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Autore: Ato    10/12/2012    5 recensioni
«Sasuke-kun», rise, incapace di trattenersi. «Che ce ne facciamo di tutta questa roba?»
Sasuke arrivò in cucina chiedendosi come potesse non essere chiara la ragione di quella riserva. «Secondo te io posso mai uscire di notte per soddisfare tutte le voglie che ti verranno?»
«E ci volevano tre marche diverse di salsa di soia?»
Sasuke le si avvicinò, guardingo, anche un po’ pensieroso. «Di più?»
Sakura si dichiarò offesa, lo riprese esclamando un paio di volte il suo nome con un’enfasi tutta da lei. Gli diede anche un pizzicotto sul fianco. Lui le bloccò la mano prima che gli lasciasse un livido senza nemmeno accorgersene. L’interno del suo polso era liscio, la pelle finissima. Si sentiva il sangue che scorreva veloce. Sasuke la sentiva sotto le dita, quella vita, eppure sembrava che stesse esplodendo ovunque. Bellissima.
[...]
Sasuke voleva diventare papà (?) e io mi sono sentita moralmente obbligata a scrivere una raccolta di momenti in cui pian piano lo diventa. Sì, più o meno.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Finita. L’effetto è sempre strano, quando succede. Sono felice, e anche malinconica – ma forse non c’è vera felicità senza malinconia, boh? XD

Non è che questa storia mi abbia proprio convinta, diciamo pure per niente. Ma mi ha fatto bene superare i miei limiti come per esempio il rifiuto di scrivere di bambini e famiglie alle prime armi, e la difficoltà a seguire dei prompt per trarne slice of life. Quindi penso di aver fatto un passo avanti – e i passi avanti quando mi trascino dietro Sasuke&Co sono sempre soddisfacenti XD

Grazie a tutte per esservi trascinate con me, perché altrimenti io non sarei andata proprio da nessuna parte!

Alla prossima, Filomena J

 

 

Esplosioni

 

 

 

 

 

 

Ha bisogno di una cosa.

 

Sasuke pensava di sapere cosa sarebbe successo nel momento in cui avesse varcato la soglia di casa. La voce di Sakura gli avrebbe trapanato i timpani, per esempio. Okaeri, bentornato, con l’evidente sottotitolo spero che sia abbastanza in forma da sopportare me e i miei capricci del momento. O forse era Itachi che gli lasciava intendere qualcosa del genere. In ogni caso, era certo che almeno uno di loro non aspettava altro che abusare di lui.

«Okaeri».

Sasuke si passò una mano sull’orecchio con leggerezza, quasi carezzevole e piena di compassione per se stesso.

«Sasuke-kun, entrando controlla se a Itachi serve qualcosa».

Tutto nella norma.

«E poi potresti passare ad apparecchiare la tavola? Io ho altro da fare».

E l’odore suggestivo che proveniva da poco lontano suggeriva chiaramente che la cucina era sul punto di trasformarsi in un inferno. Tutto, nelle mani di Sakura, finiva per bruciare. Quando glielo faceva notare lei si innervosiva, o in alternativa, se era di particolare buonumore, gli faceva notare che anche lui, ogni tanto, tra le sue mani, bruciava.

Sasuke annuì distrattamente. La routine era diventata in un certo senso confortante. Gli piaceva poter predire tutto quello che succedeva nella sua famiglia. Perciò rimase agghiacciato quando la vista di Itachi gli provocò una stretta allo stomaco.

Stava bene, in apparenza. Nemmeno si era accorto che lui era tornato, altrimenti si sarebbe dato una mossa a saltargli tra le braccia e a rovesciargli addosso una lista infinita di preghiere e capricci. Semplicemente, giocava. E giocava da solo. E adesso era più facile capire perché Itachi da un po’ si era messo in testa di imparare a fare le voci. Tentava di far interagire due peluche – a uno mancava il braccio, ma anche questo non era niente di sorprendente, soprattutto perché il braccio amputato era in bocca all’altro.

Quello che fece tremare il mondo di Sasuke era la velocità e il cipiglio con cui Itachi passava a impersonare prima un peluche e poi un altro, sbuffando furiosamente per la fatica.

Sasuke lo fissò per qualche istante, rannuvolato, prima di ritornare sulla strada per la cucina. Si rilassò contro lo stipite della porta, eppure il mondo continuava a tremare. Sasuke non riusciva a capire come fosse possibile che Sakura non se ne accorgesse. Doveva dirglielo, in qualche modo.

«Gli hai detto che è quasi ora di cena? Ha bisogno di qualcosa?»

Tutto tremava. Perché Itachi era solo – aveva addosso una solitudine che né lui né lei potevano colmare.

Sasuke annuì senza nemmeno accorgersene, mentre le si avvicinava, a piedi nudi. Gli sembrava di camminare su acque agitate. «Ha bisogno di una cosa, sì».

Dalla pentola il fumo usciva in spirali sinistre. Sakura lo guardò abbattuta, arricciando il naso. Le dispiaceva essere totalmente impedita in cucina, però dopo tanti anni aveva capito che era brava e indispensabile per molte altre cose – per delle persone – e se n’era fatta una ragione, pian piano.

«Di cosa ha bisogno?» indagò, attenta.

Sasuke prese fiato, poi le adagiò con calma una mano sul ventre.

Il mondo smise di tremare quando Sakura spalancò gli occhi – erano tanto grandi da abbracciarlo tutto, da calmare anche il caos.

E allora il mondo diventava pronto per esplodere. Di nuovo. Di vita. Bellissima.

 

 

 

 

Il regalo più grande.

 

«Proviamo a parlargliene ora?» propose Sakura, davanti a una pentola diversa ma dal contenuto inquietante come quello della pentola che l’aveva preceduta.

Sasuke annuì, voltandosi verso Itachi quando si accorse che stava entrando in cucina. «Vieni qui», lo chiamò, sollevandolo da terra appena lui gli si avvicinò. Sasuke lo poggiò sul bancone, poco distante dai fornelli, abbastanza da tenerlo al sicuro da quegli effluvi malefici.

Sakura lo osservò per qualche istante, indagatrice. Poi si rassegnò a dover cominciare, mentre Itachi si premurava di tenersi le braccia del padre attorno ai fianchi anche se la seduta era sicura. «Itachi, ti sei comportato bene ultimamente?»

Il bambino la guardò con sospetto, davanti agli occhi con ogni evidenza aveva tutte le malefatte dell’ultimo periodo. «Certo, mamma».

Sakura ne sorrise, divertita – non si era aspettata una risposta diversa, ma sentirla pronunciare con voce angelica era sempre un po’ stupefacente. «Noi vogliamo farti un regalo, ma per averlo devi promettere che ti comporterai sempre bene. Solo i migliori possono avere questo regalo» spiegò, vaga ma perentoria.

«Cos’è?» indagò Itachi, già felicissimo. «Papà, diglielo anche tu che ieri sono andato a letto presto anche se lei era al lavoro».

Lo sguardo di Sasuke si assottigliò, malevolo. «Mi hai fatto leggere una storia terribile, Itachi».

Il bambino lo scrutò offeso, negli occhi aveva la promessa di una vendetta particolare. «Comunque», divagò, per assicurarsi di non farsi sfuggire niente. «Dov’è il mio regalo?»

«Arriverà» lo rassicurò Sakura, riportando per un istante l’attenzione sulla pentola. I duelli in cucina erano sempre inconsumabili.

«Ma cos’è?»

«Un otouto» sfiatò Sasuke, di colpo.

Itachi rimase interdetto, con gli occhi spalancati, la bocca un po’ aperta. La meraviglia sul suo viso era delicata ma consistente, quasi concreta. Ci mise qualche istante per rielaborare la notizia. Il sorriso, subito dopo, gli venne naturale.

«Sperando che sia meno insopportabile di te» smozzicò Sasuke, sollevato.

Itachi non si scompose, così per un momento furono in tre a bocca aperta. In genere, quando Sasuke lo prendeva in giro così, lui si fingeva mortalmente offeso e decideva di perdonarlo solo dopo averci guadagnato un regalo più o meno impegnativo. Sasuke riusciva a guardare oltre quella finzione, e non gli dispiaceva. Forse perché anche se non l’avrebbe ammesso mai, quello che non gli dispiaceva era riempire di regali il suo unico figlio.

 

 

 

 

Uno oggi e uno per sempre.

 

Sasuke dovette lottare non poco per tirare suo figlio fuori dalla vasca.

«Stavo raccontando una cosa a mamma, dovevo finire!» sbraitò Itachi, scalciando tra le sue braccia.

«Stavi parlando con la pancia di tua madre, per essere precisi».

Sakura li osservava divertita in mezzo a tanta schiuma, e Sasuke tirò fuori uno sguardo di sufficienza quando tentò di piazzare un asciugamano sulla testa di suo figlio. Lo avvolse velocemente nell’accappatoio e se lo trascinò nella stanza. «Non muoverti», lo avvertì, uscendo di corsa.

Naturalmente, Itachi si affrettò a scendere dal letto e a macchinare in giro per la stanza.

Sasuke, spiandolo da fuori, annuì soddisfatto. Era sempre un piacere notare che tutte le sue predizioni si avveravano nel giro di pochi secondi. Ce n’era una però che gli stava creando qualche problema. Per esempio da qualche mese Itachi si era deciso a non offendersi più per nessun insulto e a non chiedere più alcun regalo. Voglio solo il migliore, dichiarava, solenne, quando a Sakura veniva in mente di indagare.

Sasuke aveva accolto quelle ammissioni con sospetto, poi con timore. Niente, nemmeno un fratello amato già prima di venire al mondo, doveva costringere Itachi a crescere prima del tempo.

Sakura era della stessa idea, ma prendeva le cose con più leggerezza. Ora era lì, vicino a lui, che sorrideva guardando di nascosto suo figlio che si rigirava tra le mani un regalo inaspettato. Itachi era felice.

«È impaziente di potersi occupare di suo fratello, mica stupido. Lo sa che questo regalo è per oggi e l’altro è per sempre. Ed è comunque capace di goderseli entrambi» disse lei, meravigliosamente rapita.

 

 

Risposte.

 

 «È vero papà, è il regalo migliore del mondo», sospirò Itachi, emozionato. «Ma non è strano che il regalo migliore del mondo sia anche un po’ bruttino? Di faccia, dico».

Sasuke si ritrovò a trattenere una risatina lieve, scrutando l’ultimo regalo che lui e Sakura avevano fatto a Itachi. Il bambino si sporse velocemente verso di lui, di nuovo, pregandolo di fargli stringere tra le braccia il suo regalo – l’aveva detto così tante volte che ormai anche le infermiere avevano capito quella storiella.

«Siediti lì», gli disse Sasuke, prendendolo sul serio. Gli sistemò il regalo contro il petto, vicinissimo.

Gli mancò un po’ il fiato quando si accorse che i suoi figli sembravano già una cosa sola mentre erano tanto stretti. E poi qualcosa gli esplose dentro, quando osservò un’ombra rossa negli occhi di Itachi.

«Cosa c’è papà?»

Lo sharingan.

Anche lui voleva ricordare tutto. Solo che non se ne rendeva nemmeno conto.

Il regalo di Itachi scoppiò in lacrime quando avvertì un minimo movimento del fratello. Itachi lo scrutò colmo di disappunto. «Uffa, ma sei proprio insopportabile» sbuffò, calcando l’ultima parola.

Sasuke sollevò un sopracciglio, dubbioso. Era già arrivato al punto di non sapere a chi dei due figli dedicarsi prima, soprattutto quando Itachi invece di mollare la presa si era intestardito a dare un buffetto sulla fronte del suo regalo.

Sasuke glielo tolse dalle mani velocemente, cercando di porre fine a quel pianto disperato.

«Secondo te l’ha capito che gli voglio bene?» indagò sostenuto Itachi, nascondendo nel fondo dello sguardo un po’ di apprensione.

Sasuke si abbassò per andargli più vicino e guardarlo negli occhi. Era calmo. Anche se la vita gli esplodeva sotto le dita. Bellissima. «Si dice le voglio bene, Itachi».

E lei aveva l’aveva capito, che il fratello gli voleva un mondo di bene. Ci mise solo qualche mese a rispondere, quando pronunciò la sua prima parola.

ta-chi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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