NDA
Eccomi di nuovo qui, con l'epilogo di questa breve storia nata da un momento di follia, avrei voluto potervi lasciare prima questo capitolo, ma ho avuto una settimana d'inferno (per vederla in maniera ottimistica), ma al solito, meglio tardi che mai, spero vi piaccia, questa conclusione, forse semplice, forse banale, alla quale però tengo molto.
Presto terminerà anche Meeting (per chi segue la mia altra long presente in questo fandom), volevo rassicurarvi che quella storia non è stata abbandonata, manca solo l'epilogo, sono però personaggi che mi fanno compagnia da mesi, e trovo difficile lasciarli andare.
Queste note rischiano di durare più del capitolo stesso, e poi detesto le smancerie...
L'unica cosa che posso dirvi ancora è solo buona lettura...
A
A Fantasia e Serena, fedeli compagne in ogni mia avventura letteraria, avervi accanto è un piacere, nonché una piacevole certezza.
[Orlando]
Dopo una settimana in ospedale, sono stato finalmente
dimesso. Lucia ed io abbiamo avviato le pratiche della separazione, mi ha
portato i documenti in ospedale per farmeli firmare e consegnare tutto al
nostro avvocato, il fatto che siamo d’accordo su tutto e ci siamo rivolti a un
solo avvocato dovrebbe velocizzare notevolmente le pratiche. Non che io abbia
intenzione di sposarmi, ma non voglio mancare di rispetto alla mia musa.
Virginia, con un po’ d’imbarazzo, mi ha invitato a passare da loro la mia
convalescenza, mentre Simone sembrava entusiasta all’idea.
Ha voglia di passare del tempo con me, ed io con lui, e
giacché subito dopo che mi sono svegliato dal coma, sua madre l’ha costretto a
tornare a scuola, lui è davvero felicissimo dell’idea di vivere insieme.
Non ho potuto che accettare, Virginia mi ha sistemato in una
camera degli ospiti enorme, e passa la maggior parte delle sue giornate a farmi
compagnia quando Simone e a scuola, quando le chiedo del suo lavoro, lei mi
dice che in teatro non hanno bisogno di lei, mentre io da solo non posso stare.
Quello che è certo è che io senza di lei non posso stare.
Dopo di quella così sincera e forte esternazione dei nostri
sentimenti in ospedale, sembriamo due adolescenti imbarazzati, ci salutiamo la
mattina con casti baci sulle labbra e nulla di più.
Simone è da poco tornato a casa dalla scuola, io mi sono
addormentato sul divano, mentre Virginia è sparita in cucina.
- Papà… - dice Simo sedendosi accanto a me – Che cosa
succede tra te e la mamma?
- Niente, - dico con la voce un pochino troppo acuta – va
tutto benissimo. Perché me lo chiedi?
- Perché vi evitate? – mi suggerisce lui con un tono notevolmente
inquisitorio.
- Quando mi sono svegliato dal coma, ci siamo detti delle
cose. – crollo perché già non sono una persona in grado di mentire, tentare di
farlo poi alla versione di me adolescente è assolutamente impossibile. – Ci
siamo confessati quello che proviamo l’uno per l’altra e…
- E adesso vi sentite in imbarazzo come due quindicenni… - termina
scoppiando a ridere, perfetto anche mio figlio mi prende in giro.
- Papà – dice tenendosi la pancia, la mia infida prole –
questa sera dormo fuori, vedi di non sprecare quest’opportunità.
Arrossisco più che mai, e lui ancora con le mani sulla
pancia, saluta sua madre ed esce da casa con casco e zaino.
- Perché rideva in quel modo? – mi chiede Virginia sedendosi
vicino a me.
- Mi ha chiesto che cosa c’era che non andava tra noi due –
la vedo arrossire leggermente – gli ho detto che abbiamo un po’ di difficoltà a
gestire quello che ci siamo detti quando mi sono svegliato dal coma. – la vedo
diventare ancora più rossa. – Rideva in quel modo perché mi ha detto che ci
comportiamo peggio di due adolescenti, ha aggiunto che questa sera dorme fuori
e di non perdere l’occasione.
Quando mi volto per guardarla la vedo portarsi le mani per
coprirsi il viso.
- Non sono capace di mentire. – le dico togliendole le mani
dal viso.
- Lo so, m’imbarazza sapere che mio figlio …
- Nostro figlio. – la correggo accarezzandole il viso.
- Nostro figlio ci dia la sua benedizione.
- Era la sua benedizione quella battuta imbarazzante?
- Assolutamente sì. – mi dice lei senza incrociare il mio
sguardo.
Le prendo il mento tra le mani e la invito a guardarmi.
- Virginia io sono innamorato di te, non te l’ho detto solo
perché ero appena uscito dal coma, lo sono davvero, lo ero tanto tempo fa. Se
questa cosa t’imbarazza, se è troppo tardi, io lo capisco, ti ringrazio per la
tua ospitalità e mi cercherò un residence, Simone potrà benissimo venirmi a
trovare quando vuole. – nel dirle questo faccio per alzarmi, quando lei mi stringe
le mani, invitandomi a sedermi di nuovo.
- Ti amo, da quindici anni, con la stessa intensità. – si
ferma per riprendere e fiato e guardarmi negli occhi – ho solo paura, paura di
vivere quello che più desidero da così tanto tempo.
La capisco perfettamente e non gliene posso o voglio fare
una colpa, anch’io ho paura, le prendo il viso tra le mani e vado a cercare le
sue labbra. Questo è un modo in cui io e lei abbiamo sempre superato qualsiasi
difficoltà.
Mi stringe le mani dietro al collo, giocando con i miei
capelli corti, e risponde con quella sua passione che mi fa letteralmente
impazzire.
Quando mi lascio ulteriormente andare e cerco di attirarla a
me, i punti mi tirano e non riesco a evitare un lamento, lei si stacca
immediatamente da me, ed io temo di aver rovinato tutto.
- Questo non è il posto più adatto, visti i tuoi punti… - mi
dice mentre si alza dal divano, metto il broncio per poi comprendere che lei ha
parlato di luogo e non di momento, alzo il viso per vedere che mi tende la
mano.
La seguo senza dire una parola, e quando entriamo nella sua
stanza da letto, la invito delicatamente a sdraiarsi, comincio a spogliarla
lentamente, non c’è nulla di questo momento che voglio che vada sprecato. Omaggio
ogni centimetro di pelle che scopro posandovi un bacio sopra, e la vedo
chiudere gli occhi e abbandonarsi alle mie attenzioni. Quando sul suo corpo non
c’è più stoffa, la ammiro come forse non ho mai fatto, il suo corpo è
splendido, più tonico di quanto non lo ricordassi, il ventre piatto e i fianchi
cambiati con il parto le donano una maturità bellissima. Distratto dalla mia
contemplezione, nemmeno mi rendo conto di lei che mi fa sdraiare e mi ricambia
il favore, liberandomi da tutti i vestiti.
Quanto la voglio le è evidente, quando si mette cavalcioni
su di me e si china a baciarmi con passione, come un naufrago con le mani cerco
il suo corpo per non annegare solo, in quel mare di piacere.
Intreccia le sue mani con le mie mentre facciamo l’amore, l’unico
rumore sono i nostri ansiti, i nostri nomi soffocati da baci appassionati sono
gridati quando raggiungiamo l’apice del piacere.
Si appoggia sul mio petto, attenta a non toccare la
cicatrice e senza farmi uscire dal suo corpo, le accarezzo i capelli mentre le dico,
ancora una volta, quanto sono innamorato di lei.
- E’ vero allora. – mi dice posando una mano sul mio petto,
dove batte il cuore.
- Pensavi che fosse un sogno? Diciamo che so amare meglio di
così, dovresti ricordarlo, ma per tua sfortuna sono vecchio e ti desideravo
troppo. – mi scuso giustificando la mia breve performance.
- Sono più che soddisfatta, e mai, nemmeno nei miei sogni
più spinti, è stato così bello. – mi dice mentre viene a riprendersi le mie
labbra.
- E’ passata la paura? – le chiedo posandole un bacio sul
naso.
- Sta passando, - mi dice cominciando a baciarmi il collo –
molto lentamente, ho bisogno del tuo aiuto. – aggiunge al mio orecchio, prima
di cominciare a farmi perdere la ragione.
Inutile dire che in quella giornata non abbiamo fatto
l’amore una sola volta, ci siamo addormentati in tarda notte, entrambi vestiti,
nel suo letto; Virginia mi ha detto che quando Simone dorme fuori, ha
l’abitudine di passarla a trovare in camera quando torna. Abbiamo deciso di non
negare quello che è successo tra di noi, ma semplicemente di farci trovare in
una maniera più consona.
[Simone]
In questo periodo ho avuto modo di conoscere mio padre
sempre di più, molto grazie anche a Daniele, credo di aver capito qualcosa in
più di lui. È un uomo onesto e leale, molto appassionato del suo lavoro, e
ancor di più della verità, conosce molto bene le persone, o meglio ha un
intuito particolare che gli permette di capirle molto bene.
Abbiamo parlato molto quando lo andavo a trovare in ospedale
e ancora di più da quando è venuto a stare da noi. Ed ho potuto notare lo
strano comportamento tra lui e la mamma.
Ho fatto l’unica cosa sensata, parlarne con Daniele che mi
sembra abbia più chiara la situazione, soprattutto c’era quindici anni fa;
vabbè c’ero pure io, però non mi ricordo.
La sua teoria è affascinante e potenzialmente reale. Se la
stanno facendo sotto dalla paura. Mi ha chiesto se a me dava fastidio una loro
eventuale relazione ed io, senza neanche mentire ho detto di no. Lui mi ha
consigliato di farglielo presente, così giusto per dar loro una spinta.
Ne ho parlato con mio padre perché è più facile. Posso
concepire che mia madre faccia certe cose, non posso certo dirle di farle però.
La risposta di mio padre mi ha fatto morire dalle risate,
sono uscito da casa che ancora ridevo.
Speriamo che sia servito a qualcosa metterlo in imbarazzo in
quel modo, e soprattutto spero che non abbiano esagerato, penso mentre fermo
davanti alla porta, tentenno nell’infilare le chiavi nella toppa.
- O la va o la spacca Simo. – mi dico ad alta voce ed entro
in casa.
Nessun rumore, che potrebbe essere sicuramente una cosa
buona. La casa sembra in ordine, la cucina vagamente incasinata ma non ho
voglia di indagare, quindi mi avvicino timidamente alla stanza da letto di mia
madre, la porta è socchiusa, quindi faccio timidamente capolino.
Eccoli qui, i miei genitori, che dormono abbracciati e
vestiti (grazie Signore per averli dotati di un cervello tale da far sì che si
ricordassero della mia presenza, vederli nudi, mi avrebbe sconvolto), esco
dalla stanza così come sono entrato, ho voglia di fare qualcosa che non ho mai
fatto.
Vado in cucina e preparo la colazione, prendo il vassoio
grande e ci metto caffè, latte, succo d’arancia, e qualsiasi cosa che sembri
commestibile e dolce, più qualche snack salato, esco nel nostro giardino e
colgo una margherita, detesto tagliare i fiori, ma questa è davvero un’occasione
speciale, poi prendo il tutto e mi dirigo verso la stanza, dove i miei ancora
ignari stanno dormendo.
In effetti, con il vassoio che mi occupa le mani, e la mia
frenesia di far colazione con i miei genitori, non avevo valutato il fattore,
‘come diavolo apro la porta?’ e poi ‘come si svegliano i tuoi genitori che
dormono beati (dopo una long session di sesso)?’, scelgo la praticità!
Do un calcio alla porta, non troppo forte, ma nemmeno
delicato, risolvendo così i miei problemi, vedo i miei svegliarsi e la cosa più
bella è che mio padre mi fa un sorriso enorme, posa un bacio sulla fronte della
mamma che ancora non ci capisce niente, e mi fa spazio sul lettone.
Quel giorno, seppur con un ritardo di una dozzina d’anni, ho
realizzato il sogno di fare colazione nel letto con i miei genitori.
Un paio
di anni dopo
[Simone]
Ho deciso, oggi conto di giocarmi le mie ultime carte, dai
non possono continuare a ignorarmi, in fondo sono pur sempre i miei genitori.
- Ciao!! – dico chiudendomi la porta alle spalle.
- Ciao, com’è andata? – mi chiede mio padre che sta seduto
alla sua scrivania.
- Bene, al solito, niente interrogazioni, stiamo ancora
rivedendo il programma. – gli dico mollando lo zaino all’ingresso.
- Ciao tesoro! – mi dice la mamma – Ahftojskmdclri! – mi
dice mio fratello, che la mamma sta portando da papà.
Matteo, mio fratello, è nato otto mesi fa, i miei non hanno
certo perso tempo. Dopo aver saputo della gravidanza, prima di mostrarmi
strafelice per la novità, ho fatto loro un discorso su i metodi contraccettivi
che loro evidentemente ignorano ogni volta (facendo loro variare diverse
sfumature di rosso sul viso), puntando anche sul fatto che non sono più due
ragazzini; dopo averli sufficientemente imbarazzati, mi sono mostrato
entusiasta.
Adoro il mio fratellino, forse perché non sono più solo,
forse perché abbiamo una tale differenza di età che mi ha fatto accettare
completamente la sua presenza, resta che lo adoro, e la cosa sembra reciproca.
Teo è un angelo di bambino, davvero dolcissimo e per niente
molesto, fin da neonato, non ha mai rotto, anzi, spesso e volentieri la notte,
quando non doveva mangiare ma solo essere cambiato, o aveva qualche colica, ci
pensavo io a lui. Teo di contro, ha sempre dimostrato una predilezione
particolare per le mie cure e attenzioni, la prima cosa di senso compiuto da
lui detta è stata ‘Imo’, che sarei io.
- Posso porvi una questione di notevole importanza? – dico
avvicinandomi ai miei e rapendo il mio fratellino, molto felice di venire in
braccio a me.
- Ovviamente. – dice papà, tirando la mamma a sé e facendola
sedere sulle sue ginocchia.
- A parte che siete vecchi per queste smancerie…- dico
storcendo il naso (adoro stuzzicarli) – a breve sarà il mio compleanno, compirò
diciotto anni, è un passo importante e volevo parlare del mio regalo…
- Non avrai una macchina. – dice subito la mamma
interrompendomi, noto la smorfia di papà, che evidentemente una macchina me la
comprerebbe. – Hai lavorato e te la puoi permettere perfettamente. –
Puntualizza lei, chiudendo così il discorso anche con papà.
C’è da dire, che Orlando tende un pochino a viziarmi, sarà
perché non mi ha avuto sotto mano per tanto tempo, ma mi prenderebbe qualsiasi
cosa, ma la mamma tiene a freno questa sua smania, ed io la convoglio in
shopping di giochini e cosini per Teo. Lo shopping neonatale mi entusiasma e
adoro perdermi nei negozi di giocattoli anche se ormai sono ‘vecchio’ per tutto
(altro motivo per cui adoro mio fratello, che mi offre un’ottima scusa per
questa mia passione).
- Non voglio una macchina – puntualizzo io – vorrei che i
miei genitori non vivessero nel peccato, costrigendo noi due povere e innocenti
creature, a essere tacciati per dei bastardi – dico velocemente con tono grave
e serio, ho provato con Daniele questa scena milioni di volte, secondo lui se
non cedono adesso, non cedono più.
- Ti prego Simone! – esclama mia madre alzandosi in piedi,
mentre papà ride come un cretino della mia ‘serissima’ arringa – abbiamo già
affrontato quest’argomento, e noi non vogliamo sposarci, sai come la pensiamo,
e smettila di definirvi ‘bastardi’! Non viviamo certo nel medioevo e nessuno vi
addita in questa maniera.
Io sbuffo in maniera evidente.
[Orlando]
Quest’ultima trovata di Simone è certamente la più
fantasiosa filippica che ci abbia propinato per convincerci a sposarci, è circa
un anno che insiste perché noi due mettiamo la testa a posto e convoliamo a
giuste nozze, etc etc etc.
Amabilmente spallaggiato da Daniele Ghirelli, mio ex
migliore amico da quando ha deciso di spalleggiare mio figlio in questa sua
battaglia personale.
Amo moltissimo Virginia, questo non è mai stato in
discussione, non vogliamo sposarci per scaramanzia, e siamo entrambi
assolutamente d’accordo sul fatto che i miei precedenti con il matrimonio non
siano così brillanti.
- Papà se ti sposi per la terza volta non succederà niente
di male. – sbotta mio figlio notando la mia espressione contrariata.
- Sai come la pensiamo, smettila di insistere. – sbotta
Virginia.
- Guarda che se ti sposi i tuoi capelli non diventeranno
serpenti, non pietrificherai nessuno con lo sguardo, e papà non cercherà di
tagliarti la testa. – continua Simone con la sua filippica, mentre io scoppio a
ridere dopo questa sua ultima affermazione, cosa che fa imbestialire Virginia.
In effetti, Virginia, teme molto che diventando la signora
Serra, tutto quello che siamo possa finire.
- Papà dai… non c’è due senza tre. – insiste Simone, avendo
capito perfettamente che l’anello debole sono io.
- Hai già tentato questa strada Simo. – gli dico sperando di
calmare Virginia, che adesso assomiglia molto a Bellatrix Lestrange (già, adoro
Harry Potter, lo adora mio figlio Simone e lo adorerà il mio piccolo Teo,
perché … perché lo dico io…).
- Mammina calmati su… - tenta Simone agitando la manina di
Teo verso di lei.
Lei scuote la testa, l’ha già perdonato di fatto.
Mi avvicino a lei, abbracciandola stretta, lei si addolcisce
subito e mettendo la testa sulla mia spalla, mi posa un tenero bacio sul collo.
- Tesoro, sai come la pensiamo, perché insistere? – si volta
per guardarmi negli occhi, e poi torna a prestare tutta la sua attenzione a
Simone – ci amiamo, ci vogliamo bene, vogliamo stare insieme, abbiamo due
splendidi figli, cosa credi che ci manchi? – gli chiede lei dolcemente.
- Niente, lo so, è un capriccio, ma per me sarebbe bello
sapervi sposati. – le risponde lui semplicemente.
Trovo a volte la semplicità di Simone, nell’esprimere quello
che vuole, disarmante. Ti sconvolge con l’ovvietà dei suoi sentimenti. Vedo per
la prima volta Virginia tentennare, da quando Simone ci bracca con questa
richiesta.
Si volta per guardarmi negli occhi, cercando in me una
risposta.
Ed io cosa penso?
Penso che la voglio, la voglio accanto a me sempre, sono uno
sciocco all’antica ma saperla mia moglie mi renderebbe felice. Posso essere
stato sfigato con i miei precedenti matrimoni, ma sono certo che questa volta
andrà bene, voglio che vada bene.
Evidentemente vede qualcosa che le piace parecchio perché,
voltandosi verso i nostri figli dice solo.
– E sia, ci sposiamo!