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Autore: jeffer3    11/12/2012    15 recensioni
AU
Brittany, ragazza tranquilla del McKinley, vuole finire il liceo senza problemi. Cosa accadrà quando una Santana Lopez, completamente cambiata dagli anni precedenti, finirà per entrare nella sua vita?
Dal capitolo I:
"Fu allora che per la prima volta si girò, guardandomi fissa negli occhi.
Dio, avevo sbagliato, non erano marroni.
Erano neri. Come la pece. Un colore che in quel momento sembrava essere un tutt’uno con la sua anima.
Sembrava si stesse scatenando un tornado in quegli occhi, un terremoto, capace di scuotere qualunque cosa, qualsiasi persona.
Anche me.
Un fuoco. Erano occhi come il fuoco."
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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“Hai preparato tutto, Britt?”
“Sì, Rach” risposi subito, contenta “Non che ci fosse granchè da preparare poi…” commentai pensierosa “Ho solo dovuto corrompere MaryG per aiutarmi a cucinare le torte”

“MG, mi aiuti, per favore?”
“Va bene. Sono 20 dollari”
“Stai scherzando, spero”
“Ahm… no, per niente. 20 dollari.”
“Ma ieri ti ho aiutato con matematica! Un po’ di riconoscenza, andiamo!”
“Hai ragione…”
“Ecco”
“19 e 90, allora!”
“Ma è per Santana!”
“19 e 80”
“Bontà divina, gollum! Sei sangue del mio sangue!”
“Non ricordarmelo. 25 dollari.”

 
“Tua sorella è un mito” commentò Quinn “Ti avrà estorto parecchi soldi”
“Non ne parliamo” sbuffai, sollevando gli occhi al cielo. “Tu…credi le piacerà?” le chiesi, poi, cambiando argomento.
 
Insomma, avevo avuto questa idea per il compleanno di Santana.
Nonostante il suo poco entusiasmo per quella data, erano pur sempre 18 anni.
Quindi… beh, niente festeggiamenti ufficiali, come voleva lei.
Niente squilli di tromba con colombe svolazzanti, purtroppo.
Ma potevamo pur sempre fare qualcosa di diverso dal solito.
 
“Credo proprio di sì” sorrise, incoraggiante “Comunque” fece, poi, dando uno sguardo più indietro verso il corridoio della scuola “Lo scoprirai a breve”
 
Oh.

“Ehi San!” la salutai entusiasta, vedendola avanzare verso di noi, tranquilla.
“Non sembra diversa dal solito” commentò Rachel, osservandola.
“Le doveva spuntare un corno in mezzo alla testa, scusa?” chiesi, contrariata, dandole una spinta.

Mi avvicinai a Santana, con un sorriso luminoso.
Non ci volle molto a che se ne formasse uno identico sulle sue labbra.
 “AUGU-“ esclamai, prontamente interrotta da una sua occhiata fulminante “ri…” conclusi, sottovoce, contrariata.
“Brava” si congratulò, schioccandomi un bacio veloce sulle labbra.
“Buon compleanno, Santana”
“Grazie, Berr- Rachel!” si corresse, dopo uno scappellotto sulla nuca.
 
Quinn, invece, si limitò ad osservarla con un sorrisetto sul volto, presto ricambiato.
Si guardarono per un po’, finché la Fabray si avvicinò, avvolgendola in un abbraccio affettuoso.
Non dovevano essersene scambiati molti, vista l’espressione divertita e allo stesso tempo incredula di Santana.
 
“Stai diventando una vecchia” commentò Quinn.
“E tu una sentimentale” ribattè, dandole un paio di pacche sulla schiena.
“Senti da che pulpito” sollevò l’altra il sopracciglio, staccandosi dall’abbraccio. “Fino a pochi mesi fa, avresti reagito dandomi una sprangata in testa”
“Mmh… forse” commentò, ridendo, Santana.
“Portatela via su, Brittany, prima che degeneri ancora!” si rivolse, poi, a me, afferrando la mano di Rachel “Buon divertimento” fece, infine, con finto tono solenne, allontanandosi.
“Ma cos- Britt?”
 
Ecco qua.
E ora valle a spiegare che non è come crede, senza rovinare la sorpresa.
Non ero mai stata brava in quelle cose.
L’ultima volta che ero stata ingaggiata per una sorpresa fu al compleanno di papà.
Tre anni prima.
Questo, perché da quel momento, fu stilata una legge in casa Pierce, tutt’ora incorniciata e appesa in salotto.
‘Per una qualsivoglia sorpresa, materiale e non, costituisce atto di tentato auto-boicottamento, chiedere la partecipazione della sbadata Brittany Pierce.’
Alla fin fine, poi, non è che avessi fatto chissà cosa.
Mi avevano semplicemente chiesto di nascondere il regalo per papà, il più velocemente possibile.
E’ che non sono brava sotto pressione!
Quindi, ebbi la brillante idea di nasconderlo nel garage.
Garage, dove lui parcheggiò la macchina, appena arrivato.
 
“Sì?”
“Che intendeva Quinn?” chiese, sospettosa “Ti avevo detto che non intendev-“
“Lo so, lo so, giuro!” mi difesi subito, alzando le mani “Niente squilli di trombe e colombe!”
“Eh?”
“Sì, sai… entrate trionfali, cose così” spiegai distrattamente “Il punto è che ora dobbiamo andare” aggiunsi, dando uno sguardo all’orologio.
“Ma-“
“Fidati ok? Ti prometto che non ci saranno eventi eclatanti e saremo a casa tua per le sei, così da poter stare con tua madre, come volevi”
“Non prima di averle preso dei dolcetti” puntualizzò, con un sopracciglio alzato.
“Ovviamente.”
“E verrai anche tu” fece, ancora.
“V-va bene, ok” accordai, con un sorriso.
“Perfetto.” Si arrese con un sospiro “Dov’è che dobbiamo andare?”
“Prendiamo la macchina!” mi avviai verso l’uscita, prendendole la mano.
“Britt, ma-“
“Ti prego, permettimi di arrivare alla prima tappa del nostro percorso, senza che io faccia qualche danno.” La pregai, supplicandola con lo sguardo.
“E sia” ridacchiò, divertita.




 
“Il luna park, Britt?” chiese una Santana piuttosto confusa, a pochi metri dalla biglietteria.
“Diamo ufficialmente inizio alla giornata dei diciotto ‘non ho mai’, San!” esclamai, entusiasta.
 
Avevo avuto questa brillante idea pochi giorni prima.
E tutto era nato da quello che io reputo uno scandalo di dimensioni epiche: San non aveva mai visto il cartone di Mulan della Disney.
Come si può?
No, dico, anche  in un qualsiasi universo parallelo, tipo fatto di maiali volanti, pantaloni che si indossano come maglie, cani parlanti e temperini che cancellano, sarebbe risultato un crimine.
Si doveva rimediare, no?
E, a questo punto, perché non rimediare anche ad altre 17 mancanze?
 
“La giornata dei diciotto non ho cosa?” fece, stralunata.
“Non sei mai stata in un luna park! Quindi, ho pensato bene – si spera – di passare questa giornata facendoti fare diciotto cose che non hai mai fatto… o detto, o mangiato e via dicendo… una per ogni anno che hai vissuto” spiegai, osservando la sua espressione incuriosirsi “Ahm… sempre se tu vuoi, ovviamente” puntualizzai, leggermente timorosa per la sua reazione.
 
Il sorriso contento che mi rivolse fu una risposta più che soddisfacente.
 



“Oh, Gesù” fece, sofferente “datemi una sedia”
“San… sei un po’ pallida” commentai, osservandola “Vieni siediti” la scortai per il braccio, fino a farle raggiungere la panchina più vicina.
“Sappi che ti sto odiando” borbottò, prendendosi la testa fra le mani, facendo un paio di profondi respiri.
“E invece mi ami, come sempre” ribattei, allegra, passandole una mano sulla schiena.
“No, ti odio, decisamente” precisò, guardandomi di sbieco.
“Na, mi ami”
“Mi hai fatto salire sulle montagne russe!” sbraitò, scattando in piedi, puntandomi l’indice contro.
 
Era stato piuttosto divertente.
Non capitava spesso di vedere una Santana Lopez terrorizzata, tenersi disperatamente alla sbarra di ferro delle giostre.
Il ‘Batman, salvami tu’ che pronunciò, prima della discesa finale, era stato uno spettacolo.

“Ovviamente!” feci, convinta “Siamo a meno 17, ci si deve andare almeno una volta nella vita”
“Soffro di vertigini, Britt! E’-è stato com-come” iniziò, cercando le parole “Come se uno stramaledetto superman impazzito mi avesse afferrato e messo in una lavatrice volante!”
“Una lavatrice volante, eh?” chiesi, incuriosita.
“Esatto! E avesse azionato la centrifuga!”
“Spero abbia usato l’anticalcare, sarebbe stato uno spreco rovinare un simile elettrodomestico“
“Ti odio” ripetè, imbronciata.
“Mi ami” la corressi, alzandomi a mia volta, lasciandole un bacio sulle labbra.
“Mh, forse” precisò, con un mezzo sorriso.
“Davvero?”
“Sì, forse” fece, ancora, divertita.
“Allora andiamo sulla ruota panoramica?” chiesi, contenta.
“Puoi scordartelo”




 
“Mh… non male”
“Vero?” feci, divertita.
“Sì, insomma, non che mi aspettassi questa gran cosa, però lo zucchero filato non è malaccio”
“Hà! Lo sapevo” gongolai, allegra.
 
Eravamo arrivate alla tappa finale del nostro giro al luna park e ci stavamo avviando alla macchina.
L’avevo portata su varie giostre, ruota panoramica esclusa.
E, cosa fondamentale, le avevo fatto provare il gioco con il fucile a pallini, al quale, inutile dirlo, aveva vinto.
Fortuna del principiante, no?
Di certo era per quello, che non ero riuscita nemmeno a sfiorare l’obiettivo per 10 volte di seguito, mentre lei l’aveva centrato al primo colpo.
Eh, era per forza così.
Almeno, mi aveva regalato il peluche di papera della vittoria.

“Però è appiccicaticcio, per questo perde punti” precisò, osservando il bastoncino ormai vuoto, che teneva in mano.
“Troppo tardi” feci, contrariata “Hai già detto che non è malaccio. Sappi che è stato tradotto nel mio cervello come un ‘Oh mio Dio, Britt è buonissimo, meno male che esisti tu per farmi scoprire certe bontà terrestri’”
“Ovviamente” roteò gli occhi, divertita.
“Bene, direi che possiamo andare!” annunciai, rientrando in macchina.
“Quindi? Ora a quanti siamo? Meno tre o due?” chiese, divertita.
“Naaa, meno 15! Montagne russe, gioco del fucile a piombini, zucchero filato” elencai, concentrata. “Sono i più rilevanti!” spiegai, ovvia.
“Capisco” fece, con un sorriso “dove si va, ora?”
“Al parco!”




 
“Okay, dunque…” iniziai, cercando le parole per descrivere il gioco “Ecco, facciamo un gioco al quale non hai mai giocato”
“Va bene…” mi assecondò Santana, confusa.
“Ognuna di noi deve dire una parola, con tono di voce sempre più alto… e, beh, vince quella che riesce ad urlarla più forte” spiegai, alla bene e meglio.
“Chiaro, non è difficile” fece, tranquilla.
“Tecnicamente” precisai, con un ghigno.
“Qual è la parola?”
“Pene o vagina, a tua scelta”
 




“Oggi hai intenzione di tentare di farmi passare la fobia delle altezze?!” sbraitò, osservando in piccolo ponte del parco, che dava sul laghetto delle paperelle.
“Andiamo, San!” la incoraggiai, sorridente “Tanto c’è l’acqua a due metri male che vada” commentai, nascondendo un sorriso malefico sotto i baffi.
“Che schifo” storse la bocca, osservando.
“Ti ricordo che mi ci hai fatto cadere dentro” sibilai, torva.
“Ma infatti ho detto ‘che figo’! Che hai capito, scusa?”
“Certo, ovvio.” Scossi la testa, divertita “Dai, saliamo sul muretto, stiamo 5 secondi sul limite e scendiamo”
“Ma-“
“Ti tiri indietro?” chiesi, fintamente indignata.
“Oh, e va bene” accordò, contrariata, salendo con una spinta di reni.
“Ehi amico! Ma quelle non erano le due che gridavano pene nel bel mezzo del parco?” fece un tipo che passava di lì con – probabilmente - un amico, indicando me e Santana.
“D’AMORE!” urlai, precisando “Erano PENE D’AMORE!” facendo scoppiare a ridere sia i due che l’ispanica al mio fianco.
“Ottima precisazione” si congratulò “A quante siamo ora, Britt?” chiese, cercando di non guardare troppo l’acqua in basso “Meno 13?
“Meno 12” precisai, sghignazzando.
“Perché dodici?” domandò confusa “Non abbiam- BRITTANY COSA CAZZ-“

*SPLASH*

WATTA’!
Vendetta!
 
La vidi sbucare poco dopo dall’acqua con un’espressione a dir poco furiosa.
 
“Ti sto odiando” sibilò, scostandosi i capelli dalla faccia.
“Mi ami!” puntualizzai, osservando una paperella posarsi direttamente sulla sua testa e fermarsi lì, acquattandosi.
“Questa volta sei tu a far compagnia ai miei simili, San! Anche loro ti trovano simpatica” commentai, faticando a reprimere le risate.
“Britt?”
“Sì?”
“Scappa”




 
“Sei seria?” chiese, guardandosi attorno con uno sguardo schifato.
 
Sì, okay.
Conoscendola, forse portarla nel ‘Pink store’, negozio di Lima, con solo e unicamente oggetti e vestiti di colore rosa, non era poi stata una così brillante idea.
Ma il punto è che non aveva mai indossato o avuto qualcosa di quel colore.
E quindi… beh, si doveva rimediare.
Sì, anche a quello.
 
“Ma Britt” si lamentò, osservandosi attorno. “Mi sta venendo la gastrite solo a vederle queste cose e… Dio, è ancora peggio se le tocco” commentò, disgustata, scostando immediatamente la mano da un maglioncino rosa confetto.
“Ti vedo in difficoltà” commentai divertita, schioccandole un bacio sulla guancia.
“Se così non fosse, ti avrei già portato da un oculista, paperotta” ribattè, scuotendo la testa, con un sorriso “Ti prego, passiamo al prossimo punto?” chiese, sofferente.
“Non si può, San!” risposi, subito “si sballerebbe tutta la tabella di marcia e- ecco!”
“Cosa?” fece, incuriosita.
“Lui!” esclamai, porgendole un porcellino di peluche.
“Stiamo collezionando l’allegra fattoria?” domandò, reprimendo le risate.
“Capirai presto perché ho scelto questo” spiegai, sollevando le sopracciglia “Però se vuoi, c’è sempre quel maglioncino, che-“
“Lo prendiamo! Dov’è la cassa!?”
“Ah, bene!” risi, divertita “Meno 11”
 



“Oh mio Dio”
“Lo so”
“Bontà divina”
“Lo so” concordai ancora, osservandola spaparanzata sul divano della tavola calda in cui eravamo entrate.
“Come ho fatto a vivere finora senza mai assaggiare cose del genere?!” chiese, incredula.
“Me lo chiedo spesso anch’io” ridacchiai, osservando i bicchieri e piatti vuoti davanti a noi.
“Waffle eh?”
“Decisamente”
“E frappè”
“Già”
“Bontà divina” ripetè, con un’espressione beata. “Ora capisco il peluche allegorico”
“Ah?” chiesi, divertita.
“Sì, rappresenta ciò che diventeremo!” esclamò, fintamente spaventata “Due suini all’ingrasso!”
“Arrivati a meno 9, però” gongolai contenta.
“E arrivati allo stadio ultimo di grassezza rotolante”
“Aspetta a dirlo” commentai, ridendo.
“Che intendi?”
“Siamo a meno 9, giusto?”
“Giusto…”
“Che io sappia non hai mai pranzato da Breadstix” spiegai, con uno sguardo esplicativo. “Sai, meno 8, no?”
“Suini rotolanti con code arricciate e grissini su per il naso” precisò, rassegnata.




 
“Siamo davanti casa di Quinn” commentò, stranita.
“Esatto” concordai, scendendo dalla macchina.
“E ora?” chiese, curiosa.
“Bussiamo, no? Dobbiamo eliminare altre due voci dalla lista.” Spiegai, sorridente.
“Ok, sarebbero?”
“Sono due cose, San. Una non l’hai mai detta, l’altra mai fatta” chiarii “Ovviamente a Quinn”
“Ti dissi che ci sono già andata a lett- AHI!” si lamentò per il secondo scappellotto, ricevuto in giornata.
“Te lo sei meritato!” sbraitai, contrariata “Si tratta dell’ABC dell’amicizia, San, su! Concentrati” la pregai, lanciandole uno sguardo incoraggiante.
 
Rimase per un paio di minuti pensierosa sulla soglia di casa Fabray.
Ogni tanto contava con le mani, per poi scuotere la testa corrucciata.
Arrivò alla soluzione dopo dieci minuti buoni.
 
“Noohò.” Si oppose, capendo “Non c’è bisogno che dica o faccia niente, Quinn  già lo sa” spiegò, con una sollevata di spalle.
“Certo che lo sa” concordai, con un sorriso “Ma questo non significa che tu non debba dirle che le vuoi bene”
“Ti dico che lo sa!”
“Ti dico che ho capito!” ribattei, contrariata. “Andiamo, San, sono un paio di parole e un abbraccio! Arriviamo a meno 6, su” la spronai, suonando il campanello.
“Perché hai suonato?!” domandò, guardandomi allibita.
“Perché è importante” le spiegai, con un piccolo sorriso, al quale rispose corrucciandosi.
“Ti sto odiando ogni momento di più”
“E io ti dico che mi ami” precisai divertita, per l’ennesima volta nella giornata, lasciandole un veloce bacio.
“Ragazze?” fece, confusa, Quinn, sporgendosi dalla porta di casa. “Che ci fate qui?” chiese, divertita. “Dovevo venire io a casa tua fra un po’, Britt”
“Vero, cambio di programma!” esclamai, entusiasta “Ci andiamo assieme” iniziai, lanciando un’occhiata a Santana “Fra poco”
“Quinn…” iniziò l’ispanica, non sapendo bene come comportarsi.
 
Ho sempre sostenuto che fosse importante, anzi fondamentale, dire alle persone, a cui tieni, che vuoi loro bene.
A costo di sembrare ripetitivi e monotoni, loro devono sapere quanto le ami.
Non è un caso il fatto che, puntualmente, le persone, alla domanda ‘Cosa faresti se ti trovassi su un aereo, che si sta per schiantare, prima di morire?’, la risposta sia, quasi sempre, la stessa.
‘Chiamerei i miei cari per dire loro che gli voglio bene’.
Io dico, invece, facciamo in modo che non ce ne sia bisogno.
Facciamo in modo che lo sappiano già.
Perché è questo il punto: i sentimenti sono incostanti e, così, le persone stesse.
Puoi adorare un tale un giorno, e quello dopo odiarlo a morte.
E’ anche per questo che si sente il bisogno di avere certezze, anche quando si tratta di affetto.
E, sì, ci sono legami così forti da non rompersi, mai, nemmeno con una trivella di ultima generazione, ma un ‘ti voglio bene’, anche e soprattutto in questo caso, non può che far bene.
Quando contano queste parole, quando sono sentite, lo si avverte.
E ti scaldano il cuore.
Per cui, non aspettiamo l’istante prima di morire per far sapere ad una persona quanto sia importante per noi.
Urliamolo, finché possiamo.
 
“San?” fece, confusa, Quinn, osservandola. “Ma che?”

Rimase un attimo spiazzata nel trovarsi stretta, improvvisamente, in un abbraccio di Santana.
Si limitò a contraccambiare, guardandomi divertita da sopra la sua spalla.
 
“Non mi avevi mai abbracciato tu per prima” commentò, impressionata, stringendola di più a sé.
“Sì, beh.. “ iniziò, schiarendosi la gola “ti voglio bene, Quinn” borbottò, nell’incavo del suo collo, facendole spalancare gli occhi dalla sorpresa.
“Wow…”
“Avrei dovuto dirtelo più spesso, scusa” biascicò, imbarazzata, staccandosi dall’abbraccio.
 
Quinn continuò a guardarla allibita.
Questo, finchè le sue labbra si aprirono in un sorriso luminoso.
 
“Aaaawww, anch’io ti voglio bene, piccola pappamolla che non sei altro!” esclamò, riafferrandola per le braccia, sollevandola in una stretta spaccaossa.
“Q-Quinn! Mettimi giù!”
“Hai sentito che ha detto, Britt??” mi chiese, entusiasta “L’hai sentita?!”
“Forte e chiaro!” risi, divertita.
“Fabray! Lasciami immediatamente!” tuonò, fintamente arrabbiata, Santana.
“Hai detto che mi vuoi bene! Questi sì che sono traguardi di vita, Sannie!” continuò, saltellando.
“Mettimi giù ho detto!”
“Prima ridillo, dai!” la pregò, stringendola di più.
“Prima di ammazzo, semmai!”




 
“Siamo a casa tua” commentò, interessata. “E’ l’ultima tappa?”
“No, la penultima” risposi, sorridente, scendendo dalla macchina “Direi di iniziare con il ‘non ho mai’ da fare qui nel vicolo, prima di entrare, così Quinn ha tutto il tempo di andare a prendere Rachel” spiegai, avvicinandomi al garage.
“Britt” iniziò, con tono di rimprovero.
“Te l’ho promesso, San! Niente tanti auguri a te, niente festeggiamenti ufficiali, è per stare assieme” chiarii, attirandola a me per un bacio.
“Bene” borbottò, staccandosi, con un piccolo sorriso.
“Dai, vieni” feci, afferrandola per la mano “Vediamo di arrivare a meno 5!”
“Che cosa dobbiamo fare?” chiese, divertita.

Mi allungai verso lo scatolone nel garage, cercando il necessario.
Sembrava la borsa di Mary Poppins, c’era di tutto.
Persino il pettine di Barbie.
 
“Trovati!” esclamai, trionfante, facendole vedere.
“No, i pattini no, Britt!”




 
“Com’è andata?” chiese MaryG, una volta entrate in casa.
“MG!” esclamò Santana, entrando con i capelli tutti arruffati e lo sguardo allucinato “Ma eri a conoscenza di quanto fosse figo andare sui pattini?!” fece, entusiasta. “Hai mai fatto la discesa sull’altra strada?!”
“Ti sei divertita vedo” rise di gusto mia sorella, osservandola.
“Dio, sì!”
 
Era sempre partita prevenuta riguardo questo passatempo.
Sosteneva che non ci fosse niente di speciale nel muoversi su delle ‘stupide rotelle’.
Seh.
S’era visto, insomma.
 
“E’ completamente impazzita” commentai, con un sorrisetto “Il tempo di abituarsi e ha iniziato a sfrecciare per il marciapiede, rischiando di linciare una signora”
“Che ha minacciato di denunciarmi!” aggiunse lei, ridendo.
“Piccole pazze criminali crescono…” commentò interessata MG.
“Pazze criminali sui pattini” precisò, alzando la mano, Santana “Domani ci riandiamo, Britt!”
“Agli ordini, capo”
“Senti, San” iniziò, poi, il piccolo gollum.
“Dimmi!” fece, ancora tutta accelerata.
“Potresti stopparti e farti fare gli auguri ora, cortesemente?” chiese, divertita, avvicinandosi.
“Oh, sì, ma certo!” sorrise lei, abbracciandola e sollevandola leggermente.




 
“Sono sicura che tu stia barando” borbottò, osservando il telecomando della Wii.
“Non sto barando!” mi difesi, indignata, facendo un altro tiro, centrando la buca.
“Lo vedi?! Non è possibile!”
“Sai, San” iniziò mia madre, entrando nel salotto con un paio di salatini in mano “Pensavo anch’io barasse, all’inizio”
“E poi?” chiese, interessata, scostando l’attenzione dallo schermo.
“Poi mi sono alzata nel bel mezzo della notte e l’ho vista giocare, ancora allo stesso gioco, da… credo fossero 5 ore” sospirò, rassegnata.
“E’ che è una frana” spiegò, poi, Mary G.
“Gollum” la richiamai, senza spostare lo sguardo dalla tv.
“Cerca di battermi a golf da una vita, ormai, quindi si allena costantemente” chiarì, osservandoci a testa in giù, dalla poltrona.
“Ho provato anch’io a giocare con loro, tempo fa” fece, poi, mio padre “Ho passato quasi tutto il pomeriggio a vederle giocare, visto che non sbagliavano uno stramaledetto tiro” commentò, scuotendo la testa “E non mi fecero vincere, eh!” chiarì, poi “Il fatto che sia loro padre non conta mica”
“E’ così che cerchi di educarci, padre?” fece, MG, in tono teatrale “Spingendoci a barare e occultare la verità?”
“Bel punto, Gollum” mi congratulai, lanciando un altro tiro.
“Non rigirate la frittata, figlie” si lamentò, scuotendo la testa.
“Tocca a te, San!” feci, alla fine del mio turno.
“Oh, no, grazie, ne ho abbastanza!” alzò subito le mani “Tanto ormai hai vinto” commentò, divertita, slacciandosi il gancetto dal polso.
“Che fai?” le chiesi, contrariata.
“Poso il telecomando?” fece, retorica, con un sopracciglio alzato.
“Non puoi! Dobbiamo ancora giocare ad andare in canoa, non ci sei mai andata!”




 
Aspettammo l’arrivo di Quinn e Rachel, spostandoci tutti in salotto, seduti sui divani a sgranocchiare salatini.

“Bene!” esclamò mia madre “Direi che è arrivato il momento della torta”
“Torta? Britt!” mi richiamò Santana, contrariata, dandomi un pizzico sul fianco.
“AHI! E’ solo una torta innocua” mi difesi, bloccandole la mano, con un sorriso.
“Che ho realizzato io” aggiunse MaryG “E la tua ragazza stava scambiando lo zucchero per il sale” precisò, lanciandomi un’occhiataccia.
“Schifo” commentò sottovoce Rachel.
“Per non parlare del fatto che voleva metterci sopra del rosmarin-“ la interruppi, provvedendo ad imbavagliarle la bocca con la sciarpa più vicina.
“Rosmarino, eh?” chiese, divertita, Santana.
“La ricetta di Rosemary, intendeva” inventai, guardando il nulla in aria.
“Certo, ovviamente”
“Eccoci qui!” annunciò mia madre, entrando nuovamente in salotto, con tutte le candeline accese.
 
Ops.
Mi ero dimenticata di dirle niente candeline.
Né tanti auguri a te, che, ovviamente, mamma era partita in quarta a cantare.
Fantastico!
 
Mi aspettavo Santana si arrabbiasse leggermente.
Si limitò, invece, a scuotere la testa divertita, lasciandomi un’occhiataccia non così micidiale, mentre tutti prendevano a cantare seguendo mamma.
Quinn si divertì un mondo a lanciarle degli sguardi divertiti, osservando Santana muoversi imbarazzata sul posto.

“Esprimi un desiderio” le bisbigliai all’orecchio, alla fine della canzoncina.
 
Mi guardò intensamente negli occhi, come se mi stesse studiando.
Era uno di quegli sguardi profondi che mi rivolgeva quando c’era qualcosa di importante in ballo.
Ma sorrise, infine, spegnendole tutte.
 
“E ora il regalo!” annunciò, subito, mia madre.
“Ancora?” chiese, allibita, Santana.
“Ovviamente” spiegò Quinn, passando un braccio attorno alla vita di Rachel.
“Ma-“
“Ecco qui!” esclamò mamma, porgendole uno scatolo “E’ da parte di tutti i presenti, esclusa Brittany.” Spiegò.
“Già” concordò MaryG “Lei non la contare, è una ragazza degenerata”
“Gollum!” la richiamai, con uno scappellotto.

Santana sorrise divertita, scartando velocemente il regalo.
Le sue labbra si aprirono ben presto in una 'o' entusiasta.
 
“Oh Dio, grazie!” esclamò, osservando il contenuto.
“Avevi davvero bisogno di una radio tecnologica in quel catorcio di macchina che ti ritrovi!” fece Quinn, con un’espressione disgustata.
“Ehi! Non insultare il mio veicolo scintillante” si difese subito, arrabbiata.
“Ahà… scintillante, certo”
“Beh, direi che siete arrivate a… a quanto siete arrivate?” chiese, interessata, MaryG.
“Con la radio che non aveva mai avuto, a  meno 2!” risposi, allegra, osservando Santana rigirarsi fra le mani il regalo con uno sguardo contento. “Pà, puoi andare a montarla in macchina?” chiesi, poi, avvicinandomi al lettore DVD.
“Certo! Così nel frattempo voi arrivate a meno 1” commentò, divertito, alzandosi.
“Quale sarebbe questo penultimo ‘non ho mai’?” chiese, ridendo, la mia ispanica, porgendo la radio.
“Non hai mai visto Mulan, San. E’ uno scandalo”




 
“Quindi è casa mia l’ultima tappa, eh?” chiese, aprendo la porta dell’ingresso.
“Già!”
“C’entra mia madre?” fece, tranquilla.
“Anche” le sorrisi, prendendola per mano.
“Sai che sta meglio?” chiese, poi, contenta “Non ha crisi da l’altro ieri”
“Lo so” le schioccai un bacio sulle labbra “Sta combattendo” la rassicurai, mentre ci avvicinavamo alla porta della camera della signora Lopez.
“Solo una domanda prima di entrare” si fermò, guardandomi sospettosa.
“Qual è quest’ultimo ‘non ho mai’?”
“Eh! Ora vuoi sapere troppo, Sannie” scherzai, sollevando le sopracciglia “Lo vedrai!”
 
Bussammo alla porta, sentendo subito un flebile ‘Entrate’ dall’interno.
Non appena mise piede nella stanza, il volto di Santana passò attraverso varie emozioni.
Sorpresa, gioia, commozione.

La stanza era avvolta nella penombra.
La madre, poi, era seduta sul letto, come difficilmente accadeva a causa delle crisi.
In mano una torta con un piccolo panda di zucchero al centro e diciotto candeline accese.
Clara le era a fianco, tranquilla e felice.
 
“Tanti auguri, mi amor”
“Mamma!” esclamò Santana avvicinandosi, incredula.
“Esprimi un desiderio, mija” la esortò, sorridente.
 
Dopo un primo momento di pausa, osservando per bene la scena, fece come le era stato detto.
Chiuse gli occhi, per pochi secondi.
Li riaprì, poi, spegnendo tutte le candeline, sorridendo.
 
“Sai” iniziò la madre prendendo un profondo respiro “E’ stata Britt a fare la torta” commentò, osservandola. “Mi piace il panda”
“Sì?” ridacchiò Santana.
“Molto sì, ho sempre saputo di aver cresciuto un piccolo cucciolo di panda” rise, piano, affidando la torta a Clara, che iniziò a tagliarla “E ora fatti abbracciare da questo rottame di madre che ti ritrovi” aggiunse, allargando le braccia, mentre Santana si avvicinava commossa.
 
“Sono così fiera di te, Sannie” le bisbigliò all’orecchio.
 
Notai la presa della mia ispanica farsi più stretta attorno a lei.
Probabilmente stava combattendo contro sé stessa per non piangere.
 
“Ti voglio bene” si limitò a rispondere, con voce incrinata, mentre la signora Lopez, da sopra la spalla della figlia mi lanciava un’occhiata di intesa.
“E ora” iniziò, staccandosi lentamente dall’abbraccio, faticando un po’ a rimanere seduta “Arriviamo all’ultimo ‘non ho mai’”
“Anche tu sai di questa storia?” chiese divertita l’altra, ancora con gli occhi lucidi.
“Ovviamente, mi amor” le sorrise, prendendo un profondo respiro, data la stanchezza “E’ un regalo da parte mia e di Brittany” fece, indicando con un cenno del capo l’uscio della porta, sul quale io mi ero posizionata, con in braccio il nostro regalo per lei.
“Non ci credo” commentò, incredula, osservando il piccolo batuffolo di pelo fra le mie braccia.
“Non hai mai avuto un cane, Sannie” iniziò la mamma, con un sorriso.
“Era ora di rimediare” conclusi io sorridente, porgendole il cucciolo di akita inu, che le avevamo preso.




 
“Sai, dovresti scegliere un nome” commentai, accarezzando il cagnolino appallottolato sulla pancia di Santana, distesa sul letto.
“Qualche idea?” chiese, divertita.
“Pensavo Pandadog, onestamente” dissi, facendola scoppiare a ridere “Che ridi?! E’ un bel nome!”
“E un bel casino quando dovrei chiamarlo!” ribattè, sorridente.
“Mh.. in effetti…” acconsentii pensierosa “Sbattufolo? Scricciolo? Struttolo? Scarabaffolo?” provai a raffica, ottenendo solo grosse e grasse risate dalla ragazza al mio fianco.
“Scarabaffalo, Britt?” domandò, faticando a reprimere le risate.
“Almeno sapresti per certo che è l’unico ad avere un nome del genere”
“Sicuro!”
“Va bene, ho capito, non ti piace” borbottai “Allora, potresti aspettare e…”
“Dagli un nome che si confaccia al suo carattere?” chiese, divertita.
“Esatto!” concordai “Potresti sorprenderlo ad usare il water e, così, lo chiameresti Toiletto… o Wcdog… o-“
“Afferrato” rise, interrompendo il mio sproloquio. “Sai…” iniziò, dopo un paio di minuti di silenzio, girandosi leggermente verso di me, stando attenta a non svegliare il cagnolino, ormai addormentato su di lei.
“Cosa?”
“E’ stato il miglior compleanno che abbia mai vissuto” commentò, con un piccolo sorriso.
“Dillo che hai una ragazza eccezionale” gongolai, sollevando le sopracciglia.
“Eccezionale e davvero molto modesta, come al solito” aggiunse, allungandosi per baciarmi.
 
Ci staccammo dopo un po’, mantenendo le fronti a contatto.
 
“C’è una cosa però…” iniziò, scostando lo sguardo da me.
“Tipo cosa?”
“Un ‘non ho mai’, che non potresti mai eliminare dalla mia lista personale”
“Mh…” feci, interessata “Proviamo!”
“No, fidati” ridacchiò “Non puoi, nessuno potrebbe mai” sorrise, accarezzando il pelo del batuffolino.
“Cos’è?” chiesi, incuriosita.
“Non ho mai…” iniziò prendendo un respiro “Né, tanto meno, potrò mai” continuò, spostando lo sguardo nel mio “Amare qualcuno come amo te.”






Tetraedro dell'Autrice

Boooontade divina che parto!
Credo sia stato uno dei più lunghi mai scritti questo capitolo, ma... niente, mi ero incapata con questa idea dei 18 non ho mai e quindi dovevo seguire la mia follia!

Ora, ho scoperto che non ho la minima idea di come inserire le immagini sulla fanfic, quindi! per questo capitolo mi limito a linkare... nel frattempo mi documento e rimedio nei prossimi!

Dunque!
Prima di tutto la copertina che ha realizzato kathy lightning per ELF! *O*
Ancora una volta millemila grazie! C:
https://twitter.com/i/#!/_jeffer3/media/slideshow?url=pic.twitter.com%2F49LY2YZB

Secondariamente (?), la razza di cane in questione
http://treviso.olx.it/splendidi-cuccioli-akita-inu-iid-8996457
(è ovviamente un link che ho preso a casaccio, nessuna pubblicità occulta qui! u.u)

E, dulcis in fundo, un GRAZIE megagalattico per tutti voi! *-*
A presto, bella gente! :DD
 
 
  
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