciso? La porteremo al castello con noi? Non sono molto convinto della tua idea, Marcus…
Il vampiro dai capelli castani non rispose, ma quello di nome Caius guardò Alec severamente: - L’idea non piace neanche a me, ma preferisco evitare che mia figlia si arrabbi. Anche perché – aggiunse con uno sguardo sadico – C’è soltanto una cosa che Rowena non ha ancora ricevuto, oltre ad un’umana da compagnia…
- E… sarebbe? – domandò il ragazzino con una certa esitazione.
Caius sogghignò: - Tu. Impacchettato, legato, imbavagliato e infiocchettato. E, oh, dimenticavo – la sua voce assunse un tono malefico – Nudo.
Alec trasalì leggermente, mordendosi le labbra, poi sospirò: - E va bene, mi rimetto al vostro giudizio. Considerate, però, che un’umana ha bisogno di mangiare, bere, dormire…
- Me ne occuperò io personalmente – rispose Marcus senza battere ciglio, così Aro annuì, con aria rassegnata: - E sia. Adesso muoviamoci, abbiamo perso anche fin troppo tempo.
Felix mi afferrò la mantella con forza, probabilmente pensando di trascinarmi fino al loro castello, ma Caius lo fermò: - Aspetta, tu sei troppo indelicato. Non vogliamo che si perdano dei pezzi in giro…
“Pezzi? Siamo a posto…” pensai, deglutendo.
Lo scimmione fece per protestare, ma Caius lo zittì con un’occhiataccia, rivolgendosi poi al vampiro dai capelli ramati: - Demetri, fallo tu.
Lui annuì e si avvicinò a me con aria cortese: - Col Vostro permesso…
Mi caricò sulla propria schiena senza alcuna fatica e, non appena si sentì sicuro della propria presa, fece un cenno agli altri: - Va bene, possiamo partire.
Prima che riuscissi a protestare, Demetri mi sussurrò: - Vi consiglio di tenervi forte…
Per un attimo, mi sembrò di venire risucchiata dentro una strana dimensione.
Un vento fortissimo mi colpì il viso, costringendomi a chiudere gli occhi, mentre, intorno a me, il bosco scorreva alla velocità della luce.
Persi completamente la concezione dello spazio e del tempo, le uniche cose che riuscivo ad avvertire erano le mani fredde del vampiro, che mi tenevano saldamente, ed il suo collo congelato premuto contro la mia guancia.
I miei pensieri turbinavano disordinatamente nella mia testa.
Avevo assistito all’assassinio di un vampiro, stavo per diventare l’animaletto da compagnia di una mocciosa millenaria viziata e gli unici punti a mio favore erano il fatto di avere un sangue nauseabondo e di assomigliare ad una certa Didyme.
Stavo incominciando a perdere i sensi, quando, all’improvviso, ci fermammo.
Aprii gli occhi, con un po’ di esitazione, e mi guardai intorno.
Ci trovavamo nei pressi dell’antico castello di Volterra.
 
***
Angolo dell’Autrice: Ebbene, ecco qua il primo capitolo. Che ve ne pare?
Spero che i Volturi siano abbastanza azzeccati caratterialmente, devo ancora entrare bene nella psicologia dei personaggi. Forse Marcus è un po’ troppo “tenero”, ma mi ha fatto una buona impressione come personaggio, quindi ho preferito renderlo così.
Si sarà sicuramente capito che Felix non mi sta molto simpatico…
Per le descrizioni fisiche, mi sono attenuta al film, perchè mi piacevano di più rispetto a quelle del libro.
Bene, tornando a noi, nel prossimo capitolo Emma farà la conoscenza della sua nuova padroncina, che avrà molte occasioni per dimostrarsi antipatica e viziata.
Appariranno, naturalmente, anche Jane e le mogli dei tre capi.
Ok, chiudo qui il mio papiro e ringrazio caldamente chi leggerà.
A presto :)
  
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