La fortuna mi sfugge sempre dalle mani …
Sembrava una giornata normale nell’ aeroporto di Fiumicino. La gente correva con i loro trolley  rumorosi  su quei pavimenti puliti come se fossero specchi.
Io ero ancora assonnata anche se erano le nove meno un quarto,  il mio cervello non aveva la minima voglia di cercare di carburare , neppure davanti ad un cornetto con la nutella. Ero seduta  in una striminzita sedia di metallo e per di più anche stranamente rovente.
- Dario mangia qualcosa ,che poi ti viene fame in aereo- si lagnava mia madre davanti ai capricci di mio fratello.
- Sandra smettila di asfissiarlo , se non ha fame non lo  costringere- commentava mio padre dietro un  antico e noioso libro di filosofia.
Guardavo annoiata i miei famigliari , come ero arrivata a dover prendere un aereo per Londra?!
Mi ricordo ancora il giorno in cui mia madre e mio padre mi hanno messo al corrente di questa lieta notizia o almeno era quello che pensavano loro.
- ti farai nuovi amici vedrai e poi così saprai l’inglese alla perfezione!- esultava lei
- Ovvio e poi avremo una bella casetta vicino alla stazione … sai quella dove è ambientato il  libro che ti piace tanto, Harry Potter -  cercava di sdrammatizzare lui con un sorriso, ma non servì a nulla.
Io ero tra l’incredulo e l’isterico.
L’unica cosa che riuscì a dire in quel momento tanto sconvolgente era un rantolo senza senso.
Potete immaginare la faccia dei miei appena hanno sentito quel suono .
Ed ora eccomi qui a fare i conti con una realtà a me sconosciuta , io che vado a Londra …
Sconvolgente , soprattutto per una capra come me nelle lingue . . . Un vero e proprio suicidio ,ma andarlo a spiegare ai miei sarebbe stato un caso senza speranza.
Una voce metallica mi fece tornare alla realtà.
Cercai di concertarmi sul mio cornetto e di assaporare tutto ciò che lasciavo della mia cara e vecchia Italia , ed ero sicura che quello che mi sarebbe mancato molto sarebbe stato il cibo.
Tutto passò molto velocemente , il check in ,il metal detector e poi il gave.
Non era la prima volta che prendevo l’aereo , il tutto mi era maledettamente famigliare.
 
Mi sedetti sulla poltroncina vicino al finestrino e guardai fuori con un groppo allo stomaco .Come i bambini delle elementari, iniziai a fare ciao ,ciao dal finestrino e poi mi addormentai.