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Autore: Deep_Strife    12/06/2007    3 recensioni
Abbiamo mai parlato della madre di Sora? No? Allora ci penso io!! ^__^ In questa fic ho messo il presunto rapporto tra Sora e la sua mamma... alquanto particolare, credo! Recensite, mi raccomando! Accetto complimenti e critiche!!
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Sora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi di nuovo là, seduta al bancone, con il cervello che mi fumava e un quadernetto aperto davanti a me. E un bicchiere mezzo vuoto. Di birra.

- Un’altra?- chiese Nove. Al mio cenno positivo, lui prese il bicchiere, lo svuotò dalla birra ormai calda e lo riempì di nuovo.

Buona la birra. Mi piace la birra. Soprattutto il rumore che fa quando cade. Glogloglo. Ma il quadernetto… il quadernetto no, che non mi piace.

- Che cazzo è?-

- Educato come al solito, mio posatissimo amico. Questo – proclamai, sventolandoglielo davanti al viso - E’ il quadernetto dei conti. Vuol dire che calcolo quanto abbiamo speso in questo mese, così so se andremo avanti a pane ed acqua o a caviale.-

- Una calcolatrice fa brutto?-

- Preferisco togliermi le ragnatele che mi imbozzolano i neuroni, grazie. E poi, tutte le calcolatrici che abbiamo in casa sono rotte.-

- Ricaricarle? Troppo difficile?-

- Provaci tu, a ricaricare una calcolatrice a energia solare. Idiota.-

- Zoccola.-

- Imbecille.-

- Cadaverina.-

- Il mio è un pallore nobile, Ascella Tonante.-

- Se qui fa caldo non è colpa mia, complessata di serie C.-

- Checca.-

- Verissimo.- ammise orgogliosamente.

Scossi la testa: uno con i capelli rosa, lo smalto sulle unghie e le t-shirt senza maniche aderenti bianche. Quel’è l’insulto migliore? Checca. Ma se lo è sul serio, va tutto in vacca.

Nove tentò di riportare il discorso su una linea civile

- E comunque, se devi risparmiare, non spendere tutto in birra bionda.-

- Oh, ma la birra è gratis.-

- Assolutamente no.-

- Sconto comitiva?-

Si guardò intorno. In tutto, nel locale eravamo in 12.

- Quale comitiva?-

- Io, la parte cattiva di me stessa e ognuno dei miei capelli.-

- Gli hai dato anche un nome?-

- Ai capelli? Certo: Mizzy, Kristy, Johnny, Terrence, Gaspard, Manuel…-

- Non sono in condizione di offrire bibite, spugna.-

- Neanche per la tua migliore amica?-

- Mai detto che tu lo sia.-

Mi alzai, lasciai i soldi sul tavolo e mi diressi verso la porta

- Ciao, Nove.-

- Ciao, Alisa.-

*

La porta di casa me la aprì Riku, con un cipiglio saccente dipinto sul viso.

- Ciao.-

- Ciao, Riku. Sora?-

- In giro.-

- Senza di te?-

- Non posso farmi vedere molto in giro.-

- Senti, preferisci che ti chiami Polaretto, Ghiacciolo o Yeti?-

- Perché mai?-

- Perché sei glaciale! Sorridi, parla!-

- Non mi piace Yeti.-

- Felice di sentirtelo dire, Polaretto- replicai, andando in cucina.

Aprii il frigo: maionese, senape, ketchup. Mumble mumble.

- Avrei giurato che fino a stamattina ci fosse anche del riso…-

- Infatti abbiamo mangiato riso a pranzo.- confermò il ragazzo, sedendosi.

Sospirai. Forte.

Riku era arrivato ieri mattina sul presto per sfuggire alle ire del padre (colpa di cosa. Mah. Il perché non lo so.), lo avevo visto solo per un quarto d’ora in tutta la giornata, e ne avevo già piene le scatole.

- Allora, stasera, ketchup lesso.- proposi, mentre già componevo il numero della pizzeria. A memoria. Che mito.

Sora rientrò mentre ero al telefono: cadde in entrata, inciampò sul gradino, perse l’equilibrio mentre saliva le scale, venendo catapultato in avanti.

Sì, è tornato.

- Ma non avevi detto che i conti non quadravano?-

Lo liquidai con un’alzata di spalle

- Se preferisci mangiare aria fritta, accomodati. C’è pure il ketchup, pensa che fortuna.-

- Siamo proprio dei riccastri.-

Ammise, abbandonandosi su una sedia.

Annuii. Che stanca che ero.

*

Il giorno più strano che abbia mai passato è stato, probabilmente, qualche giorno dopo il settimo compleanno di Sora.

- Mamma.- aveva esordito entrando in cucina e guardandomi attentamente con gli occhioni blu – Sei sicura che sono tuo figlio?-

Per poco non mi si schiantò la testa sul tavolo. Avevo 19 anni, all’epoca, ed ero abituata alla gente che mi chiedeva se il bambino era mio figlio o mio fratello. Domande così dirette, però…wow. Mai ricevute. E chi me le pone? Mio figlio settenne, ecco chi.

- Perché me lo domandi?-

- Perché noi non ci somigliamo.-

- Ah no?- Rispondi con delle domande, Alisa., mi raccomandai, come i politici.

- No. Io ho gli occhi blu, tu viola; io ho i capelli castani, tu neri; e poi, io ho i piedi più grandi.-

- Sora, se la somiglianza si fera a questo, ciao Ninetta. Noi due abbiamo gli stessi zigomi, la stessa pelle… e inoltre, tu sei piccolo e magro, come me. E visto che ti era andata troppo bene, abbiamo pure un carattere simile. Soltanto che tu sei più gentile.-

- Ma io ci assomiglio un po’ a papà?-

- No.- risposi, mentre gli interruttori della rabbia mi scattavano tutti insieme.

Perché se fosse così, avevo pensato, senza osare dire una parola, saresti un uomo che gestisce una fabbrica importante, protetto dalla polizia, che ha sposato una donna solo per andare con sua figlia. Saresti un pedofilo schifoso che ha messo incinta una ragazzina di 12 anni, ecco chi saresti.

- Perché?-

Perché i bambini sanno essere così adorabili e allo stesso tempo così tignosi?

- Perché non me lo ricordo.-

Perché quello che chiami “nonno” in teoria dovrebbe essere “papà”.

- Nessuna foto?-

- No.-

Probabilmente Sora fu più ricettivo di quanto non mostrò; da quel giorno, non fece più una sola domanda.
  
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