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Autore: Beauty    03/12/2012    14 recensioni
E' il 1912. Sulla nave dei sogni si intrecciano i destini di Emma Swann, Regina Mills, Archie Hopper, Ruby Lucas, Mary Margaret Blanchard, il signor Gold, Belle French, Jefferson e molti altri, mentre il Titanic si avvia verso il suo tragico destino.
Chi sopravviverà?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Emma Swan, Ruby/Cappuccetto Rosso, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Belle si sistemò le pieghe dell’abito, arrossendo vistosamente quando una signora dell’alta società le passò accanto scoccandole un’occhiata che comprendeva il suo semplice vestito azzurro e le vecchie scarpe bianche ripescate da uno scatolone in soffitta.

La ragazza si affrettò a proseguire lungo il corridoio di prima classe, ringraziando la buona sorte che fosse pressoché deserto. Quello non era il suo ambiente, non lo era mai stato neppure quando suo padre era ancora in possesso del negozio di fiori, e tutto lì dentro pareva volerglielo ricordare.

Si sentì sfiorare la gonna, e abbassò istintivamente lo sguardo. Un cane dalmata sollevò il muso su di lei. Belle sorrise, facendogli una carezza sul capo, quindi lo lasciò proseguire lungo il corridoio.

Rimase a guardarlo finché non svoltò l’angolo, quindi riprese a camminare in direzione della cabina da raggiungere. Ciò che era successo quel pomeriggio sul ponte l’aveva inquietata non poco, e benché non fosse una vigliacca e non avesse l’abitudine di mettere le mani avanti per qualunque cosa, sapeva stare al suo posto e contro chi non era il caso di schierarsi.

Aveva aspettato che suo padre si appisolasse per sgattaiolare fuori dal suo scompartimento di terza classe. Moe aveva esagerato, come sempre. Belle comprendeva che suo padre fosse arrabbiato, ma non sempre era disposta a giustificare i suoi scatti d’ira, tanto più che il signor Gold non aveva colpa del suo fallimento. Sì, si era preso buona parte dei guadagni che ne erano derivati, ma non era stata direttamente colpa sua. E poi, pensò Belle, da quel che aveva sentito in merito al signor Gold, aveva fama di essere un uomo vendicativo, e il fatto che anch’egli fosse diretto a New York non era un fatto positivo. Se non stavano attenti, rischiavano di inimicarselo anche in America, anche se era principalmente stata la sua educazione a spingerla a quel gesto.

Moe aveva esagerato. Il minimo che poteva fare era scusarsi per suo padre.

Belle sollevò di scatto il capo udendo dei passi di corsa nella sua direzione. Un giovane uomo con i capelli rossi e l’aria trafelata si stava dirigendo frettolosamente nella sua direzione. Belle gettò una rapida occhiata ai suoi abiti: non era uno straccione come lei, ma neanche un riccone di prima classe.

- Mi scusi, signorina…- ansimò l’uomo, cercando di riprendere fiato.- Lei ha…ha per caso visto un cane?

- Un cane?- fece eco Belle.

- Sì. Un dalmata, maschio, con un collare rosso…- spiegò il giovane.- Non lo trovo da nessuna parte, non vorrei si fosse cacciato proprio in prima classe…

- Non so se questa sarà una buona notizia per lei o no…- ridacchiò Belle.- Ma credo che sia appena andato da quella parte…- indicò la direzione in cui era appena scomparso il dalmata.

- Grazie infinite…- l’uomo si sistemò gli occhiali sul naso, fece un breve cenno con il capo e riprese a correre nella direzione indicata da Belle.

La ragazza sorrise, e riprese a camminare verso la sua meta.

 

***

 

Ruby si chinò sul letto, lisciando le pieghe delle lenzuola pulite. Gettò un’occhiata all’insieme della cabina: non c’era dubbio, non poteva fare alcun paragone con gli scompartimenti di seconda classe, e non osava nemmeno pensare a come potesse essere la terza. Prese un vaso dal tavolino e lo spostò con attenzione su una cassapanca dall’altra parte della stanza. Era a servizio sul Titanic da nemmeno un giorno, e già credeva di scoppiare. Non c’era oggetto o mobile che sfuggisse alla sua attenzione, e Ruby non poteva impedirsi di calcolare mentalmente quanto potesse essere costato questo o quel soprammobile. Le si strinse il cuore al pensiero di sua nonna stretta nella cabina di seconda classe. Granny era una donna forte che sopportava stoicamente qualunque condizione, ma aveva ormai più di settant’anni, e Ruby avrebbe voluto garantirle qualcosa di meglio.

Sperava solo che là, in America, il tanto sospirato meglio arrivasse.

Udì uno scricchiolio. Ruby spostò lo sguardo sulla porta socchiusa: due secondi dopo, il muso di un cane dalmata fece capolino nella stanza.

Ruby inarcò le sopracciglia, stupita. Non era il primo cane che vedeva, le signore di prima classe parevano essere dipendenti da chiuahua e barboncini, ma quel dalmata era evidentemente da solo. Che ci faceva in prima classe, non accompagnato?

Il cane annusò l’aria, quindi, vinto ogni timore, zampettò allegramente all’interno della cabina.

Ruby arretrò istintivamente di un passo.

- Ehi…non puoi stare qui…- fece la cameriera, rendendosi conto un secondo dopo della propria idiozia. Stava tentando di far ragionare un cane!

Il dalmata si piazzò al centro della stanza, guardandosi intorno con aria curiosa. Lo sguardo che posò sul servizio da thé in porcellana posato in bilico sul tavolino non piacque per niente a Ruby. Si sporse un po’ verso di lui.

- Ehi, qui non è il tuo posto…- beh, si disse, ora che aveva cominciato, tanto valeva proseguire. Gli fece un gesto con la mano. - Su, esci!

Il cane non diede segni di aver compreso. E come avrebbe potuto?

- Su, forza! Di là!- Ruby indicò l’uscita.

Niente. Il dalmata riprese ad annusare l’aria, quindi si avviò allegramente verso un vaso di cristallo.

- Ehi! No, no, no, no, no!­- Ruby si parò di fronte all’oggetto.- Senti, bello, se rompi qualcosa io finisco nei casini, e…

Il dalmata sollevò il muso su di lei. Ruby si zittì, ricambiando lo sguardo.

Il cane le annusò brevemente il vestito; quindi, puntò il muso contro la tasca del grembiule.

- Ehi…che fai…?

Il cane annusò insistentemente la tasca della cameriera. Ruby si spostò di lato, ma l’animale la seguì.

- Che stai facendo, ma che…

Il cane balzò in avanti, agguantandole il grembiule con i denti e iniziando a tirare. Ruby afferrò la stoffa, tentando di liberarsi, ma perse l’equilibrio e finì distesa sul letto appena rifatto. Il dalmata non mollò la presa.

Ruby scattò in ginocchio sul materasso, tirando la stoffa.

- Ehi, guarda che questo non me lo ripaga nessuno! Molla!- gridò, riuscendo alla fine a liberarsi.

Il cane balzò in avanti, appoggiandosi con le zampe anteriori sul materasso.

- No! No! Giù!- ordinò Ruby, tentando di apparire autoritaria.- Giù! A cuccia!

Il dalmata non parve comprendere, e iniziò a muovere allegramente la coda.

Ruby sospirò, aggrappata a una delle colonne del baldacchino.

- Mi farai licenziare…!- borbottò, infilandosi una mano nella tasca del grembiule. Ne estrasse un biscotto al cioccolato.- Tieni, vuoi?

Pongo prese a scodinzolare con più energia. Ruby gli lanciò il biscotto, che il dalmata afferrò al volo.

- Ecco, sei contento? Ora vai fuori, capito?

Pongo, per tutta risposta, si sporse ancora di più sul letto.

Ruby sospirò nuovamente, esasperata. Prese un altro biscotto, gettandolo il più vicino possibile all’uscita. Veloce come un fulmine, Pongo si precipitò a raccoglierlo, ritornando presto vicino al letto, masticando con gusto.

Ruby gemette.

- Ma che diamine devo fare per riuscire a scendere da qui?!

Pongo abbaiò.

 

***

 

L’abbaiare di un cane proruppe nel corridoio di prima classe.

Archie lo riconobbe, l’avrebbe riconosciuto fra mille. Non sapeva se sentirsi sollevato o disperato, non appena capì che proveniva da una cabina di prima classe.

Si precipitò letteralmente verso la camera, inciampando sulla porta e rischiando di cadere sulla soglia. Rimase imbambolato alla vista della scena che gli si era presentata davanti.

Pongo, che gli venissero le pulci!, se ne stava beato appoggiato con le zampe al bordo di un baldacchino, la coda che scodinzolava allegramente e lo sguardo puntato su una ragazza vestita da cameriera, molto graziosa, con i capelli castani che le ricadevano sulle spalle, che se ne stava in ginocchio sul letto aggrappata a una delle colonne.

- Scusi!- il grido della cameriera lo riportò alla realtà.- Per favore, mi potrebbe dare una mano?

Archie si riscosse, correndo in direzione del dalmata e afferrandolo per il collare in modo che scendesse dal letto. Ruby tirò un sospiro di sollievo, balzando giù dal baldacchino.

- Grazie…!

- E’ tutto il pomeriggio che ti cerco, sacco di pulci!- borbottò Archie, rivolto a Pongo. Il cane, per tutta risposta, voltò il muso dall’altra parte.

- Oh, è il suo cane?- fece Ruby.

- Sì. Sì, lui…Pongo è il mio cane…- mormorò Archie, al colmo dell’imbarazzo.- Mi spiace molto, signorina, in genere non si comporta così…

- Pongo, eh?- Ruby fece un mezzo sorriso, inclinando lievemente il capo e guardando il dalmata, che non aveva smesso di scodinzolare.

- Non so proprio cosa gli sia preso…- Archie sbuffò, trattenendo Pongo per il collare; il dalmata aveva ripreso ad annusare il grembiule della cameriera.

- Credo di saperlo io…- Ruby infilò la mano in tasca e gettò l’ennesimo biscotto a Pongo, il quale lo ingoiò con gusto.- Questo era l’ultimo, hai capito?- Ruby si finse severa.- E addio al mio spuntino pomeridiano…- sospirò.

- Sul serio, signorina, mi dispiace tantissimo…- Archie era diventato del colore dei suoi capelli.

- Non fa niente, l’importante è che non abbia rotto nulla…- Ruby si sistemò il vestito, quindi sorrise.- E’ la sua cabina, questa?

- Che? Oh, no, io…io viaggio in terza classe…- rispose Archie, imbarazzato. Si schiarì la voce, tendendole la mano. - Dottor Archibald Hopper, molto lieto.

La cameriera sorrise.

- Ruby Lucas, piacere mio. E’ un dottore, ha detto?

- Esatto. Uno psicanalista, per la precisione.

- Psicanalista…- Ruby si fece pensierosa.- Devo aver letto qualcosa su uno di loro…Un certo Fred, o Fraid…

- Freud?

- Sì, esatto! Uno che blaterava qualcosa su Edipo, e la madre, e il padre…- Ruby fu sul punto di mettersi a ridere, ma subito si accorse della figuraccia che aveva appena fatto. Arrossì.- Ehm…un dottore, allora…e come mai viaggia in terza, se non sono indiscreta?

- Sono in compagnia di un amico e di suo figlio. Anche lei in terza?

- No, seconda. Viaggio con mia nonna…e mi pago il biglietto rifacendo i letti…- Ruby sorrise amaramente.- Anche lei con il grande sogno, dico bene?

- Come?

- Ma sì, l’America, New York…- Ruby si gettò a sedere sul letto.- Mia nonna spera di poter riaprire il nostro Bed & Breakfast, una volta arrivate là. Quanto a me…dicono che i teatri di Broadway siano un posto perfetto dove iniziare la carriera d’attrice…

- E’ un’attrice, signorina?

Ruby rise.

- Sì, certo. Nella mia testa…- ridacchiò.- E per favore, niente signorina. Nessuno s’è mai sognato di darmi del lei in vita mia. Io sono Ruby.

- Va bene…Ruby…- ad Archie fece uno strano effetto pronunciare quel nome. - Sua…ehm…tua nonna aveva un Bed & Breakfast, hai detto?

- Sì, a Southampton. Ma abbiamo dovuto chiudere per colpa di un maledetto usuraio che ci ammazzava a colpi di affitto. Un certo Gold. Se lo trovo su questa nave, parola mia che gli riempio i vestiti di acqua salata!- Ruby rise; Archie si unì a lei, sentendosi improvvisamente più a suo agio.

- E tu non pensi di darle una mano, una volta sbarcate a New York?

- Io? Beh…non lo so, a dire il vero…Ho sempre lavorato con lei, ma non voglio fare questo per tutta la mia vita…Vedremo: se mi butteranno fuori da Broadway, saprò dove andare…- Ruby sorrise; gettò un’occhiata all’orologio. Si rialzò, sistemandosi il grembiule.

- Beh, sarà meglio che vada…- mormorò.- Fra poco è l’ora del thé, e se non mi presento nel salone, chi lo sente il capo…

- Certo…Io riporto in cabina questo fuggiasco…- Archie tirò Pongo per il collare, avviandosi verso la porta.- Ci vediamo, Ruby.

Ruby sorrise.

- A presto! Ciao, Pongo!

Pongo le gettò un’occhiata, quindi uscì dalla porta con tanta velocità da far incespicare Archie, che lo teneva stretto per il collare.

 

***

 

Il salone principale della prima classe era ampio e luminoso, e la luce pomeridiana che filtrava dalle finestre aperte sul mare faceva luccicare i cristalli dei lampadari e delle posate raffinate sulle tovaglie di lino bianco. Regina Mills, seduta comodamente su una poltroncina foderata di velluto verde, era elegantissima in un abito blu scuro leggermente scollato, con il cappellino sistemato sulla chioma accuratamente acconciata e i guanti color crema immacolati. Al collo portava un gioiello che aveva acquistato circa una decina d’anni prima durante una visita in una gioielleria di Londra: si trattava di un diamante blu a forma di cuore, grande quasi quanto una fragola, legato a una catenina d’argento. Si chiamava le coeur de la mer, il cuore dell’oceano, e aveva un valore inestimabile. Regina lo indossava solo di rado, se doveva partecipare a qualche cena importante o a un ballo a casa di amici influenti, ma quel giorno aveva deciso di estrarlo dal portagioie in onore dell’ospite che attendeva all’ora del thé.

Si voltò non appena sentì avvicinarsi dei passi affrettati. Sorrise.

- Buon pomeriggio, Henry - disse, salutando suo figlio non appena lo vide trotterellare in direzione del tavolo seguito dalla sua bambinaia. Emma fece una smorfia; forse non aveva il diritto di criticare Regina per come faceva la madre, e sicuramente la signora Mills ne sapeva più di lei su come crescere un bambino, ma era certa che non avrebbe mai salutato suo figlio con un freddo buon pomeriggio, neanche fossero stati due estranei.

- Buon pomeriggio, mamma - rispose Henry, serio, sedendosi accanto a Regina.

Emma prese posto al tavolo.

- Si è cambiata d’abito, vedo, signorina Swann…- Regina le rivolse un sorriso compiaciuto, squadrando Emma nel suo semplice vestito verde acqua.

- Come richiesto…- mormorò Emma.

- Com’è andata la passeggiata, signorina Swann?

- A meraviglia, signora Mills.

- Henry?- Regina cercò l’approvazione di suo figlio; il bambino annuì.

Emma si sistemò il tovagliolo in grembo.

- Attendo un ospite, signorina Swann. Un ospite di riguardo - precisò Regina.- Mi raccomando, si comporti da signora.

Emma si trattenne a stento dal chiederle che cosa si aspettasse, se si aspettava che si sarebbe messa a mangiare con le mani o cos’altro, ma si morse la lingua.

- Oh, eccolo!- esclamò Regina.

Emma ed Henry sollevarono lo sguardo all’unisono, sgranando gli occhi non appena videro avvicinarsi al loro tavolo il capitano Graham. Anche l’uomo parve alquanto sorpreso d’incontrarli, ma non si scompose, e baciò la mano prima di Regina quindi di Emma.

Regina sorrise, invitandolo a prendere posto.

- Grazie per avermi invitato, signora Mills - ringraziò Graham.- Oh, e mi permetta di complimentarmi con lei per quel magnifico gioiello. Le sta d’incanto - aggiunse, accennando al cuore dell’oceano.

Regina sorrise, lusingata.

- La ringrazio, capitano. Posso presentarle mio figlio Henry?- la donna indicò il ragazzino, ignorando completamente Emma, quasi non si trovasse lì con loro. Regina prese in mano la tazzina del thé e bevve un sorso.- Io e il capitano ci siamo incontrati oggi qui nel salone - disse.- Il capitano Graham è il capo della giustizia qui a bordo del Titanic, Henry…

- Credo che questo suo figlio già lo sappia, signora Mills - Graham fece l’occhiolino a Henry.- Ci siamo incontrati oggi nel corridoio di prima classe…

- Davvero?- fece Regina, sorpresa.

- Sì, anche se la parola giusta sarebbe scontrati - Graham sorrise, gettando un’occhiata a Emma, la quale non aveva il coraggio di spostare lo sguardo dalla propria tazza.- Sono stato così maldestro da urtare accidentalmente la signorina. Per poco non è caduta, a causa mia.

- Sul serio?- Regina guardò Emma. - Signorina Swann, perché non me l’ha detto?

- N-non…non ne ho avuta l’occasione, signora Mills…- balbettò Emma.

- Ma è stato un incidente dovuto a una mia distrazione - disse Graham.- Non so cosa mi prenda oggi, faccio una figuraccia dietro l’altra. Pensi che ero convinto che la signorina fosse la madre di suo figlio…

- Sua madre?- fece Regina.

Emma si sentì morire. Henry le lanciò un’occhiata di sottecchi, torcendosi nervosamente le mani. Regina scoppiò a ridere.

- Oh no, certo che no! La signorina Swann è solo la sua tata. Sono io la madre di Henry, a tutti gli effetti - Regina bevve un altro sorso di thé, quindi proseguì.- Vede, capitano, io ho adottato mio figlio quando aveva tre settimane. Le suore mi dissero che la madre non era sposata, e che l’aveva abbandonato appena dopo la nascita. Non so chi sia, né vorrei saperlo. Non credo che un essere così ignobile avrebbe diritto all’attenzione mia e di mio figlio…

Emma strinse la gonna dell’abito, tenendo lo sguardo basso.

- …dico io, una madre che abbandona il proprio bambino. Sicuramente doveva essere una sbandata, una vagabonda, o magari anche una prostituta. Credo che persone del genere dovrebbero essere escluse dalla società: quale madre che si definisse tale abbandonerebbe il proprio bambino?

Emma arrossì, sentendosi le lacrime in agguato fra le ciglia.

- …una cagna, ecco che cos’è. Non è degna di essere chiamata madre. Neppure un cane abbandonerebbe il proprio figlio. Una persona simile non merita né comprensione né affetto…

Emma sentì di non farcela più, e scattò in piedi.

Henry la guardò, sentendo una stretta al cuore. Regina sollevò lo sguardo su di lei, stupefatta.

- Si sente bene, signorina?- fece.

- I-io…- balbettò Emma. - Io…chiedo scusa, credo…credo che sia un po’ di mal di mare…

- Vuole che chiami un medico?- domandò Regina.

- N-no, non ce n’è bisogno, io…ho solo bisogno di un po’ d’aria…Con permesso…

Emma si voltò, uscendo a grandi passi dal salone. Solo quando fu sul ponte prese a correre più veloce che poteva, in lacrime, raggiungendo infine la prua della nave. Si aggrappò alla balaustra, cadendo in ginocchio e iniziando a singhiozzare, il viso nascosto contro l’avambraccio e il vento che le scompigliava i capelli.

 

***

 

Belle bussò titubante alla porta, arretrando di un passo quando si aprì, rivelando la figura di una cameriera dall’aria irritata e affaccendata. La donna non si curò di nascondere una smorfia di fastidio alla vista dei vecchi abiti della ragazza.

- Ehm…buon pomeriggio…- mormorò Belle.- Io…stavo cercando il signor Gold…

La ragazza udì un passo strascicato avvicinarsi alla porta, quindi la cameriera si fece da parte, e il suo posto venne preso proprio dal signor Gold. Come tutte le poche volte in cui l’aveva incontrato, Belle si stupì dell’effetto che le faceva quell’uomo: Gold non era più un uomo molto giovane, e a suo tempo non doveva essere stato nemmeno molto bello, ma l’eleganza negli abiti e nei modi lo rendevano piuttosto affascinante. Ma c’era qualcosa in lui, qualcosa che Belle non era in grado di spiegare, che lo rendeva cupo e sfuggente, e la inquietava.

- Signorina French!- esclamò Gold. Doveva essere sorpreso di vederla.- Cosa posso fare per lei?

Belle s’impose di mantenersi calma, e si schiarì la voce.

- Ero venuta per parlarle, signor Gold. Riguardo al comportamento di mio padre questo pomeriggio.

Il signor Gold la guardò, apparentemente soprappensiero. Belle si chiese se stesse valutando l’ipotesi di sbatterle la porta in faccia oppure semplicemente deriderla. Doveva sembrargli patetica, lei, con il suo abito di seconda mano e l’aria di chi stava chiedendo l’elemosina.

- Non sarebbe educato da parte mia lasciarla sulla porta. Che ne direbbe di entrare e sedersi?- Gold si fece da parte in modo che Belle potesse entrare.- Le andrebbe una tazza di thé?

Belle chinò il capo ed entrò, timorosa.

Quando la cameriera chiuse la porta alle sue spalle, la ragazza ebbe la sensazione di essere appena entrata nella tana del lupo, e di non avere via d’uscita.

 

Angolo Autrice: Ciao a tutti! Dunque, so che molti di voi si aspettavano qualcosa di più per la Rumbelle, ma non voglio fare capitoli eccessivamente lunghi, e poi siamo solo al primo giorno, non voglio bruciare le tappe tutte adesso.

Allora, in questi giorni ho fatto una cura intensiva di Titanic e, anche se come ho detto questo non è un remake del film del 1997, avevo anticipato qualche citazione. Una di queste è appunto le coeur de la mer (che letteralmente significa il cuore del mare, scusate, non è per fare la pignola, ma quando ho sentito la traduzione il cuore dell’oceano gli otto anni passati a studiare francese si sono ribellati in me XD). Nel prossimo capitolo avremo Marco e August, Jefferson e Grace, un piiiiccolo accenno di Sean/Ashley, Leroy e Astrid, e poi Hunter Swann e Rumbelle (e, anche se non prometto nulla, tutto dipende dalla lunghezza del capitolo, forse anche una piccola parte di Red Cricket). Spero che l’incontro Archie/Ruby non sia stato deludente…Il prossimo capitolo sarà anche l’ultimo del 10 aprile, dal quinto attaccheremo con 11 aprile, e con la Snowing (che a me, confesso, non è che esalti molto, ma ci sono anche loro, quindi…cercherò di dare anche a David e Mary Margaret il giusto spazio e di non deludere tutti gli Snowing fan). Lo so che il comportamento di Regina non è il massimo, in questi capitoli, ma migliorerà, specialmente nella parte del naufragio…

Dunque, ringrazio chi ha inserito la storia fra le seguite, le ricordate e le preferite, e chi semplicemente legge, e ringrazio Pitonia, Ginevra Gwen White, Lady Deeks, historygirl93, jarmione, Valine, nari92, Lety Shine 92, syriana94, Avly e TheHeartIsALonelyHunter per aver recensito.

Un grazie in particolare a syriana94 per avermi concesso di pubblicare questo fotomontaggio da lei realizzato e che a me è piaciuto moltissimo, ma di cui ho potuto copiare solo il link causa dimensioni troppo grandi della foto :).

http://tinypic.com/view.php?pic=29lmigx&s=6

Come ho già detto, l’ho trovato fantastico, da brava fan di Regina quale sono, anche se è “la cattiva” e io spesso nelle mie storie mi trovo a farla passare come tale…Ancora grazie a syriana94 e, a proposito di Regina versione malvagia, informo tutti coloro che la seguono che aggiornerò presto la mia altra long Once Upon a Time in Storybrooke: Beauty and the Beast.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto :).

Ciao, un bacio,

Dora93

  
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