Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: Deep_Strife    11/06/2007    5 recensioni
Abbiamo mai parlato della madre di Sora? No? Allora ci penso io!! ^__^ In questa fic ho messo il presunto rapporto tra Sora e la sua mamma... alquanto particolare, credo! Recensite, mi raccomando! Accetto complimenti e critiche!!
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Sora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

- E’ pronto!-dissi una sera rivolta al piano di sopra.

Insomma, non è che fossi rivolta alla porta, precisiamo: stavo chiamando Sora, mio figlio, l’Hobbit, l’adolescente, il pubescente, come lo vogliamo chiamare.

Il pubescente che non rispondeva.

- Mi senti?!- gridai, sempre rivolta al piano superiore. Nisba.

Accidenti.

- Ma lo fai apposta?- praticamente feci tremare i vetri, incredibile quanta aria riescano a tirare su i miei polmoni quando serve. Comunque, l’idiota non rispondeva. Nisba, nada, morto, scappato, addormentato elencai fra me e me salendo le scale. La stanza in disordine, letto sfatto, sveglia…ferma. Dalle 9 di quella mattina, indicavano le lancette. O dalle nove di mattina, o dalle nove di ieri sera. Propendevo per la prima ipotesi; va bene che a 26 anni come madre ero un po’ disattenta, ma non superiamo certi limiti. Le sveglie, nella mia famiglia (ovvero io e Sora) sono sacre. Sveglie rotonde, sveglie giganti, sveglie pelose, sveglie a forma di gatto, di rana, di rinoceronte, di armadillo. La prima parola di Sora è stata “sveglia”, ma non so se si trattasse di un consiglio per me o se si riferisse all’oggetto.

Comunque, salii in camera, dove, ovviamente, mio figlio non c’era. Sospirai.

Perché insisteva nel fare Jonathan dimensione Avventura invece che chiedermi semplicemente un permesso che, tra parentesi, gli avrei accordato?

Non era un mistero dove si fosse diretto: in un’isola di cinque metri per tre non ci sono segreti, basta sapere a chi chiedere.

Brontolando fra me e me, mi infilai una maglietta pulita e mi precipitai giù per le scale. Con poca grazia, ma chi se ne importava? Non c’era nessuno a vedermi. O meglio, avrebbe dovuto esserci qualcuno. Un adolescente dalla testa appuntita che, una volta scoperto , si sarebbe cacciato in un mare di guai. Feci un giro veloce: il panettiere lo aveva visto avviarsi verso il centro dell’isola, la tabacchiera lo aveva visto aggirarsi nei vicoli (“credo che fosse spaesato”, ma và a quel paese), e infine, il mio unico fidato informatore, il barista Nove.
Nove non era il suo vero nome, non me l’aveva mai voluto dire. Diceva che i baristi devono essere invisibili, per cui aveva scelto come nome un numero: una cosa, appunto, invisibile, che non faceva pensare a niente. Io, da quel momento, mi ribattezzai Cinque.

- No, ma che vicolo del cazzo, è andato alla spiaggia. Ed è pure passato di qui.-

- Ma dai…?-

- Alisa, non puoi stargli a pelo così, è grande ormai…

- sì, MA...-

- Ma un cazzo, lascialo crescere!-

- Lo lascio crescere, ma non credi che sia un gesto di irresponsabilità verso di lui non sapere dove va a tarda sera?-

- Sono solo le nove e mezza… e poi, avrà avuto fame, a casa vostra si mangia tardissimo…-

- Sì, aveva fame, e invece di comprarsi un panino ha pensato bene di fare Big Jim e andare a pescarsi due bei pescetti a mani nude, giusto? Magari lo troverò con uno squalo tra le mani mentre si fa l’autoscatto. Ma smettila di dire troiate, Nove.- dissi, alzandomi

- Grazie per l’informazione, comunque.-

Lui borbottò qualcosa tipo “di niente”, quindi io uscii, inspirai un po’ d’aria fresca (un po’ salmastra, ma fresca), e mi avviai verso la spiaggia.

*

Non fu tanto difficile trovarlo … solo un quarto d’ora di dura ricerca tra una semi foresta equatoriale, ma nulla è poco per un figlio. Soprattutto, non vedevo l’ora di vedere se stava bene.

Era steso sulla sabbia, con un’aria beota… beata, scusate, dipinta sul viso. Mi inginocchiai alla sue destra e gli agitai la mano aperta a pochi centimetri dal viso. Niente.

Terapia d’urto: gli tirai il naso. Leggermente, scherzosamente, e lui che fece? Aprì gli occhi e mise a fuoco la situazione.

Una volta stabilita la mia identità, fece un salto di dimensioni ragguardevoli, per uno appena svegliato steso sulla sabbia

- Sto bene- proclamò

- Lo vedo.-

- Volevo dirtelo.-

- Infatti me l’hai detto talmente chiaramente che è dalle nove che ti cerco.-

- Non è come sembra.-

- Sora, vedo che non ci sono danni fisici…-

- Appunto!-

- … Ma ti assicuro che se non torni subito a casa diventerai nero a strisce viola assimmetriche.-

- Ma non c’era niente da mangiare!-

- Ancora con questa storia?! Sai, c’è una cosa anormale che si chiama surgelato… apri la confezione, metti il cibo dentro la padella con il fuoco acceso e l’olio caldo, e come per magia cinque minuti dopo diventa cibo commestibile…-

- Non è questo che intendo, io vorrei cibo vero!-

- Infatti sono quattordici anni che mangi ologrammi.-

- Cibo cucinato!-

- Lo sai che io non so cucinare, e poi scusa, cosa c’entra questo con il fatto che te ne sei andato senza dire niente?-

- Che ho comprato un panino, poi sono venuto a mangiarlo qui, e poi mi sono appisolato sulla sabbia, ecco tutto-

- E serviva calarsi dalla finestra per un panino? Che è, il brivido dell’avventura?-

- Mi arrendo. –

- Ecco, bravo. Vieni, andiamo.-
*
Niente punizione. Più o meno. Lavare i piatti fono alla fine delle superiori non è una punizione, vero? Quando finì di strofinare pentole, crollò su una poltrona, vicino al divano dove io ero seduta a leggere.

- Non voglio mai più vedere una padella.- dichiarò, strofinandosi gli occhi.

- Felice di sentirlo, anche se immagino che lo rifarai…-

- Puoi scommetterci.- disse, sorridendo, così fui costretta io stessa a sorridere.

- Fila a dormire, è mezzanotte passata.-

- Io sarei andato a dormire anche prima, ma qualcuno, non mi riferisco a nessuno in particolare, mi ha costretto a lavar…-

Le sue parole furono soffocate dalla ciabatta che gli lanciai, e che lo colpì sulla nuca.

- Buonanotte.- disse divertito, salendo rumorosamente le scale.

Che dire? La leggerezza e la grazia non sono caratteristiche di famiglia, ecco.

Quando la mattina dopo mi alzai, sul suo letto dormiva Riku, il suo migliore amico, e Sora invece russava a terra, braccia e gambe aperte. Come volevasi dimostrare.

Credo che gli anni di lavaggio piatti aumenteranno repentinamente…
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: Deep_Strife