"...Era il mostro di origine divina,
lïon la testa, il petto capra, e drago
la coda; e dalla bocca orrende vampe
vomitava di foco: e nondimeno,
col favor degli Dei, l'eroe la spense..."
Omero.
Iliade, VI, 222-226, (trad. V. Monti)
Un tempo, la grande casa in stile vittoriano era stata il simbolo di
tutta una cittadina. Simbolo dell’agiatezza di una famiglia babbana, esempio di
classe e sogno irrealizzabile di una strega di sanguepuro...che aveva visto in
quella villa tanto irraggiungibile un’isola d’amore felice, raggiunto però coi
mezzi sbagliati.
A caro prezzo, in seguito, quel suo errore sarebbe stato
pagato. E da ben più di un suo discendente.
Erano passati anni dalla morte di
Merope Gaunt, eppure, su quella casa, ancora gravava un sogno incatenato a tutto
ciò che Riddle House rappresentava.
Il potere.
Ma, a un’ora
dall’alba di un nuovo giorno, il fulgore della maledizione dei Riddle stava
venendo meno.
Le fondamenta della casa traballavano.
Tutta la valle, tutta
Little Hangleton era scossa da violenti fremiti.
I babbani se n’erano
accorti. L’emergenza terremoti era già stata allertata.
Ma se avessero avuto
il dono di vedere, si sarebbero accorti dell’immensa nube nera che gravava sui
tetti d’ardesia verde della vecchia villa disabitata.
Una nube nera,
vorticosa, macabra e tempestosa.
Che si muoveva come una spirale...e pareva
pronta a divorare la tenuta stessa.
Denise Loderdail Cameron osservava la
scena dall’accampamento degli Auror, sulla collina.
Le palpebre velate di
cipria diamantina erano chiusi, a celare i segreti della mente.
Quanti
ricordi, troppi per una casa con fondamenta così fragili.
Quanto
odio, troppo, per una famiglia che si era macchiata di un solo
peccato.
Ma c’era ancora qualcuno...anzi, qualcosa di molto potente sotto
quei metri di terra.
Qualcosa di antico. Qualcosa...che non era mai stato
domato e forse, mai a nessuno lo avrebbe permesso.
C’erano ancora mille
ricordi del padre di Tom, in quel luogo.
Erano tangibili come il vento che le
sollevava i capelli in un ventaglio di neve e perle.
La vendetta.
Il
rancore.
La frustrazione.
E l’amore...
C’era un amore
cieco, ovunque lei posasse lo sguardo.
L’amore per Lucilla...il desiderio di
non lasciarla mai andare...
Il desiderio di incatenarla per sempre,
nasconderla al buio...affinché nessun altro avesse mai potuto portargliela
via.
L’ennesimo scossone indurì i lineamenti della demone, che riaprì gli
occhi giusto in tempo per vedere una folgore smeraldina balenare nel cielo.
-
Si sta scatenando...-
Una mano gentile le percorse la schiena,
carezzandogliela con reverenza – E’ compito degli umani rimettere a posto i loro
disastri.-
Denise spiò in direzione del marito. Alto e imponente accanto a
lei.
Era l’emblema della potenza, Caesar. E lui sapeva bene che per non avere
neanche mille anni, la sua straordinaria forza era qualcosa di spropositato agli
occhi di tutti i loro simili.
Probabilmente non riusciva a capire come poteva
sentirsi una formica. Non avrebbe mai potuto farlo.
- Ti sbagli,
invece.-
Sbuffando, tornò a fissare Riddle House. Ancora una volta...se le
avesse spiato i pensieri ancora una volta, gli avrebbe cavato gli occhi!
- So
bene cosa si prova ad essere indifesi. A non essere in grado di reagire.-
continuò, senza smettere di accarezzarla.
- Certo.- replicò lei, tenendo lo
sguardo ostinatamente fisso sulla villa risucchiata da quel vortice di tetre e
vaporose nuvole color dell’ebano – Imperia. E’ lei che ti fa sentire così.-
-
Sbagliato.-
Si volse e lo fissò.
Lui, da parte sua, fermò la mano e la
strinse contro il suo fianco.
- Ero furente con lei. Lo sono ancora. Sei tu a
farmi sentire incapace di qualsiasi cosa.-
Ormai le scosse non si
concedevano più un momento di pausa. Anche un perfetto idiota, privo di alcun
istinto di sopravvivenza, avrebbe capito che presto quei cunicoli, quelle
gallerie e quei corridoi, si sarebbero presto ridotti miseramente in
briciole.
E salvarsi la pelle, per una volta, prevalse addirittura sul
desiderio omicida.
Duncan Gillespie fumava convulsamente, il fumo si levava
più denso nelle nuvole di stucco e detriti che colpivano entrambe le fazioni. Il
suo immancabile sigaro, stretto fra i denti, stava rischiando la
decapitazione.
- Siamo fottuti.- sussurrò Jess Mckay, al suo fianco.
Paul
Brockway, rimasto a fianco di Badomen e attorniato dal gran numero di
Mangiamorte superstiti, fissava trucemente la fazione degli Auror. Più i demoni,
ovviamente, che da parte loro sembravano gli unici a non temere di venire
sepolti vivi.
- Siamo fottuti.- disse Badomen a sua volta, girandosi indietro
con sguardo ansioso – E non vedo più il Padrone.-
- Non possiamo lasciare
vivi questi bastardi!- ringhiò il Carceriere di Azkaban – Craig, meglio la morte
che questo disonore! Ammazziamoli tutti! In nome del nostro Signore!-
- Al
diavolo, la Grimaldentis potrebbe ucciderlo con la sua maledetta leva!- tuonò
l’altro, il cui tono salì pericolosamente a livelli di isterica mal repressa –
Dobbiamo raggiungerlo e subito! E’ senza poteri!-
- Voi non andrete da
nessuna parte.- ringhiò Tristan, fermo dall’altra parte del corridoio.
- Ma
davvero?- ridacchiò Brockway, spettrale, tanto era macchiato di sangue il suo
viso – E come pensi di fermarci?-
Non ci sarebbe stato neanche da chiedere in
quell’occasione.
Quasi tutta la fazione degli Auror era completamente senza
poteri.
Avevano a disposizione delle pozioni, si, ma in numero esiguo
ormai.
E da sola, Hermione sarebbe stata uccisa.
Fortuna che, come diceva
Silente, nei momenti di buio, bastava ricordarsi di accendere una piccola
luce...nell’oscurità.
Fu qualcosa d’impressionante.
Di folle.
Si, di
folle...perchè aveva il sapore dell’incredibile.
Come se tutti, tutti i loro
nemici nello stesso istante, avessero ricevuto un ordine impartito da Dio in
persona.
Neanche di fronte a Harry Potter avevano tremato, fiduciosi nel loro
nuovo Lord Oscuro.
Ma ora...ora era tutto diverso.
Lei si fece largo fra
la folla.
Mentre tutti i suoi nemici iniziavano a tremare.
A non sentirsi
più nemmeno padroni di loro stessi.
Questo il dono
dell’empatia.
Questa...la condanna.
Un tempo i Mangiamorte si erano
inginocchiati di fronte a Lucilla dei Lancaster.
E ora, in quel preciso
momento, Degona Mckay scrutò i nemici coi suoi occhi di neve. In piedi, come
un’imperatrice di fronte ai suoi sudditi, posò lo sguardo pallido e vitreo su
ognuno di loro.
Per un mortale minuto, nessuno fiatò.
Regnò un silenzio di
tomba.
Poi, il fragore di una prima spada caduta a terra, fu l’anticamera del
rombo di mille altre che la seguirono.
Perché tutti i Mangiamorte furono
domati.
Da un comando che veniva dal loro stesso cuore.
Da un comando,
impartito da colei che aveva imparato che...la sudditanza, era qualcosa che le
era dovuto.
Spade, coltelli, lame, archi e frecce.
Uno a uno caddero a
terra.
Gemiti e lamenti di coloro venivano impunemente
schiacciati.
Degona, con la mano stretta in quella di sua madre, nascondeva
il suo segreto sotto le lunghe ciglia bagnate.
Se di lacrime o umidità,
nemmeno lei lo sapeva.
- Ora tutti voi seguirete il Capo degli Auror.- disse
con tono basso, ma perfettamente udibile, pari a quelle orecchie nemiche come il
suono del corno della battaglia – Uscirete da questo luogo...e nessuno di voi vi
farà più ritorno.-
Altri lamenti, altre scene d’isterismo.
Ma nessuno osò
rifiutarsi.
Si allinearono tutti, incuranti del suolo che tremava
violentemente sotto di loro.
Ci furono altri crollo...eppure, Dio e il
Diavolo solo sapevano come, quei maghi incappucciati di nero, gettarono le loro
maschere e attesero che lei, la loro nuova padrona, desse loro il permesso di
muoversi.
Degli schiavi.
Non dei servitori.
Ora lei aveva ai suoi piedi
uno stuolo di schiavi.
Devoti.
E assolutamente incapaci di
ribellarsi.
Perché la ribellione non albergava più nelle loro
menti.
Mentre i Mangiamorte spostavano la loro vacua attenzione su Duncan,
gli Auror si accorsero che qualcuno era sfuggito.
Si girarono e sentirono
delle urla di rabbia nel buio.
- Merda!- ringhiò Ron – Ci siamo persi di
nuovo Badomen e Brockway.-
- Tranquilli.- Degona li fermò tutti – L’ho fatto
apposta. Mi porteranno da Miranda e da Tom.-
- Già, come lo risolviamo il
problema Tom?- replicò Jeager, rimettendosi in spalla da lancia imbrattata di
sangue – Quei fottuti Poli gli hanno fatto perdere il lume della ragione.-
-
Ci sarà un modo per farlo tornare in sé.- sussurrò Harry, che fino a quel
momento aveva tenuto in braccio Lucas, volente o nolente, dopo che l’aveva quasi
perso.
- Non voglio deludervi...- Hermione catalizzò completamente le
occhiate angosciate dei presenti – Ma se si rovina un puro di cuore, allora c’è
molto poco che noi possiamo fare per lui.-
- Non scherziamo!- sbottò Draco,
che come Potter stava completamente perso nell’abbraccio di sua figlia – Tom è
nato puro di cuore e così lo faremo tornare, mezzosangue. In un modo o
nell’altro.-
- Allora non mi hai sentito! E’ impossibile ti dico!-
- Non
c’è una pozione? Qualsiasi cosa!- esalò Tonks.
- Ne dubito.- ribatté la
Grifoncina – L’avete visto ragazzi, è completamente cambiato!-
- Mi stai
davvero dicendo che...- Trix l’afferrò forte per il braccio, facendole quasi
male -...che dobbiamo...che dobbiamo prendere in considerazione
l’eventualità...-
-...che sia sorto un nuovo Lord Oscuro.- terminò Lucilla,
senza la minima inflessione nella voce.
Beatrix, Cloe e Damon la fissarono a
occhi sgranati.
La demone, seppur con la morte nel cuore, annuì.
- Mi
dispiace.- mormorò.
- Non m’interessano le scuse!- tuonò Harry
all’improvviso, mescolando la sua rabbia al vacillare della miniera, che
sembrava accartocciarsi su se stessa – All’inferno, non permetterò agli
Illuminati di vincere! Il rito dei Poli deve essere invertito!-
- Non si
può!- urlò allora la Lancaster, zittendo tutti e mettendo loro il ghiaccio nelle
vene. Era agitata, a malapena stava in piedi dopo il sangue che aveva perso. E
ora, doveva dire addio a suo figlio.
- Non si può.- disse in un soffio,
distogliendo lo sguardo dal bambino sopravvissuto.
Sapeva che guardandolo,
avrebbe visto la loro sconfitta.
E non poteva sopportarlo.
Lo aveva
perso.
Avevano perso Tom...
Una volta per tutte.
- No.-
Harry
digrignò i denti.
- No, fanculo non ci sto!-
- Non c’è modo,
Harry...-
- Lucilla, io me ne frego...- sentenziò lapidario, fremendo tutto –
Me l’hanno portato via già una volta. Neanche suo padre è riuscito a
strapparmelo e adesso dovrei permettere a Miranda Grimaldentis di mandare a
puttane tutto quello che abbiamo passato? Che LUI ha passato?!- scosse il capo,
riprendendosi la spada – No, mai.-
Passò Lucas in braccio a Jess e mise la
piccola Faith fra le mani sicure di Clay.
- Io vado da lui.-
- Potter, per
Merlino, questo posto sta venendo giù!- ruggì Duncan, già coperto di detriti –
Finirete per farvi seppellire qui sotto!-
- Allora preparami la lapide.-
sibilò il bambino sopravvissuto, inchiodando lui e tutti gli altri coi suoi
lucenti occhi verdi – Perché non me ne vado da qui senza
Tom.-
Ah, i
ribelli.
Morirebbero per onore.
Una risata sarcastica impedì a Potter
di fare un passo. E Harry già sapeva da chi era venuta.
- Non penserai mica
che ti lasci tutto il divertimento, Sfregiato.- sibilò Draco Malfoy, sistemando
i guanti con fare pigro che aveva un che di lascivo.
- Già, dopo più di
vent’anni mica posso lasciare che ti pigli la gloria tutto da solo.- fece anche
Ronald Weasley, con fare paziente – Tu che dici Herm? Fai ancora parte del
trio?-
- Si, Herm.- soffiò Edward Dalton amabilmente, insieme a una nube di
fumo che avvolse la strega – Non vorrai mica lasciarci vero? Sai che siamo
troppo innocenti per girare da soli.-
Si. Hermione Jane Hargrave sapeva che
se li avesse lasciati soli, si sarebbero di certo fatti ammazzare.
Tom
compreso.
E poi aveva ragione Edward.
Il Trio non poteva certo sciogliersi
dopo quasi trent’anni di vita e di onorata carriera alle spalle.
- Tutti
insieme.- scandì Harry, incurante del buio che iniziava a calare sulle loro
teste.
- Tutti insieme.- si unì Damon, seguito da Tristan e l’intera squadra
di Jess – Non lasceremo morire Tom qui sotto.-
- Nessuno morirà qui sotto.-
sbuffò Draco, sistemandosi il mantello sulla giacca – Duncan, porta l’Ordine e
questi bastardi fuori da qui...subito.- aggiunse, sentendo un lontano ma quanto
mai pericoloso scricchiolio nelle strutture di pietra – Noi prendiamo Tom e
usciamo subito dopo.-
Gillespie, ovviamente, evitò di dar voce al suo più
veritiero pensiero.
Probabilmente sarebbe stata l’ultima volta che li vedeva,
pensò.
In silenzio, dette una pacca sulla spalla a Harry, stringendolo
forte.
- Cerca di tornare vivo.- bofonchiò al suo orecchio, per poi
sorpassarlo e mettersi a urlare – Forza, forza lavativi! Voglio che portiate
fuori me e questa feccia da questo buco schifoso! Me ne frego se siete stanchi,
me ne frego anche se siete feriti! Io ho un buco in una chiappa, ma non per
questo mi permetto di piagnucolare come un bamboccio! E adesso seguite le
indicazioni di Miss Mckay e parcheggiate le vostre persone fuori da qui!
All’istante!-
- E voi due state insieme a Tonks!- impartì Harry ai due
figlioletti, vista la faccia seccatissima del suo primogenito che proprio non
amava fare bagni fuori programma – Capito Lucas? Non staccarti mai da
lei!-
Gli Auror si spostavano.
Facevano baccano. Dietro di loro, i
Mangiamorte li seguivano come zombie.
Degona Mckay però non sembrava volersi
muovere da quel corridoio.
Scrutava qualcosa.
E William, in piedi accanto
a lei, sapeva anche cosa.
- Non resisterò a lungo.- gli disse la strega,
guardandolo – Questo potere va tenuto in gabbia.-
- Quindi tornerai come
prima.- sospirò il giovane Crenshaw.
Sorridendo, la ragazza socchiuse le
palpebre.
- Si. Non voglio restare così. Mia madre mi ha lasciato questo
potere per difendermi.-
- E adesso vuoi difendere questa gente.- William spiò
verso le celle – Vuoi farli uscire tutti?-
- Come tutti?- saltò su Jess, in
coro con Jeager, Hacate e anche Asher – Come cavolo facciamo a trascinarceli
dietro tutti?- continuò l’Auror, indicando un tizio in una gabbia alla sua
sinistra – Tesoro, lo sai chi è quello?-
Degona sogghignò tanto da far
sentire male suo zio.
- Certo che lo so. E’ un gagia che faceva esperimenti
sulla mente dei bambini.- e distolse lo sguardo dal prigioniero – Infatti lui
non uscirà. Ho ancora poco potere, ma usandolo posso fare in modo di far uscire
tutti gli innocenti. Dovrete portarli in salvo voi, mentre io cerco mio
fratello.-
- Cosa?- William allargò la bocca, sdegnato – Non ci pensare
nemmeno, io vengo insieme a te!-
- Non fossi venuto, te l’avrei chiesto io.-
gli sussurrò, senza che gli altri potessero sentire – E adesso spostatevi. Non
ho molto tempo.-
Avvenne di nuovo.
Leggendo in ogni cuore, in ogni mente,
in ogni spirito...venne dato l’ordine.
L’ordine di un giudice, di una
giuria e di un boia.
Perché alcune porte si spalancarono
all’istante.
Altre invece, rimasero chiuse...
- Lo sopporterai?- le chiese
una voce alle spalle, quando gli Auror si precipitarono ad aiutare tutti quegli
innocenti.
Lei abbassò il viso. I riccioli le ricaddero sulla fronte,
coprendole lo sguardo.
- Sopporterai di aver lasciato qua della gente?-
-
Sopporto a malapena quello ho visto in loro.- replicò, sentendo una mano calda
stringere la sua – Se mi dai una mano però, dimenticherò prima.-
- Certo
diavoletta.-
Un abbraccio. Forte, sincero e profondo come quello del
mare.
- Mi sei mancato papà.-
Tristan inspirò a fondo. A lui era
mancato...quello e altro.
La vita.
La sua famiglia.
Sua
figlia.
Anche la sua anima.
- Mi raccomando Glory.- Draco ed Hermione, a
loro volta, strinsero con forza la loro bambina, mentre Harry faceva lo stesso
cercando di non litigare con Lucas, che voleva restare con lui che abbrustolire
quella strega che l’aveva affogato, e Faith, che brontolando e implorandolo alla
fine era riuscita a ficcargli nel cappuccio del mantello Cosmo, dicendogli che
l’avrebbe protetto.
Glory, da parte sua, fece molte meno storie.
Strinse
la madre e il padre, non pianse una lacrima, ma staccandosi da loro, il suo
sguardo mite riuscì a uccidere Draco.
Il pensiero che sarebbero potuti non
tornare era palpabile come l’aria tetra di quella miniera.
- Prendete la
lancia di Jeager.- disse la Veggente, all’improvviso.
Crenshaw, alzando un
sopracciglio, fissò Hermione. Quindi Draco e dopo, senza fiatare, si tolse la
lunga asta di noce dalla schiena, per porgerla a Malfoy.
- Occhio che costa
come un anno delle tue rendite in Scozia.-
- Mai come i pantaloni che mi sono
strappato, pezzente.- fu l’acida replica.
- Siete pronti?-
Degona fermò
quell’arguta disquisizione ad alto tasso morale, richiamandoli all’ordine.
-
Forza, sto perdendo la scia di Tom.-
- Mi raccomando.- le disse Vlad
all’improvviso, quando gli altri demoni, Ilalya Greyback e Viola si erano già
incamminati – Occupati di tuo fratello.-
Lei lo studiò per un
secondo.
Bastò per sorridergli, piena di gratitudine.
- Vedrai, te lo
riporto sano e salvo.-
- Sta attenta anche tu, micina.- ironizzò Stokeford,
mentre Cloe gli passava sotto il naso.
- Ahah, crepa!-
L’ultima cosa che
Dena vide, immergendosi nel tunnel nero che sembrava portare all’abisso, fu Vlad
che sollevava la mano. In saluto. In buon augurio.
Poi, anche la luce delle
fiaccole si spense definitivamente.
E fu la tenebra sotto tutta Riddle
House.
Una leva, scarna e legnosa, coperta di muschi, all’ombra di
una lanterna, venne tirata.
Verso il basso ridiscese.
E con essa, anche la
casa iniziò a collassare.
Miranda Grimaldentis osservò il suo lavoro. E alla
sete di vendetta si abbandonò, inspirandola e godendone.
Sicura che presto,
Lui sarebbe arrivato.
E sarebbe morto.
Ma non per mano sua.
Ma per
mano...della cosa...che grazie a quella stessa leva, lei aveva liberato.
E
che Lucilla dei Lancaster, dall’altro capo della miniera, lo capisse
pure.
Ormai non aveva più importanza.
Perché il dono che suo marito le
aveva fatto, ora non era più suo.
Si, Lucilla lo capì.
Perché a pochi
metri dall’uscita del pozzo, ora raggiunta con facilità nonostante il codazzo di
Mangiamorte e innocenti che gli Auror avevano liberato, la demone avvertì la
bestia nel cuore.
Fulgida e brillante.
Vorticosa e scintillare.
Tanto
potente da farle fremere i sensi.
Per lei.
Era un suo regalo.
Doveva
andare da lei...
E muovendo un passo dietro l’altro, si avvicinò al fatale
ruggito.
Che stava nascosto al buio...e non sapeva aspettare che lei.
Ma
non si accorse di essere seguita. Da una luce nel buio. Ancora più accecante di
quella bestia.
“E’ nel momento in cui dubiti di volare che perdi per sempre la
facoltà di farlo.”
Jim Morrison.
Thomas Maximilian Riddle
scostò una ragnatela umida utilizzando la spada, per poi levarla dalla lama con
pesante sdegno. Finalmente vedeva delle luci, in quel lungo corridoio
inanimato.
L’aveva raggiunta.
Le sue iridi rosse sfavillarono, a quei
timidi bagliori lontani.
Ma l’aveva trovata, finalmente.
Con passo
felpato, quasi spettrale e sprezzante, si mosse sulla terra bagnata bruna e
scura.
Un piccolo portale di pietra grezza l’aspettava al varco. Da lì, vide
una stanza circolare. Dal soffitto basso, in confronto a quella che era stata la
stanza del Trono. Alto appena due metri, dava una chiara sensazione di
claustrofobia.
Questa, cercò di azzannarlo alla gola, ma i suoi occhi
assettati agognavano ad altro.
La vide, alla parete opposta.
Una mano
priva di guanto, come l’altra, che ora mostrava ogni lesione e cicatrice, ancora
calata sulla maledetta leva.
Era arrivato tardi.
- Troppo tardi.-
l’apostrofò infatti Miranda, con voce flautata, come una ninna nanna – Ormai sei
finito.-
Si girò. Era senza cappuccio. Un teschio scarno, ricoperto di un
sottile quanto ustionato strato di pelle rosea.
Lucida, troppo lucida.
Un’unica cicatrice.
Pochi e radi capelli.
L’unica cosa che testimoniava la
sua natura umana, erano i suoi occhi.
Neri e profondi. Colmi d’odio e ora di
soddisfazione.
- Morirai qui, Lord Oscuro. Insieme a me. A noi.-
Riddle
non aprì bocca.
Si limitò a guardarla. E lei, stringendo le labbra, iniziò a
vibrare come una corda di violino.
- La bestia di tuo padre ti
ucciderà!-
- Pare che tu abbia qualche problema di autocontrollo, amica
mia.-
- Vall’inferno Riddle.-
- Oh, ci andrò sicuramente.- annuì,
ossequioso – Ma prima ti spianerò la strada.- e sollevò la lama della spada di
fronte al volto, che raccolse il bagliore di una fiaccola – Non pensare neanche
di riuscire a cavartela.-
- Dovresti ringraziarmi, infame bastardo. E’ grazie
a me ciò che sei!-
Di fronte all’ennesima risata del suo avversario, la
Grimaldentis artigliò le dita, tanto da piantarsi le unghie nel palmo.
Il
dolore, in confronto al rancore, era niente.
Pari a zero.
- Cosa speri di
ottenere?- gli chiese, inclinando il capo appena percettibilmente – Cosa speri
di avere, dalla vita? Vuoi quello che ha avuto tuo padre? Vuoi il suo potere? La
sua fama? Il suo nome? O...vuoi di più?-
- Si.- Tom ciondolò la spada fra le
dita – Ma quanto di più?-
- Riuscire dove lui ha fallito, per esempio.
Uccidere Harry Potter.-
- Oh, la piccola Miranda per vendicare la morte del
padre otto anni dopo, cerca di manipolare il figlio del suo nemico per
risentirsi in pace col mondo e avere finalmente in attivo qualche vittoria alla
causa Illuminata.- la schernì.
- Perché, tu non vuoi forse vendicarti?-
-
Si, ma la vendetta non mi ha divorato la faccia.-
Stava per esplodere.
Lo
stava facendo apposta. E più lei se ne convinceva, più quel verme riusciva a
farla andare fuori di sé.
- Vedrai. La belva di tuo padre ti divorerà le
viscere invece. E il bello è che sarai ancora vivo quando lei inizierà a
mangiarti!-
Ancora una volta, la minaccia non andò a segno.
Sconvolta, la
donna lo vide gingillarsi con la spada. Più attento alla levigatezza del metallo
lucente, che alla bestia.
Cosa gli dava tanta sicurezza?
- Ho una domanda
per te.-
Riddle, all’improvviso, ritrovò interesse per la loro discussione e
le sorrise, sollevando la lama in linea d’aria contro l’Illuminata.
-
Sentiamo.- ringhiò lei, ferocemente.
- Io...- iniziò, con tono ilare e
sarcastico – Io ti sembro uno sprovveduto?-
Non colse il senso di quella
frase e lo scrutò, aguzzando i lineamenti deformi.
- Hai perso il senno.-
commentò, stringendosi nelle spalle – I Poli hanno sortito l’effetto contrario,
temo.-
- Io temo invece che tu sia molto ingenua, mia cara Halley.- la prese
in giro.
- A differenza della mia ingenuità però, ammesso che esista davvero,
io sono ancora armata di magia. La tua spregevole sorella s’è presa la mia
bacchetta, ma i miei poteri sono ancora tutti qui. E adesso...- sollevando le
mani ustionate di scatto, la Grimaldentis artigliò le dita come uncini, piena di
sé – E adesso vediamo cosa riesci a fare contro la mia telecinesi!-
La spada
sgusciò dal palmo di Riddle, che si ritrovò del tutto disarmato.
Eppure,
sebbene il piccolo gemito di stizza che emise, rimase immobile di fronte a lei.
Con la sua stessa spada che mirava dritta al suo petto, immobile a mezz’aria. E
a lei sarebbe bastato un solo cenno per sgozzarlo definitivamente.
Ma ancora
una volta, quel maledetto sembrava padrone di sé.
Nessun
cedimento.
Nessuna emozione.
Perché?
Miranda non faceva che
chiederselo.
Perché non tremava? Perché non si diceva finalmente
sconfitto?
Era troppo. Urlando, strillando come tutti gli innocenti che aveva
torturato, sollevò il braccio e si mosse per ucciderlo. All’ultimo però, si
dovette fermare. Avevano compagnia.
Alle sue spalle, proprio dietro di lei,
la parete saltò per aria sbriciolandosi.
Conoscendola, poteva essere stata
quella sporca mezzosangue. Solo lei.
Solo lei ancora armata di magia.
Li
vide uscire tutti da quello squarcio nel muro, uno a uno. Tanti. Troppi contro
una.
Però quella gagia non avrebbe messo in pericolo nessuno dei suoi amati
amici traditori.
La conosceva bene. Avrebbe combattuto, ma avrebbe anche
saputo che un colpo storto e lei avrebbe ferito i suoi compagni. Sapeva che non
avrebbe rischiato.
Quindi Miranda doveva solo occuparsi di sistemare la
Hargrave.
Il resto, sarebbe stato semplice.
Il primo ad uscire fu Draco
Malfoy, a ruota seguito dal bambino sopravvissuto.
- Maghi del cielo...- li
apostrofò acidamente l’Illuminata – Che facce signori. E’ morto qualcuno per
caso?-
- Tieni a freno quella lingua.- Harry Potter si piazzò a cinque metri
da lei, scrutandola senza più la protezione del cappuccio, vedendo bene cosa le
Polisucco e la sua ostinazione le avevano fatto – Complimenti. Bel
risultato.-
Miranda, incurante dei suoi insulti, si spostò leggermente e
indicò Tom, con un elegante gesto del braccio.
- Vero? Lui è il mio
capolavoro.-
Riddle scosse appena il capo, distogliendo lo sguardo sanguigno
da Potter e anche dal cugino.
Come se tutto ciò nemmeno lo riguardasse.
-
Come ci si sente Harry Potter?- ridacchiò la Grimaldentis – Come ci si sente a
sapere dopo otto anni in cui hai vissuto libero e sereno, che i figli dei tuoi
due più grandi nemici si sono ridestati eh? Credevi davvero che avrei usato
quell’idiota pomposo di Orloff solo per le informazioni sulle famiglie di quegli
animali di gagia? Andiamo!- e batté le mani insieme come una bambina eccitata,
persa nel suo delirio di onnipotenza – Tu più di tutti dovresti sapere bene che
per ottenere ciò che si desidera, bisogna essere disposti a tutto!-
- E così
otto anni fa hai preso le sembianze di Orloff.- sussurrò Jess.
- Esatto,
signori!- continuò, deliziata nel poter dimostrare il suo piano e la sua
bravura, ora che tutta la miniera e i sotterranei di Riddle House erano pronti a
inghiottirli – Durante il sequestro, avevo accumulato abbastanza campioni per
permettermi di vivere al posto di quell’imbecille di un politico...per un anno
intero! Certo, è stata dura. Troppi impegni, per lui. E le mie scorte, sette
anni fa si sono assottigliate miseramente. E poi...- esplose in una risata
fragorosa, quando badamene e Brockway apparvero nella stanza, dietro alle spalle
di Tom, ansanti e visibilmente angosciati – Poi tornati sui Pirenei, dove sono
nata. E lì, al confine, ho trovato Craig. E da sette lunghi anni, io attendo.
Attendo questo momento! Ho usato Donovan, anche se fu lui a venire a cercarmi,
dopo l’arrivo di Craig in Gran Bretagna e i primi incidenti. E lui a sua volta
ha ingannato i Mangiamorte, facendo finta di essere uno di loro. Donovan li
convinse tutti che l’unico modo per riavere il Lord Oscuro sarebbe stato
liberare il figlio di Voldemort. Ma si guardò bene dal dire che all’arrivo,
fuori da Cameron Manor, l’avrei aspettato io. Pronta a ucciderlo!-
Girandosi,
inchiodò Tom con uno sguardo di puro odio.
- Ma lui non ha fatto che
sfuggirmi...e Craig mi ha reso il compito molto difficile...-
- Traditrice!-
urlò Badomen.
- Vero.- annuì, orgogliosa – E oggi, miei cari amici, io vi ho
tutti in pugno.-
Sollevò un dito verso il soffitto, continuando a
ghignare.
- Lo sentite questo rumore?- sussurrò, abbassando la voce cavernosa
– Lo sentite?-
Era...qualcosa di liquido.
Flautato, lontano.
Eppure
vicino.
Era...
- Acqua.- mormorò Degona, le iridi bianche nascoste dalle
lunghe ciglia – La diga della miniera è stata sbloccata.-
-
Esatto!-
Miranda puntò il dito alla leva.
E ora, il suo ghigno, divenne un
grottesco simbolo di vittoria.
- Morirete tutti!- arrivò a gridare,
inspirando forte, sempre più veloce, sempre più velenosa – Morirete qui,
signori. Auror e Mangiamorte, eroi e assassini. Tutti, tutti! Nessuno si
salverà! Che sia il fuoco a bruciarvi, la terra di questa casa a seppellirvi...o
l’acqua a farsi annegare non importa! Ma tutti morirete! Per mano mia!-
Le
sue urla riecheggiarono come l’acqua che filtrata nelle gallerie, tutto iniziava
a travolgere.
Celle,
prigioni.
E gole...
Damon Howthorne, insieme agli Auror, iniziò a
sentire voci e lamenti.
Era un esodo. Un esodo di anime chiare,
che si avviavano verso la luce...o il buio.
Dal soffitto, dalle pietre che lo
componevano, iniziarono a filtrare deboli gocce d’acqua scura.
- Siamo stati
ingannati tutti quanti.- ringhiò Badomen, serrando le mascelle – Padrone, mi
dispiace.-
Tom restò zitto. Non fiatò.
Però aveva ascoltato tutto con
molto interesse.
- Non fare quella faccia Craig.- gli sorrise la figlia di
Mezzafaccia – Almeno avrai l’onore di morire col tuo lurido Signore Oscuro. Un
tale evento non capita tutti i giorni. E anche volendo, non avresti potuto farci
nulla. Tu nemmeno, Potter.- soffiò, melensa e stucchevole, nella direzione del
bambino sopravvissuto – Chi mai avrebbe potuto pensare che l’ingenua e dolce
Halley Brockway fosse la figlia di Augustus Grimaldentis, il grande capo degli
Illuminati? ...Sono la migliore attrice del mondo.-
- Su questo mi
permetto di contraddirti.-
Un piccolo crollo sembrò spezzare la linea
visiva fra Miranda e Thomas Maximilian Riddle.
Ma non era vero.
Quelle
parole erano rimaste sulla testa di tutti.
A pendere come macigni.
Come
ghigliottine.
I miracoli avvengono, pensò Harry Potter in quel momento.
E
non per mano di qualcuno ai Piani Alti.
Il sorriso di Miranda si era gelato
sulle sue labbra.
La donna fu vista portarsi la mano al cuore.
Fu vista
deglutire.
Tom Riddle ora sorrideva. Non ghignava più, sorrideva.
- Credo
che a te vada la medaglia d’argento, Miranda.-
Il sangue ridivenne cielo
notturno.
Il tramonto si fece velluto.
E gli occhi di un puro di cuore,
tornarono a essere tali.
Accadde ancora.
Quella luce riapparve, più
fulgida che mai.
Insieme a lei, che mai accecava e che sapeva distruggere lo
spirito più impuro, tornò quel canto.
Lontano, appena accennato.
Ma
c’era.
Un coro di voci...limpide come diamanti alla luce del sole.
Era
stato un pezzo di carbone per tutta la vita, pensò, lasciandosi avvolgere dalla
sua luce.
Forse era riuscito a diventare un diamante.
Forse si stava
svegliando davvero dal suo sonno.
Non più bambino.
Non più prigioniero.
Non più Lord
Oscuro.
Solo...un diamante puro.
E’ impagabile l’espressione del
nemico beffato.
Impagabile il suo sconcerto.
Impagabile...la sua coscienza
di essere battuto.
- Mentire è un’arte, Miranda.-
Thomas Maximilian
Riddle si beò di quel silenzio.
Dell’aria che aleggiava.
- E qualcuno è
più bravo di te.-
Tutto ricominciò a crollare.
E questa volta non
smise più.
Acqua e terra iniziarono a riversarsi oltre la diga
sotterranea.
In ogni galleria, in ogni corridoio, in ogni anfratto.
Tutta
la valle di Little Hangleton si preparò, tacendo, alla fine dell’attesa.
Ma
in un luogo, da qualche parte, sotto il ventre delle colline, si, da qualche
parte un nemico era stato beffato.
Ed era stato battuto.
- Tu mi hai preso
in giro...- alitò Miranda Grimaldentis.
- Credevi di essere l’unica a poterlo
fare?-
Dietro di loro, sospiri di sollievo.
Cuori che ricominciavano a
battere.
Harry James Potter, che chiudeva gli occhi.
Quella luce gli aveva
riportato alla memoria un giorno...un giorno imprecisato, di tanti anni
prima.
Un bambino coi capelli neri e gli occhi come la volta notturna che
stava seduto alla sua tavola.
Un bambino che leggeva.
Che alzava il viso e
gli sorrideva.
Un cerotto sulla fronte.
Uno spirito
incorruttibile.
Tanto forte, che neanche il male l’aveva sporcato.
- Come
hai fatto?-
Miranda Grimaldentis si muoveva verso di lui.
Camminava, senza
neanche tentare di fermarsi. E più si avvicinava a Tom, più abbassava le
difese.
Non era più lei. Ma una donna sconfitta.
Un simbolo, un
vessillo.
Una bandiera bruciata. Su un campo di battaglia perduto.
A un
passo da Tom, puntò il nero sguardo su di lui.
- Come? Come hai ingannato i
Poli?-
Il rombo di un altro crollo impedì a tutti di sentirne la
risposta.
Ma l’Illuminata la percepì come uno schiaffo.
- Mio figlio mi
ha protetto da te.-
Non era la gabbia la sua più grande paura.
Non era
la guerra.
Il nome dei Riddle.
Niente di tutto questo.
Entrambe le
mani della strega salirono al collo di Tom. Lo serrarono forte.
Non capiva
più quelle che faceva. Era la voce di suo padre a farla agire.
Anni orsono,
un uomo e un parassita provarono a uccidere un bambino protetto dal sacrificio
di una madre.
E anche questa volta, il sacrificio di un padre protesse Tom
Riddle dalla morte.
Le mani già ustionate di Miranda, che fino a quel momento
erano state protette dai guanti, ora divennero incandescenti.
Si
sbriciolarono, al collo candido di quel mago.
L’intero corpo corrotto
dell’Illuminata finì in cenere.
Briciole di una credenza ormai
sepolta.
Tutto finì in breve tempo.
Auror e Mangiamorte, ancora sgomenti,
videro il corpo accartocciarsi. Piegarsi su se stesso.
Al che, quando il
fuoco del sacrificio ebbe compiuto la sua magia, non rimase che un mantello
color panna.
Lindo, chiaro, immacolato.
A coprire un cumulo di cenere che
subito di spense.
Se
c’era stato un motivo per cui Lord Voldemort aveva dato la vita per suo
figlio...questo motivo era stato un fine lontano. Nessuno però seppe dire se in
previsione di quanto accaduto.
Forse per proteggere il suo sangue. La sua
credenza.
Ma una cosa, d’altronde, era certa.
Silente era stato
chiaro.
L’amore aveva bruciato un tempo il corpo dello sventurato professor
Raptor.
E l’amore, quel giorno, aveva salvato un figlio con un
sacrificio.
Una frana si portò via l’entrata costruita da Hermione,
spazzando completamente via il corridoio che gli Auror avevano percorso. In più,
iniziarono a sentire l’acqua premere per sfondare le pareti.
Sembrava che
filtrasse da ogni dove.
Sembrava scavare come un roditore, per crearsi un
varco.
- Dobbiamo uscire immediatamente da qui!- urlò Hermione, pensando
rapidamente a che incantesimo usare per aprire un portale che li conducesse il
più lontano possibile dalla pressante forza delle acque della diga – State tutti
uniti!-
Non si accorsero subito che il fragore dell’acqua non era l’unico
soggetto esterno a minacciarli.
Troppo presi dal cercare un moto per fuggire
alla svelta, gli Auror non sentirono il pericolo più imminente.
E
dannoso.
Perché lì sotto, in quei cunicoli, c’era qualcosa di più grande
dell’acqua.
Di più crudele di quel nuovo Lord Oscuro, che non era mai
esistito.
Ma grazie ai crolli, ai tremori e al frastuono, non lo sentirono
avvicinarsi.
Non sentirono i ringhi nell’oscurità. I passi cadenzati ma
pesanti, che affondavano nella terra, artigliandola con unghie affilate, fatte
per squarciare.
Si avvicinava.
Sempre di più.
- Non ce la faremo mai a
uscire da qua!- sbottò Ron, imprecando contro la mancanza dei poteri – Se penso
che potrei Smolecolarizzarmi come niente...dannazione!- e tirò un calcio a
quella maledetta leva, che tanti guai aveva portato a tutti loro – Molto bene.
Mettiamoci pure seduti e aspettiamo!-
- Per il momento voglio solo sapere
come cazzo ti sei permesso di prenderci tutti per il culo!- tuonò Damon verso
Tom, fuori di sé dalla collera – Questa me la paghi cara, ho ancora il mal di
stomaco per quel pugno!-
- Bella stronzata, complimenti!- sbottò anche Trix –
Mi hai fatto morire di paura!-
- Vi giuro che vi ascolterò più che
volentieri, mi farò anche pestare...- acconsentì Riddle, passando di anfratto in
anfratto, per cercare una via d’uscita che non fosse invasa d’acqua -...ma non
potrò farlo se creperemo qui sotto.-
- Voi bastardi non sapete come uscire da
qua?- fece Edward, rivolgendosi a Badomen e Brockway, come due vecchi amici,
mentre Cloe, la Diurna e il Legimors si precipitavano fra le braccia dell’amico,
furenti si, ma comunque sollevati.
- Col cazzo. E speri che te lo dica?-
replicò il Carceriere di Azkaban – Fottiti Dalton.-
- Che scortesia.-
commentò l’ex Corvonero – C’è tempo per del Veritaserum?-
- Mi sa che non
abbiamo tempo neanche per fuggire da questa stanza...- li zittì tutti Degona,
che scrutava qualcosa a terra, tenendo fisso lo sguardo come se fosse rimasta
incantata da qualcosa.
O qualcuno.
Una magia in movimento. Forte.
Fortissima.
Sgranando le iridi, capì che era tardi non appena un soffio
gelido colpì tutti alle spalle.
Da un antro buio incassato nella parete, che
a prima vista sembrava essere stato un vicolo cieco, un loculo o una semplice
arcata morta, giunse un respiro tossico. Un lezzo di zolfo, intenso e
infuocato.
Un rollio basso e vibrante, dette alla Mckay l’impressione di fusa
feline.
Ma quello era un ruggito.
Ora capiva perché Glory aveva detto loro
di tenersi stretta la lancia di Jeager.
Tutti gli Auror videro spalancarsi
nell’ombra grandi e lucenti occhi color topazio.
La
Chimera.
Ricordava le storie... Bellerofonte per ucciderla le aveva
infilato tra i denti una lancia che con il calore del fiato del mostro si era
sciolto, finendo nello stomaco della Chimera che causò così la sua
morte.
Aveva visto tante immagini mitologiche e tratti sugli stessi libri di
magia.
Ma non aveva mai pensato che esseri simili fossero ancora
vivi.
Dove diavolo l’aveva trovata Voldemort? E com’era riuscito a
incatenarla lì sotto?
Come si era riuscito, dannazione?
Lentamente, come
un leone pronto ad attaccare, il mostro si palesò alla debole luce di un’ultima
fiaccola rimasta accesa. Era alta quasi due metri, schiena e zampe possenti,
ricoperte di grosse squame verde petrolio, che da lontano però potevano essere
confuse con semplice pelle glabra. Testa di felino, priva di criniera ma grande,
enorme. Come quella di due tori messi insieme. La coda, come quella di un croen,
terminava con le fauci di un serpente di estese proporzioni.
E ai fianchi,
ripiegate su loro stesse, pareva possedere esili ali cuoiose, ma dall’estesa
apertura.
Non era un mostro normale.
Lo capirono quando dischiuse le
fauci.
Una nube velenosa e pesante stillò calore, zolfo e...lava.
Sputava
fuoco come i draghi!
- Draco...- Degona mosse il braccio dietro la sua
schiena – La lancia.-
Malfoy serrò le labbra – Sei uscita di testa.-
-
Dammela. Voi vi fareste ammazzare.-
- Quell’affare ti farà a pezzetti, Dena.-
l’avvisò Milo – Non è una semplice bestia magica.-
- Lo so.- annuì la Diurna,
stringendo la lunga asta di Crenshaw nel pugno – Ma mi è venuta un’idea. Serve
un diversivo.-
- Ok.- Draco sogghignò istericamente – Sfregiato, mettiti a
correre!-
In seguito, chi sopravvisse ricordò di quel momento il terrore più
totale.
Mai nessuno si era trovato di fronte a un simile nemico. Dotato di
raziocinio umano ma...di spirito selvaggio, donato dalla natura a livello
animale.
Era qualcosa che la Chimera provocava a livello emotivo.
Le sue
fauci. Il suo odore di zolfo.
D’inferno, forse.
E quei suoi occhi che
vedevano solo al buio. Perché solo al buio totale, erano abituati.
Ed ecco
cosa salvò gli Auror del bambino sopravvissuto.
La cecità forzata, di un
animale che per tanto tempo era stato segregato nelle tenebre.
Se la Chimera
intuì mai qualcosa, nessuno lo seppe. Perché il suo interesse, prima
dell’istinto di uccidere, era concentrato verso la sudditanza. Verso la sua
Padrona.
La bestia ringhiò così forte che gli Auror temettero un crollo
spontaneo a causa delle onde sonore, nel momento in cui Lucilla dei Lancaster
apparve da uno squarcio nel muro. Piccolo e angusto, che loro avevano giudicato
impraticabile.
Bagnata fradicia, pareva aver visto un fantasma.
Il
fantasma del suo primo marito, dei giorni passati insieme.
Dietro di lei,
Lucas le teneva saldamente una mano. E non la lasciava andare.
Col fiato
mozzo in gola, Harry mosse un passo. Bastò per arrivare all’udito finissimo
dell’animale che scattò nuovamente con la testa, fiutando l’aria e spalancando
le fauci in un ruggito mortale.
Una nuvola del suo letale fiato si propagò
nella stanza, già contaminato dall’acqua torbida della diga.
Solo allora,
quando ormai l’ossigeno stava per essere scambiato col miasma, Degona e Tom
capirono che dovevano giocarsi il tutto per tutto.
Il fuoco di un Phyro, la
luce di un puro di cuore e la potenza di un mito, andarono a colpire là dove
Voldemort aveva fallito.
La luce invase tutto. Tutto quanto.
La Chimera
accecata soccombette una seconda volta. Spalancò di nuovo le grosse mascelle per
emettere l’ultimo suo lamento in quella vita...che venne spezzato, completamente
messo a tacere dalla lancia che Degona Mckay le piantò fra le fauci, dritta
nella gola.
Ma uccidere quella bestia...non fu una
vittoria.
Nessuno seppe spiegarlo, neanche in seguito...ma uccidere
quella Chimera fu diverso da qualsiasi scontro avessero mai avuto. Non era
umana. Non era creatura terrestre.
Però non era neanche un animale...era
qualcosa di più...
La cosa più vicina al sacro e all’immortale che anche
Lucilla dei Lancaster avesse mai visto.
E da quando la Chimera cadde a terra,
in un lago di sangue, veleno e lava...Riddle House gettò definitivamente la
spugna.
Morta la creatura, stavano sbriciolando le barriere magiche che
avevano sorretto quella miniera per tanto tempo.
E tutto venne giù.
La
terra iniziò a cadere dall’alto.
E sebbene fosse riuscita a gettare nel caos
interi corridoi, a corrodere la roccia, a frammentare vie e cunicoli, neanche la
terra riuscì a fermare l’incessante avanzare delle acque della diga
sotterranea.
Tutto affossava.
Tutto sprofondava.
Un gruppo di eroi
correva senza sapere dove sarebbero arrivati.
Se mai avrebbero rivisto
un’uscita.
L’unica luce presente era quella portata da un piccolo Phyro, che
in braccio al padre vedeva grandi cavalloni d’acqua scura inseguirli con
ostinata follia omicida.
Un passo davanti all’altro.
Di corsa, sempre più
in fretta.
A ogni metro conquistato, le pareti dietro di loro cedevano a
pochi centimetri le une dalle altre.
Grossi blocchi di marmo vennero spezzati
e seppelliti nel pantano.
Il fragore era talmente forte che era tornato a
regnare il silenzio nelle loro menti...
Il rimbombare del cuore era ciò che
li comandava.
Era lui a guidarli.
Ogni passaggio era uguale
all’altro.
Altri erano impraticabili.
Tornare indietro
impossibile.
Tutto cadeva.
Tutto spariva.
- Di qua!- Hermione, la cui
bacchetta indicava la via con spruzzi di scintille rossastre, mostrò loro la via
d’uscita.
Un lago nero. Piccolo e stretto.
- Dall’altra parte è asciutto!
Dovremo fuggire da lì!-
- Jeager ci aspetta dall’altra parte.- sussurrò
Degona, chiudendo le palpebre, poggiata a William e a suo padre, tanta la sua
spossatezza – Dobbiamo fare presto. I miei poteri stanno svanendo.-
- Cosa?-
urlò Cloe – Dovremo infilarci lì dentro?-
- Che schifo, l’acqua è bagnata!-
sbottò Lucas.
Uno a uno si tuffarono. Prima le donne, poi Harry tentò di
afferrare Lucas.
Un altro crollo fece tremare la superficie di quel lago
naturale, coperto di stalattiti.
Stavolta però, non andò loro così
bene.
Una grossa stalagmite si staccò dal soffitto della grotta. Prese di
striscio Draco, al fianco. Una serie di altri pugnali di pietra calcarea
iniziarono a piovere a cascata sul gruppo. Dovettero gettarsi di volata
nell’acqua, rischiando di venire presi in pieno e quindi uccisi.
Malfoy se la
cavò. Svenuto a causa del trauma abbastanza serio alle costole e all’intera
parte destra del corpo, venne soccorso da sua moglie e da Harry Potter...che
all’ultimo momento, girandosi per afferrare suo figlio e Tom, ghiacciò
completamente.
Un’altra scia mortale di stalagmiti li separò.
E spezzarono
il pavimento della sponda del lago.
Così, con la morte negli occhi, Harry
Potter cadde in acqua...la terra sommerse tutto quanto.
E la sua mano non
riuscì più ad afferrare quella di suo figlio.
La perse nel buio.
Un
vortice d’acqua lo portò via...
Nel momento in cui arrivò di nuovo ossigeno
ai suoi polmoni, era irrimediabilmente tardi.
Perché ora aveva un cielo sopra
la testa...non più pareti, terra, colonne e celle.
Era fuori da Riddle
House...
La diga li aveva rigettati fuori dal suo dominio.
Un
minuto più tardi, dalle colline di Little Hangleton, Auror, demoni e vampiri
furono i testimoni della morte della tenuta dei Riddle. Un’immensa, colossale
esplosione coinvolse tutta la valle.
Il fuoco si levò alto.
Un’immensa
colonna di fiamme che languì il cielo, sfiorandolo coi i suoi alti picchi
roventi.
Fuoco e acqua.
Divorarono tutto.
E della valle che un tempo
aveva abbracciato quella casa, non rimase che quello spettacolo.
Un titanico
vortice di fuoco, così simile in forza e grandezza alla Torre di Babele.
Un
inno alla gloria.
E sorse l’alba, quando il fuoco si spense.
Un cerchio
rosso come sangue.
Ma brillante come mille soli.
Così dannatamente bello
che la terra poteva dire che così, non ne aveva visti mai.
Sdraiati a
terra, nell’erba alta, Harry Potter e Draco Malfoy guardavano il cielo diventare
rosa pallido.
Un tenue rosa perla, dall’arancio del carro del Dio Diurno dei
pagani.
E si fece azzurro.
Piano piano.
Lento.
Coi suoi
tempi.
Tempi che regalavano giorni fantastici.
E albe di vittorie che mai
si scordano.
Draco, piegato sul fianco illeso, richiuse gli occhi.
Da
parte sua, il bambino sopravvissuto gettò via gli occhiali, coprendosi i suoi
con una mano.
La magia nera che imperversava su Little Hangleton non c’era
più.
Morta la Chimera, tutto ciò che Voldemort aveva costruito su di lei,
aveva cessato di esistere.
E Tom e Lucas...
- La senti,
Sfregiato?-
Un mormorio.
Un sorriso.
Harry riuscì a ricambiare,
sentendosi le lacrime agli occhi.
C’era una fenice che cantava,
lì nell’aria.
E sapeva anche dov’era.
Si erano salvati...
Qualche ora
più tardi, i soccorsi del Ministero della Magia Inglese trovarono un enorme
cratere, dove un tempo si era eretta Riddle House. In quel cratere dal diametro
di parecchi metri, arso dal fuoco e cosparso di terra bruciata, era contenuto un
guscio d’acqua pura. Limpida e cristallina.
In mezzo ad essa, un piccolo
atollo largo appena due metri.
Su cui Thomas Maximilian Riddle, con una gamba
rotta, stava mollemente disteso.
Aveva già cantato anche troppo, per farsi
trovare.
Lucas Potter, invece, seduto sulla sua pancia, urlò agli Auror di
farsi venire a prendere.
Gli occhi azzurri del Phyro dicevano che non vedeva
l’ora di festeggiare.
L’alba di quell’intenso colore gli diceva che sarebbe
stata una giornata fantastica.
E in fondo lui aveva vissuto e vinto, anche se
non da solo, la sua prima guerra...
Certo non poteva vedere i sorrisi di
molti altri Auror.
Di Lucilla dei Lancaster. Di Tristan e Degona
Mckay.
Del Preside Silente, del Menestrello e del Ministro Dibble.
Di
Viola Rosencratz, che se ne andò insieme ai demoni e ai mannari, lavandosene le
mani.
Certo Lucas non poteva vedere con gli occhi di Glory.
E non aveva
visto come il piccolo Cosmo avesse salvato tutti gli amici di suo padre,
Smaterializzandoli fuori dai sotterranei.
Ma si sa.
Certi segreti sono
cari. E non devono essere subito svelati.
Tre cose però, agli occhi del Phyro
erano certe.
Suo padre gli aveva aperto un mondo nuovo, davanti. Il più bello
che avesse mai osato sognare...
Che Thomas Maximilian Riddle era un
grande attore. Il migliore.
E che le albe erano momenti fantastici per
vincere una
guerra.
- Fine
Penultimo Capitolo –
This Web Page Created with PageBreeze Free HTML Editor