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Autore: Gaia Bessie    30/11/2012    3 recensioni
Adesso dobbiamo fingere che non sia successo niente.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Sara,

perché se lo merita

e, in fondo, se lo aspettava

 


Giada inclinò lievemente la testa, scrutando sottecchi quel blu fastidioso che aveva ormai invaso lo schermo, quasi a voler deridere quella morsa dolorosa che le serrava le viscere. Chiuse gli occhi per una manciata di secondi, cercando di convincersi che forse aveva immaginato tutto, in un raptus di autolesionismo involontario che l’aveva spinta a fantasticare su un evento così impossibile da resentare la fantascienza. Non poteva essere possibile, lo sapeva perfino quel suo cuore bugiardo e traditore, che continuava a lacrimare sangue al sicuro nella cassa toracica. L’aveva detto la settimana prima, davanti allo specchio appannato del bagno, mordendosi incerta il labbro: non sarebbe mai successo nulla del genere, era assolutamente inconcepibile. Poi, come tutte le cose che vengono dichiarate impossibili, qualche strano e di pessimo gusto scherzo del Fato aveva fatto sì che quella circostanza ineccepibile accadesse, scombussolandola  nel profondo. A onor del vero, Giada si era imposta di negare l’evidenza, anche quando li aveva visti insieme, così vicini da potersi sfiorare. In fondo, l’aveva detto, era impossibile. Eppure, era successo, proprio sotto i suoi occhi.



Si chinò verso di lei, i capelli biondi che creavano un buffo contrasto con la testa scura di lei.

 


S’impose di respirare – nonostante lo sforzo che minacciava si spezzarle tutte le costole – e di tornare indietro, fino a trovare quella maledetta foto che l’aveva tanto scioccata. Scorse con un sorriso le frasi simpatiche di Sara che le intasavano il pc di notifiche, fino ad arrivare lì. E gli occhi celesti di lui la fissavano, catturati dalla foto, sotto le palpebre socchiuse. Forse era quello a farle così male, sapere che lui continuava a guardarla durante quell’istante congelato sullo schermo del pc. In verità, si disse, lui non l’aveva mai guardata in quel modo. Forse non l’aveva mai guardata veramente, limitandosi a cancellarla dal paesaggio come una macchia sul foglio. Era lei, quella degli sguardi ostinati che non portavano nulla, se non quel dolore continuo e fastidioso che sembrava volerla lacerare. Si chiese distrattamente chi avrebbe dovuto pulire quel lago di sangue che avrebbe tinto di rosso il copriletto. Poi chiuse gli occhi e uscì dal sito, l’immagine che continuava a vorticarle davanti, mettendo a dura prova i suoi condotti lacrimari. Sospirò, mentre nascondeva  il volto nel cuscino, imponendosi di non piangere.


Non riuscì a scostarsi, lei che aveva sempre ritenuto quell’evento impossibile. Quasi un sogno, aveva detto. O, forse, era solo un incubo?




– Adesso – sussurrò, al niente. – Sorridi.    
Spense il telefono, sapendo che Sara l’avrebbe chiamata per confortarla e lei non sentiva proprio il bisogno di parlare con nessuno. Sapeva già cosa fare, in fondo. Doveva sorridere a tutti e fingere che andasse tutto bene.  Gettò uno sguardo desolato al pc spento. Non capiva che la stava distruggendo, in quel modo?




Non le aveva mai detto “non ti lascerò mai” o altre melensaggini. Eppure, lei aveva creduto che fossero implicite e superflue, per loro. Sciocca e sprovveduta Giada, incapace di tutelarsi.



§


Tre settimane. Era durata solo tre settimane – come se lei non avesse sentito tutti quei ventuno giorni scorrerle sulla pelle e portarsi via un frammento di lei – la storia fra Benedetta e Daniele  era naufragata miseramente. Non che lei non lo sapesse, in fondo: era inevitabile che l’impossibile cedesse il suo posto al probabile. Ed era estremamente probabile che lei non trovasse mai il coraggio di parlare con lui, prima che trovasse qualcun’altra con cui sarebbe durata di più. E lentamente, lo sapeva, altri frammenti di Giada sarebbero volati via con l’inesorabile succedersi degli eventi. Era quello che la fregava, ogni volta: il tempo. Perché era capace di aspettare per sempre, anche quando gli altri si dimenticavano l’esistenza di certi eventi. In quel momento, Giada stava maledicendo quella sua dannatissima e ottima memoria. E quella sua sfortuna, che faceva diventare verità universale la più falsa delle ipotesi. Aprì la pagina del social network piena di trepidazione, sperando di incrociare Daniele in chat. Magari, si disse, sarebbe stato più faciel parlargli in quel modo, filtrando le parole che altrimenti sarebbero uscite dalla sua bocca un po’ troppo liberamente. O forse, quelle dannate parole, non sarebbero proprio uscite, rimanendole incastrate nella trachea come frammenti di vetro. Come sempre. Alla fine, il vetro non era poi così male. Scrutò incerta la pagina di facebook, sperando che lui ci fosse. E inevitabilmente, lui non c’era.



L’aveva stretta a sé, seguendo quell’esigenza dolorosa che lo spingeva a cercare conforto in lei che non aveva mai veramente visto. E Giada si illudeva, senza che Daniele potesse fare nulla per fermarla.



§


Le aveva parlato solo una volta, se non si contava quell’altra volta di cui Giada non parlava mai. Solo Sara si ostinava a ricordargliela, ripetendole che era stata davvero stupida a cedere al fascino di un bel faccino. In verità, Giada non aveva ceduto in quel momento. Aveva ceduto molto prima, senza che la sua amica ne sapesse niente. Aveva ceduto anni prima, quando aveva capito che era lo sguardo di Daniele che voleva incontrare. Di arrendersi, non se ne parlava. Di illudersi, invece, sì.



L’aveva lasciata andare lanciandole uno sguardo desolato, triste. E poi le aveva parlato, semplicemente.
– Adesso – le aveva detto. – Dobbiamo fingere che non sia successo niente.
E lei aveva annuito, come una sciocca.


§


Non aveva bisogno di parlare con lei. Lo sapeva, d’altronde. Perché mai avrebbe dovuto avere bisogno di lei, di quel suo silenzio fuori luogo e parole prive di qualsivoglia significato?
In verità, Giada era quello. Confusione, disordine. Qualcosa che senso non ne aveva.
– Sei una sciocca, lo sai?
Sorrise a Sara, senza vederla realmente.
– Lo so – disse. Poi, tornò al suo ostinato mutismo, forse per un ora o per sempre. E Sara sapeva di non poter far niente per aiutarla, in fondo. Di lui, Giada si ostinava a non parlare.



Sarebbe tornato da Benedetta, era palese. Non impossibile.




– Mi dispiace.
Giada si trattenne dal dirle che, in fondo, sapeva anche quello. Forse l’aveva saputo fin dal principio, da quando quei pezzetti di vetro avevano iniziato a troncare tutte le sue parole. Se non l’aveva saputo, forse l’aveva intuito.




– Ti amo – sussurrò alle ombre.
Lui non la sentì. Forse, si disse Giada, era meglio così: probabilmente, lo sapeva già.
Raccolse i suoi cocci e corse da Sara, sperando che la confortasse.


 


Giada pogiò la testa sulla spalla della sua amica, mentre stringeva fra le mani un pezzo di vetro. Ancora giaceva, sul braccio, il taglio superficiale che si era provocata. E la parola incisa sulla sua carne, marchiata a fuoco. Sciocca. Poi scoppiò a piangere.



Un frammento di vetro le graffiò la caviglia, il frammento di una bottiglia di birra. In effetti, lei si sentiva proprio in quel modo: un pezzo di vetro separato dal resto del mondo, destinato a rimanere solo. Sparì nell’oscurità, senza parlare.



 

Bessie's Corner:
Non chiedete, vi prego. Questa shot mi ronzava in testa da un po', quindi oggi mi sono semplicemente messa a scriverla :3 Poi, il giudizio lo lascio unicamente a voi xD E difendetemi de Sara cercherà di uccidermi u.u
Anyway, lo dico qui così magari evito il linciaggio: Sara, amyketta mia, ti lovvo tantixximo xD E con questo ho perso decisamente la dignità. Pazienza, ne farò a meno. E niente... è Nonsense al massimo, ma spero che a qualcuno sia piaciuta :3 Ricordo che una recensione dona un briciolo di giUoia alla Bess xD
Always yours,
Bess

   
 
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