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Autore: Kysa    14/06/2007    9 recensioni
Il quarto capitolo della mia saga: a otto anni dalla perdita che ha segnato indelebilmente Harry e Draco, a Londra tornano segnali che i Mangiamorte sono risorti e con loro, potrebbe esserci un nuovo grande capo. La vita di Thomas Riddle, dopo la sua Sigillazione. Ora tutte le domande avranno risposta.
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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"...Era il mostro di origine divina,
lïon la testa, il petto capra, e drago
la coda; e dalla bocca orrende vampe
vomitava di foco: e nondimeno,
col favor degli Dei, l'eroe la spense..."


Omero.
Iliade, VI, 222-226, (trad. V. Monti)






Un tempo, la grande casa in stile vittoriano era stata il simbolo di tutta una cittadina. Simbolo dell’agiatezza di una famiglia babbana, esempio di classe e sogno irrealizzabile di una strega di sanguepuro...che aveva visto in quella villa tanto irraggiungibile un’isola d’amore felice, raggiunto però coi mezzi sbagliati.
A caro prezzo, in seguito, quel suo errore sarebbe stato pagato. E da ben più di un suo discendente.
Erano passati anni dalla morte di Merope Gaunt, eppure, su quella casa, ancora gravava un sogno incatenato a tutto ciò che Riddle House rappresentava.
Il potere.
Ma, a un’ora dall’alba di un nuovo giorno, il fulgore della maledizione dei Riddle stava venendo meno.
Le fondamenta della casa traballavano.
Tutta la valle, tutta Little Hangleton era scossa da violenti fremiti.
I babbani se n’erano accorti. L’emergenza terremoti era già stata allertata.
Ma se avessero avuto il dono di vedere, si sarebbero accorti dell’immensa nube nera che gravava sui tetti d’ardesia verde della vecchia villa disabitata.
Una nube nera, vorticosa, macabra e tempestosa.
Che si muoveva come una spirale...e pareva pronta a divorare la tenuta stessa.
Denise Loderdail Cameron osservava la scena dall’accampamento degli Auror, sulla collina.
Le palpebre velate di cipria diamantina erano chiusi, a celare i segreti della mente.
Quanti ricordi, troppi per una casa con fondamenta così fragili.
Quanto odio, troppo, per una famiglia che si era macchiata di un solo peccato.
Ma c’era ancora qualcuno...anzi, qualcosa di molto potente sotto quei metri di terra.
Qualcosa di antico. Qualcosa...che non era mai stato domato e forse, mai a nessuno lo avrebbe permesso.
C’erano ancora mille ricordi del padre di Tom, in quel luogo.
Erano tangibili come il vento che le sollevava i capelli in un ventaglio di neve e perle.
La vendetta.
Il rancore.
La frustrazione.
E l’amore...
C’era un amore cieco, ovunque lei posasse lo sguardo.
L’amore per Lucilla...il desiderio di non lasciarla mai andare...
Il desiderio di incatenarla per sempre, nasconderla al buio...affinché nessun altro avesse mai potuto portargliela via.
L’ennesimo scossone indurì i lineamenti della demone, che riaprì gli occhi giusto in tempo per vedere una folgore smeraldina balenare nel cielo.
- Si sta scatenando...-
Una mano gentile le percorse la schiena, carezzandogliela con reverenza – E’ compito degli umani rimettere a posto i loro disastri.-
Denise spiò in direzione del marito. Alto e imponente accanto a lei.
Era l’emblema della potenza, Caesar. E lui sapeva bene che per non avere neanche mille anni, la sua straordinaria forza era qualcosa di spropositato agli occhi di tutti i loro simili.
Probabilmente non riusciva a capire come poteva sentirsi una formica. Non avrebbe mai potuto farlo.
- Ti sbagli, invece.-
Sbuffando, tornò a fissare Riddle House. Ancora una volta...se le avesse spiato i pensieri ancora una volta, gli avrebbe cavato gli occhi!
- So bene cosa si prova ad essere indifesi. A non essere in grado di reagire.- continuò, senza smettere di accarezzarla.
- Certo.- replicò lei, tenendo lo sguardo ostinatamente fisso sulla villa risucchiata da quel vortice di tetre e vaporose nuvole color dell’ebano – Imperia. E’ lei che ti fa sentire così.-
- Sbagliato.-
Si volse e lo fissò.
Lui, da parte sua, fermò la mano e la strinse contro il suo fianco.
- Ero furente con lei. Lo sono ancora. Sei tu a farmi sentire incapace di qualsiasi cosa.-


Ormai le scosse non si concedevano più un momento di pausa. Anche un perfetto idiota, privo di alcun istinto di sopravvivenza, avrebbe capito che presto quei cunicoli, quelle gallerie e quei corridoi, si sarebbero presto ridotti miseramente in briciole.
E salvarsi la pelle, per una volta, prevalse addirittura sul desiderio omicida.
Duncan Gillespie fumava convulsamente, il fumo si levava più denso nelle nuvole di stucco e detriti che colpivano entrambe le fazioni. Il suo immancabile sigaro, stretto fra i denti, stava rischiando la decapitazione.
- Siamo fottuti.- sussurrò Jess Mckay, al suo fianco.
Paul Brockway, rimasto a fianco di Badomen e attorniato dal gran numero di Mangiamorte superstiti, fissava trucemente la fazione degli Auror. Più i demoni, ovviamente, che da parte loro sembravano gli unici a non temere di venire sepolti vivi.
- Siamo fottuti.- disse Badomen a sua volta, girandosi indietro con sguardo ansioso – E non vedo più il Padrone.-
- Non possiamo lasciare vivi questi bastardi!- ringhiò il Carceriere di Azkaban – Craig, meglio la morte che questo disonore! Ammazziamoli tutti! In nome del nostro Signore!-
- Al diavolo, la Grimaldentis potrebbe ucciderlo con la sua maledetta leva!- tuonò l’altro, il cui tono salì pericolosamente a livelli di isterica mal repressa – Dobbiamo raggiungerlo e subito! E’ senza poteri!-
- Voi non andrete da nessuna parte.- ringhiò Tristan, fermo dall’altra parte del corridoio.
- Ma davvero?- ridacchiò Brockway, spettrale, tanto era macchiato di sangue il suo viso – E come pensi di fermarci?-
Non ci sarebbe stato neanche da chiedere in quell’occasione.
Quasi tutta la fazione degli Auror era completamente senza poteri.
Avevano a disposizione delle pozioni, si, ma in numero esiguo ormai.
E da sola, Hermione sarebbe stata uccisa.
Fortuna che, come diceva Silente, nei momenti di buio, bastava ricordarsi di accendere una piccola luce...nell’oscurità.
Fu qualcosa d’impressionante.
Di folle.
Si, di folle...perchè aveva il sapore dell’incredibile.
Come se tutti, tutti i loro nemici nello stesso istante, avessero ricevuto un ordine impartito da Dio in persona.
Neanche di fronte a Harry Potter avevano tremato, fiduciosi nel loro nuovo Lord Oscuro.
Ma ora...ora era tutto diverso.
Lei si fece largo fra la folla.
Mentre tutti i suoi nemici iniziavano a tremare.
A non sentirsi più nemmeno padroni di loro stessi.
Questo il dono dell’empatia.
Questa...la condanna.
Un tempo i Mangiamorte si erano inginocchiati di fronte a Lucilla dei Lancaster.
E ora, in quel preciso momento, Degona Mckay scrutò i nemici coi suoi occhi di neve. In piedi, come un’imperatrice di fronte ai suoi sudditi, posò lo sguardo pallido e vitreo su ognuno di loro.
Per un mortale minuto, nessuno fiatò.
Regnò un silenzio di tomba.
Poi, il fragore di una prima spada caduta a terra, fu l’anticamera del rombo di mille altre che la seguirono.
Perché tutti i Mangiamorte furono domati.
Da un comando che veniva dal loro stesso cuore.
Da un comando, impartito da colei che aveva imparato che...la sudditanza, era qualcosa che le era dovuto.
Spade, coltelli, lame, archi e frecce.
Uno a uno caddero a terra.
Gemiti e lamenti di coloro venivano impunemente schiacciati.
Degona, con la mano stretta in quella di sua madre, nascondeva il suo segreto sotto le lunghe ciglia bagnate.
Se di lacrime o umidità, nemmeno lei lo sapeva.
- Ora tutti voi seguirete il Capo degli Auror.- disse con tono basso, ma perfettamente udibile, pari a quelle orecchie nemiche come il suono del corno della battaglia – Uscirete da questo luogo...e nessuno di voi vi farà più ritorno.-
Altri lamenti, altre scene d’isterismo.
Ma nessuno osò rifiutarsi.
Si allinearono tutti, incuranti del suolo che tremava violentemente sotto di loro.
Ci furono altri crollo...eppure, Dio e il Diavolo solo sapevano come, quei maghi incappucciati di nero, gettarono le loro maschere e attesero che lei, la loro nuova padrona, desse loro il permesso di muoversi.
Degli schiavi.
Non dei servitori.
Ora lei aveva ai suoi piedi uno stuolo di schiavi.
Devoti.
E assolutamente incapaci di ribellarsi.
Perché la ribellione non albergava più nelle loro menti.
Mentre i Mangiamorte spostavano la loro vacua attenzione su Duncan, gli Auror si accorsero che qualcuno era sfuggito.
Si girarono e sentirono delle urla di rabbia nel buio.
- Merda!- ringhiò Ron – Ci siamo persi di nuovo Badomen e Brockway.-
- Tranquilli.- Degona li fermò tutti – L’ho fatto apposta. Mi porteranno da Miranda e da Tom.-
- Già, come lo risolviamo il problema Tom?- replicò Jeager, rimettendosi in spalla da lancia imbrattata di sangue – Quei fottuti Poli gli hanno fatto perdere il lume della ragione.-
- Ci sarà un modo per farlo tornare in sé.- sussurrò Harry, che fino a quel momento aveva tenuto in braccio Lucas, volente o nolente, dopo che l’aveva quasi perso.
- Non voglio deludervi...- Hermione catalizzò completamente le occhiate angosciate dei presenti – Ma se si rovina un puro di cuore, allora c’è molto poco che noi possiamo fare per lui.-
- Non scherziamo!- sbottò Draco, che come Potter stava completamente perso nell’abbraccio di sua figlia – Tom è nato puro di cuore e così lo faremo tornare, mezzosangue. In un modo o nell’altro.-
- Allora non mi hai sentito! E’ impossibile ti dico!-
- Non c’è una pozione? Qualsiasi cosa!- esalò Tonks.
- Ne dubito.- ribatté la Grifoncina – L’avete visto ragazzi, è completamente cambiato!-
- Mi stai davvero dicendo che...- Trix l’afferrò forte per il braccio, facendole quasi male -...che dobbiamo...che dobbiamo prendere in considerazione l’eventualità...-
-...che sia sorto un nuovo Lord Oscuro.- terminò Lucilla, senza la minima inflessione nella voce.
Beatrix, Cloe e Damon la fissarono a occhi sgranati.
La demone, seppur con la morte nel cuore, annuì.
- Mi dispiace.- mormorò.
- Non m’interessano le scuse!- tuonò Harry all’improvviso, mescolando la sua rabbia al vacillare della miniera, che sembrava accartocciarsi su se stessa – All’inferno, non permetterò agli Illuminati di vincere! Il rito dei Poli deve essere invertito!-
- Non si può!- urlò allora la Lancaster, zittendo tutti e mettendo loro il ghiaccio nelle vene. Era agitata, a malapena stava in piedi dopo il sangue che aveva perso. E ora, doveva dire addio a suo figlio.
- Non si può.- disse in un soffio, distogliendo lo sguardo dal bambino sopravvissuto.
Sapeva che guardandolo, avrebbe visto la loro sconfitta.
E non poteva sopportarlo.
Lo aveva perso.
Avevano perso Tom...
Una volta per tutte.
- No.-
Harry digrignò i denti.
- No, fanculo non ci sto!-
- Non c’è modo, Harry...-
- Lucilla, io me ne frego...- sentenziò lapidario, fremendo tutto – Me l’hanno portato via già una volta. Neanche suo padre è riuscito a strapparmelo e adesso dovrei permettere a Miranda Grimaldentis di mandare a puttane tutto quello che abbiamo passato? Che LUI ha passato?!- scosse il capo, riprendendosi la spada – No, mai.-
Passò Lucas in braccio a Jess e mise la piccola Faith fra le mani sicure di Clay.
- Io vado da lui.-
- Potter, per Merlino, questo posto sta venendo giù!- ruggì Duncan, già coperto di detriti – Finirete per farvi seppellire qui sotto!-
- Allora preparami la lapide.- sibilò il bambino sopravvissuto, inchiodando lui e tutti gli altri coi suoi lucenti occhi verdi – Perché non me ne vado da qui senza Tom.-
Ah, i ribelli.
Morirebbero per onore.

Una risata sarcastica impedì a Potter di fare un passo. E Harry già sapeva da chi era venuta.
- Non penserai mica che ti lasci tutto il divertimento, Sfregiato.- sibilò Draco Malfoy, sistemando i guanti con fare pigro che aveva un che di lascivo.
- Già, dopo più di vent’anni mica posso lasciare che ti pigli la gloria tutto da solo.- fece anche Ronald Weasley, con fare paziente – Tu che dici Herm? Fai ancora parte del trio?-
- Si, Herm.- soffiò Edward Dalton amabilmente, insieme a una nube di fumo che avvolse la strega – Non vorrai mica lasciarci vero? Sai che siamo troppo innocenti per girare da soli.-
Si. Hermione Jane Hargrave sapeva che se li avesse lasciati soli, si sarebbero di certo fatti ammazzare.
Tom compreso.
E poi aveva ragione Edward.
Il Trio non poteva certo sciogliersi dopo quasi trent’anni di vita e di onorata carriera alle spalle.
- Tutti insieme.- scandì Harry, incurante del buio che iniziava a calare sulle loro teste.
- Tutti insieme.- si unì Damon, seguito da Tristan e l’intera squadra di Jess – Non lasceremo morire Tom qui sotto.-
- Nessuno morirà qui sotto.- sbuffò Draco, sistemandosi il mantello sulla giacca – Duncan, porta l’Ordine e questi bastardi fuori da qui...subito.- aggiunse, sentendo un lontano ma quanto mai pericoloso scricchiolio nelle strutture di pietra – Noi prendiamo Tom e usciamo subito dopo.-
Gillespie, ovviamente, evitò di dar voce al suo più veritiero pensiero.
Probabilmente sarebbe stata l’ultima volta che li vedeva, pensò.
In silenzio, dette una pacca sulla spalla a Harry, stringendolo forte.
- Cerca di tornare vivo.- bofonchiò al suo orecchio, per poi sorpassarlo e mettersi a urlare – Forza, forza lavativi! Voglio che portiate fuori me e questa feccia da questo buco schifoso! Me ne frego se siete stanchi, me ne frego anche se siete feriti! Io ho un buco in una chiappa, ma non per questo mi permetto di piagnucolare come un bamboccio! E adesso seguite le indicazioni di Miss Mckay e parcheggiate le vostre persone fuori da qui! All’istante!-
- E voi due state insieme a Tonks!- impartì Harry ai due figlioletti, vista la faccia seccatissima del suo primogenito che proprio non amava fare bagni fuori programma – Capito Lucas? Non staccarti mai da lei!-
Gli Auror si spostavano.
Facevano baccano. Dietro di loro, i Mangiamorte li seguivano come zombie.
Degona Mckay però non sembrava volersi muovere da quel corridoio.
Scrutava qualcosa.
E William, in piedi accanto a lei, sapeva anche cosa.
- Non resisterò a lungo.- gli disse la strega, guardandolo – Questo potere va tenuto in gabbia.-
- Quindi tornerai come prima.- sospirò il giovane Crenshaw.
Sorridendo, la ragazza socchiuse le palpebre.
- Si. Non voglio restare così. Mia madre mi ha lasciato questo potere per difendermi.-
- E adesso vuoi difendere questa gente.- William spiò verso le celle – Vuoi farli uscire tutti?-
- Come tutti?- saltò su Jess, in coro con Jeager, Hacate e anche Asher – Come cavolo facciamo a trascinarceli dietro tutti?- continuò l’Auror, indicando un tizio in una gabbia alla sua sinistra – Tesoro, lo sai chi è quello?-
Degona sogghignò tanto da far sentire male suo zio.
- Certo che lo so. E’ un gagia che faceva esperimenti sulla mente dei bambini.- e distolse lo sguardo dal prigioniero – Infatti lui non uscirà. Ho ancora poco potere, ma usandolo posso fare in modo di far uscire tutti gli innocenti. Dovrete portarli in salvo voi, mentre io cerco mio fratello.-
- Cosa?- William allargò la bocca, sdegnato – Non ci pensare nemmeno, io vengo insieme a te!-
- Non fossi venuto, te l’avrei chiesto io.- gli sussurrò, senza che gli altri potessero sentire – E adesso spostatevi. Non ho molto tempo.-
Avvenne di nuovo.
Leggendo in ogni cuore, in ogni mente, in ogni spirito...venne dato l’ordine.
L’ordine di un giudice, di una giuria e di un boia.
Perché alcune porte si spalancarono all’istante.
Altre invece, rimasero chiuse...
- Lo sopporterai?- le chiese una voce alle spalle, quando gli Auror si precipitarono ad aiutare tutti quegli innocenti.
Lei abbassò il viso. I riccioli le ricaddero sulla fronte, coprendole lo sguardo.
- Sopporterai di aver lasciato qua della gente?-
- Sopporto a malapena quello ho visto in loro.- replicò, sentendo una mano calda stringere la sua – Se mi dai una mano però, dimenticherò prima.-
- Certo diavoletta.-
Un abbraccio. Forte, sincero e profondo come quello del mare.
- Mi sei mancato papà.-
Tristan inspirò a fondo. A lui era mancato...quello e altro.
La vita.
La sua famiglia.
Sua figlia.
Anche la sua anima.
- Mi raccomando Glory.- Draco ed Hermione, a loro volta, strinsero con forza la loro bambina, mentre Harry faceva lo stesso cercando di non litigare con Lucas, che voleva restare con lui che abbrustolire quella strega che l’aveva affogato, e Faith, che brontolando e implorandolo alla fine era riuscita a ficcargli nel cappuccio del mantello Cosmo, dicendogli che l’avrebbe protetto.
Glory, da parte sua, fece molte meno storie.
Strinse la madre e il padre, non pianse una lacrima, ma staccandosi da loro, il suo sguardo mite riuscì a uccidere Draco.
Il pensiero che sarebbero potuti non tornare era palpabile come l’aria tetra di quella miniera.
- Prendete la lancia di Jeager.- disse la Veggente, all’improvviso.
Crenshaw, alzando un sopracciglio, fissò Hermione. Quindi Draco e dopo, senza fiatare, si tolse la lunga asta di noce dalla schiena, per porgerla a Malfoy.
- Occhio che costa come un anno delle tue rendite in Scozia.-
- Mai come i pantaloni che mi sono strappato, pezzente.- fu l’acida replica.
- Siete pronti?-
Degona fermò quell’arguta disquisizione ad alto tasso morale, richiamandoli all’ordine.
- Forza, sto perdendo la scia di Tom.-
- Mi raccomando.- le disse Vlad all’improvviso, quando gli altri demoni, Ilalya Greyback e Viola si erano già incamminati – Occupati di tuo fratello.-
Lei lo studiò per un secondo.
Bastò per sorridergli, piena di gratitudine.
- Vedrai, te lo riporto sano e salvo.-
- Sta attenta anche tu, micina.- ironizzò Stokeford, mentre Cloe gli passava sotto il naso.
- Ahah, crepa!-
L’ultima cosa che Dena vide, immergendosi nel tunnel nero che sembrava portare all’abisso, fu Vlad che sollevava la mano. In saluto. In buon augurio.
Poi, anche la luce delle fiaccole si spense definitivamente.
E fu la tenebra sotto tutta Riddle House.


Una leva, scarna e legnosa, coperta di muschi, all’ombra di una lanterna, venne tirata.
Verso il basso ridiscese.
E con essa, anche la casa iniziò a collassare.
Miranda Grimaldentis osservò il suo lavoro. E alla sete di vendetta si abbandonò, inspirandola e godendone.
Sicura che presto, Lui sarebbe arrivato.
E sarebbe morto.
Ma non per mano sua.
Ma per mano...della cosa...che grazie a quella stessa leva, lei aveva liberato.
E che Lucilla dei Lancaster, dall’altro capo della miniera, lo capisse pure.
Ormai non aveva più importanza.
Perché il dono che suo marito le aveva fatto, ora non era più suo.

Si, Lucilla lo capì.
Perché a pochi metri dall’uscita del pozzo, ora raggiunta con facilità nonostante il codazzo di Mangiamorte e innocenti che gli Auror avevano liberato, la demone avvertì la bestia nel cuore.
Fulgida e brillante.
Vorticosa e scintillare.
Tanto potente da farle fremere i sensi.
Per lei.
Era un suo regalo.
Doveva andare da lei...
E muovendo un passo dietro l’altro, si avvicinò al fatale ruggito.
Che stava nascosto al buio...e non sapeva aspettare che lei.
Ma non si accorse di essere seguita. Da una luce nel buio. Ancora più accecante di quella bestia.




“E’ nel momento in cui dubiti di volare che perdi per sempre la facoltà di farlo.”
Jim Morrison.



Thomas Maximilian Riddle scostò una ragnatela umida utilizzando la spada, per poi levarla dalla lama con pesante sdegno. Finalmente vedeva delle luci, in quel lungo corridoio inanimato.
L’aveva raggiunta.
Le sue iridi rosse sfavillarono, a quei timidi bagliori lontani.
Ma l’aveva trovata, finalmente.
Con passo felpato, quasi spettrale e sprezzante, si mosse sulla terra bagnata bruna e scura.
Un piccolo portale di pietra grezza l’aspettava al varco. Da lì, vide una stanza circolare. Dal soffitto basso, in confronto a quella che era stata la stanza del Trono. Alto appena due metri, dava una chiara sensazione di claustrofobia.
Questa, cercò di azzannarlo alla gola, ma i suoi occhi assettati agognavano ad altro.
La vide, alla parete opposta.
Una mano priva di guanto, come l’altra, che ora mostrava ogni lesione e cicatrice, ancora calata sulla maledetta leva.
Era arrivato tardi.
- Troppo tardi.- l’apostrofò infatti Miranda, con voce flautata, come una ninna nanna – Ormai sei finito.-
Si girò. Era senza cappuccio. Un teschio scarno, ricoperto di un sottile quanto ustionato strato di pelle rosea.
Lucida, troppo lucida. Un’unica cicatrice.
Pochi e radi capelli.
L’unica cosa che testimoniava la sua natura umana, erano i suoi occhi.
Neri e profondi. Colmi d’odio e ora di soddisfazione.
- Morirai qui, Lord Oscuro. Insieme a me. A noi.-
Riddle non aprì bocca.
Si limitò a guardarla. E lei, stringendo le labbra, iniziò a vibrare come una corda di violino.
- La bestia di tuo padre ti ucciderà!-
- Pare che tu abbia qualche problema di autocontrollo, amica mia.-
- Vall’inferno Riddle.-
- Oh, ci andrò sicuramente.- annuì, ossequioso – Ma prima ti spianerò la strada.- e sollevò la lama della spada di fronte al volto, che raccolse il bagliore di una fiaccola – Non pensare neanche di riuscire a cavartela.-
- Dovresti ringraziarmi, infame bastardo. E’ grazie a me ciò che sei!-
Di fronte all’ennesima risata del suo avversario, la Grimaldentis artigliò le dita, tanto da piantarsi le unghie nel palmo.
Il dolore, in confronto al rancore, era niente.
Pari a zero.
- Cosa speri di ottenere?- gli chiese, inclinando il capo appena percettibilmente – Cosa speri di avere, dalla vita? Vuoi quello che ha avuto tuo padre? Vuoi il suo potere? La sua fama? Il suo nome? O...vuoi di più?-
- Si.- Tom ciondolò la spada fra le dita – Ma quanto di più?-
- Riuscire dove lui ha fallito, per esempio. Uccidere Harry Potter.-
- Oh, la piccola Miranda per vendicare la morte del padre otto anni dopo, cerca di manipolare il figlio del suo nemico per risentirsi in pace col mondo e avere finalmente in attivo qualche vittoria alla causa Illuminata.- la schernì.
- Perché, tu non vuoi forse vendicarti?-
- Si, ma la vendetta non mi ha divorato la faccia.-
Stava per esplodere.
Lo stava facendo apposta. E più lei se ne convinceva, più quel verme riusciva a farla andare fuori di sé.
- Vedrai. La belva di tuo padre ti divorerà le viscere invece. E il bello è che sarai ancora vivo quando lei inizierà a mangiarti!-
Ancora una volta, la minaccia non andò a segno.
Sconvolta, la donna lo vide gingillarsi con la spada. Più attento alla levigatezza del metallo lucente, che alla bestia.
Cosa gli dava tanta sicurezza?
- Ho una domanda per te.-
Riddle, all’improvviso, ritrovò interesse per la loro discussione e le sorrise, sollevando la lama in linea d’aria contro l’Illuminata.
- Sentiamo.- ringhiò lei, ferocemente.
- Io...- iniziò, con tono ilare e sarcastico – Io ti sembro uno sprovveduto?-
Non colse il senso di quella frase e lo scrutò, aguzzando i lineamenti deformi.
- Hai perso il senno.- commentò, stringendosi nelle spalle – I Poli hanno sortito l’effetto contrario, temo.-
- Io temo invece che tu sia molto ingenua, mia cara Halley.- la prese in giro.
- A differenza della mia ingenuità però, ammesso che esista davvero, io sono ancora armata di magia. La tua spregevole sorella s’è presa la mia bacchetta, ma i miei poteri sono ancora tutti qui. E adesso...- sollevando le mani ustionate di scatto, la Grimaldentis artigliò le dita come uncini, piena di sé – E adesso vediamo cosa riesci a fare contro la mia telecinesi!-
La spada sgusciò dal palmo di Riddle, che si ritrovò del tutto disarmato.
Eppure, sebbene il piccolo gemito di stizza che emise, rimase immobile di fronte a lei. Con la sua stessa spada che mirava dritta al suo petto, immobile a mezz’aria. E a lei sarebbe bastato un solo cenno per sgozzarlo definitivamente.
Ma ancora una volta, quel maledetto sembrava padrone di sé.
Nessun cedimento.
Nessuna emozione.
Perché?
Miranda non faceva che chiederselo.
Perché non tremava? Perché non si diceva finalmente sconfitto?
Era troppo. Urlando, strillando come tutti gli innocenti che aveva torturato, sollevò il braccio e si mosse per ucciderlo. All’ultimo però, si dovette fermare. Avevano compagnia.
Alle sue spalle, proprio dietro di lei, la parete saltò per aria sbriciolandosi.
Conoscendola, poteva essere stata quella sporca mezzosangue. Solo lei.
Solo lei ancora armata di magia.
Li vide uscire tutti da quello squarcio nel muro, uno a uno. Tanti. Troppi contro una.
Però quella gagia non avrebbe messo in pericolo nessuno dei suoi amati amici traditori.
La conosceva bene. Avrebbe combattuto, ma avrebbe anche saputo che un colpo storto e lei avrebbe ferito i suoi compagni. Sapeva che non avrebbe rischiato.
Quindi Miranda doveva solo occuparsi di sistemare la Hargrave.
Il resto, sarebbe stato semplice.
Il primo ad uscire fu Draco Malfoy, a ruota seguito dal bambino sopravvissuto.
- Maghi del cielo...- li apostrofò acidamente l’Illuminata – Che facce signori. E’ morto qualcuno per caso?-
- Tieni a freno quella lingua.- Harry Potter si piazzò a cinque metri da lei, scrutandola senza più la protezione del cappuccio, vedendo bene cosa le Polisucco e la sua ostinazione le avevano fatto – Complimenti. Bel risultato.-
Miranda, incurante dei suoi insulti, si spostò leggermente e indicò Tom, con un elegante gesto del braccio.
- Vero? Lui è il mio capolavoro.-
Riddle scosse appena il capo, distogliendo lo sguardo sanguigno da Potter e anche dal cugino.
Come se tutto ciò nemmeno lo riguardasse.
- Come ci si sente Harry Potter?- ridacchiò la Grimaldentis – Come ci si sente a sapere dopo otto anni in cui hai vissuto libero e sereno, che i figli dei tuoi due più grandi nemici si sono ridestati eh? Credevi davvero che avrei usato quell’idiota pomposo di Orloff solo per le informazioni sulle famiglie di quegli animali di gagia? Andiamo!- e batté le mani insieme come una bambina eccitata, persa nel suo delirio di onnipotenza – Tu più di tutti dovresti sapere bene che per ottenere ciò che si desidera, bisogna essere disposti a tutto!-
- E così otto anni fa hai preso le sembianze di Orloff.- sussurrò Jess.
- Esatto, signori!- continuò, deliziata nel poter dimostrare il suo piano e la sua bravura, ora che tutta la miniera e i sotterranei di Riddle House erano pronti a inghiottirli – Durante il sequestro, avevo accumulato abbastanza campioni per permettermi di vivere al posto di quell’imbecille di un politico...per un anno intero! Certo, è stata dura. Troppi impegni, per lui. E le mie scorte, sette anni fa si sono assottigliate miseramente. E poi...- esplose in una risata fragorosa, quando badamene e Brockway apparvero nella stanza, dietro alle spalle di Tom, ansanti e visibilmente angosciati – Poi tornati sui Pirenei, dove sono nata. E lì, al confine, ho trovato Craig. E da sette lunghi anni, io attendo. Attendo questo momento! Ho usato Donovan, anche se fu lui a venire a cercarmi, dopo l’arrivo di Craig in Gran Bretagna e i primi incidenti. E lui a sua volta ha ingannato i Mangiamorte, facendo finta di essere uno di loro. Donovan li convinse tutti che l’unico modo per riavere il Lord Oscuro sarebbe stato liberare il figlio di Voldemort. Ma si guardò bene dal dire che all’arrivo, fuori da Cameron Manor, l’avrei aspettato io. Pronta a ucciderlo!-
Girandosi, inchiodò Tom con uno sguardo di puro odio.
- Ma lui non ha fatto che sfuggirmi...e Craig mi ha reso il compito molto difficile...-
- Traditrice!- urlò Badomen.
- Vero.- annuì, orgogliosa – E oggi, miei cari amici, io vi ho tutti in pugno.-
Sollevò un dito verso il soffitto, continuando a ghignare.
- Lo sentite questo rumore?- sussurrò, abbassando la voce cavernosa – Lo sentite?-
Era...qualcosa di liquido.
Flautato, lontano.
Eppure vicino.
Era...
- Acqua.- mormorò Degona, le iridi bianche nascoste dalle lunghe ciglia – La diga della miniera è stata sbloccata.-
- Esatto!-
Miranda puntò il dito alla leva.
E ora, il suo ghigno, divenne un grottesco simbolo di vittoria.
- Morirete tutti!- arrivò a gridare, inspirando forte, sempre più veloce, sempre più velenosa – Morirete qui, signori. Auror e Mangiamorte, eroi e assassini. Tutti, tutti! Nessuno si salverà! Che sia il fuoco a bruciarvi, la terra di questa casa a seppellirvi...o l’acqua a farsi annegare non importa! Ma tutti morirete! Per mano mia!-
Le sue urla riecheggiarono come l’acqua che filtrata nelle gallerie, tutto iniziava a travolgere.
Celle, prigioni.
E gole...

Damon Howthorne, insieme agli Auror, iniziò a sentire voci e lamenti.
Era un esodo. Un esodo di anime chiare, che si avviavano verso la luce...o il buio.
Dal soffitto, dalle pietre che lo componevano, iniziarono a filtrare deboli gocce d’acqua scura.
- Siamo stati ingannati tutti quanti.- ringhiò Badomen, serrando le mascelle – Padrone, mi dispiace.-
Tom restò zitto. Non fiatò.
Però aveva ascoltato tutto con molto interesse.
- Non fare quella faccia Craig.- gli sorrise la figlia di Mezzafaccia – Almeno avrai l’onore di morire col tuo lurido Signore Oscuro. Un tale evento non capita tutti i giorni. E anche volendo, non avresti potuto farci nulla. Tu nemmeno, Potter.- soffiò, melensa e stucchevole, nella direzione del bambino sopravvissuto – Chi mai avrebbe potuto pensare che l’ingenua e dolce Halley Brockway fosse la figlia di Augustus Grimaldentis, il grande capo degli Illuminati? ...Sono la migliore attrice del mondo.-
- Su questo mi permetto di contraddirti.-
Un piccolo crollo sembrò spezzare la linea visiva fra Miranda e Thomas Maximilian Riddle.
Ma non era vero.
Quelle parole erano rimaste sulla testa di tutti.
A pendere come macigni.
Come ghigliottine.
I miracoli avvengono, pensò Harry Potter in quel momento.
E non per mano di qualcuno ai Piani Alti.
Il sorriso di Miranda si era gelato sulle sue labbra.
La donna fu vista portarsi la mano al cuore.
Fu vista deglutire.
Tom Riddle ora sorrideva. Non ghignava più, sorrideva.
- Credo che a te vada la medaglia d’argento, Miranda.-
Il sangue ridivenne cielo notturno.
Il tramonto si fece velluto.
E gli occhi di un puro di cuore, tornarono a essere tali.
Accadde ancora.
Quella luce riapparve, più fulgida che mai.
Insieme a lei, che mai accecava e che sapeva distruggere lo spirito più impuro, tornò quel canto.
Lontano, appena accennato.
Ma c’era.
Un coro di voci...limpide come diamanti alla luce del sole.
Era stato un pezzo di carbone per tutta la vita, pensò, lasciandosi avvolgere dalla sua luce.
Forse era riuscito a diventare un diamante.
Forse si stava svegliando davvero dal suo sonno.
Non più bambino.
Non più prigioniero.
Non più Lord Oscuro.
Solo...un diamante puro.


E’ impagabile l’espressione del nemico beffato.
Impagabile il suo sconcerto.
Impagabile...la sua coscienza di essere battuto.

- Mentire è un’arte, Miranda.-
Thomas Maximilian Riddle si beò di quel silenzio.
Dell’aria che aleggiava.
- E qualcuno è più bravo di te.-

Tutto ricominciò a crollare.
E questa volta non smise più.
Acqua e terra iniziarono a riversarsi oltre la diga sotterranea.
In ogni galleria, in ogni corridoio, in ogni anfratto.
Tutta la valle di Little Hangleton si preparò, tacendo, alla fine dell’attesa.
Ma in un luogo, da qualche parte, sotto il ventre delle colline, si, da qualche parte un nemico era stato beffato.
Ed era stato battuto.
- Tu mi hai preso in giro...- alitò Miranda Grimaldentis.
- Credevi di essere l’unica a poterlo fare?-
Dietro di loro, sospiri di sollievo.
Cuori che ricominciavano a battere.
Harry James Potter, che chiudeva gli occhi.
Quella luce gli aveva riportato alla memoria un giorno...un giorno imprecisato, di tanti anni prima.
Un bambino coi capelli neri e gli occhi come la volta notturna che stava seduto alla sua tavola.
Un bambino che leggeva.
Che alzava il viso e gli sorrideva.
Un cerotto sulla fronte.
Uno spirito incorruttibile.
Tanto forte, che neanche il male l’aveva sporcato.
- Come hai fatto?-
Miranda Grimaldentis si muoveva verso di lui.
Camminava, senza neanche tentare di fermarsi. E più si avvicinava a Tom, più abbassava le difese.
Non era più lei. Ma una donna sconfitta.
Un simbolo, un vessillo.
Una bandiera bruciata. Su un campo di battaglia perduto.
A un passo da Tom, puntò il nero sguardo su di lui.
- Come? Come hai ingannato i Poli?-
Il rombo di un altro crollo impedì a tutti di sentirne la risposta.
Ma l’Illuminata la percepì come uno schiaffo.
- Mio figlio mi ha protetto da te.-
Non era la gabbia la sua più grande paura.
Non era la guerra.
Il nome dei Riddle.
Niente di tutto questo.
Entrambe le mani della strega salirono al collo di Tom. Lo serrarono forte.
Non capiva più quelle che faceva. Era la voce di suo padre a farla agire.
Anni orsono, un uomo e un parassita provarono a uccidere un bambino protetto dal sacrificio di una madre.
E anche questa volta, il sacrificio di un padre protesse Tom Riddle dalla morte.
Le mani già ustionate di Miranda, che fino a quel momento erano state protette dai guanti, ora divennero incandescenti.
Si sbriciolarono, al collo candido di quel mago.
L’intero corpo corrotto dell’Illuminata finì in cenere.
Briciole di una credenza ormai sepolta.
Tutto finì in breve tempo.
Auror e Mangiamorte, ancora sgomenti, videro il corpo accartocciarsi. Piegarsi su se stesso.
Al che, quando il fuoco del sacrificio ebbe compiuto la sua magia, non rimase che un mantello color panna.
Lindo, chiaro, immacolato.
A coprire un cumulo di cenere che subito di spense.

Se c’era stato un motivo per cui Lord Voldemort aveva dato la vita per suo figlio...questo motivo era stato un fine lontano. Nessuno però seppe dire se in previsione di quanto accaduto.
Forse per proteggere il suo sangue. La sua credenza.
Ma una cosa, d’altronde, era certa.
Silente era stato chiaro.
L’amore aveva bruciato un tempo il corpo dello sventurato professor Raptor.
E l’amore, quel giorno, aveva salvato un figlio con un sacrificio
.

Una frana si portò via l’entrata costruita da Hermione, spazzando completamente via il corridoio che gli Auror avevano percorso. In più, iniziarono a sentire l’acqua premere per sfondare le pareti.
Sembrava che filtrasse da ogni dove.
Sembrava scavare come un roditore, per crearsi un varco.
- Dobbiamo uscire immediatamente da qui!- urlò Hermione, pensando rapidamente a che incantesimo usare per aprire un portale che li conducesse il più lontano possibile dalla pressante forza delle acque della diga – State tutti uniti!-
Non si accorsero subito che il fragore dell’acqua non era l’unico soggetto esterno a minacciarli.
Troppo presi dal cercare un moto per fuggire alla svelta, gli Auror non sentirono il pericolo più imminente.
E dannoso.
Perché lì sotto, in quei cunicoli, c’era qualcosa di più grande dell’acqua.
Di più crudele di quel nuovo Lord Oscuro, che non era mai esistito.
Ma grazie ai crolli, ai tremori e al frastuono, non lo sentirono avvicinarsi.
Non sentirono i ringhi nell’oscurità. I passi cadenzati ma pesanti, che affondavano nella terra, artigliandola con unghie affilate, fatte per squarciare.
Si avvicinava.
Sempre di più.
- Non ce la faremo mai a uscire da qua!- sbottò Ron, imprecando contro la mancanza dei poteri – Se penso che potrei Smolecolarizzarmi come niente...dannazione!- e tirò un calcio a quella maledetta leva, che tanti guai aveva portato a tutti loro – Molto bene. Mettiamoci pure seduti e aspettiamo!-
- Per il momento voglio solo sapere come cazzo ti sei permesso di prenderci tutti per il culo!- tuonò Damon verso Tom, fuori di sé dalla collera – Questa me la paghi cara, ho ancora il mal di stomaco per quel pugno!-
- Bella stronzata, complimenti!- sbottò anche Trix – Mi hai fatto morire di paura!-
- Vi giuro che vi ascolterò più che volentieri, mi farò anche pestare...- acconsentì Riddle, passando di anfratto in anfratto, per cercare una via d’uscita che non fosse invasa d’acqua -...ma non potrò farlo se creperemo qui sotto.-
- Voi bastardi non sapete come uscire da qua?- fece Edward, rivolgendosi a Badomen e Brockway, come due vecchi amici, mentre Cloe, la Diurna e il Legimors si precipitavano fra le braccia dell’amico, furenti si, ma comunque sollevati.
- Col cazzo. E speri che te lo dica?- replicò il Carceriere di Azkaban – Fottiti Dalton.-
- Che scortesia.- commentò l’ex Corvonero – C’è tempo per del Veritaserum?-
- Mi sa che non abbiamo tempo neanche per fuggire da questa stanza...- li zittì tutti Degona, che scrutava qualcosa a terra, tenendo fisso lo sguardo come se fosse rimasta incantata da qualcosa.
O qualcuno.
Una magia in movimento. Forte. Fortissima.
Sgranando le iridi, capì che era tardi non appena un soffio gelido colpì tutti alle spalle.
Da un antro buio incassato nella parete, che a prima vista sembrava essere stato un vicolo cieco, un loculo o una semplice arcata morta, giunse un respiro tossico. Un lezzo di zolfo, intenso e infuocato.
Un rollio basso e vibrante, dette alla Mckay l’impressione di fusa feline.
Ma quello era un ruggito.
Ora capiva perché Glory aveva detto loro di tenersi stretta la lancia di Jeager.
Tutti gli Auror videro spalancarsi nell’ombra grandi e lucenti occhi color topazio.
La Chimera.
Ricordava le storie... Bellerofonte per ucciderla le aveva infilato tra i denti una lancia che con il calore del fiato del mostro si era sciolto, finendo nello stomaco della Chimera che causò così la sua morte.
Aveva visto tante immagini mitologiche e tratti sugli stessi libri di magia.
Ma non aveva mai pensato che esseri simili fossero ancora vivi.
Dove diavolo l’aveva trovata Voldemort? E com’era riuscito a incatenarla lì sotto?
Come si era riuscito, dannazione?
Lentamente, come un leone pronto ad attaccare, il mostro si palesò alla debole luce di un’ultima fiaccola rimasta accesa. Era alta quasi due metri, schiena e zampe possenti, ricoperte di grosse squame verde petrolio, che da lontano però potevano essere confuse con semplice pelle glabra. Testa di felino, priva di criniera ma grande, enorme. Come quella di due tori messi insieme. La coda, come quella di un croen, terminava con le fauci di un serpente di estese proporzioni.
E ai fianchi, ripiegate su loro stesse, pareva possedere esili ali cuoiose, ma dall’estesa apertura.
Non era un mostro normale.
Lo capirono quando dischiuse le fauci.
Una nube velenosa e pesante stillò calore, zolfo e...lava.
Sputava fuoco come i draghi!
- Draco...- Degona mosse il braccio dietro la sua schiena – La lancia.-
Malfoy serrò le labbra – Sei uscita di testa.-
- Dammela. Voi vi fareste ammazzare.-
- Quell’affare ti farà a pezzetti, Dena.- l’avvisò Milo – Non è una semplice bestia magica.-
- Lo so.- annuì la Diurna, stringendo la lunga asta di Crenshaw nel pugno – Ma mi è venuta un’idea. Serve un diversivo.-
- Ok.- Draco sogghignò istericamente – Sfregiato, mettiti a correre!-
In seguito, chi sopravvisse ricordò di quel momento il terrore più totale.
Mai nessuno si era trovato di fronte a un simile nemico. Dotato di raziocinio umano ma...di spirito selvaggio, donato dalla natura a livello animale.
Era qualcosa che la Chimera provocava a livello emotivo.
Le sue fauci. Il suo odore di zolfo.
D’inferno, forse.
E quei suoi occhi che vedevano solo al buio. Perché solo al buio totale, erano abituati.
Ed ecco cosa salvò gli Auror del bambino sopravvissuto.
La cecità forzata, di un animale che per tanto tempo era stato segregato nelle tenebre.
Se la Chimera intuì mai qualcosa, nessuno lo seppe. Perché il suo interesse, prima dell’istinto di uccidere, era concentrato verso la sudditanza. Verso la sua Padrona.
La bestia ringhiò così forte che gli Auror temettero un crollo spontaneo a causa delle onde sonore, nel momento in cui Lucilla dei Lancaster apparve da uno squarcio nel muro. Piccolo e angusto, che loro avevano giudicato impraticabile.
Bagnata fradicia, pareva aver visto un fantasma.
Il fantasma del suo primo marito, dei giorni passati insieme.
Dietro di lei, Lucas le teneva saldamente una mano. E non la lasciava andare.
Col fiato mozzo in gola, Harry mosse un passo. Bastò per arrivare all’udito finissimo dell’animale che scattò nuovamente con la testa, fiutando l’aria e spalancando le fauci in un ruggito mortale.
Una nuvola del suo letale fiato si propagò nella stanza, già contaminato dall’acqua torbida della diga.
Solo allora, quando ormai l’ossigeno stava per essere scambiato col miasma, Degona e Tom capirono che dovevano giocarsi il tutto per tutto.
Il fuoco di un Phyro, la luce di un puro di cuore e la potenza di un mito, andarono a colpire là dove Voldemort aveva fallito.
La luce invase tutto. Tutto quanto.
La Chimera accecata soccombette una seconda volta. Spalancò di nuovo le grosse mascelle per emettere l’ultimo suo lamento in quella vita...che venne spezzato, completamente messo a tacere dalla lancia che Degona Mckay le piantò fra le fauci, dritta nella gola.
Ma uccidere quella bestia...non fu una vittoria.
Nessuno seppe spiegarlo, neanche in seguito...ma uccidere quella Chimera fu diverso da qualsiasi scontro avessero mai avuto. Non era umana. Non era creatura terrestre.
Però non era neanche un animale...era qualcosa di più...
La cosa più vicina al sacro e all’immortale che anche Lucilla dei Lancaster avesse mai visto.
E da quando la Chimera cadde a terra, in un lago di sangue, veleno e lava...Riddle House gettò definitivamente la spugna.
Morta la creatura, stavano sbriciolando le barriere magiche che avevano sorretto quella miniera per tanto tempo.
E tutto venne giù.
La terra iniziò a cadere dall’alto.
E sebbene fosse riuscita a gettare nel caos interi corridoi, a corrodere la roccia, a frammentare vie e cunicoli, neanche la terra riuscì a fermare l’incessante avanzare delle acque della diga sotterranea.
Tutto affossava.
Tutto sprofondava.
Un gruppo di eroi correva senza sapere dove sarebbero arrivati.
Se mai avrebbero rivisto un’uscita.
L’unica luce presente era quella portata da un piccolo Phyro, che in braccio al padre vedeva grandi cavalloni d’acqua scura inseguirli con ostinata follia omicida.
Un passo davanti all’altro.
Di corsa, sempre più in fretta.
A ogni metro conquistato, le pareti dietro di loro cedevano a pochi centimetri le une dalle altre.
Grossi blocchi di marmo vennero spezzati e seppelliti nel pantano.
Il fragore era talmente forte che era tornato a regnare il silenzio nelle loro menti...
Il rimbombare del cuore era ciò che li comandava.
Era lui a guidarli.
Ogni passaggio era uguale all’altro.
Altri erano impraticabili.
Tornare indietro impossibile.
Tutto cadeva.
Tutto spariva.
- Di qua!- Hermione, la cui bacchetta indicava la via con spruzzi di scintille rossastre, mostrò loro la via d’uscita.
Un lago nero. Piccolo e stretto.
- Dall’altra parte è asciutto! Dovremo fuggire da lì!-
- Jeager ci aspetta dall’altra parte.- sussurrò Degona, chiudendo le palpebre, poggiata a William e a suo padre, tanta la sua spossatezza – Dobbiamo fare presto. I miei poteri stanno svanendo.-
- Cosa?- urlò Cloe – Dovremo infilarci lì dentro?-
- Che schifo, l’acqua è bagnata!- sbottò Lucas.
Uno a uno si tuffarono. Prima le donne, poi Harry tentò di afferrare Lucas.
Un altro crollo fece tremare la superficie di quel lago naturale, coperto di stalattiti.
Stavolta però, non andò loro così bene.
Una grossa stalagmite si staccò dal soffitto della grotta. Prese di striscio Draco, al fianco. Una serie di altri pugnali di pietra calcarea iniziarono a piovere a cascata sul gruppo. Dovettero gettarsi di volata nell’acqua, rischiando di venire presi in pieno e quindi uccisi.
Malfoy se la cavò. Svenuto a causa del trauma abbastanza serio alle costole e all’intera parte destra del corpo, venne soccorso da sua moglie e da Harry Potter...che all’ultimo momento, girandosi per afferrare suo figlio e Tom, ghiacciò completamente.
Un’altra scia mortale di stalagmiti li separò.
E spezzarono il pavimento della sponda del lago.
Così, con la morte negli occhi, Harry Potter cadde in acqua...la terra sommerse tutto quanto.
E la sua mano non riuscì più ad afferrare quella di suo figlio.
La perse nel buio.
Un vortice d’acqua lo portò via...
Nel momento in cui arrivò di nuovo ossigeno ai suoi polmoni, era irrimediabilmente tardi.
Perché ora aveva un cielo sopra la testa...non più pareti, terra, colonne e celle.
Era fuori da Riddle House...
La diga li aveva rigettati fuori dal suo dominio.


Un minuto più tardi, dalle colline di Little Hangleton, Auror, demoni e vampiri furono i testimoni della morte della tenuta dei Riddle. Un’immensa, colossale esplosione coinvolse tutta la valle.
Il fuoco si levò alto.
Un’immensa colonna di fiamme che languì il cielo, sfiorandolo coi i suoi alti picchi roventi.
Fuoco e acqua.
Divorarono tutto.
E della valle che un tempo aveva abbracciato quella casa, non rimase che quello spettacolo.
Un titanico vortice di fuoco, così simile in forza e grandezza alla Torre di Babele.
Un inno alla gloria.
E sorse l’alba, quando il fuoco si spense.
Un cerchio rosso come sangue.
Ma brillante come mille soli.
Così dannatamente bello che la terra poteva dire che così, non ne aveva visti mai.


Sdraiati a terra, nell’erba alta, Harry Potter e Draco Malfoy guardavano il cielo diventare rosa pallido.
Un tenue rosa perla, dall’arancio del carro del Dio Diurno dei pagani.
E si fece azzurro.
Piano piano.
Lento.
Coi suoi tempi.
Tempi che regalavano giorni fantastici.
E albe di vittorie che mai si scordano.
Draco, piegato sul fianco illeso, richiuse gli occhi.
Da parte sua, il bambino sopravvissuto gettò via gli occhiali, coprendosi i suoi con una mano.
La magia nera che imperversava su Little Hangleton non c’era più.
Morta la Chimera, tutto ciò che Voldemort aveva costruito su di lei, aveva cessato di esistere.
E Tom e Lucas...
- La senti, Sfregiato?-
Un mormorio.
Un sorriso.
Harry riuscì a ricambiare, sentendosi le lacrime agli occhi.
C’era una fenice che cantava, lì nell’aria.
E sapeva anche dov’era.
Si erano salvati...
Qualche ora più tardi, i soccorsi del Ministero della Magia Inglese trovarono un enorme cratere, dove un tempo si era eretta Riddle House. In quel cratere dal diametro di parecchi metri, arso dal fuoco e cosparso di terra bruciata, era contenuto un guscio d’acqua pura. Limpida e cristallina.
In mezzo ad essa, un piccolo atollo largo appena due metri.
Su cui Thomas Maximilian Riddle, con una gamba rotta, stava mollemente disteso.
Aveva già cantato anche troppo, per farsi trovare.
Lucas Potter, invece, seduto sulla sua pancia, urlò agli Auror di farsi venire a prendere.
Gli occhi azzurri del Phyro dicevano che non vedeva l’ora di festeggiare.
L’alba di quell’intenso colore gli diceva che sarebbe stata una giornata fantastica.
E in fondo lui aveva vissuto e vinto, anche se non da solo, la sua prima guerra...
Certo non poteva vedere i sorrisi di molti altri Auror.
Di Lucilla dei Lancaster. Di Tristan e Degona Mckay.
Del Preside Silente, del Menestrello e del Ministro Dibble.
Di Viola Rosencratz, che se ne andò insieme ai demoni e ai mannari, lavandosene le mani.
Certo Lucas non poteva vedere con gli occhi di Glory.
E non aveva visto come il piccolo Cosmo avesse salvato tutti gli amici di suo padre, Smaterializzandoli fuori dai sotterranei.
Ma si sa.
Certi segreti sono cari. E non devono essere subito svelati.
Tre cose però, agli occhi del Phyro erano certe.





Suo padre gli aveva aperto un mondo nuovo, davanti. Il più bello che avesse mai osato sognare...

Che Thomas Maximilian Riddle era un grande attore. Il migliore.

E che le albe erano momenti fantastici per vincere una guerra.














- Fine Penultimo Capitolo –


 

 

 

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