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Autore: Chara    04/12/2012    6 recensioni
C’era una volta… No, così non va proprio. C’era una cazzo di volta il rock. Sì, decisamente molto meglio. Il rock è sempre stato una ragione di vita, per coloro che ci credevano davvero. Era qualcosa che faceva vibrare il cuore e le ossa e ricordava alla gente che sapeva sentire non soltanto con le orecchie che si poteva essere fottutamente vivi anche solo ascoltando un suono. Eppure non era solo un suono, era pura anima, l’espressione più sincera di coloro che la lasciavano fluire dalle proprie mani. I musicisti consideravano i propri strumenti come una parte di loro, come un’estensione del proprio corpo, e nessuno sapeva meglio di essi quanto il rock n’ roll fosse uno stile di vita, una religione. Un motivo per continuare a fare ciò che facevano e per crederci ancora.
Beh, quasi nessuno. C’erano loro. Sì, loro… le groupie.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Slash
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 20


 

Angie aprì gli occhi lentamente, senza mai sbattere le palpebre. Come una bambola.

Non aveva dormito nemmeno un minuto, nonostante la stanchezza che le attanagliava la mente, e mettere a fuoco la stanza non fu poi così difficile. Anzi, purtroppo fu dannatamente semplice, come se ogni dettaglio fosse stato messo lì apposta in modo così spigoloso e sfacciato per ricordarle di non essere all’altezza. Eppure lei aveva sempre dato il massimo.

Quando Slash aveva spalancato la porta della camera di Izzy, un brivido di terrore le aveva attraversato la schiena. Ma nemmeno lei aveva capito da cosa fosse spaventata.

- Cos’è successo? – gli aveva chiesto una volta da soli.

- Ho discusso con Axl –

La sua voce era bassa e roca, probabilmente stava trattenendo a stento la rabbia cieca che sentiva dentro e la groupie si sentì impotente. Era lì apposta per farlo sentire meglio ma non sapeva come fare.

- Per quale motivo? –

- Immagino volesse darmi una scusa per avventarmi su di te e scoparti fino a quando non farà male ad entrambi – aveva sogghignato con amarezza, avvicinandosi a lei, che gli aveva posato le mani sul petto e anche la fronte.

- Cosa posso fare? – aveva domandato ancora, quasi disperata. Forse era un caso patologico quella fobia di non essere all’altezza di ciò che lui voleva.

- Fatti scopare fino a quando non farà male ad entrambi –

Aveva sorriso, alzandosi in punta di piedi per sfiorare le sue labbra. Poi quel bacio era diventato fuoco e avevano bruciato fino a quando, per davvero, avevano sentito dolore. Ma dentro o fuori? E c’era davvero differenza?

Angie si carezzò piano le braccia, cercando di scaldarsi per quel poco che poteva mentre ripensava a quel momento di poche ore prima.

Ma non era facile. Nulla lo era.

La parte di letto alla sua sinistra era vagamente tiepida, segno che Slash non si era alzato da molto, ma quel calore non sarebbe bastato, da solo, per far sparire il freddo che sentiva addosso sia fuori che dentro. L’aveva sentito alzarsi, e l’aveva anche guardato allontanarsi completamente privo di vestiti, e aveva preferito rimanere lì ad ammirarlo invece che fermarlo, perché lei sapeva che cosa stava andando a fare. Certo.

Un sospiro tremolante lasciò le sue labbra e si guardò le gambe nude, quasi fosforescenti nel buio. Si sentiva le ossa pesanti e realizzò che forse ci avevano dato dentro un po’ troppo. Ma Slash ne aveva bisogno, la sua necessità era solamente di affondare in lei come se fosse l’ultima volta. E lei era lì apposta per lui. A farsi scopare fino a quando non avrebbe fatto male ad entrambi.

E poi, cosa le garantiva che quella non fosse realmente l’ultima fottuta volta? Camminava sul filo del rasoio da così tanto tempo, sapeva che presto o tardi quel confine sarebbe diventato troppo sottile e lei sarebbe caduta. Dalla parte sbagliata, naturalmente. Rovinando tutto.

Sentiva di esserci così vicina…

Avrebbe dovuto andarsene, poi. Nulla e nessuno le avrebbe permesso di rimanere lì ancora.

Eppure anche in quel momento, nel silenzio della notte o forse del primo mattino, chissà, Angie sapeva esattamente dove trovare la sua rockstar, e l’avrebbe saputo anche se non avesse visto lo spiraglio di luce fendere il buio provenendo dalla porta socchiusa del bagno.

Non era una groupie a caccia di fama, lei. Sarebbe rimasta nell’ombra per sempre, se fosse stato necessario, nella stessa ombra che la avvolgeva anche in quel momento. Ma avrebbe fatto davvero qualunque cosa per lui, perché capiva fin troppo bene la sua mente e i suoi bisogni.

Si alzò lentamente, quasi indecisa. A tentoni trovò le mutandine e le indossò insieme alla maglietta di Slash, e poi si diresse scalza verso il bagno avvolta da quel cotone quasi lacero impregnato di quell’odore che le dava tanta sicurezza, il profumo della sua pelle.

Il pavimento era gelido, ed essere così poco vestita non aiutava di certo. Il suo respiro era pesante, il cuore batteva sempre forte quando si trovava in quella situazione, ma la pioggia impietosa aveva ripreso a picchiettare contro i vetri dell’unica finestra della stanza e copriva il suo lieve ansimare, dandole l’illusione che la sua inquietudine fosse di qualcun altro e non al centro del suo petto. Poteva fingere di essere tranquilla, ma la verità era che il cuore le rimbombava nelle orecchie e nemmeno lei sapeva il perché. O forse lo sapeva fin troppo bene. Aveva paura.

Quando aprì la porta, posando il palmo sul legno gelido come tutto il resto, la prima cosa che vide fu un cucchiaino malamente abbandonato sul marmo delle piastrelle. Deglutì, proseguendo con lo sguardo fino a trovare ciò che le interessava, ciò che aveva un disperato bisogno e al tempo stesso paura di vedere.

Slash era seduto a terra con la schiena poggiata alla parete della vasca, sui suoi fianchi stretti era drappeggiato un asciugamano schizzato di sangue e il laccio emostatico faceva bella mostra di sé sul suo braccio. Lui armeggiava con la siringa, anch’essa macchiata fuori e dentro di intenso cremisi, assicurandosi che nulla del bene più prezioso che conteneva sfuggisse alla sua reale destinazione.

Quando alzò lo sguardo, lucido e già in parte assente, si stupì di trovarla lì ad osservarlo appoggiata allo stipite della porta, ancorata ad esso come se ne dipendesse la sua salvezza. Le sue belle labbra piene si mossero per parlare, ma nessun suono prese forma dalla sua gola. Il sangue aveva macchiato anche la sua bocca. Sì, era giunto anche lì.

- Angie – riuscì a dire dopo vari tentativi, la voce roca e appena percettibile in quel silenzio così assordante. La pioggia ticchettava senza pietà, rimbombava nel petto della groupie allo stesso ritmo del suo cuore e nulla poté impedire ai suoi occhi di farsi lucidi al solo pensiero del tormento che poteva spingere una persona ad arrivare fino a quel punto. Una persona, lui.

Perché la verità era che degli altri non gliene fregava un cazzo, le importava solo di lui.

- Ehi – disse piano, inginocchiandosi al suo fianco. Gli carezzò il viso, senza cercare in alcun modo di strapparlo al fiume di sensazioni che aveva disperatamente cercato, e lo baciò a fior di labbra, leccando via quella stilla scarlatta che svettava sulla pelle ambrata del suo viso.

- Mi dispiace – mormorò ancora, in modo sempre più confuso e assente. Eppure i suoi occhi continuavano a guardarla e sembrava quasi che la stessero trapassando – Non te ne ho lasciata… -

- Shhh, non importa, lo sai… – rispose Angie, scostando una ciocca di capelli dai suoi bellissimi occhi neri. Prese la siringa e la depose accuratamente nel lavandino, il posto più lontano che il suo braccio potesse raggiungere standogli accanto, e liberò il suo braccio dalla costrizione del laccio emostatico – Lo sai che non è di quella che ho bisogno –

Avrebbe tanto voluto dirgli che aveva bisogno di lui, che lui stesse bene e che non fosse così maledettamente insicuro e tormentato, ma non poteva dirglielo mentre era conciato in quel modo. Forse non avrebbe mai potuto dirglielo, sarebbe stato troppo azzardato. Dopotutto era soltanto una groupie, che poteva saperne?

Slash sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi e lasciandosi cadere sul morbido tappeto che copriva il pavimento. Ma si gelava, l’inverno non faceva sconti a nessuno nel Nord America. E i sudori freddi e i tremori l’avrebbero presto scosso dalla testa ai piedi, fino nell’anima.

Così Angie si alzò, diretta verso la camera da letto alla ricerca di una coperta ma non andò molto lontano. Una mano le bloccò la caviglia, facendola ondeggiare pericolosamente in cerca di equilibrio. Abbassò lo sguardo e incrociò gli occhi di Slash, improvvisamente spalancati. Quasi impauriti.

- Dove stai andando? – farfugliò incerto.

- Prendo una coperta – gli sorrise con dolcezza, abbassandosi per carezzargli la fronte madida di sudore – Il pavimento è gelido, e tu tremi –

- Non andare – gemette quasi disperato, e per Angie fu impossibile allontanarsi da lì. Era di burro quando si trattava del suo chitarrista dagli occhi neri, non avrebbe mai saputo dirgli di no. E forse era ancora più debole di lui, che aveva il coraggio di sfuggire a ciò che lo tormentava. Lei no, lei rimaneva lì a farsi distruggere dai suoi dubbi e dalle sue paure mentre all’esterno fingeva che tutto andasse bene, perché lei doveva essere forte anche per lui.

Dovette accontentarsi di qualche candido asciugamano di spugna e, stendendosi piano al suo fianco, coprì i loro corpi abbracciati e non le rimase altro da fare che sperare di recuperare un po’ di calore in qualche modo. Posò il capo sul suo petto, ascoltando i battiti esageratamente lenti del suo cuore.

Slash le passò un braccio in vita, tirandola sopra di sé, ed Angie sorrise piano, affondando il viso nella giungla dei suoi capelli. Avrebbe voluto stringerlo forte, passare le sue mani sulla sua schiena e carezzarlo fino a farlo rilassare senza il bisogno di spararsi in vena tutta quella merda. Ma non poteva. Nemmeno farsi insieme per dimezzargli la dose avrebbe potuto strapparlo da quella schiavitù, a meno che lui non l’avesse voluto. Ma non aveva il coraggio di affrontare quell’argomento. Dopotutto, se era la sua groupie per qualcosa, sapeva che non le avrebbe mai risposto e, se l’avesse fatto, non sarebbe di certo andata nel verso giusto.

- Angie – mormorò di nuovo Slash, voltando il capo fino a posare il mento sulla sua tempia. Il braccio attorno ai suoi fianchi era debole, avrebbe voluto stringere di più solo per assicurarsi che non tentasse di nuovo di andare via, ma non aveva poi tutto quel controllo sul suo corpo. Era l’ero ad avercelo, lui stava solo lì a guardare.

- Sono qui, Slash – rispose puntellandosi su un gomito – Ma tu non ci sei molto, no? –

Lui sorrise brevemente e in modo appena percettibile, chiudendo subito dopo le palpebre terribilmente pesanti, ma non rispose più.

- Parliamo dopo – continuò Angie, carezzandogli una guancia con la punta delle dita – Non vado via. Sono qui -

Slash sorrise di nuovo, confortato da quelle parole, e questa volta si sollevarono entrambi gli angoli della sua bocca.

La groupie sospirò, rimanendo un po’ puntellata sul gomito per carezzargli il volto. Lo osservava, intanto, e ogni volta non riusciva mai a smettere di pensare che fosse bellissimo. Amava i suoi occhi, in quel momento chiusi, sapeva che avrebbe fin troppo facilmente potuto perdersi in quella loro oscura profondità. E quasi non desiderava altro.

Sfiorò il suo naso con un polpastrello, continuando a scorrere poi sulla sua pelle umida fino ad arrivare alle sue morbide labbra dischiuse. Inclinò il capo, indecisa, ma poi mandò al diavolo tutto e posò la bocca sulla sua. Sentì ancora il sapore metallico del sangue che poco prima gli aveva leccato via, e di nuovo gli occhi le divennero lucidi. Avrebbe davvero continuato a resistere? Sarebbe stata disposta a farsi ancora insieme a lui solo per essergli vicino in tutto? Dio, si sentiva un po’ troppo Nancy Spungen in quel momento ed ebbe paura. Di nuovo. Sorrise tra sé: era diventata una frignona cagasotto.

Guardò di nuovo Slash, ancora in stato di semi incoscienza e ignaro di tutto ciò che le vorticava nella mente con una velocità quasi spaventosa, e si limitò a baciargli il petto più e più volte e ad intrecciare le gambe alle sue, per dargli quel poco calore che aveva, per fargli sentire che lei c’era e ci sarebbe sempre stata fino a che lui l’avesse voluto.

Erano lì, insieme. Sempre.



*



A me viene l'ansia da prestazione quando pubblico capitoli così impegnativi! Comunque, prima che mi diciate qualsiasi cosa, mi scuso se Slash non sembra un tossico vero (perché quando sono fatti vanno in paranoia se la gente li tocca e cose varie), ma proprio non ci riuscivo a tenere Angie lontana. Per il resto non voglio aggiungere nulla perché questo capitolo parla da solo. Presto si saprà anche il vero motivo della lite con Axl, ma penso possiate già immaginarlo. Ringrazio tutti per le recensioni, le seguite, i preferiti, eccetera. E ringrazio anche Lisa, per lo stressante (per lei) supporto che mi ha dato mentre scrivevo e piangevo queste pagine xD A presto ;3

Giuggi

   
 
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