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Autore: BlackKay97    02/12/2012    3 recensioni
[Storia scritta a quattro mani]
Quarant'anni terrestri dopo la Grande Guerra contro l'Ingannatore nuovi eroi sono chiamati a combattere contro una nuova minaccia.
Il compito è più arduo del previsto, infatti, dopo un lunghissimo periodo di pace gli abitanti della Scacchiera hanno dimenticato o vogliono ignorare il passato, ma la nuova Guerra sta cominciando più spietata di prima.
(Robin Round)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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L’alba arrivò senza che se ne rendesse conto. L’oste cominciò a girare per assicurarsi fosse tutto a posto come faceva tutte le mattine. L’incappucciato avrebbe dovuto riprendersi appena cominciò a sentire i passi che salivano le scale. Non si muoveva. Il compagno riprese ad urlare di andarsene, ma l’incappucciato continuava a guardarsi le mani senza espressione. Sentiva il terrore del complice, ma sentiva soprattutto il proprio sgomento. Alla fine l’oste spalancò la porta ed urlò. Urlò anche il complice. L’incappucciato si girò lentamente verso l’uomo. Il volto sempre coperto dal cappuccio. Fu allora che si rese conto di come l’oste lo guardava: era spaventato ed orripilato. Ma non guardava l’incappucciato, ne tantomeno il complice. Guardava i guanti viscidi di sangue e l’elsa conficcata. Alcuni clienti accorsero e la reazione fu la stessa dell’oste. Il compagno afferrò ed estrasse il pugnale mentre la gente fuggiva, ma l’incappucciato lo fermò. No, noi non uccideremo! Si lanciò giù per la tromba delle scale brandendo il pugnale. Appena fuori si sentì spaesato. Albeggiava e non si sentiva più al sicuro. Ilcomplice lo riprese e l’incappucciato si mise a correre seguendo l’istinto del compagno. Un gruppo di guardie arrivò da sinistra. Si riprese da una fitta alla tempia e si precipitò in avanti, verso il canale. Sapeva che erano guardie: l’armatura argentata, l’elmo con una fluente chioma blu. L’aveva visto nell’ennesima fitta. Strinse i denti e saltò con tutte le sue forze, ma scivolò su un sasso bagnato e finì in acqua. Una nuova fitta. Lasciò l’aria dal dolore. Vide l’orrore dell’acqua, vide che stava affogando, poi tornò presente a sé stesso. Solo in parte, tuttavia, l’altra era ancora persa in quei ricordi. Gli si irrigidirono i muscoli e prese a dimenarsi come quella volta, per liberarsi dalla rete che lo portava verso il fondo, poi scacciò con un calcio furioso il compagno e tornò in sé. I polmoni gli bruciavano e le tempie pulsavano dandogli il mal di testa. Chiuse gli occhi e si spinse verso l’alto. Con una bracciata maggiore delle altre uscì e s’aggrappò al muretto tirando disperatamente l’aria in corpo. La testa gli girava e non ci vedeva bene. Si sentì afferrare per le braccia ed estrarre dall’acqua. Avrebbe voluto dire che gli stavano facendo male, ma non si era ancora ripreso e gli uscì solo un debole “auh”. Stavano parlando, ma lui non li ascoltava. Era perso a pensare a quella delusione che provava: da quando lo conosceva non era mai successo che il suo compagno lo mettesse in difficoltà. Volse lo sguardo al sole che saliva ferendosi gli occhi, poi, svenne.

Il respiro si era regolarizzato. Aprì gli occhi lentamente per lasciarli abituare alla luce. Quello che si trovò di fronte, però, lo sorprese: c’erano delle sbarre in metallo e oltre il buio. Sbattè le palpebre, mugugnò qualcosa ed una voce attirò la sua attenzione. Sussultò leggermente, provò a stiracchiarsi ma s’accorse d’avere le mani legate. Delle manette piuttosto robuste gliele legavano al pavimento mediante pesanti catene. Era ancora un po’ intontito, ma si sentì formicolare i piedi: evidentemente lo avevano incatenato anche lì. Doveva essere seduto su una sedia con le scapole contro lo schienale. Fece per scrollare la testa, ma si fermò subito: peggiorava la situazione. Chiuse gli occhi, prese un respiro ed alzò lo sguardo. Il suo compagno gli venne in aiuto assicurandogli che si sarebbero liberati, come sempre, e l’incappucciato ci credette. Non importava quello che era successo al canale, si erano aiutati a vicenda tante volte. Si maledisse per non essere riuscito a scappare, per non essere riuscito ad ascoltare le conversazioni di quando lo avevano preso, ma ormai non aveva importanza: doveva concentrarsi sul presente e capire il più possibile. Da solo non poteva farcela, così chiese aiuto alcomplice. Gli occhi si abituarono al buio in pochi istanti e, oltre le sbarre, l’incappucciato poté vedere un ragazzo che l’osservava: era impassibile e trasmetteva un senso di freddezza che all’incappucciato non piaceva. Era solo un ragazzo quello, eppure il sesto senso del suo compagno gli diceva che da quel ragazzo poteva dipendere la loro vita. L’odio fu fulmineo ad arrivare. L’idea che qualcuno decidesse della vita degli altri lo fece infuriare. Sentì avvicinarsi una fitta alla tempia: gli avrebbe rivelato chi stava guardando. Non è il momento di farsi prendere dalle fantasie!, si disse ricacciando quella visione indietro con tutte le sue forze. Ci mise poco ad allontanarla, ma fu comunque uno sforzo immane e l’incappucciato era stremato. S’impose lo stesso di mettere su un’espressione enigmatica, che non lasciasse intravedere nulla, quindi fissò lo sguardo sull’altro tenendo sempre il cappuccio calato a coprirgli gli occhi con un velo d’ombra. A cominciare doveva essere il suo carceriere.

Kylian guardò fisso il ragazzo oltre le sbarre. O almeno gli dava l'idea di essere un ragazzo. Dalla corporatura poteva avere la sua età, non pensava fosse un adulto. Oltre l'ombra del cappuccio corvino, aveva l'impressione che un paio d'occhi stesse ricambiando lo sguardo, con un'espressione indecifrabile. Sentì un brivido salirgli lungo la schiena. Ma non aveva intenzione di darlo a vedere. Strinse la mano alle sue medagliette e si decise a fare la prima mossa: - Chi sei? - chiese, sperando che l'altro lo capisse come faceva la Vestale.

La domanda lo colse impreparato: l’incappucciato s’aspettava sapessero già tutto di lui e invece gli chiedevano di rivelarsi, come se il giovane carceriere fosse all’oscuro di tutto. Cercò di pensare ad una risposta enigmatica o comunque non così diretta come poteva essere rivelare il proprio nome. L’istinto del suo compagno lo spingeva ad agire così. Non trovò nulla e rimase in silenzio, fermo ed immobile a fissare l’altro.
Il ragazzo al di là delle sbarre dovette trattenere uno sbuffo seccato, notò l’incappucciato, poi il tipo: - Sto parlando con te. - rincarò, tenendo tuttavia sotto controllo il tono della voce.
Questa volta la risposta gli formicolò nello stomaco correndogli su per la gola:- Sono un assassino.- Sentì il collega ringhiare di disappunto, ma lo ignorò concentrandosi sulle reazioni dell’impassibile carceriere. Sollecitò il compagno a fare lo stesso.
Kylian abbassò impercettibilmente gli occhi, rigirandosi tra la dita il secondo ciondolo, quello con incisa un'aquila pronta a spiccare il volo: - Di assassini ce ne sono tanti in giro. Intendevo chiederti come ti chiami, e magari anche da dove vieni. -
Per un istante, il velo d’impassibilità che copriva il volto dell’incappucciato s’incrinò e lasciò uno spiraglio allo stupore. Aveva appreso la notizia con una leggerezza estrema, quando a lui stesso l’idea di poter aver a che fare con un assassino dava il voltastomaco. Subito, però, si ricompose. Rimase qualche istante fermo, poi decise di giocarsi il tutto per tutto: lasciò parlare il compagno. La bocca si piegò in un ghigno strafottente e si lasciò sfuggire uno sbuffò divertito. Non disse altro.
Gli occhi blu di Kylian si assottigliarono a due fessure: - Non ti conviene scherzare con me. Non solo il Fuoco brucia sai? Anche il Ghiaccio può ferire allo stesso modo. - non sapeva perché l'aveva detto. Solo che quelle parole gli erano uscite spontanee, come se fossero state la cosa giusta da dire.
L’incappucciato inclinò leggermente la testa con fare teatralmente colpito:- Dici così perché non sai ancora cosa sono le tenebre. Io le ho viste. Sei appena arrivato vero? Troppo sicuro di te, un abitante della zona non lo sarebbe mai a questo punto parlando con me e tu sei troppo... uhm... perfetto per aver già sfidato il destino in queste terre anguste. Ma fai bene a divertirti finchè puoi: questo mondo si servirà di te, perché tu non sei altro che un pezzo di questa partita.- tornò impassibile come se avesse cambiato identità. - Perfetto? - ripeté il norvegese, mentre un sorrisetto amaro gli incurvava le labbra - No, io non credo proprio e non ho la pretesa di esserlo. Ma sembra che tu la sappia lunga su questo posto. Dimmi, che cos'ha fatto per sfruttarti come dici? -.
L’incappucciato stava per aprir bocca e rispondere quando una violenta fitta alla tempia lo assalì. Non ora! si maledisse provando a ricacciarla indietro, ma quella fu più forte e con un rombo s’impossessò della sua mente. Eccolo! Era il ragazzo che lo interrogava quello che compariva nei suoi ricordi ed allo stesso tempo non era lui: aveva mille volti diversi ma gli trasmetteva sempre la stessa sensazione di freddo. Aveva un arco argentato con il quale trovava gusto nell’ucciderlo, dilaniarlo e straziargli le carni. Già lo aveva fatto molte volte. Era pericoloso. Il dolore delle frecce che avevano colpito i suoi predecessori tornò a torturarlo facendogli venire delle convulsioni per il dolore. Ringhiò ancora di dolore prima che le immagini sfumassero e lo lasciassero di nuovo solo. Non sapeva cosa avesse visto il suo maledetto carceriere, ma non se la sentì d’incrociare il suo sguardo. Nelle sue visioni, aveva anche ritrovato l’orrore dell’omicidio, scoprendo d’aver già ucciso molte volte in passato, e proprio quell’arciere misterioso che sembrava dargli battaglia da secoli. Parlò cercando a forza di non rantolare:- Lo vedrai. Mi hai chiesto chi sono?! Ebbene, io sono come te: quello che ho provato io l’hai provato anche tu. Quello che proverò, proverai.-
L'altro rimase fermo, sorpreso dalla reazione dell'incappucciato. Sembrava avesse provato... dolore? Ma perché? Quella situazione iniziava a piacergli sempre meno. - Se siamo così simili, - riprese - come mai sei così restio al rispondere alle mie domande?-
-Sai com’è, sono incatenato in una prigione senza sapere cosa ne sarà di me. In questi casi la voglia di parlare manca. Ad ogni modo, perché non provi a chiedere a te stesso chi sono io?- ghignò strafottente.
- Forse perché non saprei che risposta darmi. - ribatté secco Kylian.
- Umpf! Novellino!- sbuffò quello. - Ma almeno sai chi sei, eh?- teneva quell’aria presuntuosa di sufficienza provando piacere nelle risposte seccate del norvegese.
- Tu chi credi che io sia? - replicò. Senza ironia, voleva sapere se almeno quello strano tizio poteva dargli una risposta che non fosse criptica. L’incappucciato non cambiò espressione:- Sicuramente non una minaccia, non sai nemmeno perché sei qui scommetto. Non sai nemmeno combattere e, soprattutto, non conosci la tua strada, non è forse così?- si lasciò sfuggire un altro sbuffo divertito. - Per adesso forse. - ammise lui alzando le spalle - Non per sempre. -
L’incappucciato ripensò a sé stesso e per un istante provò pietà nei confronti del suo carceriere. Un leggero formicolio alla schiena gli ricordò le immagini di morte e quel sentimento altruista scomparve subito. Devo trovare il modo di liberarmi si disse, anche perché il formicolio ai piedi si faceva più intenso e la cosa lo preoccupava. Inoltre doveva trovare le sue armi, ne aveva bisogno per sopravvivere. - Senza qualcuno ad indicartela non la troverai. Ai bivi ci penserai da solo, ma dovrai almeno intraprenderlo quel sentiero. Io sono come te. Posso aiutarti.-
- Sul serio? - commentò Kylian con un sorrisetto scettico - Ma se fino adesso non hai fatto altro che rinfacciarmi quanto sia inetto in confronto a te. Cos'è tutto questo altruismo improvviso? Credi forse che mi lascerò usare per i tuoi scopi? Non ho niente di personale contro di te, ma se sei lì dentro ci dev'essere un motivo. -
- E lo conosci!- ribatté rapido l’incappucciato. Tenne lo sguardo fisso sul carceriere e un’idea gli passò rapida in testa. Forse poteva farcela. - Sono stato io a dirtelo: sono un assassino. Non crederti superiore a me per questo: presto lo sarai anche tu.- sentiva l’appoggio del compagno a dargli forza così continuò:- Io sono in questo mondo da più tempo di te, mi hanno già indicato la mia strada ed io l’ho già intrapresa. Ora mi trovo ad un bivio: pensare solo a me... o istruirti. Pensaci, la mia è un’offerta generosa.- tornò all’originaria impassibilità.
- Istruirmi? - ci fu un attimo di pausa - Mi stai prendendo in giro per caso?! -
- Assolutamente no.- attese risposta, ma dai lineamenti del volto non sembrava mentire, solo essere vittima di una sospetta impazienza.
- Hai per caso fretta di fare qualcosa in particolare? - chiese Kylian, notandola.
- Solo liberarmi di queste maledette catene- si mosse facendole tintinnare:- Questa prigionia mi sta uccidendo.- sorrise sarcastico:- Credo sia umano, motivo in più per fidarsi di me.- il compagno, il suo spirito, s’agitava nelle sue viscere. Era furioso per ciò che nei secoli quel ragazzo gli aveva fatto passare ed ora bramava il suo sangue, l’incappucciato poteva sentirne le zanne e gli artigli graffiarlo assetati. Ma aveva ucciso una volta e gli era bastata. No, noi non uccideremo! continuava a ripetere a sé ed a quella creatura senza corpo che lo accompagnava da ormai più d’un mese. Il complice ritirò le zanne e si acquattò, ma l’incappucciato poteva sentire ancora la voglia di vendetta della parte più bestiale del suo animo.
- Capisco. - abbassò gli occhi - Ma vedi, il problema non sono io: è la gente di qui che vuole la tua testa. -

Il suo cuore perse un colpo mentre quello del complice accelerava. In un istante si sentì sopraffatto dal proprio compagno che emerse. - Hanno dimenticato...- sussurrò prima di ringhiare di furia:- BASTARDI!- e strattonò le catene. L’incappucciato allora lo richiamò e cercò d’imporsi sul compagno. Ci riuscì in poco tempo: lo spirito appena ne sentì la volontà si ritirò riaccucciandosi in un angolino dell’animo dell’incappucciato.

Kylian scattò all'indietro sorpreso da quella reazione improvvisa ed aggressiva. Faticò non poco a tenere sotto controllo il respiro, dato che quello spavento gli aveva accelerato i battiti di parecchio. Si schiarì la gola, rimanendo in silenzio e guardò l'incappucciato attendendo spiegazioni.

- Non sono io quello da combattere.- sussurrò mentre il petto s’alzava e s’abbassava irrequieto. - Credimi. Io so chi sono.-
- E allora chi sei? - chiese il carceriere piano, a mezza voce.
- Toglimi le catene alle caviglie e te lo dirò. - non poteva andare avanti così: aveva perso la sensibilità ai piedi. Così non poteva correre. - Cerca di capirmi: se mi darai un ordine chiamandomi per nome io sarò costretto ad eseguirlo. È un prezzo alto: implica la mia schiavitù.- il compagno s’agitò gioioso dentro di lui.

Kylian ci pensò un attimo. Poteva chiedere alla Vestale di liberarlo... Dopotutto, se l'aveva spedito lì avrà pur avuto un motivo.
- Come ti chiami? - chiese pensieroso.
- Liberami le caviglie e te lo dirò! Giuro!- al norvegese dava l’impressione di fremere dalla voglia d’avere le gambe libere.
- Si... Il punto è che le chiavi non le ho io, ma il capo delle guardie e devo chiedere alla Vestale il permesso... - spiegò leggermente imbarazzato perché sapeva di star facendo una figura pessima.
- Avanti! Se ti creeranno problemi sappi che una volta a conoscenza del mio nome potrai comandarmi: allora loro non avranno nulla da temere ed io avrò ancora la testa attaccata al corpo!- il compagno rideva accanto a lui complimentandosi per l’astuzia e ovviamente quel ragazzo così ingenuo quale era il carceriere non poteva sentirlo.
Lo fissò per un attimo, poi cedette: - Va bene, ma sappi che non garantisco nulla... - e uscì dalla segreta, con la sensazione di star per fare qualcosa che gli avrebbe causato davvero troppi guai.

La Vestale era sul grande ponte che aveva attraversato per arrivare lì. Poteva vedere i lunghi capelli corvini e la svolazzante veste azzurra muoversi nella brezza leggera che soffiava sulle Fonti Squillanti. Vi si avviò a passo rapido e, anche prima che avesse aperto bocca, la donna prese parola: - Vedo che sei qui. - disse, tenendo tuttavia lo sguardo grigiazzurro fisso sul panorama della città e di quello che aveva chiamato Altopiano delle Streghe.
- Hai parlato con lui? -
- Si. - rispose Kylian, pensieroso. Era stata una strana conversazione.
- Ottimo, giovane Arciere. - rispose lei, chiamandolo nuovamente in quel modo.
- Mi ha detto che può aiutarmi. A capire chi sono. Posso fidarmi? -
- La gente di qui ha dimenticato il passato nonostante gli avvertimenti. - sospirò - Tu e lui avete combattuto su fronti opposti innumerevoli volte, ma è l'ultima battaglia la più importante. Quando avete combattuto fianco a fianco. -
Kylian annuì: - Allora sta dicendo che dovrei fidarmi di lui? -
- Solo tu puoi scegliere se farlo. Ma sta attento. Non fidarti del Lui che non si vede. -
- Lui che non si vede? -
- Già. Capirai da solo che cosa vuol dire. Fino ad allora, sta a te se scegliere se e quando usare questa chiave. - concluse la donna mettendogli una chiave di ferro in mano. Poi fece un cenno di commiato con la testa e se ne andò. Il ragazzo rimase lì pensieroso, osservando alternativamente l'oggetto e le increspature dell'acqua che scorreva sotto di lui.

Angolo di Kay!

Kay: Ciao! Per la vostra gioia questo capitolo è più lungo! ^^
Ladro: Più agonia! ^^
Kay: Ahahah! Ma che simpatico! *cerca di strozzarlo*
Ladro: Gaaaaah! *soffocando*
Kay: *lo lascia* Va beeeneee! Ignorate il mio Ladruccio domestico! ^^ Come potete vedere è parecchio diverso da quello della fic!
Ladro: Sono figo! *w*
Kay: Seee... in verità sei il mio gattino!
Ladro: Crrr... crrr... *fa le fusa*
Kay: Ahahah! Caro! ... Ehm... non ho molto da dire, si è capito? Quindi... diteci voi! Che ne pensate?!
Ladro: Faccio le fusa a chi lascia una bella recensione positiva! Miao!
Kay: No, tu sei mio!
Ladro: Ou... :(
Kay: va bene, un saluto da Kay e Ladruccio!
 
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