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Autore: Emily Kingston    29/11/2012    4 recensioni
La madre di Carly le ha da poco detto che sta per risposarsi e che dovranno trasferirsi da New York in California. Come se non bastasse, il nuovo compagno di sua madre non è altri che il padre di uno dei più famosi e chiacchierati attori di questo periodo: Logan Lerman.
Carly odia i personaggi famosi e non s'interessa di gossip, perciò il rapporto con Logan, all'inizio, sarà difficile, ma poi la ragazza imparerà a conoscerlo davvero e tra i due nascerà un'amicizia. O qualcosa di più?
Tra lacrime, gite in montagna, giocatori di football, ex fidanzati e balli scolastici, riuscirà Carly a fuggire dai sentimenti o, alla fine, la raggiungeranno?
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Vide sua madre abbracciare Larry con un sorriso e il ragazzino alzare finalmente il viso, guardando prima i due adulti e poi incontrando per caso il suo sguardo.
Dal vivo era esattamente come in fotografia, forse un po’ meno alto di quanto sembrava e un po’ più magro. Ma i suoi occhi blu – gli stessi che Lily passava serate intere ad osservare – le fecero tremare le gambe.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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If you don’t know the way to hold me let me show you how

 
Il cortile della Beverly Hills High School era affollato come al solito. Le cheerleader erano raggruppate davanti all’ingresso e ridacchiavano tra sé, guardandosi intorno con aria di superiorità, mentre i componenti della squadra di football se ne stavano poco lontano da loro. Il capitano della squadra, Nathan Smith, se ne stava con la schiena appoggiata alla parete e le mani infilate nelle tasche dei pantaloni. I luminosi capelli biondi gli ricadevano sugli occhi chiari e le braccia erano rigide, come se si stesse trattenendo dal mollare i suoi amici e andarsene via. Per un momento, quando Nathan alzò gli occhi, il suo sguardo incontrò quello di Carly. Lei lo ignorò, dirigendosi verso il muricciolo di pietra sul quale erano seduti i suoi amici.
Appena la vide, Shiver balzò giù, andandole incontro. L’abbracciò stretta e le schioccò un rumoroso bacio sulla guancia.
“Buongiorno!” Esclamò la ragazza, facendo sventolare nell’aria mattutina i lunghi capelli biondi. Shiver era una ragazza molto affettuosa e, anche se con Lily Carly era abituata a gentilezze e affettuosità nascoste, non le dispiaceva avere qualcuno che le dimostrasse tanto spesso che le voleva bene. Certe volte era davvero gratificante.
Istintivamente, lo sguardo di Carly si posò su Logan che batteva i talloni contro la pietra ruvida.
“Grazie per avermi aspettata,” gli disse acida.
Logan alzò lo sguardo su di lei, reprimendo un sorriso.
“Non è colpa mia se sei una dormigliona,” si giustificò il ragazzo, alzando le spalle.
“Non sono una dormigliona,” protestò Carly, riempiendo in poche falcate lo spazio che li divideva e fermandosi proprio di fronte a lui. Se si fosse avvicinata ancora un po’ i loro nasi si sarebbero sicuramente scontrati. “Smettila di prendermi in giro, sei insopportabile.”
Logan sorrise, scompigliandole i capelli prima di scendere con un balzo dal muretto.
Il suono della campanella rimbombò nel cortile e gli studenti iniziarono ad avviarsi verso l’ingresso, Logan compreso.
“E non trattarmi come se fossi la tua sorellina!”
Il ragazzo si voltò verso di lei.
“Ma tu sei la mia sorellina,” rispose. “Sbaglio o il tuo compleanno viene dopo il mio?”
“Sì, ma- ah! Non ti sopporto!”
Logan ridacchiò, afferrando Thomas per un braccio e iniziando a parlottare con lui di qualcosa che Carly non si dette pena di scoprire.
Sbuffando, si avvicinò a Shiver e Samantha, seguendole all’interno dell’istituto.
“Tu e Logan sembrate proprio fratello e sorella,” commentò Sam, mentre si avviavano verso l’aula di chimica. “State sempre a battibeccare.”
“Se lui non fosse così insopportabile forse andremmo più d’accordo…” borbottò Carly, soffocando un’imprecazione nei confronti di Logan e la sua mania di prenderla in giro.
Quand’era arrivata a Los Angeles, circa un mese prima, aveva pensato che Logan fosse una persona orribile e che non avrebbe mai voluto avere niente a che fare con lui, a parte condividere lo stesso tavolo a pranzo e cena. Alla fine, però, Logan si era rivelato essere un tipo apposto e loro due avevano stretto una specie di patto per la sopravvivenza in casa. E non era stata una cattiva idea, a parte il fatto che litigavano un giorno sì e l’altro pure.
“Non è che Logan un po’ ti piace?” Azzardò Sam, guardando Carly con le sopracciglia alzate.
Carly avvampò, stringendosi forte i libri contro il petto.
“Ma va!” Esclamò. “Io e Logan? Figuriamoci. È troppo insopportabile perché io possa mai pensare a lui in quel modo.”
Sam alzò le spalle.
“Se lo dici tu.”
Le tre ragazze entrarono nell’aula di chimica proprio poco prima che il professore arrivasse. Quando il signor Stanley si chiuse la porta alle spalle, nella classe calò il silenzio.
Carly tolse i libri dalla cartella e li appoggiò sul banco, non facendo caso al professore che tirava fuori dalla sua valigia di pelle consunta alcuni fogli. Solo quando Shiver le dette una gomitata si decise ad alzare lo sguardo.
“Bene,” iniziò l’insegnante, appoggiando il bordo dei fogli alla cattedra per farli combaciare tutti. “Vi ho riportato i test della scorsa settimana.”
Carly si sentì gelare il sangue nelle vene. La settimana precedente avevano sostenuto i test di fine mese in tutte le materie e quello di chimica era stato in assoluto il più difficile di tutti – almeno per lei. E il fatto che dai fogli che il signor Stanley teneva in mano si vedessero solo linee rosse non prometteva niente di buono.
“Non sono molto soddisfatto dei vostri voti, ragazzi,” continuò l’insegnante, iniziando a girare tra i banchi per riconsegnare i test. “Alcuni di voi hanno frequentato il mio corso anche l’anno scorso e devo dire che mi aspettavo di meglio. Comunque, si tratta pur sempre del primo test, avete tutto il tempo di recuperare.”
Si avvicinò a Carly e le appoggiò il compito sul banco, guardandola con una lieve nota di disapprovazione.
“Vorrei parlare con tua madre, signorina Harris,” le disse soltanto, procedendo verso i banchi dietro di lei.
Carly deglutì, abbassando lo sguardo sulla grande E rossa scritta a pennarello sull’angolo in alto a destra del foglio. Sbirciò il compito di Shiver: una B+.
“Dai, in fondo il signor Stanley ha detto che puoi recuperare,” la incoraggiò la ragazza.
“Sì e intanto vuole vedere mia madre,” protestò Carly.
Per il resto della lezione il signor Stanley non fece altro che ripetere quanto fosse importante capire le formule per capire la chimica. Quando uscì dall’aula, Carly aveva la testa piena di equazioni che le ronzavano nel cervello mischiandosi tra di loro.
Il resto della mattinata lo passò a pensare alla sua E e a ciò che sua madre avrebbe detto a riguardo. Probabilmente le avrebbe proibito di andare a New York per il weekend, perciò doveva trovare una motivazione abbastanza forte per farla tornare sui suoi passi in caso fosse arrivata a tanto. E ci sarebbe arrivata, Carly la conosceva bene.
“Ehi, New York, ce l’hai ancora con me per stamattina?” Domandò Logan, sedendosi accanto a lei per la pausa pranzo.
Carly alzò la testa e lo guardò facendo una smorfia.
“Voglio solo morire in pace, posso?”
Logan allontanò il vassoio con il cibo della mensa, lanciando uno sguardo ai loro amici seduti qualche tavolo più in là.
Per riflettere su come convincere sua madre a farla andare da Lily nonostante il suo brutto voto in chimica, Carly aveva deciso di sedersi ad un tavolo da sola, così nessuno l’avrebbe disturbata. Alla fine, era arrivata alla conclusione che nessuna scusa sarebbe stata abbastanza forte da convincere sua madre a mandarla a New York, così aveva sprofondato il viso tra le braccia incrociate sul tavolo, aspettando che la pausa pranzo finisse e che iniziassero le lezioni del pomeriggio.
“Ahia, la situazione è peggiore di quanto pensassi,” commentò Logan. Si avvicinò alla testa di Carly, appoggiandole una mano sulla schiena. Le dita di Logan erano fredde a contatto con la sua maglietta e Carly si sentì scuotere da un brivido. “Magari se mi dici cosa è successo posso aiutarti.”
“Non fare il carino con me, Lerman,” borbottò Carly. “Non attacca. L’autografo non lo voglio.”
Logan ridacchiò, portandole le mani ai lati del viso e cercando di sollevarle la faccia. Dopo parecchi tentativi, finalmente Carly si arrese e il ragazzo riuscì a guardarla negli occhi.
“Ho preso una E in chimica e il professore vuole incontrare mia mamma,” spiegò.
“E tu hai parlato di morte per una cosa così stupida come un brutto voto?”
“No,” ribatté. “Ho parlato di morte perché sabato dobbiamo andare a New York da Lily e mia mamma non mi ci manderà mai dopo questa bellissima notizia!”
Logan le accarezzò distrattamente una spalla e Carly si sentì arrossire. Era impossibile non arrossire quando c’era Logan nei paraggi, soprattutto se ti guardava o ti toccava. Carly ormai ci aveva fatto l’abitudine.
“E io cosa ci sto a fare?”
Carly lo guardò inarcando le sopracciglia.
“Posso provare a parlare io con Caroline,” spiegò Logan, sorridendole.
Gli occhi della ragazza si illuminarono e le sue labbra si incresparono in un sorriso.
“Davvero?” Chiese, entusiasta. “Davvero lo faresti?”
“Se iniziassi ad essere un po’ meno acida con me…”
Carly non lo ascoltò nemmeno, si slanciò in avanti e lo strinse in un abbraccio, allacciandogli le braccia attorno al collo.
“Grazie, grazie, grazie,” gli sussurrò contro la spalla.
Quando si allontanò notò che Logan aveva le guance accese di un lieve rossore, ma pensò che fosse a causa della luce del sole che gli arrivava diretta in viso.
Involontariamente, lo sguardo di Carly cadde oltre le spalle del ragazzo, sul tavolo dove i loro amici stavano mangiando. Incontrò gli occhi chiari di Sam che le sorrise in modo strano, come se sapesse qualcosa che loro non sapevano.
 

 
Carly si mordicchiò il labbro, osservando sua madre che leggeva il suo compito di chimica seduta al tavolo della cucina.
Larry e Logan erano in salotto a guardare una partita di basket e Carly poteva sentire il telecronista che faceva un resoconto della partita. La squadra di Logan, i Lakers, stava vincendo alla grande.
“Be’, credo che questo cambi alcune cose,” disse infine sua madre, alzando gli occhi dal compito di Carly. “Il tuo insegnante ha detto di volermi vedere, c’è qualcosa che devi dirmi?”
Carly scosse il capo. In realtà, non aveva la più pallida idea del perché il signor Stanley volesse parlare con sua madre.
“Vorrà vederti visto il risultato di questo compito, presumo.”
Caroline annuì, appoggiando il foglio sul tavolo e concentrando lo sguardo e l’attenzione sulla figlia.
“Lo sai che mi dispiace, Carly,” iniziò e Carly sentì le gambe farsi di gelatina. “Non puoi andare da Lily a New York questo fine settimana, sei in punizione.”
“Ma mamma!” Protestò. “Lo so che me lo merito, però non l’ho fatto apposta. Voglio dire, io mi sono preparata per il compito, e poi ho diciotto anni!”
Caroline inarcò un sopracciglio.
“So che sei un’adulta, ma è evidente che non ti sei impegnata abbastanza.”
“È il compleanno di Lily, ci tiene tantissimo e ci tengo anch’io. Non puoi mettermi in punizione la prossima settimana? Giuro che non uscirò di casa e non chiamerò nessuno. Posso darti Harry e il telefono in custodia, e anche i libri. Mamma, se mi togli i libri mi ucciderai!”
“Non è una punizione se te la scegli,” rispose sua madre. “Mi dispiace, Carly, ma la risposta è no. Odio metterti in punizione, ma è necessario. Questo finesettimana studierai chimica e recupererai questo brutto voto. Sei all’ultimo anno, Carly, non puoi più permetterti di comportarti come una ragazzina.”
Carly fece per ribattere, poi sentì un grosso groppo bloccarle le parole in gola ed ebbe voglia di piangere.
“Non sto facendo la ragazzina,” disse, con una calma che non credeva di poter sfoggiare. “Sei tu che mi hai trascinata qui, sei tu che mi hai portata via da New York. Mi hai strappato via la mia vita!”
Caroline sospirò, massaggiandosi la radice del naso con stanchezza. E dolore. Carly non era disposta a rendersene conto, ma nascosto da qualche parte c’era anche quello.
“Voglio solo rivedere la mia migliore amica, non mi sembra di chiedere la luna.”
“Forse dovresti smetterla di essere così attaccata a quello che avevi prima,” le disse sua madre, guardandola negli occhi. “Non tutte le cose ritornano, Carly, alcune dobbiamo lasciarle andare e accettare il fatto che sia per sempre.”
Quelle parole la colpirono come uno schiaffo e Carly indietreggiò.
“Io… Io… Vado a farmi un giro.”
Non si rese neanche conto di sua madre che si alzava e urlava il suo nome, sentì solo la porta d’ingresso sbattere dietro di lei e i suoi piedi camminare sull’asfalto, diretti il più lontano possibile da casa sua.
 

 
La vecchia catena rugginosa dell’altalena su cui Carly era seduta cigolò, mentre la ragazza strusciava i piedi sulla terra rossastra del parco.
Era stata fuori tutto il pomeriggio e ora il sole era quasi tramontato oltre le colline. Non sapeva dov’era di preciso, le sue gambe avevano camminato senza meta per ore finché non era arrivata in quel parco e si era messa a dondolare sull’altalena, come quand’era bambina e suo padre la spingeva tanto forte da farle sembrare di stare volando.
Probabilmente sua madre stava impazzendo di preoccupazione, ma a Carly non importava. Non le importava che forse la stavano cercando, né che non aveva la più pallida idea di come tornare a casa. Riusciva a pensare solo alla faccia che avrebbe fatto Lily quando le avrebbe detto che non poteva andare a New York per il weekend, tutto per colpa di uno stupido test di chimica e della cocciutaggine di sua madre.
Calciò un sassolino con un sospiro e quello sparì tra l’erba alta che cresceva poco più in là.
“Carly, grazie al cielo!”
Carly si voltò, incrociando lo sguardo blu di Logan. Il ragazzo era affannato e aveva le gote arrossate per la corsa. Carly si sentì subito un’idiota per averlo costretto a correre per la città.
Logan si avvicinò a lei, appoggiandole le mani sulle spalle e piegandosi leggermente sulle ginocchia per arrivare all’altezza dei suoi occhi.
“Ci hai fatto morire di paura, tua madre ha quasi chiamato la polizia. Come ci sei arrivata qui?”
Carly fece per rispondere, poi richiuse la bocca e abbassò lo sguardo, tracciando linee a casaccio sulla terra rossa con la punta delle scarpe.
“Ho camminato,” rispose dopo un po’. “E mi dispiace. Cavoli, ti ho fatto correre in giro per la città solo per cercarmi.”
Logan sorrise, allontanandosi un po’ e appoggiando la spalla contro uno dei palli che sorreggeva le altalene.
“Come mai sei sparita in questo modo? Per quello che è successo con tua madre?”
Carly annuì, rigirandosi le mani in grembo.
“Io ci devo andare a New York, capisci? Devo!
Il ragazzo sospirò, abbassando le palpebre per qualche secondo.
“Be’, vedila anche dal suo punto di vista…”
“Che fai ora, stai dalla sua parte?”
“Non è questo,” rispose Logan. “È tua madre e ogni tanto deve fare la parte della cattiva, ma questo non vuol dire che lo sia davvero.”
Carly arricciò le labbra.
“Lo so,” disse. “Ma io ho rinunciato a tutto per lei e pensavo che lei potesse rinunciare a mettermi in punizione questo fine settimana per me.”
“Non credi di essere un po’ tragica? In fondo da Lily puoi andarci quando vuoi.”
“Non sono tragica. Era una cosa importante per me.”
Logan non disse niente e Carly abbassò lo sguardo sulla punta impolverata delle proprie converse. Forse aveva davvero esagerato con sua madre e Logan aveva ragione: a volte una mamma deve fare la parte della cattiva anche se non lo è. Ma Carly aveva pianificato quel finesettimana nei minimi dettagli e Lily era stata così entusiasta quando gli aveva detto che si sarebbero incontrate per il suo compleanno che l’idea di spazzare via quella gioia dal volto della sua migliore amica le stringeva il cuore in una morsa durissima.
“Dai,” le disse Logan, afferrandole una mano. “Torniamo a casa, prima che diano per disperso anche me.”
Probabilmente aveva cercato di farla ridere, ma Carly non riuscì neanche ad abbozzare un sorriso di cortesia.
Cominciarono a camminare lungo la strada illuminata solo dai lampioni, uno accanto all’altra, ancora mano nella mano.
Quando arrivarono a casa sua madre la strinse in un abbraccio spacca costole, poi le disse che era ancora più in punizione di prima. Rimasero a discutere per alcuni minuti poi Carly, sconfitta, si trascinò fino alla sua stanza.
Harry giaceva ancora sulla scrivania, segno che sua madre aveva deciso di darle la possibilità di avvertire Lily riguardo il viaggio a New York.
Con il cuore pesante Carly si sedette di fronte al PC e lo accese, battendo le punte delle dita sul piano di legno della scrivania nell’attesa. Appena lo schermo s’illuminò di blu, Carly corse all’icona di Skype, chiamando Lily con mani tremanti. Dopo pochi minuti, il volto lentigginoso della sua migliore amica sostituì lo sfondo del suo computer.
Ehi, straniera,” esclamò, sorridendole.
Quel sorriso le fece sanguinare il cuore, così tanto che si stupì quando, dopo essersi appoggiata una mano sulla maglietta, non la trovò imbrattata di rosso.
“Ehi, come vanno le cose?”
Lily scrollò le spalle e Carly intravide alle sue spalle il poster di Logan che teneva appeso ad una delle ante dell’armadio. Per un momento pensò che le foto non rendevano la minima giustizia ai suoi occhi blu.
I ragazzi non vedono l’ora di vederti,” le disse Lily. “Simon ha perfino rinunciato ad un appuntamento  con una ragazza!
“Oh. Simon si vede con una ragazza?”
Lily si mordicchiò il labbro, rendendosi conto di aver detto la cosa sbagliata.
Be’, ci prova, ma penso che sia ancora innamorato di te.
Carly annuì, deglutendo. L’entusiasmo di Lily e dei suoi amici non faceva altro che rendere tutto più difficile.
“Sai, ho preso una E in chimica,” le disse, ridacchiando. “Mio padre mi metteva sempre in punizione quando prendevo dei brutti voti, ma la mamma non lo faceva quasi mai, te lo ricordi?”
Lily annuì, aggrottando le sopracciglia.
“Ma sono all’ultimo anno e i miei voti contano di più,” continuò, rendendosi conto che le parole le uscivano così veloci dalle labbra che, probabilmente, Lily avrebbe capito la metà di quello che lei voleva dirle. “E poi ho litigato con mia mamma e sono scappata di casa, e Logan è dovuto venire a cercarmi. Cavoli, l’ho fatto correre per mezza Los Angeles. Ovviamente, adesso sono più in punizione di prima.”
Lily rise, portandosi i capelli dietro le orecchie per scoprire il viso dalla pelle chiara e lentigginosa.
Tua madre ti avrà requisito tutti i libri che devi leggere.”
“Gliel’ho proposto,” disse Carly, abbassando lo sguardo sulla tastiera. “Ma ha detto di no. Io… Io credo non poter venire sabato. Lei mi ha… proibito di venire.”
Il sorriso sul volto di Lily si congelò e le due ragazze rimasero in silenzio per qualche minuto. Gli unici rumori erano i clacson che strimpellavano nel traffico di New York.
È il mio compleanno. Hai… Hai detto che saresti venuta,” rispose Lily. “Non puoi convincerla? Insomma, hai diciotto anni! Sei maggiorenne, puoi fare quello che ti pare!
Carly sospirò, mandandosi i capelli indietro con la mano.
“Non è così semplice,” disse. “Lo sai quanto voglio venire e quanta voglia ho di tornare a New York, ma lei è stata irremovibile, ha detto che mi avrebbe messo le sbarre alla finestra se necessario. Certe volte penso di averle fatto vedere troppe volte Harry Potter,” ridacchiò Carly, ma Lily non rise, non accennò neanche a un sorriso.
I ragazzi non vedevano l’ora. Anch’io non vedevo l’ora.
“Lo so e mi dispiace. Credimi, se potessi verrei. Non vedevo l’ora neanche io.”
Lily sospirò, allontanando la sedia dalla scrivania e diventando leggermente più piccola sullo schermo di Carly.
M’inventerò qualcosa. Spero che tu stia bene con i tuoi nuovi amici di Los Angeles. Ci sentiamo Charlotte.
“No, Lily, aspetta!” Ma lo schermo era di nuovo blu e il volto di Lily era sparito.
Avrebbe preferito che Lily le urlasse contro, che le dicesse che era una stupida perché aveva preso un brutto voto e poi era sparita per un pomeriggio, facendo diventare ancora più nero l’umore di sua madre. Avrebbe preferito che non le dicesse quante aspettative tutti riponevano in lei. Avrebbe preferito tutto al suo sguardo ferito e a quelle ultime parole fredde, distaccate, dette come se ormai loro due non facessero più parte della stessa vita. Come se la loro amicizia fosse esistita una vita fa.
Sentì le lacrime pungerle gli occhi e si gettò sul letto, stringendo forte uno dei cuscini tra le braccia e immaginando che fosse la sua migliore amica. Lentamente, iniziò a sentire i capelli di Lily solleticarle il naso e il suo odore di fresco profumare l’aria; iniziò a sentire la sensazione calda delle sue braccia esili e scoppiò a piangere, perché probabilmente non l’avrebbe abbracciata mai più e tutto quello che le rimaneva della loro amicizia erano un paio di occhi vuoti.
Qualcuno bussò delicatamente alla porta, ma Carly non rispose. Dopo pochi secondi la porta cigolò e lei intravide dei piedi che camminavano sulla moquette.
Sentì una mano appoggiarsi sulla sua schiena mentre il materasso si piegava sotto al peso di una persona.
“Di questo passo tua madre ti sentirà e sono sicuro che non vuoi che ti senta,” sussurrò la voce di Logan.
Carly alzò gli occhi su di lui, ritrovandosi quelli blu del ragazzo a un passo dai propri.
“Ti dispiace?” Chiese lui, indicando lo spazio accanto a lei e lei scosse il capo. Logan allora si stese e allargò le braccia. Senza pensarci, Carly strisciò sul materasso e gli appoggiò il capo sul petto, lasciando che lui l’avvolgesse delicatamente.
“Forse tua madre ha ragione,” disse, dopo un po’, accarezzandole la testa. “A volte dobbiamo lasciar andare via le cose e accettare che sia per sempre.”
Carly scosse il capo, strofinando il viso sulla sua maglietta. Profumava di pulito.
“Erano tutti felici all’idea di rivedermi, il mio ex ragazzo ha perfino rinunciato a un appuntamento per esserci. Un appuntamento, capisci? Con una nuova ragazza. E ha mollato tutto per me.”
Logan s’irrigidì leggermente, ma continuò ad accarezzarle la testa. Rimasero in silenzio finché i singhiozzi di Carly non furono cessati del tutto e lei si era ridotta solo a tirare su col naso di tanto in tanto.
L’abbraccio di Logan era caldo e accogliente, quasi fraterno, e Carly pensò che sarebbe volentieri rimasta così per tutta la notte.
Quando il ragazzo fece per alzarsi, Carly gli afferrò la maglietta, avvampando.
“Resta,” sussurrò, prima di perdere il coraggio. “Per favore. Rimani.”
Logan non disse nulla, si limitò a stendersi di nuovo e a riprenderla tra le braccia, arricciandole i capelli intorno alle proprie dita mentre lei si aggrappava alla sua maglietta.
“Stringimi un po’ più forte, voglio essere sicura che ci sei,” disse, poi chiuse gli occhi e l’ultima cosa di cui fu consapevole fu la stretta di Logan, salda, attorno ai suoi fianchi che le assicurava che lui era lì e ci sarebbe stato ancora il mattino seguente. 




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Buon pomeriggio a tutti :)
Prima di tutto volevo ringraziare tutti coloro che hanno recensito i capitoli precedenti: grazie mille, davvero!, e anche chi ha messo la storia tra seguiti/preferiti: grazie anche a voi =D Un grazie enorme va anche, ovviamente, a chi l'ha solo letta. 
Spero davvero che questo capitolo non vi deluda, ci ho messo tanto a scriverlo e ci tengo molto, è uno dei miei preferiti, perciò fatemi sapere cosa ne pensate! :D
Vi ricordo che Harry è il PC di Carly, perciò non pensate che io sia impazzita se ogni tanto leggete un 'Harry era ancora sulla scrivania' o 'chiuse Harry e...' ;) 
Niente, grazie di nuovo a tutti, 
Emily. 

*Il titolo del capitolo è tratto dalla canzone Only the Horses degli Scissors Sisters
   
 
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