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Autore: Blue_moon    02/12/2012    2 recensioni
Primo libro della trilogia Similitudini.
Dal prologo:
"Nonostante fosse nato nell'oscurità di Jotunheim, Loki bramava la luce.
Il suo calore, la sua purezza e, soprattutto, la sua capacità intrinseca di creare ombre profonde e insondabili. Le stesse che sentiva di avere dentro, le stesse che l'accecante luce di Odino e Thor aveva creato nella sua vita.
Essere lasciato al freddo e al buio era una punizione peggiore di quanto lui stesso pensasse.
Ma c'era una cosa che, in parte, lo consolava.
Fino a che fosse stato sotto la protezione del Padre degli Dei e di Thor, non avrebbe potuto essere bersaglio dell'ira di Thanos, l'oscuro signore con cui si era alleato e di cui aveva disatteso le aspettative.
Loki era scaltro e realista, teneva alla propria vita.
Senza di essa non avrebbe potuto raggiungere i suoi obiettivi, né dimostrarsi degno dell'onore che sapeva di meritare.
Per ora, anche se impotente, si trovava in uno dei posti più sicuri all'interno dei nove regni, protetto dall'amore cieco e stupido di chi si credeva migliore di lui.
Almeno, così aveva sempre creduto."
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Similitudini'
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Eccomi di ritorno, la tensione si alza e finalmente Thanos fa la sua mossa... ci vediamo alla fine del capitolo!
Buona lettura



Nella confusione gioviale del luna park di Santa Monica, nessuno fece caso a quella che, ad una prima occhiata, sembrava una strana nuvola scura sull'orizzonte.
Quando la luce brillante mutò, alcuni, curiosi o perplessi, sollevarono la testa.
Un silenzio grave, rotto solo dalle musichette irritanti e fuori luogo delle attrazioni, calò improvvisamente.
Nel cielo azzurro della California troneggiava quella che aveva tutta l'aria di essere un'astronave.
La struttura di un colore a metà tra il grigio e il viola sembrava ammantata di nuvole, ma a tutti i presenti diventò chiaro ben presto che non si trattava di un insolito fenomeno meteorologico.
Serpeggiando, il terrore si diffuse rapidamente, azzerando i freni inibitori di ogni presente.
Nella memoria delle persone l'attacco alieno a New York era ancora vivido, e a nessuno venne in mente una spiegazione meno terribile.
I margini della nave si illuminarono progressivamente, fino a risplendere di lampi azzurri.
Subito dopo, una scarica di fulmini si abbatté sulla folla urlante.

«Direttore Fury!», esclamò l'agente Hill accorrendo incontro all'uomo che stava entrando nella sala controllo. «Violazione della sicurezza al livello 37», annunciò, consegnando nella mani della spia un piccolo tablet. «C'è qualcuno all'interno della Gabbia».
Nick Fury osservò brevemente le immagini sullo schermo. «Abbiamo agenti sul posto?», chiese.
«Sono nel corridoio, ma la porta non può essere aperta senza di lei», replicò la donna.
«Avvisali che arrivo subito», decise Fury. «Convoca i Vendicatori», ordinò, voltando le spalle all'agente.
«Direttore, potrebbe essere una trappola», osservò lei, con apprensione.
Fury si fermò davanti all'ascensore, si voltò, mentre le porte di metallo si aprivano.
«Ne sono consapevole».

«Perché hai scelto questo posto?», domandò Loki, afferrando Khalida per il gomito, facendola voltare verso di lui.
La donna sostenne lo sguardo indagatore del Dio. «È l'unica parte della base che conosco bene. Lo hai detto tu che dovevo essere assolutamente certa per guidarti», spiegò.
Loki, consapevole che quella fosse solo una piccola parte del vero motivo, la lasciò andare con uno scatto poco elegante. Tutto quello che aveva fatto non era servito a niente, quella donna l'aveva riportato esattamente dove era prima.
Senza la Gabbia, la stanza in cui era stato tenuto prigioniero era vuota e cupa. Sulle pareti di metallo c'erano i segni lasciati dall'attacco del Chyss.
Sul pavimento, il sangue delle vittime non era ancora stato lavato.
Khalida si ritrovò, suo malgrado, ad osservare quello che sapeva essere il suo.
La mano corse istintivamente al ventre.
Thor notò il gesto e cercò i suoi occhi, sorridendo per rassicurarla.
«Come facciamo a sapere che Fury non ci tenderà una trappola?», domandò nuovamente Loki, fissando nervosamente le porte chiuse, si ricordava che solo l'uomo bendato poteva aprirle.
«Si fida di me», rispose Thor.
Khalida alzò gli occhi al cielo. Se il Dio del Tuono avesse conosciuto veramente Fury, non avrebbe mai risposto in quel modo. Era una spia, e le spie non si fidano nemmeno di sé stessi.
La donna avvertì su di sé lo sguardo di Loki. Sapeva che la domanda era rivolta a lei.
«Per lo stesso motivo per cui tu non la stai tendendo a lui. Abbiamo lo stesso obiettivo», rispose.
Aveva capito subito che Loki aveva intenzione di privare Thanos del Tesseract tanto quanto loro. Che poi non avesse intenzione di restituirlo o volesse qualcos'altro in cambio, era da vedere.
Per il momento, sapeva di poterlo considerare un alleato, se non fidato, quantomeno utile.
Loki parve accettare la spiegazione con un cenno della testa.
Ora che il suo piano stava finalmente procedendo sui binari corretti, si sentiva più sicuro di sé, e più preparato per ciò che doveva affrontare. Collaborare con la squadra che l'aveva umiliato sarebbe stato difficile e il suo orgoglio avrebbe sofferto per ogni istante di quella ridicola alleanza, ma almeno, avrebbe potuto portare a compimento il suo scopo in modo veloce e con poco dispendio di energie.
Gestire l'insofferenza per quel gruppo di umani con troppe arie sarebbe stato un prezzo adeguato.
La luce sopra l'ingresso iniziò a lampeggiare, e Khalida strinse le dita sulla pistola, facendo un passo in avanti.
«Stanno arrivando», disse, concentrando lo sguardo sulle porte.
Non sapeva come Fury avrebbe accolto il suo arrivo, soprattutto dopo che avrebbe sentito ciò che aveva da dire. Conosceva la flessibilità del Direttore, ma non era certa di volerla mettere così alla prova.
Per un momento, fu contenta che ci fosse Thor con lei, aveva almeno un sostenitore pronto a far valere le proprie ragioni, a colpi di martello se necessario.
Il vero problema, Khalida lo sentiva come se facesse parte di lei, sarebbe stato convincere i Vendicatori, in particolare Stark. Il miliardario non si era mai fidato né di lei, né tanto meno di Fury.
La sirena suonò, e Fury fece la sua comparsa.
Khalida provò la sgradevole sensazione che tutto intorno a lei svanisse.
Fury la guardò dritto negli occhi, caricando le pupille di una serietà e gravità che le fece piombare il peso della responsabilità sulle spalle.
Per tanti anni era stata una semplice sottoposta, un'agente come tanti altri, talentuosa certo, ma non insostituibile.
Mentre ora, tutto quanto dipendeva dalle sue capacità.
Una sensazione molto simile al panico le afferrò lo stomaco.
Non le importava poi molto delle sorti della Terra, o della stragrande maggioranza dei suoi abitanti, ma completare quella missione significava riappropriasi della sua vita.
E, forse, non rischiare mai più di perderla.
Fury fece un passo in avanti e dedicò uno sguardo intenso ai due asgardiani con lei.
Non fece domande.
«Venite con me», ordinò, voltandosi.

Senza che Fury glielo ordinasse, Khalida consegnò la propria arma al primo agente che avvicinò. L'uomo, che aveva già visto in precedenza, la fissò come se non la riconoscesse, costringendola a domandarsi se qualcosa di lei fosse cambiato in modo imprevisto, durante quel viaggio.
Si guardò le mani, lisce ed ambrate.
Lentamente contrasse le dita, osservando i tendini allungarsi sotto l'epidermide. Era ancora lei, esternamente, ma non poteva assicurare con certezza di esserlo anche dentro.
Ciò che era accaduto nella sala del trono di Asgard, l'aveva fatta riflettere profondamente sulla natura del proprio avversario.
Tutti, lei compresa, avevano sempre trattato Loki come il nemico, senza preoccuparsi di capirlo davvero. Eppure, osservò dedicando un breve sguardo all'alieno che camminava accanto a lei con sguardo assorto e concentrato, era una delle prime cose che le era stata insegnata: per abbattere un nemico, bisognava prima conoscerlo, capirlo, infiltrarsi tra le sue crepe e diventare parte delle sue debolezze.
Solo allora si sarebbe riusciti a distruggerlo, dall'interno.
Khalida in realtà sapeva perché non aveva osato incamminarsi su un simile sentiero.
Era il metodo più efficace, ma anche il più rischioso. Una volta dentro, si poteva smarrire la strada per ritornare o, peggio, si poteva perdere la voglia di farlo.
Khalida aveva già fatto quello sbaglio, e non era sicura di essere pronta a riprovarci.
Ma doveva farlo.
Loki era un nemico troppo scaltro per i metodi tradizionali, e il tempo a sua disposizione stava per finire.

Il Dio dell'Inganno scrutò a lungo la schiena di Nick Fury.
Non aveva dubbi sul successo del suo piano.
Quell'uomo era prevedibile, aveva a cuore solo i suoi interessi. Per provare a riappropriarsi del Tesseract era sicuramente disposto a rischiare di cadere in un suo inganno.
Se c'era un merito che Loki poteva attribuire alla spia, era proprio quello di saper osare con intelligenza.
Lo aveva già fatto, quando aveva permesso a Thor di portare via il Cubo esclusivamente per dimostrare la sua, apparente, buona volontà.
Alla fine, il tempo gli aveva dato ragione. Il Tesseract era tornato nelle sue mani, ed era riuscito sia a creare le sue preziose armi che a concedere all'umanità uno spiraglio di luce.
Non doveva permettere a sé stesso di sottovalutarlo.
Era certo che Fury non si sarebbe opposto alla sua collaborazione, ma era consapevole che avrebbe preso tutte le sue precauzioni per evitare di essere impreparato al volta faccia che si aspettava.
Un sorriso sottile tagliò il volto dell'asgardiano.
Era pronto a giocare d'anticipo.

Il corridoio si allargò improvvisamente, portandoli dritti nella sala di controllo.
Sulla lamiera, i passi dei nuovi arrivati risuonarono con una nota apparentemente diversa. Il suono riecheggiò e un silenzio pesante calò su tutti i presenti.
Khalida si sentì immediatamente al centro degli sguardi, sorpresi o sospettosi.
Ebbe la certezza di comprendere come si era dovuto sentire Lazzaro, dopo la sua resurrezione.
Ogni paio d'occhi la fissava come se fosse un fantasma.
Si lasciò scivolare addosso la sensazione, raddrizzò le spalle e il mento ed entrò nella sala riunioni senza guardare dietro di sé.
Poco prima che la porta a vetri si richiudesse, sentì la voce secca dell'agente Hill richiamare tutti all'ordine.

Al grande tavolo dalla forma triangolare, era seduta la squadra dei Vendicatori al completo. Solo Stark, visibilmente nervoso, era in piedi e camminava avanti e indietro a intervalli irregolari.
Non appena Fury entrò insieme a Khalida, Loki e Thor, il miliardario si fermò e fissò con il solito sorrisino ironico la donna, dedicandole immediatamente tutta la sua attenzione.
Fece qualche passo in avanti. «Alla fine sei viva, dolcezza», esordì. Poi la fissò di nuovo attentamente. Allungò una mano e con le nocche sfiorò la piastra di metallo sulla spalla di Khalida. «Bella armatura», constatò. «Un regalo del futuro suocero?», chiese, riferendosi alla tenuta da guerriera asgardiana che Khalida indossava.
Lei fece una smorfia. «Anche lei mi è mancato Stark», replicò, senza considerare l'accusa che la frase di Stark sottintendeva. «A che punto è la ricerca del Tesseract?», domandò, rivolgendosi a Bruce.
Il dottore sistemò gli occhiali sul naso, scambiò un brevissimo sguardo con Fury, che annuì. «Per adesso possiamo affermare che il Cubo non si trova sulla Terra, o nelle sue immediate vicinanze».
«Il che significa che Thanos è ancora lontano», osservò Stark.
Loki sorrise, divertito. «Non siatene così certi. Il Tesseract permette a Thanos di spostarsi tra i mondi, potrebbe arrivare qui da un momento all'altro».
«Quando ci interesserà la tua opinione, Dio dei Falliti, te la chiederemo», lo rimbeccò Stark.
Loki sostenne gli occhi del miliardario senza problemi. Per quanto facesse il gradasso a parole, era abbastanza sicuro che l'uomo di metallo non avrebbe cercato lo scontro con lui, non in quel momento, per lo meno.
Fury spostò l'unico occhio tra Stark e Loki. «Immagino che tu abbia un piano per impedirlo», disse, rivolto all'alieno.
Lui aggrottò le sopracciglia, come se l'osservazione dell'uomo lo offendesse. «Non mi importa della vostra vita, o del vostro pianeta. Ma se il Tesseract rimarrà in mano a Thanos, non ci sarà luogo nell'universo dove sarò al sicuro», espose, con una calma e una ragionevolezza che sorprese Thor e tutti gli altri presenti.
Ognuno di loro aveva in mente chiaramente la persona che aveva attaccato l'Elivelivolo poco più di un anno prima, e l'uomo freddo e sicuro di sé che avevano di fronte non aveva niente a che fare con lui.
Natasha constatò che non sapeva di quale dei due avere più timore.
Incoraggiato dal silenzio, Loki proseguì. «Per cui sì, ho un piano per recuperare il Tesseract».
Fury osservò a lungo Loki in viso. «Che cosa vuoi da noi?», domandò, dopo un breve silenzio.
Steve si alzò in piedi. «Non avrà intenzione di dargli retta!?», sbottò, sorprendendo Natasha, che l'aveva sempre visto calmo.
Stark fece un gesto. «Aspetta nonno, voglio vedere dove va a parare», lo blandì, spostando lo sguardo tra Fury e Loki.
Il Dio dell'Inganno trattenne un sorriso. «Per recuperare il Cubo, ho bisogno dello Scettro. Restituitemelo, e saprò condurvi dove il Tesseract è custodito».
Thor strinse le dita sull'impugnatura di Mjolnir. Era il momento decisivo.
Non si fidava di Loki, aveva promesso a sé stesso che non l'avrebbe più fatto da quando il fratello gli aveva affondato quella piccola lama nel ventre, ma voleva dargli un'opportunità in quel frangente. Probabilmente per la Terra era l'unica possibilità di evitare un attacco che avrebbe provocato centinaia di vittime.
Khalida riuscì ad intuire il momento esatto in cui Fury decise che avrebbe rischiato. L'unico occhio dell'uomo si strinse impercettibilmente, e una piccola ruga comparve all'angolo destro della bocca.
«Cosa vuoi in cambio?», domandò.
Loki rimase serio, nascondendo il sorriso che stava per animargli le labbra. «La mia libertà. Una volta che il Tesseract sarà di nuovo vostro, mi lascerete andare e non mi verrete più a cercare».
Fury emise un lievissimo sospiro. «E sia».
Le proteste caddero nel silenzio trionfante di Loki.
«Direttore, non potete...», iniziò Natasha.
«Siete pazzo quanto lui, se pensate che dica la verità...», rincarò Clint, alzandosi.
«Hanno ragione», convenne Steve.
«Ci sta manipolando esattamente come l'altra volta», osservò Bruce.
«L'avevi sempre saputo che saremmo finiti qui, eh Nick?», accusò invece Stark.
«Adesso basta!», intervenne Khalida, alzando il volume della voce.
Tutti gli sguardi si appuntarono su di lei, e nuovamente la donna avvertì il peso schiacciante della responsabilità sulle spalle. «State qui a punzecchiarvi come bambini che si contendono un giocattolo. Qualcuno di voi ha un'idea migliore? Avete miracolosamente imparato ad usare lo Scettro? È la nostra unica possibilità per evitare una catastrofe», continuò.
«Khalida ha ragione», la sostenne Thor.
Captain America osservò il compagno. «Ne sei convinto Thor?».
«Non mi fido di Loki, ma credo che in questo momento abbia i nostri stessi interessi», annuì l'asgardiano.
«Non so tu, ma io non ho interesse a morire», replicò, Stark.
«Non è il momento di fare gli spiritosi, Tony», lo rimproverò Steve.
«Non è spirito, ma praticità», insisté il miliardario, accennando a Loki con la testa. «Quello lì potrebbe anche volere veramente portare via il Tesseract a Thanos, ma non gli importerà niente di mettere a rischio la nostra vita».
«Non siete obbligati a venire», osservò Loki, divertito dal siparietto che gli umani stavano mettendo in atto.
«Eccome se verremo!», sbottò Stark, avvicinandosi per guardare l'alieno negli occhi. «Non ti libererai di noi così facilmente».
«Allora credo che sia inutile discutere», osservò Loki, tranquillamente.
“Direttore Fury!”, chiamò la voce dell'agente Hill, attraverso gli altoparlanti.
L'urgenza nel tono della donna fece immediatamente risuonare un campanello d'allarme nella testa di ogni presente.
«Parli agente», la invitò Fury.
“È meglio che veda lei stesso. Le mando le immagini sullo schermo”, concluse lei.
Contemporaneamente, il grande pannello alle spalle di Fury si illuminò, trasmettendo delle immagini che Fury aveva sperato di non rivedere mai più nella sua vita.
Il molo di Santa Monica era irriconoscibile, solo lamiere fumanti rimanevano di tutte le attrazioni del famoso luna park. L'asfalto e la ghiaia erano ricoperti da forme scomposte e vagamente riconoscibili come umane, la maggioranza erano così piccole da poter essere solo bambini.
Il sangue aveva colorato il paesaggio, rendendolo simile alla scena di un film horror di serie B. perfino la luce del sole appariva innaturalmente rossastra.
Nel cielo sereno si stagliava il profilo affilato e crudele di una nave aliena circondata da nubi violacee. L'inquadratura era fissa, e ben presto la nave scomparve sul lato destro.
Fu quel movimento a far scattare Fury. «Agente Hill, voglio tutti i radar a nostra disposizione su quella nave. Devo sapere dove è diretta».
Il direttore osservò in volto i Vendicatori, Loki e Khalida.
«Il vostro jet parte tra quindici minuti. Fatevi trovare pronti».

Khalida si guardò attorno, entrando nell'hangar.
Il jet era una ventina di metri avanti a lei.
Clint, Natasha, Steve, Stark, Thor e Loki erano ai piedi della rampa d'accesso. Trattenne un sorriso nel notare lo sguardo con cui Occhio di Falco scrutava Loki. Oltre a badare che l'alieno non li pugnalasse alle spalle, avrebbe dovuto fare attenzione che qualcuno non lo ammazzasse prematuramente, in un eccesso di zelo.
Il dottor Banner, con la sua solita aria di uno che vorrebbe essere da tutt'altra parte, raggiunse il gruppo qualche istante più tardi.
Probabilmente nessuno, a parte Loki, aveva notato la sua presenza.
La donna si concesse alcuni minuti per riordinare le idee.
Alla coscia, la fondina con la sua arma d'ordinanza pesava più di quanto ricordasse. Alla cintura, portava invece due piccole pistole automatiche caricate con l'energia del Tesseract. Distrattamente, la donna accarezzò le piastre metalliche dell'armatura.
Si era quasi messa a ridere quando le ancelle le avevano portato quel completo, per prepararla per il viaggio.
Trovava ridicolo il modo in cui certi riti venivano considerati essenziali in quella strana città.
Perfino per la guerra, le ancelle avevano voluto acconciarla e vestirla come se fosse stata una sposa. Il modo in cui le avevano pettinato i capelli, una treccia che ostentava la lunghezza notevole dei suoi capelli, era una violazione bella e buona al regolamento, dato che tutte le agenti dovevano portarli corti, o quantomeno legati in modo che lo sembrassero.
Ma in fondo ne era contenta, si sentiva diversa, distinta dagli altri, quasi la sua missione e la sua unicità dovesse essere rimarcata anche dall'abbigliamento.
Come tutti i suoi compagni, adesso anche lei possedeva una sorta di uniforme.
«Agente Sabil», la salutò Fury, comparso dal nulla accanto a lei.
«Direttore», annuì lei.
«Ormai è tutto nelle sue mani», iniziò l'uomo.
«Ne sono consapevole», replicò Khalida, sfiorando appena il cerchietto di metallo che portava all'anulare destro.
«Cosa sa delle reali intenzioni di Loki?», chiese Fury.
Khalida fissò brevemente il volto immobile dell'asgardiano, Loki le restituì lo sguardo solo per qualche istante. «Sono certa che voglia recuperare il Tesseract...».
«E tenerlo per sé?», concluse per lei Fury.
«Non ne sono sicura. Ma lo scoprirò», affermò la donna.
«Si fida di lei?».
Khalida rise. «Ovviamente no. Ma credo di avere un ruolo nei suoi piani, altrimenti non mi spiego perché abbia voluto salvarmi la vita».
«Ammetto che lì ha sorpreso anche me», osservò Fury, accennando un breve sorriso.
Khalida non lo condivise. «Speriamo non lo faccia più», si augurò.
Fury annuì, poi porse a Khalida lo Scettro, che fino a quel momento aveva tenuto celato dietro la schiena.
«Glielo porti lei, agente», spiegò.
Khalida si sforzò di non mostrarsi sorpresa. Afferrò il manufatto senza fare domande, trovandolo più leggero di quanto si aspettasse e stranamente tiepido, per essere di metallo.
«Buona fortuna», le augurò Fury, prima di voltarsi.
Khalida non lo osservò sparire, a grandi passi raggiunse i propri compagni e con un gesto secco e perentorio, consegnò nelle mani di Loki lo Scettro.
Le mani dell'alieno, rapide, bloccarono quelle di Khalida, costringendo la donna a guardarlo in volto.
Fu solo un breve istante, ma lo sguardo penetrante di Loki fece scattare nelle mente di Khalida il sospetto che la conversazione tra lei e Fury non era stata privata quanto credeva.
Una scarica di adrenalina le attraversò i muscoli.
Ciò che stava per fare, probabilmente l'avrebbe condotta dritta nella tomba, ma ormai non aveva altra scelta.
Non avrebbe mai accettato di perdere quella sfida con sé stessa, né desiderava che di Loki si occupasse qualcun altro che non fosse lei.
Dopotutto, lui era ancora il suo prigioniero.

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E meno uno! Il tredici sarà l'ultimo capitolo, poi mancherà solo l'epilogo, che comunque ci darà informazioni fondamentali.
Cosa ne pensate?
Khalida accenna spesso ad un "compito", avete idee su cosa potrebbe essere?
Spero di avervi incuriosito.

Voglio ringraziare tutte le persone che leggono, perché, nonostante nessuna resensione, lo scorso capitolo ha avuto ben 108 visualizzazioni in una settimana.
Sono molto contenta, e vi ringrazio.

Nicole
  
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