Sfarzo.
Una parola per descrivere la sala. Sì,
è sufficiente.
Le alte finestre, incorniciate da archi acuti in pietra chiara, sono occhi spalancati sulla camera silenziosa. La luce della luna piena filtra oltre i vetri antichi, inondando la stanza di un chiarore spettrale e tingendo ogni cosa di un freddo color indaco.
Sì, è una casa molto, molto ricca. Ci sono quadri ad ogni parete, ritratti con uomini in abiti ricercati e fluenti, oppure con sahariane impolverate, reduci da una battuta di caccia. Ci sono donne sottili ed altere, i piccoli nasi all'insù quasi arricciati nella disapprovazione. Si muovono, i soggetti, certo, ma con dignità. Con classe, che diamine. Battiti di palpebre, respiri accennati, frusciare di seta.
Il grande, antico camino è quasi spento. Ciò che resta di un grande fuoco sono poche braci morenti, tristi, insufficienti a gettare un velo di luce calda sull'ambiente.
C'è silenzio, tanto silenzio. Eppure la sala non è vuota.
Una culla, drappeggiata d'azzurro, dondola piano
vicino al grande divano di pelle bianca; il suo piccolo occupante dorme
beatamente.
Non può avere più di otto o nove mesi, il bimbo biondo che
respira placido, i piccoli pugni stretti di fianco al visetto disteso. Sospira,
agitandosi debolmente, scalcia con le gambotte paffute, e subito si
riaddormenta.
Non è solo. C'è la mamma, con lui.
Narcissa Malfoy si è assopita pesantemente con la
testa appoggiata contro il bracciolo del divano.
Ha vent'anni, poco più, ma
nell'ampia vestaglia di velluto verde rubata dall'armadio del marito sembra una
bambina. Giace rannicchiata sul fianco, con una gamba a penzoloni, a rivelare la
camicia da notte bianca e il piede scalzo.
Il viso, di solito così composto,
persino nel sonno appare tormentato. Ci sono ombre rosse sotto gli occhi, e il
solco di una lacrima secca sulla guancia serica e pallida. I capelli biondi sono
arruffati e in disordine; le mani ben curate strette convulsamente attorno ad
una pagina di quotidiano.
Scontro mortale tra Auror e Mangiamorte: otto le vittime da entrambi i fronti.
Non un nome.
Cruda, telegrafica. Tragica, la notizia.
Il foglio è umido, macchiato di
lacrime.
Un bicchiere di cognac sul tavolino, una bottiglia
stappata.
Disperazione.
Dubbio.
Troppo silenzio.
Un cigolio, vicino
alla porta.
Narcissa si alza a sedere, svegliandosi di soprassalto.
Inghiotte le lacrime che minacciano di tornare e corre ad aprire, con il cuore
che sembra scoppiarle nel petto.
Un uomo vestito di
nero lascia cadere a terra una maschera bianca, tra i sonagli e i giocattoli di
suo figlio; è pallido, teso, ed è un assassino.
Narcissa scoppia in
singhiozzi disperati, correndo tra le sue braccia. L'abbraccio è lungo,
doloroso, impregnato di sollievo e paura.
“Sto bene. Sono a casa”, sussurra Lucius Malfoy, chiudendo gli occhi grigi e sprofondando il volto tra i capelli di sua moglie.