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Autore: youaremydream    25/11/2012    2 recensioni
Trascorrere le vacanze natalizie a Torino per Serena è già una grande vittoria, ma realizzare un sogno nel cassetto la manda completamente in estasi. Peccato che dovrà sopportare un eccentrico "nonnetto" che le renderà la vita un vero e proprio inferno, seguendola anche dall'altra parte dello stretto. Ma sarà davvero così?
Dal primo capitolo:
Mi allontano in fretta, ma senza farlo sembrare una fuga, come se avessi paura della sua reazione, mormorando qualche scusa.
-Ehi ragazzina, non credevo che i nonnetti avessero un tal effetto su di te!
Ed ecco che ricompare quel suo odioso sorrisetto. Che rabbia!
-Non farti strane idee, ero solo felice per la notizia...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Non posso credere di aver convinto i miei. E pensare che ho diciassette anni e ancora non mi permettono di viaggiare da sola. Se ripenso alle sceneggiate che ho messo su per farmi arrivare qua! Ma adesso, nulla ha più importanza: finalmente sono a Torino.

E’ da più di mezz’ora che sono a Piazza Castello, il cuore della città, a osservare il Presepe: sagome di legno dai colori più vivaci che raffigurano in pieno la nascita di Gesù. Certo, quegli alberi in fiore stonano un po’ con l’atmosfera natalizia, ma ognuno ha il suo modo di esprimersi. Ma non solo questo, tutta Torino, durante il periodo natalizio, è davvero magica: le luci che ti sovrastano mentre cammini per le vie principali, i negozi decorati a festa dalla quale escono le tipiche canzoni natalizie e l’invitante odore di panettoni vicino alle panetterie. Ma cosa più importante, la neve. L’unico elemento che rende Natale... davvero Natale. L’unica cosa che non ti stancherai mai di guardare, mentre scende dolcemente dal cielo e ti ricorda che oggi è un giorno di festa. L’unica cosa che rende questo Natale davvero unico.

-Ehi Serena muoviti! E’ la quarta volta che ti fermi a osservare quel presepe! A casa ne abbiamo uno uguale, perché non guardi quello?

-Non dire stupidaggini Candida! Vuoi paragonare il tuo presepe di plastica a questo capolavoro? Ma, come sempre, hai ragione: devo ancora comprare un
sacco di cose e domani è la vigilia.

Mia cugina Candida: l’unica persona sana di mente che accetta di fare shopping con me. Nonostante io la superi in altezza di circa dieci centimetri, lei è più grande di me di ben quattro anni. Per il resto, siamo molto simili: stessi capelli ricci ribelli, stesse forme scarse (forse lei ha una taglia in più di reggiseno), e stessa mania per lo shopping.

Beh, forse una cosa diversa c’è. Lei è una di quelle persone tutte serie e perfettine, che prima di fare o dire qualcosa ci devono riflettere come minimo trenta volte, e per dare confidenza a qualcuno deve conoscere per intero il suo albero genealogico. Io, al contrario, sono... beh, pazza: prendo decisione affrettate, raramente ragiono su ciò che faccio e sarei capace di stringere involontariamente amicizia con uno spacciatore. Questa forse non è una cosa proprio positiva...

-Allora, hai deciso cosa comprare a tuo fratello Ser?

-Mmmm, fammi pensare... C’è una Chicco nei paraggi?

-Una Chicco? Per quale motivo vuoi sapere se...

-Voglio comprare a Francesco un bellissimo ciuccio, con il quale farà dei bellissimi sogni in un mondo di caramelle e zucchero filato.

-Ser, Francesco ha trent’anni, è un avvocato e sta anche per sposarsi...

-Non si è mai troppo cresciuti per abbandonare il ciuccio...

Ci guardiamo entrambe negli occhi e poi scoppiammo a ridere come delle forsennate. E’ bello avere affinità con la propria cugina perché, anche se ci allontanano quattro anni e le nostre menti viaggiano su binari completamente diversi, quando si tratta di prendere in giro mio fratello non c’è età che tenga.
Non che Francesco sia antipatico, anzi! Il problema è che è l’unico maschio in una famiglia di dodici donne, tra madri e cugine, lasciando stare gli altri quattro poveri disgraziati che possiedono più cromosoma x di quanto fanno credere. Insomma, è un gallo in mezzo alle galline, è ovvio che sia più “apprezzato” del solito.

Mentre pensavamo ancora a un uomo di trent’anni in giacca, cravatta e ciuccio, un’insegna colorata attira la mia attenzione. E’ arancione fluo, come il giubbotto catarifrangente delle auto. Come attirare i clienti: lo stai facendo nel modo giusto. Il nome, tuttavia, non mi dice nulla: che tipo di negozio può chiamarsi Motyl?

Mi avvicino incuriosita, sempre con lo sguardo fisso sull’insegna e per poco non mi accorgo di andare a finire contro la vetrina, se si può chiamare ancora così: sembra invece la parete della mia camera, quella ricoperta dai poster dei miei cantanti e artisti preferiti, e anche da qualche mio disegno.
Anche qui ci sono migliaia di foto e disegni di ragazzi con dei tatuaggi... Ovvio, è un tattoo store!

Devo dire che sonodavvero belli. Certo, se sorvoliamo sul fatto che un tizio si è fatto tatuare una caffettiera su un fianco e un altro la bottiglia dell’acqua Lete sul ventre, sono tutti dei capolavori.

Sono lì ferma a osservare quelle foto, quando una mano si posa sulla mia spalla, facendomi sobbalzare.

-Sai che i tuoi non ti farebbero neanche entrare in casa...

-Tranquilla, non ho intenzione di farmene uno. Sono stata attratta dall’insegna. Devi ammettere però che sono davvero belli...

-Ah sì, hai ragione. Ehi, guarda questo...

Un foglio giallo fluo (ma esiste un colore normale in questo negozio?) con caratteri cubitali neri, copre gran parte il vetro della porta, rimasto incolume da quel bombardamento di fotografie. Tra tanti annunci e informazioni, leggo anche questo:

“QUI, IL MIGLIOR DREAD MAKER DELLA CITTA’! AFFIDA I TUOI CAPELLI A MANI ESPERTE!”

No, non posso crederci. Qualcuno lassù mi ama più del dovuto! Finalmente ne ho trovato uno.

-Guarda Candida, ho trovato un dread maker! Potrò coronare il mio sogno!

Quasi urlo per l’eccitazione.

-Vieni, entriamo. Su, sbrigati!

-Ma Ser, non abbiamo tempo, noi...

Non le do neanche il tempo di parlare, poverina! Questi sono i rischi che si corre quando si va a fare shopping con me.

-Salve, avete un appuntamento?

Una bambolina di porcellana, con lunghi capelli biondi, enormi occhi azzurri circondati da folte ciglia nerissime, è seduta dietro un enorme scrivania in legno
scuro, coperta di cartacce, penne e.. quello non è un panino mezzo mangiucchiato?

-No, in realtà no. Volevo sapere se è possibile fare dei dread... - Chiesi, quasi titubante. Un appuntamento? Ci vuole un appuntamento?

-Mi dispiace, ma bisogno prenotare.

Oh no, oh no no no! Non può farmi questo! Non ho altre possibilità! Per Natale e Santo Stefano saranno di sicuro chiusi, ed io partirò subito dopo per passare il Capodanno con i miei. No, non può farmi assolutamente questo. Non sotto Natale.

-La prego! Non devo farmi tutti i capelli, ma solo un paio di ciocche! Ci vorrà come minimo dieci minuti. Per favore!
Chiedo, quasi supplicando. In realtà, lo sto proprio facendo: mani congiunte, ginocchia semi-flesse e sguardo da cagnolino bastonato. Ci mancano solo le fusa e siamo a posto.

Da quando ho visto quell’insegna pubblicitaria ad Agrigento, la mia città, non desidero altro che farmi un dread: l’ho detto che sono pazza, no? A causa di vari impegni, non sono riuscita a trovare un dread maker e, adesso, non mi lascio di certo scappare quest’occasione!

Con la coda dell’occhio vedo mia cugina mettersi una mano davanti agli occhi e scuotere la testa, imbarazzata: mi odia quando mi comporto così! Dice che le ricordo il suo gatto quando vuole altro cibo. Se devo dirla tutta, è proprio a lui che mi sono ispirata.
La segretaria guarda con aria divertita la scena: si sofferma su di me, scrutandomi dalla testa ai piedi, e poi su mia cugina, lanciandole uno sguardo si compassione.

-Vedo che ci tieni davvero, eh? Poiché siamo nel periodo natalizio, chiederò al dread maker se può inserirti negli appuntamenti di oggi. Lo faccio solo per questo. E anche per evitare alla tua amica un’altra situazione come questa... - esclama divertita, facendo un cenno verso mia cugina che solo adesso sembra essersi ripresa.

La ragazza scompare dietro una tenda rossa, ed io Candida ci sediamo, in attesa.

-Sai che ti odio, Ser? Come hai potuto coinvolgermi in una situazione del genere? Giuro che non uscirò più con te.

-Oh andiamo Candida, stai tranquilla! E poi, siamo sotto Natale, sii buona... Sai quanto ci tengo: non me ne sarei andata neanche se fosse venuto l’esercito!

-Ah, di questo non ho alcun dubbio...

Restiamo in silenzio e mi perdo a osservare quella sorta di reception: a differenza di fuori, che è tutto fluorescente, i muri sono di un tenue azzurro, in netto contrasto con le sedie e la scrivania che, appunto, sono di legno scuro. Sulle pareti sono appesi qualche quadro espressionista, varie foto e gli attestati che indicano la validità del negozio. Una piccola felce sta accanto all’ingresso, ma credo che stia tirando la cuoia da un momento all’altro: la maggior parte delle foglie sono gialle e così piegate da raggiungere quasi terra.

Mi guardo ancora intorno, annoiata e impaziente, soffermandomi su una piccola crepa del pavimento che è impossibile da notare senza l’aiuto di una lente d’ingrandimento.

-Eccoci. Sembra che oggi sia la tua giornata fortunata...

La ragazza ricompare all’improvviso, come teletrasportata, facendomi sobbalzare sulla sedia. La segue un ragazzo di circa ventiquattro anni, alto il doppio di lei (in realtà non è che ci voglia molto ad essere più alto di 1,45 cm), con le spalle larghe e un corpo che deve essere stato sottoposto a ore e ore di palestra.
Dopo essermi prolungata a lungo sul quel corpo che farebbe invidia al David di Michelangelo, mi decido ad alzare lo sguardo: dei magnifici dread sono raccolti in uno chignon al centro della testa da un enorme elastico fucsia fluo (poteva essere altrimenti?). Alcuni ribelli, però, scappano via da quella prigione e ricadono liberi su due occhi comuni castani, resi speciali da delle folte ciglia, che predominano al centro di un viso dalla carnagione olivastra e dai lineamenti tipicamente mediterranei. Ad accompagnarli, due labbra carnose rese troppo rosse dal caldo e un labret nero.

-Mirko! Oh mio Dio, da quanto tempo che non ci vediamo, come stai?

Esclama all’improvviso mia cugina. Quei due si conoscono? Oh no, non prevedo nulla di buono...

-Candida! Wow, ti trovo in gran forma! Certo, sei sempre rimasta una gnoma, ma ti trovo davvero cambiata, lo sai?

-Tu invece, sei rimasto il vecchio cafone di un tempo. Vedo che finalmente sei riuscito a farti il labret: come l’ha presa tuo padre? Ti da davvero mandato da tuo zio in Ghana?

-No, fortunatamente ha capito che non poteva fare niente contro questo grand’uomo di 1,80 m! Ma dai, fatti abbracciare! E’ dal mio diploma che non ci vediamo. Stai tranquilla, cercherò di non soffocarti.

Candida, per tutta risposta, gli da un pugno sul petto che, neanche se avesse utilizzato tutta la sua forza, avrebbe fatto effetto.

Un momento: se quei due si conoscono, vuol dire che... i miei dread sono assicurati! Iuppi! Ok Serena, calma, non metterti a fare il ballo della vittoria. Sei sempre in un luogo pubblico e hai già dato abbastanza con la figuraccia di poco prima. Che fortuna però che la mia adorata cuginetta conosca un tipo del genere!

-Allora Candida, sei venuta a fare un tatuaggio? Ma non eri tu quella che era contro queste cose?

-E lo sono tuttora! Sono venuta tutt’oratutt’oraSono insieme a mia cugina, Serena... E neanche lei vuole farsi un tatuaggio! Vuole solo farsi dei driad, drad o come si chiamano...

Mirko rivolge lo sguardo verso di me, mi osserva per un po’ e poi esclama:

-Serena? Quella Serena che a dieci anni è caduta di faccia a Parco Colletta perché inseguita da quel chihuaua che voleva rubargli il pranzo? E’ proprio lei?

Un momento. Fermi tutti. Come fa a sapere di questa cosa che anche il mio subconscio ha cercato in tutti i modi di estirpare dalla mia mente? E come fa a ricordarsi anche di che razza era il cane se neanche io riesco a farlo?

-Candida!- sbotto- Vai a raccontare le mie cose a degli sconosciuti? Come hai potuto? Quella è stata una giornata terribile: non solo quel demonio si è preso il mio adorato fagottino al salame, ma ho rovinato anche quel bellissimo cappotto di pelle blu. E per essere sinceri- quasi urlai, rivolta a Mirko- quel cane era terribile! Aveva dei canini appuntiti e correva più veloce di un leopardo!

-Oh sì, immagino! Aveva anche una lingua biforcuta e lanciava fiamme dagli occhi, non è vero?-Ridacchia il ragazzo. Si stava proprio divertendo il carino. Oh, ma questo Candida l’avrebbe pagata cara e amara!

Così, infuriata e rossa fino alle punte dei capelli, incrocio le braccia e faccio finta di prestare attenzione a un quadro appeso al muro. Sono troppo arrabbiata e in imbarazzo per contenermi, e comincio a sbattere il piede nervosamente. Poi all’improvviso sbotto:

-Hai ragione Candida, è proprio un cafone. E credo che tu lo sia più di lui!

Mia cugina rimane a bocca aperta, sorpresa dalle parole che le ho appena rivolto. Lo stesso non vale per Mirko, che ha accentuato quel suo sorrisino furbo e mi guarda sempre più divertito. All’improvviso, mi prende una mano e, con una galanteria mai vista prima, me la bacia:

-Mi dispiace molto Serena, per essere stato così cafone. Potrai mai perdonarmi per un così grande errore, mon amour?

Lo guardo allibita, sbattendo ripetutamente gli occhi, mentre mia cugina inizia a ridere a crepapelle. Vuoi giocare mio caro Mirko? Beh, sono capace anch’io.
Ritiro con grazia la mano e la strofino sul cappotto, disgustata, sotto lo sguardo divertito del dread maker, e rispondo con grande enfasi:

-Oh, mio caro Mirko. Mi dispiace, ma non sono sicura se posso essere in grado di perdonarla.

-Ehi Serena, puoi darmi del tu...

-Oh, ma certo che no! Mi hanno insegnato che alle persone più grandi bisogna sempre dare del lei, soprattutto se iniziano ad avere i capelli bianchi. Come questi: guardi, ne ha uno proprio qui, e qui, e qui...

A quelle parole, Candida comincia a ridere più forte, piegandosi quasi in due, seguito dalla bambolina che fino a quel momento era stata in disparte a osservare quel fantomatico teatrino.

C’è l’ho fatta: questa volta ho fatto sparire il sorriso da quello stupido viso!

-Oh Mirko, la ragazzina ti ha messo a tacere, eh? Effettivamente, qualche capello bianco qua e là inizia a spuntare...

-Smettila Erika!- dice Mirko rivolto alla ragazza- se continui te la farò pagare! E va bene Serena, per questa volta hai vinto tu, ma stai tranquilla che la prossima volta sarò io ad avere l’ultima parola...

-Ne dubito... nonnetto.

A quell’ultima scoccata, scoppiamo tutte e tre a ridere fino alle lacrime, lasciando il povero Mirko a borbottare tra sé qualcosa di incomprensibile. Di sicuro qualche malocchio nei miei confronti.

-Bene ragazzina, hai finito? Sai, ora che ci penso non dovresti comportarti così: ti ricordo che sono io che dovrò sistemarti i capelli...

-Davvero? Puoi farlo? Oh, grazie tante Mirko, non sai come te ne sono grata!

All’improvviso, il risentimento e l’imbarazzo scompaiono, lasciando posto alla felicità. Mi getto tra le sue braccia e lo stringo il più forte possibile. Il suo petto è caldo e m’imbambolo ad ascoltare il ritmo del suo respiro. E il suo profumo poi... non so bene come definirlo. Non è un profumo dolce, e neanche troppo forte: è semplicemente Mirko.

Come mi piacerebbe... restare tra le sue braccia? Oh mio Dio, non l’ho pensato davvero!

Mi allontano in fretta, ma senza farlo sembrare una fuga, come se avessi paura della sua reazione, mormorando qualche scusa.

-Ehi ragazzina, non credevo che i nonnetti avessero un tal effetto su di te!
Ed ecco che ricompare quel suo odioso sorrisetto. Che rabbia!

-Non farti strane idee, ero solo felice per la notizia...

-D’accordo come vuoi. - risponde serafico- Andiamo di là o vuoi che ti porti in braccio? Ma dubito di poter sollevare un così gran peso. - Un momento, mi ha dato della cicciona? - Inoltre, non ho tempo da perdere e, se devo dirla tutta, lo sto facendo perché sei la cugina della gnoma, altrimenti ti avrei buttato fuori, soprattutto dopo il “nonnetto”!

Lo guardo un po’ imbarazzata: forse ho davvero esagerato questa volta. Dopotutto, non è neanche un mio amico ed è sempre una persona più grande di me. Sto per porgergli le mie sentite scuse, quando mi afferra il polso e mi trascina oltre la tenda rossa.

-Stai tranquilla ragazzina, non me la sono affatto presa,- sussurra, vedendo che tengo gli occhi bassi e non ho il coraggio di posarli su di lui- era solo per giocare un po’ con te...-

Rimango sbigottita, senza parole.
Non riesco a elaborare nessuna risposta adeguata, mentre lui mi fa accomodare ed io compio tutto in automatico, come un robot.
Giocare? Quindi è questo che ha fatto con me per tutto il tempo? Ed io che mi sono sentita in colpa per essere stata ineducata! Brutto... brutto sbruffone che non sei altro!

-Ehi, il gatto ti ha mangiato la lingua, ragazzina? E’ da più di dieci secondi che non parli- esclama Mirko interrompendo i miei pensieri.

Devo sotterrare l’ascia di guerra, altrimenti non andremo avanti di un passo e uscirò da questo maledetto negozio dopo Natale.

-No, tranquillo – sorrisi - e solo che stavo pensando dove potermi fare i dread. Ecco, ci sono: uno qui, sulla nuca, e un altro qui, al centro della testa che ricade sul lato destro. Che ne dici, dread maker?

Guardo il suo riflesso nello specchio di fronte e attendo, impaziente, una sua risposta. Lui, dopo pochi secondi (di certo si aspettava qualche altra frecciatina), sorride: -Ehi, sei tu la cliente, giusto? Aspettami qui, prendo l’uncinetto e arrivo.

E scompare dietro una porta di legno. Sospiro, come liberata da un peso che mi opprimeva il torace. Che diavolo ha quel ragazzo per farmi sentire così... bipolare?

-Ehi Ser, dov’è Mirko?- Candida compare da dietro la tenda, con ancora quel sorriso divertito stampato in faccia e qualche spasmo che si ha quando si ride troppo. La guardo truce e sbotto:

-E’ andato di là a prendere l’uncinetto. E finiscila di ridere!
A quella mia nuova sfuriata, Candida riprende ancora più forte. Sono davvero sul punto di mollarle un pugno, ma viene salvata dal cellulare. Ha avuto fortuna, solo quello.
Da come sorride al display c’è solo una spiegazione: è Riccardo, il suo ragazzo. Mi fa un cenno di scuse ed esce velocemente: ah, l’amore!
Così, rimango lì, su quella sedia di plastica nera, picchiettando ansiosa il dito sul bracciolo al ritmo di “ We are never ever getting back together” di Taylor Swift.

Devo ammettere che anche il negozio vero e proprio è molto carino: nulla di particolare, s’intende, ma sa metterti a tuo agio, soprattutto se hai la consapevolezza che un ago ti perforerà la carne.

La stanza è molto grande, di forma rettangolare, divisa quasi a metà da una vetrata: da un lato c’è appunto una sorta di parrucchieria per fare i dread, mentre dall’altro lato un lettino e i vari strumenti per fare i tatuaggi. Le pareti sono di un giallo pallido molto rilassante, interrotto qua e la da qualche foto e disegno, ad eccezione della parete più lunga di fronte a me. Un enorme murales la ricopre totalmente,eliminando quel senso di tranquillità che si ha osservando le altre pareti. Non si capisce bene cosa rappresenti in realtà, o almeno, io non ci riesco: e dire che in arte sono abbastanza brava.
Rimango però colpita da una riproduzione della Gioconda, in abiti piuttosto succinti che cerca di sedurre un fantomatico Leonardo con un cappello di baseball e i dread nella barba, con accanto ad un pinguino che prendo il sole sotto una palma. Ma non sente caldo quel povero animaletto?
Adesso che ci penso, sono io quella che si sta letteralmente squagliando: ho ancora indosso il cappello di lana, la sciarpa e il cappotto, e dentro il negozio ci sono come minimo trenta gradi.

Rassegnata ad alzarmi, inizio a svestirmi, rimanendo con una semplice maglietta di cotone viola a maniche lunghe e la scollatura a barca. Ma quando diavolo ci sta Mirko a trovare un semplice uncinetto?

Come si dice, parli del diavolo...

-Ecco, l’ho trovato! Scusa per l’attesa...

-Ma non dovresti avere tutto a portata di mano? Non è carino fare aspettare così i clienti... - rispondo con aria da so-tutto-io.

Lui mi guarda, corrucciato:- In teoria, oggi non avevo nessuna prenotazione di questo genere, perciò l’ho conservato per evitare che si perdesse o altro...

Oh cavolo! Quante figura di merda ho fatto nel giro di dieci minuti? Possibile che il mio DNA abbia ereditato anche una cosa del genere? Non mi da neanche il tempo di controbattere che si mette subito ad armeggiare con i miei capelli. Credo di avergli fatto perdere troppo tempo.

Imbarazzata, e con i sensi di colpa che inizio ad affiorare copiosi, mi concentro nuovamente sul murales che ho di fronte, soffermandomi sui particolari. Oh guarda, non solo ha i dread nella barba, ma Leonardo ha anche una consolle da dj. Scommetto che se fosse ancora vivo, sarebbe oltraggiato nel vedere ciò e andrebbe su tutte le furie: dopo tutto, rimane un grande artista. Inavvertitamente, mi scappa un sorriso. Insomma, non avrei mai immaginato un uomo di grande talento nelle spoglie di un semplice dj.

-Che c’è di così divertente? – Esclama improvvisamente Mirko, cogliendomi alla sprovvista.

-Oh, nulla... Stavo solo osservando la Gioconda che cerca di abbordare Leonardo: non è di certo una cosa che si vede tutti i giorni, non ti pare?

- Capisco... Beh, effettivamente non riesco proprio a capire come mi sia venuta un’idea del genere. Tra tante cose che potevo disegnare...

-L’hai fatto tu? Tutto il murales? Oh... beh, complimenti davvero, sei molto bravo. Non credevo che ne fossi capace.

-Ehi, lavoro in un tattoo store, è ovvio che sappia disegnare almeno un po’, non credi? – risponde Mirko seccato. In realtà, credo che stia andando un po’ su di giri per il complimento che gli ho fatto: ah i maschi, tutti uguali.

-Hai ragione. Quindi sei un dread maker, un tatuatore e un muralista: c’è qualcosa che non sai fare?

-Fammi pensare... non saper creare una bomba atomica da una patata vale?

Ridacchio per la risposta piuttosto “matura”. –Beh, credo di sì...

-Allora questo. Mi dispiace, se dovessi dichiarare guerra a qualcuno non chiamarmi. Se invece dovessi fare qualche atto di vandalismo, sono sempre
disponibile...

-Anche se abito a migliaia di chilometri di distanza?- chiedo divertita.

-Anche se abiti a migliaia di chilometri di distanza... Dopo tutto, ho sempre voluto visitare la Sicilia...

-Un momento, come fai a sapere che... Ah, lascia perdere. E’ stata Candida vero? Non posso dirle niente che quella spiffera tutto al primo che capita. Ti ha
anche detto per caso a che età ho tolto il pannolino?- sbotto.

-Beh, adesso che mi ci fai pensare... - ci sta davvero riflettendo?- no, questo non lo so, ma sono davvero curioso di saperlo, adesso che abbiamo accennato all’argomento...

Sorride. Si sta davvero divertendo il ragazzo, eh? Gli mollo uno scappellotto sul braccio, con l’intenzione di fargli male, ma lui intercetta il mio gesto e lo sposta velocemente, e mi colpisco la spalla.

-Ahia! Sei un idiota Mirko!

-Ahah! Ehi, ragazzina, se sei troppo lenta non è affar mio...

-Smettila di chiamarmi così! Ho un nome sai, ed è anche molto bello...

-Oh certo, un nome e una garanzia...

Beh, effettivamente, non sono proprio sempre così... serena.

Durante la nostra tranquilla conversazione, Mirko ha uncinettato così velocemente che ha subito finito. Se devo dirla tutta, mi ricordava parecchio mia nonna: sta sempre lì, su quel maledettissimo divano floreale, a creare stupende sciarpe e maglioni per le sue amabili nipotine. E anche per Francesco, ovvio. 
Mi avvicino allo specchio e li guardo attentamente, come se fossero un tesoro importantissimo da custodire. Un sorriso ebete mi si stampa in faccia: finalmente li ho fatti! Adesso potrò morire tranquilla.

Con la coda dell’occhio vedo Mirko un po’ troppo concentrato a osservare un punto di fronte a lui. Guardo anch’io, ma non c’è niente di particolare e sono sicura di non essermi macchiata la maglia... un momento!

-Mirko, sei davvero un cafone! – sbotto isterica, voltandomi di scatto e osservandolo con uno sguardo da assassina negli occhi.

-E adesso che ho combinato? Non ti piacciono forse i dread?

-No, non è questo. Hai approfittato di un mio momento di distrazione per guardarmi il sedere! Sei un maniaco lo sai?! E non dire che non è vero perché ti ho
colto in fragrante!

Mirko alza le mani, come per difendersi: -Non è colpa mia! Sono pur sempre un uomo ed è ovvio che l’occhio mi cada qua e là... E poi se una persona non si mettesse in posizioni così fraintendibili...

-Fraintendibili? Mi sono solo avvicinata di più allo specchio per osservarmi meglio i capelli!

-Dai su, non farne un dramma. Anzi, dovresti esserne lusingata: se ti guardo il fondoschiena vuol dire che è davvero bello. Inoltre, quelle fossette di Venere ti si addicono, lo sia? – e indica la mia maglia leggermente alzata.

Subito la tiro giù, rischiando di farla arrivare quasi alle ginocchia. Possibile che sia così, così... cafone? Mi passo una mano tra i capelli per cercare di ritrovare quella serenità che sembra avermi abbandonata nel momento in cui ho messo piede in questo negozio. Se sapevo che farsi fare i dread era così complicato, avrei rinunciato fin dall’inizio.

-D’accordo, sorvoliamo su quanto è accaduto... Allora, quanto ti devo così me ne vado per sempre?- dico, quasi tremando per il nervosismo.

-Ehi, mi dispiace, non credevo che te la prendessi così tanto. Sono davvero così insopportabile?- risponde Mirko. Sembra davvero dispiaciuto: non osa guardami e si gratta la testa, imbarazzato. Oh, com’è dolce!
Sbuffo.

-Stai tranquillo Mirko, non sono poi così arrabbiata. Certo, se evitassi di guardare il sedere altrui, saresti più simpatico. Ma... ehi, nessuno è perfetto!- e inavvertitamente mi avvicino, posandogli una mano sul braccio e rivolgendogli uno dei migliori sorrisi che sono capace di fare.
Lui finalmente mi guarda, e sorride titubante. In quel momento, mi accorgo di come mi sia mancato non avere il suo sguardo su di me: brutto segno Serena, brutto segno davvero. E rimaniamo così, a scrutarci e a capire l’uno i pensieri dell’altro per un po’ di tempo. Poi, accortami di quello che stavo succedendo, faccio scivolare la mano sul suo braccio e mi allontano lentamente: quel leggero contatto e quello scambio di sguardi mi ha scombussolato totalmente.

-Quindi. – mormoro – quanto ti devo? Sai, ho un po’ di fretta e devo andare via...

-Oh certo... - risponde Mirko, come se si fosse appena ripreso da un sogno – Facciamo che te li regalo, ok? Dopo tutto, sono solo un paio di ciocche e non ho perso neanche molto tempo. E poi, sei la cuginetta della gnoma: diciamo che glielo devo.

-Sei sicuro? Insomma, hai scombussolato le prenotazioni per me...

-Sicurissimo ragazzina, stai tranquilla. Tra qualche settimana dovresti farti riprendere i dread, perché tenderanno a sfilacciarsi... Magari, vai da qualche dread maker della tua città...

-Oh no, sei tu il mio dread maker/tatutore/muralista/tizio-per-fare-vandalismi-notturni personale. Al massimo t’invito a scendere da me e me li riprendi tu. Così, avrai anche l’occasione di visitare la Sicilia, no?- dico, più onesta che divertita.

-Ti prendo in parola, ragazzina.- Sorride Mirko, scompigliandomi i capelli. Oh no, non l’ha fatto davvero!
Sto per controbattere (ho anche il dito puntato contro il suo petto), quando spunta improvvisamente Candida.

-Ehi Ser, hai finito? Sbrigati, dobbiamo andare. Ha chiamato mio padre e dobbiamo tornare subito a casa.

-Ah... sì. Scusa Candida, sto arrivando...
Mia cugina ci guarda attentamente, come se stesse analizzando qualcosa mai visto prima, e scompare così com’è apparsa.

Raccatto le mie cose e mi rivesto, sollevata per uscire finalmente da quel negozio degli orrori, ma anche un po’ dispiaciuta perché mi rendo conto che non vedrò più Mirko. E dire che, in fondo, ma molto in fondo, il ragazzo mi sta simpatico. Mi sarebbe piaciuto avere altri battibecchi con lui.

-Beh, allora grazie Mirko... - esclamo timidamente.

-Figurati ragazzina.- risponde lui. Apre la bocca per aggiungere qualcosa, ma viene interrotto dalle urla di Candida dall’altro lato della tenda, che mi incitano a uscire immediatamente.

-Devo andare... Beh, ci si vede..- Saluto con la mano ed esco velocemente, rivolgendo un “arrivederci” piuttosto titubante ad Erika, che è ritornata al suo
posto dietro la scrivania. Sono così distratta che quasi non mi accorgo di urtare una ragazza che sta entrando proprio in quel momento. Non le chiedo neanche scusa, da quanto sono scossa.
Ma poi, per quale motivo dovrei esserlo? Al contrario, non dovrei essere felice? Mi incammino spedita verso non so dove e vengo subito raggiunta da
Candida.

-Ehi Ser, tutto bene? Non ti piacciono i dread?- mi chiede incuriosita e ansiosa.

Alzo lo sguardo che fino a quel momento avevo tenuto basso e sorrido tristemente:

-No, è tutto ok. E’ davvero tutto ok.


NOTA: Eccomi qui, dopo mesi di incertezze finalmente ho pubblicato. Siate clementi, questa è la mia prima vera storia e ho dovuto sudare parecchio per renderla leggibile. Rigrazio la mia beta Breathe_Me che ha corretto i miei obbrobri e con le sue minaccie di morte mi ha convinto a pubblicare. Cercherò di aggiornare ogni quindici giorni, salvo impedimenti e complicazioni. Spero che leggendola, riusciate a divertirvi e a emozionarvi almeno un po'. A presto! =)
  
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