Note dell’autrice: salve a tutti e scusate per la lunga
attesa ma, stavolta, il motivo è validissimo. Uno dei miei racconti verrà
pubblicato ad anno nuovo ed ho dovuto dedicarvi tutto il mio tempo. Di quale si
tratta? Ve lo dico subito: è “L’incredibile vicenda del vapore olandese
Friesland” in una versione completamente rivisitata anche rispetto a quella che
era qui su EFP. Sono davvero elettrizzata. La pubblicazione avverrà a febbraio,
dato che ci sono alcune cosette burocratiche da sistemare, e sono davvero
impaziente.
Detto
questo, buona lettura.
CAPITOLO
27
Basil,
Topson e Cornelia, vestiti di scuro, si muovevano rapidi per le strade di
Londra, l’Investigatopo in testa. Come suo solito, non si era voluto sbottonare
sulla loro destinazione e gli altri due, benché morissero dalla curiosità, non
avevano fatto domande.
Ad
un certo punto, però, Cornelia si avvicinò a lui e gli
chiese:
“Basil,
dimmi una cosa, come mai ha voluto che venissi anch’io?”
Sperava
in una risposta che le desse un segnale positivo sulla loro situazione.
“Perché
non mi fido ancora a lasciarti da sola. Dopo le minacce dell’altro giorno, non
ti biasimerei se tentassi di scappare e temo che la signora Placidia non ti
tratterrebbe.” Disse lui senza guardarla negli occhi.
Delusa,
Cornelia si riaffiancò a Topson e non aprì più bocca.
Dopo
un po’ giunsero a destinazione, trovandosi davanti ad un condominio fatiscente
in una zona dell’East End, un posto pieno di ombre, spina nel fianco del
glorioso regno di Vittoria. Per strada non c’era anima viva ed il freddo
pungente, misto alla brutta sensazione di essere continuamente osservati, fece
correre un brivido lungo la schiena di Cornelia.
Dalle
finestre dell’edificio si vedevano brillare alcune luci fievoli, probabilmente
delle candele. Basil ignorò completamente la porta principale e si diresse verso
il retro della casa. Alla tenue luce dei pochi lampioni a gas presenti, i tre
riuscirono ad entrare in un piccolo cortile in condizioni non migliori
dell’edificio. Qui, l’investigatopo esaminò un po’ il terreno fino a che non
trovò ciò che cercava: un tombino.
“Basil,
dovremo scendere davvero lì sotto?” chiese Topson con voce
malferma.
“Temo
di sì, dottore. Non ho definito Rattigan ‘sorcio di fogna’ solo per
divertimento. Comunque, se volete,
potete rimanere qui fuori a fare i pali.”
“Non
sarebbe meglio chiamare dei rinforzi?” chiese ancora
Topson.
“Abbiamo
ormai appurato che il nostro amico riesce a svignarsela benissimo quando c’è
confusione. Non ho chiamato Laroux di proposito.”
“Quindi
qual è il piano?”
“Il
piano è aspettare che sia da solo, poi catturarlo in qualche modo e portarlo
alla polizia.”
“Tutto
qui?!” esclamò Cornelia “Ah, niente di più semplice!”
Basil
non le rispose, ma si mise a frugare nella borsa che si era portato appresso e
ne tirò fuori alcuni batuffoli di cotone.
“Metteteveli
nelle narici” disse, porgendoli ai suoi due compagni “renderanno più
sopportabile il tragitto.”
I
due eseguirono, dopodiché Basil, con l’aiuto di Topson, alzò la grata del
tombino e si calò nell’apertura. Una volta arrivato sul fondo, accese un
fiammifero e si guardò intorno mentre il dottore e Cornelia scendevano dietro di
lui.
“Bene,
secondo i miei calcoli dobbiamo andare.. a destra.” Ed imboccò il suddetto
corridoio. A Topson la strada sembrava infinita, piena di svolte, cunicoli
laterali. Si chiese come avrebbero fatto ad uscirne trascinandosi dietro
Rattigan. Se fossero riusciti a catturarlo, chiaramente.
C’era
qualcosa che non gli quadrava comunque: Basil sembrava troppo sicuro di sé ed il
piano troppo avventato, troppo pieno di incognite. Aveva una tremenda
sensazione, ma preferì non esternarla. Basil alle volte poteva sbagliare, ma era
comunque sempre riuscito a tirarsi fuori dai guai. Doveva fidarsi anche quella
volta.
Capì
solo più tardi che il suo presentimento non era poi così
sbagliato.
Dopo
quelle che parvero ore, i tre si trovarono di fronte ad una scaletta che
conduceva verso l’alto e Topson pensò che, finalmente, almeno il viaggio di
andata doveva essere terminato. Basil però la ignorò in favore di uno stretto
cunicolo che si apriva alla loro sinistra.
Dopo
averlo percorso, si ritrovarono in una sorta di ripostiglio, pieno di casse e
sacchi, con una porticina al lato opposto della stanza.
Mettendosi
l’indice destro sulla bocca, invitando così gli altri due al silenzio, Basil si
avviò lentamente verso la suddetta porticina e, dopo avervi appoggiato un
orecchio, per sentire se dall’altra parte proveniva un qualche rumore, spinse
l’uscio e sbirciò dall’altra parte.
Si
trovarono in una stanza molto più grande che doveva essere lo scantinato di una
delle vecchie case londinesi, con tanto di colonne e grate sul pavimento. A
Topson ricordò molto il luogo che Rattigan aveva scelto per il suo vecchio covo,
solo molto meno curato e, all’apparenza, completamente disabitato. I suoi sensi
erano tesi per cogliere ogni minimo rumore, odore, movimento fuori posto.
Si
voltò verso Basil e vide che anche lui stava facendo lo stesso. Dopo un po’,
l’Investigatopo fece cenno all’amico e a Cornelia di avvicinarsi a lui e
bisbigliò:
“Topson,
tu vai in quell’angolo laggiù.” Ed indicò al dottore il punto esatto. “Cornelia,
tu invece vieni con me. Dovremo attendere un po’ a quanto pare, ma almeno avremo
il tempo di prepararci a dovere. Coraggio.”
I
tre si divisero secondo le indicazioni di Basil e si misero in attesa.
Il
silenzio nella cantina era totale ed il freddo, ora che erano fermi, cominciava
a farsi sentire pungente. Cornelia, acquattata accanto all’Investigatopo, si
strofinò le braccia, nel tentativo di scaldarsi un po’. Quasi sobbalzò quando
sentì un altro braccio passarle intorno alle spalle e si accorse che Basil la
stava attirando a sé per trasmetterle un po’ di calore.
“Non
vorrei che il battito dei tuoi denti rivelasse la nostra presenza.” Commentò
secco, quando lei lo guardò con gratitudine. Questo le fece abbassare gli occhi
e mormorare:
“Sei
ancora tanto arrabbiato?”
“Tu
che dici?” rispose lui, voltandosi a guardarla.
“Non
potremmo parlarne?” chiese lei.
“Non
mi pare il momento più adatto.” Fu la secca replica.
“E
quando lo troviamo un momento adatto? In questi giorni non c’è stato
modo.”
“Sii
sincera ed ammetti che il modo ci sarebbe stato, ma che tu hai voluto evitare di
affrontare l’argomento.”
“Ero
spaventata e confusa! Inoltre volevo lasciar passare un po’ di tempo: eri
furioso quella sera.”
“Puoi
biasimarmi? Hai quasi fatto uccidere mia sorella!”
Topson,
da lontano, sentì che i due amici si erano messi a discutere e cercò di far loro
dei segnali per tentare di farli smettere, ma invano. Cosa diavolo stavano
facendo?
“Non
l’ho certo fatto di proposito, stavo solo cercando un modo per
aiutarti!”
“Potevi
farlo rimanendo a casa come ti avevo chiesto! Non bisogna mai esporsi quando non
si conoscono i rischi che si possono correre! Inoltre, non ho ancora ben capito
cosa volevi fare.”
“Te
l’ho detto, volevo trovare un qualcosa che ti avrebbe aiutato con il
caso.”
“Allora,
lascia che te lo dica, è stato un comportamento decisamente
stupido!”
“Anche
quello di Brynna se è per questo!”
“Ah,
su questo concordo. Se ti avesse lasciata fare senza intromettersi, a quest’ora
sarebbe sana e salva, magari a cercare di consolarmi per non essere riuscito a
tenerti fuori dai guai.”
“La
difendi sempre! Anche quando mi ha offesa tu non hai battuto
ciglio!”
“Non
vedo perché avrei dovuto farlo. Non c’era nulla di sbagliato nelle sue
conclusioni né tantomeno nelle sue azioni. E ti consiglio di moderare i termini
e di ricordare quanto ti ha detto la signora Placidia dopo la nostra visita al
Mousedom.”
Cornelia
fece per ribattere, ma le tornarono improvvisamente alla memoria le parole della
governante:
stavolta
non si è intromesso nella discussione tra voi due ma, se un giorno decidesse di
farlo, non sarete voi quella che difenderà.
Sbarrò
gli occhi: era quanto stava succedendo in quel momento!
“Ah,
vedo che te ne sei ricordata. Bene, allora credo che la discussione si possa
considerare chiusa!”
“Io
invece credo di no!” e, con queste parole, Cornelia afferrò Basil e lo costrinse
a voltarsi verso di lei. “Se non l’avessi ancora capito con quel bel cervello
che ti ritrovi, io ti amo. Ogni volta che esci, che vai in posti come quello
dell’ultima volta, io ho paura che ti succeda qualcosa e che io non sia lì con
te. Mi irrita che tu abbia invece permesso a tua sorella di fare ciò che ha
fatto.”
“Tanto
per cominciare, io non le ho permesso un bel niente. Nutrivo qualche sospetto
sul modo in cui si procurava le informazioni, ma non avevo idea che si esponesse
così tanto. L’avrei fermata, se avessi saputo.” Replicò lui, prima di aggiungere
“In secondo luogo, la mia vita non è così a repentaglio fintanto che ti so al
sicuro.”
Cornelia
lo guardò confusa, e lui si sbrigò a chiarire:
“Credi
veramente di essere l’unica a preoccuparsi? Quando so che sei in salvo e che
niente ti può capitare, la mia mente lavora meglio. Anch’io tengo molto a te,
sappilo, e questo influisce molto nelle mie indagini.”
La
topolina rimase in silenzio dopo quella confessione. Si rese conto di aver
frainteso tutto fino ad allora. Basil non voleva tagliarla fuori dalla sua vita,
ma semplicemente tenerla al sicuro dai pericoli che doveva affrontare ogni
giorno.
“Scusami..”
mormorò dopo un po’. Sentì che lui le stringeva appena la spalla.
“Non
fa niente.” Rispose “E’ solo che vorrei che non interferissi con il mio lavoro.
Sai che non posso concedermi distrazioni.”
Lei
sospirò: c’era una cosa che continuava ad assillarla. Quando ormai Topson,
dall’altro capo della sala, cominciava a sperare che avessero risolto tutto o
che, quantomeno, avessero deciso di darci un taglio e di rimandare la
discussione a più tardi, Cornelia
ruppe il silenzio:
“Però
Brynna può interferire.” Borbottò, guadagnandosi uno sbuffo da parte di
Basil.
“Ancora
con questa storia? Ti ho già detto che non sapevo cosa stava
facendo.”
“Hai
detto che lo sospettavi, però.”
“Infatti,
e più volte le ho detto di non esporsi troppo. In ogni caso, con lei è una cosa
diversa.”
“Dunque
lei può fare ciò che vuole e prendere
parte alle tue indagini, mentre io
devo starmene buona in casa ad aspettare il tuo ritorno?”
Topson
si sbatté una mano sulla fronte, poi riprese a fare gesti per cercare di farli
smettere. Lo stupiva soprattutto il comportamento di Basil: perché assecondava
Cornelia nella discussione, rischiando di farsi scoprire? L’orribile sensazione
di poco prima si fece nuovamente strada nella sua mente e lui si mise a
gesticolare con più foga prima di irrigidirsi di colpo e di drizzare le
orecchie: c’era qualcun altro nella sala, qualcuno che si muoveva furtivamente e
che sembrava avvicinarsi ai suoi amici. Cercò di farsi sentire, ma qualcuno lo
afferrò da dietro, tappandogli la bocca con una mano ed immobilizzandolo. Nel
frattempo, Basil e Cornelia, ignari di tutto, continuavano a battibeccare.
“Ma
ti senti quando parli?” stava dicendo lui “Stiamo parlando di mia sorella, non
di una tua rivale. La tua gelosia è stupida, quanto ingiustificata. E ora taci,
o ci farai scoprire!”
“Io
non sono gelosa, è solo che non voglio sentirmi esclusa dal tuo
mondo.”
“Non
sei esclusa dal mondo di nessuno, è solo che devi capire qual è il tuo posto per
far sì che le cose funzionino.”
“Non
mi sembra che, portandola qui, tu le abbia reso le cose più chiare, Basil.” Si
inserì una voce, che fece sobbalzare entrambi. Voltandosi, rimasero paralizzati
dallo spavento: Rattigan si trovava accanto a loro e, insieme a loro, c’erano
altri sei topi, due dei quali tenevano fermo Topson, che guardava Basil con aria
abbattuta.
“Basil,
Basil, pensavo che avessi imparato dall’ultima volta.” Lo canzonò Rattigan.
“Invece ti sei fatto sorprendere di nuovo. E in che modo! Battibeccando con la
tua ragazza!” A queste parole, gli scagnozzi scoppiarono a ridere. Basil, però,
rimase impassibile, mentre Cornelia gli si stringeva
contro.
Era
terrorizzata: non riusciva a vedere alcuna via di uscita da quella situazione di
cui, tra l’altro, era la maggiore responsabile. Cominciò a pensare che, forse,
Basil non aveva tutti i torti a volerla tenere fuori dai suoi affari, se poi
finiva sempre per rovinarglieli.
Le
sue riflessioni furono interrotte da Rattigan che, nel frattempo, aveva ripreso
a parlare:
“Stavolta,
però, non la passerai liscia. Niente macchine ingegnose per togliere di mezzo te
ed il tuo amico. Mi assicurerò personalmente che voi smettiate di respirare e
che il vostro cuore smetta di battere. Ovviamente mi prenderò il mio tempo, dato
che ho la serata libera da qualsiasi impegno. Ah, e non ti preoccupare per
Cornelia, mi assicurerò che abbia tutto ciò che le spetta. Non hai niente da
dire?”
“Per
ora, nulla di particolare. La mia opinione su di te la conosci già, quindi non
mi sembra il caso di ripeterla.” Rispose Basil, guardandolo negli occhi con
tranquillità, quasi con spavalderia, come Topson non mancò di notare. Ciò che
stava accadendo lo lasciava sempre più perplesso: loro due stavano per perdere
la vita e Cornelia sarebbe andata incontro ad un destino se possibile ancora più
tremendo, ma il suo amico non batteva ciglio. E ciò che lo sconcertava
maggiormente era che non sembrava che stesse recitando la parte dello sbruffone,
ma che fosse realmente sicuro di quanto diceva. In nome del cielo, che cosa
stava macchinando?
Rattigan,
però, parve non accorgersene, perché continuò a
sbeffeggiarlo:
“Non
ti servirà a niente fare il galletto adesso. Perché invece non chiedi pietà per
te e per il tuo grasso amico? Perché non mi supplichi di liberare Cornelia? Ah,
ho capito. Sei contento perché presto rivedrai la tua cara sorellina. Mi hanno
detto che non sei nemmeno riuscito a vederla esalare l’ultimo respiro perché eri
tornato a cercare la tua ragazza. Che fratello degenere! Lei si è adoperata
tanto per te e tu l’hai ripagata così!”
Cornelia
sentì Basil irrigidirsi ma, quando lo guardò in volto, vide solo calma sui suoi
lineamenti.
“Dimmi,
cos’hai provato a guardarla mentre si trovava alla mia mercé? Senti ancora le
sue grida di dolore? Ricordi la sensazione del suo corpo martoriato tra le tue
braccia?”
La
topolina sentì che l’Investigatopo aveva cominciato a prendere dei lunghi
respiri, come se cercasse di trattenersi e non poteva non capirlo: quella
crudeltà gratuita a cui Rattigan lo stava sottoponendo avrebbe messo a dura
prova l’autocontrollo di chiunque.
“Ed
ora eccoti qui: vuoi che ti riservi il suo stesso trattamento? Questo lenirà un
po’ il tuo dolore?” chiese il criminale, ghignando.
Basil
non rispose, il suo volto era una maschera indecifrabile. Quell’atteggiamento
sembrò infastidire Rattigan che, smettendo immediatamente di sorridere, si fece
serio.
“Moriarty?”
chiamò, ed il ragno si avvicinò, accompagnato da Elizabeth Morstan “Legali e
portali nella segreta.”
Il
compare fece un cenno di assenso e si mise all’opera, cominciando da Basil.
Cornelia, intanto, avendo visto l’”amica”, esclamò:
“Elizabeth,
perché? Io mi fidavo di te.”
“Hai
fatto male” rispose semplicemente l’altra. “Quando te ne sei andata, le cose per
me non sono andate bene come ti ho scritto nelle lettere. E’ vero, sono
diventata un medico, ma è dura per una donna-dottore farsi apprezzare da questa
città così diffidente. Questi signori mi hanno offerto di esercitare la mia
professione alle loro dipendenze e con ingenti guadagni. Potevo forse rifiutare?
Non ci sono stati ricatti, posso assicurartelo. Sono solo affari. Perciò, quando
mi hanno chiesto di spiare Basil mediante te per ricambiare la loro generosità
ho accettato. Devi concedermelo, cara, sono stata un’attrice eccellente.”
Concluse, sorridendo.
Cornelia
avrebbe voluto strangolarla. Peccato che le ragnatele con cui Moriarty aveva
cominciato a legarle i polsi le impedissero di farlo.
Quando
ebbe terminato l’opera, il ragno spinse Basil e Cornelia verso Topson, poi i tre
furono condotti verso un angolo della stanza. Qui c’era un buco dentro il quale
vennero spinti. Furono fatti camminare per un bel po’, attraverso tubature e
passaggi stretti con la sola luce di alcune lanterne ad illuminare il loro
cammino. Alla fine, si ritrovarono davanti ad una nicchia, chiusa da una grata
metallica. Basil e Topson vi furono spinti dentro in malo modo, dopodiché
vennero slegati, solo per essere nuovamente legati al muro mediante delle corte
catene appese ad esso da alcuni topi, che uscirono subito
dopo.
“Ti
piace come ho arredato la stanza, Basil?” disse Rattigan, entrando per rimirare
l’opera conclusa ed avvicinandosi all’Investigatopo.
“Gli
avrei dato un po’ più di colore, ma mi posso accontentare.” Replicò Basil
sarcastico. “Più che altro non capisco il senso di tenerci qui, non avevi detto
di volerci uccidere?”
Topson
guardò Basil con occhi sbarrati: perché ci teneva così tanto ad accelerare la
loro dipartita? Qual era il suo piano, sempre ammesso che ne avesse
uno?
Rattigan
ormai era vicino a lui e, con un ghigno orribile, gli
disse:
“Certo
che l’ho detto, ma non ho specificato quando. Per ora rimarrete un po’ qui, a
ripensare alle vostre misere vite. Eccoti comunque un assaggio di ciò che
accadrà.” Dopo queste parole, sferrò un violento pugno nello stomaco
dell’Investigatopo, che si trovò a boccheggiare, senza più
fiato.
Accadde
tutto in un istante, in un momento così rapido che Topson non riuscì a capire
cosa era esattamente successo.
Vide
un movimento rapidissimo alle spalle di Rattigan che, improvvisamente, sbarrò
gli occhi e si accasciò a terra, privo di sensi. Dietro di lui, c’era Moriarty,
il pungiglione ancora alzato ed uno sguardo trionfante sull’orribile
faccia.
“Finalmente”
mormorò soddisfatto. “Era da tanto che aspettavo questo momento e la mia
pazienza cominciava ad esaurirsi. Ragazzi, legatelo accanto
all’Investigatopo.”
Con
ancora più stupore, Topson vide che i “ragazzi” che Moriarty aveva chiamato non
erano gli scagnozzi di Rattigan, ma dei ragni, anche se più piccoli del loro
padrone. Voltandosi a guardare fuori dalla cella, vide che i suddetti scagnozzi
erano tutti legati con delle ragnatele e privi di sensi. I ragni eseguirono
l’ordine in silenzio, poi si ritirarono.
“Sai,
Basil di Baker Street” disse Moriarty “mi hai solo facilitato il compito. Senza
la retata di qualche sera fa sarebbe stato molto più difficile fare ciò che ho
fatto stasera. I tuoi amici poliziotti hanno dimezzato il numero di ruffiani al
servizio del mio cosiddetto “padrone”. Ti devo un favore.”
Basil,
ancora a corto di fiato, gli rispose con un sorrisetto ed un cenno del
capo.
“Ho
comunque intenzione di sdebitarmi subito. Capisci bene che non posso lasciarvi
liberi, per adesso,dal momento che ho intenzione di prendere per me il trono
d’Inghilterra. Potrei comunque scegliere di lasciarvi andare a cose fatte,
quando non potrete più mettermi i bastoni tra le ruote. Si
vedrà.”
“Lasciate
libera Cornelia, allora, che male può farvi lei?” provò
Topson.
“Attualmente
è una testimone, quindi non posso lasciare che avverta la popolazione.
Tranquilli, non le accadrà nulla. La signorina Morstan le terrà compagnia:
scommetto che hanno molto da dirsi.”
Da
fuori, Cornelia ascoltava tutto, inorridita. Le cose non si mettevano bene ma,
almeno per il momento, le loro vite non erano a rischio.
“Ora
temo di dovervi lasciare, signori. Ho un piano da finire di mettere a punto e
non posso perdere tempo a parlare con voi. Spero che la vostra permanenza qui
sia delle più gradevoli possibili. Buona serata.”
Detto
questo uscì dalla porta, e si avviò lungo il corridoio che avevano percorso
prima, seguito dai ragni, i ruffiani di Rattigan svenuti, Elizabeth e Cornelia.
Basil
alzò lo sguardo su di lei e vide che anche gli occhi della giovane erano puntati
su di lui.
Fu
un istante, poi la cella, non più illuminata dalle lanterne, piombò
nell’oscurità.
FINE
DEL CAPITOLO
Mamma
mia, quanti eventi eh? E adesso cosa succederà, a seguito del tradimento di
Moriarty? Come potranno salvarsi i nostri eroi? Spero di riuscire a darvi
qualche indizio prima di Natale.
A
presto
Bebbe5