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Autore: Avah    06/12/2012    1 recensioni
Traffico di droga, dolore per il passato e rimpianto per un vecchio amore finito male; coraggio, voglia di giustizia e un nuovo amore avvolgono nelle loro spire una donna dalle mille sfaccettature.
Genere: Azione, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Don Flack, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XIII - Tentazioni e Resistenze


-Ashley Harrison… A quanto pare hai un curriculum di tutto rispetto. Schedata a 14 anni per un taccheggio, hai fatto 30 ore di servizi sociali. Poi ti sei calmata per un po’ e sei tornata in attività con omicidio preterintenzionale e due condanne per omicidio colposo-.
Il tizio davanti a me posò sul tavolo il fascicolo che mi riguardava, aggiungendo alla sua aria da sbruffone un sorrisino compiaciuto, mentre i suoi occhi brillavano di derisione dietro le lenti degli occhiali.
-Io direi di aggiungere anche una bella accusa per aggressione a pubblico ufficiale e resistenza all’arresto, Danny- l’altro uomo, quello che mi aveva arrestato e mi aveva portato lì ammanettata, era rimasto appoggiato al muro in silenzio, mentre mi guardava con quello stesso sorrisino irritante che aveva un paio d’ore prima.
-Hai ragione- disse, senza smettere di fissarmi -La tua situazione si sta aggravando, Ashley-.
Non dissi niente; sapevo che rispondere alle loro provocazioni mi avrebbe fatto finire nei casini più di quanto non fossi in quel momento.
L’uomo appoggiato alla parete si mosse e si mise dietro di me, appoggiando le mani sul tavolo su entrambi i miei lati e sporgendosi in avanti sulla destra -Che c’è, il gatto ti ha mangiato la lingua o hai le gambe più lunghe per scappare?-.
Mi voltai verso di lui, sfidandolo con lo sguardo; i nostri visi erano vicinissimi, ma in quel momento non me ne importava niente; dovevo assolutamente trovare un modo per tirarmi fuori dal di lì, possibilmente incolume.
-Vuoi che ti dica qualcosa, detective?- dissi, con voce dura -Allora ascolta questo: fottiti-.
Lui alzò lo sguardo verso l’altro tipo, poi tornò a guardarmi -Hai sentito, Danny? La nostra amica vuole essere nostra ospite per un po’, a quanto pare- si tirò su e tornò al suo posto, appoggiato al muro.
-Bene, vedremo di accontentarla- fece l’altro, sbeffeggiandomi di gusto -Una cella 3x3 è di tuo gradimento?-.
-Sarò fuori di qui prima che ve ne rendiate conto- dissi con convinzione.
-Sembri convinta di riuscire a cavartela. Ma sei sicura che te ne tirerai fuori come speri?-.
Mi morsi le labbra con forza per non parlare troppo; mi stavo facendo trasportare dal mio orgoglio e non volevo che nessuno mi mettesse al muro per farmi sputare tutta la verità.
-Andiamo Ashley, chi credi che possa salvarti questa volta?- il tizio seduto di fronte a me allargò le mani, come per dire che non c’erano altre soluzioni -Abbiamo le tue foto ai muri e il mio collega ti ha visto gironzolare intorno a un cadavere non più tardi di tre giorni fa-.
-Forse il tuo collega si è confuso- dissi come se non me ne fregasse niente -La mia faccia è piuttosto comune-.
-Credi che abbia le trabecole o cosa?- l’altro si fece di nuovo avanti, appoggiandosi al tavolo con le mani, continuando a fissarmi -TI ho vista perfettamente mentre rubavi qualcosa per poi dartela a gambe e gettarti nel fiume. Che cosa hai preso quel giorno?-.
-Doveva essere qualcosa di importante, se sei tornata sul luogo dell’omicidio per recuperarlo-.
-Niente di cui voi dovreste venire a conoscenza-.
-Testarda, eh?- risero entrambi, ma cambiarono subito espressione -Se non l’hai ancora capito, o parli e vuoti il sacco dicendoci cosa facevi in quel vicolo tre giorni fa, o noi ti sbattiamo dietro le sbarre-.
-Ve l’ho già detto- mi sporsi in avanti, fissando ora l’uno ora l’altro -Sarò fuori di qui prima che ve ne rendiate conto-.
I due si scambiarono un’occhiata, poi si voltarono di nuovo verso di me; in quel momento la porta alla mia sinistra si aprì e ne entrò una donna bionda, con i capelli corti e lisci e gli occhi castani.
-Danny, puoi venire un momento fuori?- disse -Devo farti vedere alcune cose-.
L’uomo annuì poi uscì, chiudendosi la porta alle spalle; l’altro invece rimase lì, e con disinvoltura prese la sedia lasciata libera dall’altro, appoggiando lo schienale al tavolo e mettendocisi a cavalcioni.
-Allora Ashley, hai intenzione di dirmi qualcosa?- chiese, guardandomi fisso negli occhi -Ho tutto il tempo che vuoi-.
Non dissi niente; mi riappoggiai di peso allo schienale della sedia e lo guardai dritto negli occhi, senza battere ciglio. Non so quanto tempo passammo così, fissandoci l’un l’altro, ma alla fine fu lui a rompere il silenzio.
-D’accordo, non vuoi parlare- disse, senza distogliere lo sguardo -Allora ripercorrerò io quello che hai fatto, ok?-.
Non gli risposi; ero davvero curiosa di sapere quante informazioni avevano su di me e cosa si sarebbe inventato per far quadrare tutto.
-A quanto pare, hai fatto fuori quell’uomo, chissà per quale motivo, ma hai dimenticato di portargli via le prove- iniziò -O forse era perché stava arrivando la polizia proprio in quel momento? Abbiamo avuto una chiamata che diceva di una donna molto somigliante a te che stava gironzolando nelle vicinanze-.
Cosa, una chiamata che diceva che io ero lì? Ma io quella mattina ero da Montano, e dormivo ancora quando avevano fatto fuori il tizio!
-Una chiamata da parte di chi?- chiesi, non riuscendo a trattenermi.
-Questo è riservato- mi rispose, con un sogghigno -Credi davvero che ti dirò il suo nome per avvantaggiarti nel cercare chi ha fatto la spia?-.
-Non voglio sapere il suo nome, idiota- dissi, socchiudendo gli occhi -Voglio solo sapere se era un uomo o una donna. Ho già i miei sospetti a riguardo, voglio solo una conferma, o una contraddizione-.
-Dammi una buona ragione per cui dovrei dirtelo, Ashley-.
-Facciamo così: tu mi dici chi era che vi ha chiamato riguardo a me, e io ti racconto una bella storia su com’è andata-.
-Lo vedi che si riesce a ragionare in modo civile?- disse, con lo stesso sorrisino irritante -Vuoi sapere chi era? D’accordo, era una donna-.
Ma certo, me lo sarei dovuto immaginare. Chi altro poteva essere stata se non Taylor, quella dannata serpe? Ah ma gliel’avrei fatta pagare prima o poi, poco ma sicuro. Dovevo solo trovare il momento giusto, quando non ci fosse stato Montano nei paraggi, poi gliene avrei dette quattro, a quella fottutissima stronza.
-Ora sta a te- la sua voce mi fece riscuotere dai miei pensieri -Raccontami la tua versione dei fatti-.
-Sai una cosa detective?- gli risposi, senza la minima intenzione di continuare a parlare con lui -Non aggiungerò una parola senza il mio avvocato. E voglio chiamarlo adesso-.
-Stai venendo meno all’accordo- mi ricordò.
-Io non ti ho promesso che avrei parlato- risposi, imitando la sua espressione irritante -Ti ho mentito-.
-D’accordo- rispose semplicemente, palesemente incazzato.
Si alzò e venne dietro di me a togliermi le manette, poi lanciò il suo telefono sul tavolo. Mi sfregai i polsi che bruciavano, guardando anche la ferita alla mano che doleva ancora, nonostante la bendatura alla buona che mi avevano fatto quando mi avevano arrestata.
Presi in mano il telefono e composi il numero; prima di far partire la chiamata mi alzai per avvicinarmi all’angolo, in modo da avere il più riservo possibile.
-Ehi- disse il tipo non appena mi alzai -Rimani seduta-.
-Che c’è, hai paura che scappi di qui?- risposi, senza ubbidirgli -Dimmi come faccio, se è pieno di poliziotti-.
Lui mi guardò di traverso, senza dire niente.
-Voglio soltanto un po’ di privacy, ok?- senza attendere una sua probabile risposta, mi avvicinai all’angolo e mi voltai dandogli le spalle, come una bambina in castigo.
Mi portai il telefono all’orecchio e aspettai lo scatto della risposta con impazienza; dovetti far ricorso a tutte le mie forze per non iniziare a saltellare lì sul posto.
-Brown- fece Chris dall’altra parte, con mio enorme sollievo.
-Sono io- dissi, con un sussurro -Ho bisogno che mi tiri fuori dai guai. Di nuovo-.
  
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