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Autore: likebloodinmyveins    15/12/2012    2 recensioni
Questa è una storia che parla di Edison, la protagonista che tenta di uccidersi perchè si crede un fallimento, e proprio quando starà per uccidersi la sua migliore amica si sacrificherà per salvarla e poi l'amore della sua vita la porterà sulla retta via.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sera calava velocemente sul mare, il sole si accingeva a sprofondare in quell'acqua cristallina, pronto a nascondersi nei suoi abissi fino al suo nuovo risorgimento, per illuminare quel triste mondo ancora una volta. 
Una ragazza dai lunghi capelli neri ammirava il panorama dall'alto di una scogliera con occhi incantati. Ai piedi della scogliera l'acqua si agitava formando delle piccole onde, che s’infrangevano sugli scogli, ricordando il dolce rumore dello sciabordio di una nave in lontananza. L'odore del salmastro le riempiva i polmoni e la inebriava.
Si portò una mano al collo e la fece scorrere lungo la scollatura della camicia nera, fino a trovare il ciondolo della collana, un piccolo delfino azzurro spiccava sulla sua pelle pallida. Togliendosi il cordino nero e posandolo su uno scoglio si ricordò improvvisamente del perché amasse tanto quella distesa enorme d'acqua. Quello era il posto in cui era nata e cresciuta, forse dove sarebbe anche morta. 
Intorno a lei tutto era calmo e rilassante, le montagne lontane si alzavano silenziose e prepotenti, scure nella nebbia fitta. Era il momento giusto per farla finita, sarebbe morta nel buio, esattamente come aveva vissuto per sedici lunghi anni. Aveva vissuto senza che gli altri si accorgessero di lei e potessero entrare in contatto con lei, poche persone erano entrate nel suo cuore e lei non era certamente nei pensieri di nessuno. La sua era una vita inutile e vivere così per lei era inaccettabile, preferiva rimanere inerte sul fondo del mare, la sua vera casa. Era pronta, non aveva né rimpianti, né rimorsi.
Prese un bel respiro e chiuse gli occhi, ma un rumore di passi e delle urla la fermarono e la spaventarono. Una sagoma avvolta nella foschia avanzò verso di lei frettolosamente e respirando a fatica. 
La ragazza dai capelli neri la guardò perplessa e allargando le braccia le chiese scocciata: " Che vuoi? Che sei venuta a fare?". 
L'amica si stava avvicinando sempre di più, era allarmata " Che cosa pensi di risolvere?".
Nella mente dell'altra ragazza affiorarono insistenti delle immagini. Si rivide mentre saliva la ripida scogliera. Per arrivare fin lassù aveva impiegato parecchio tempo patendo molto freddo e dolore. Il suo sguardo corse alla manica strappata della camicia e al taglio che si era procurata inciampando, dalla ferita usciva un filo di sangue e le bruciava, faceva male, ma la faceva sentire quasi viva e le faceva capire che non le importava di esserlo se tanto per le persone era invisibile, inesistente. Era giunta fin lì con uno scopo ben preciso e adesso era più decisa che mai. 
Fissò l'amica, l'unica amica che avesse mai avuto, ma dubitava che il bene che lei le voleva fosse contraccambiato e si credeva solo un peso per quella povera dolce e amabile ragazza. Le disse con voce cupa: " Non risolvo niente, semplicemente correggo un errore".
Dagli occhi dell'amica uscirono impetuose lacrime: " Tu non sei per niente un errore. Tu sei un progetto divino, un angelo mandato dal cielo". Quella frase arrivò dritta al cuore della ragazza, che ebbe un sussulto, ma sapeva che le stava mentendo. 
-Forse- ipotizzò la ragazza -è stata mandata dai miei genitori, che rientrando a casa dal lavoro, hanno visto il foglio che ho lasciato sul tavolo- in quel foglio lei aveva lasciato scritto ciò che aveva intenzione di fare, ovviamente aggiungendo anche il luogo e l'orario in cui lei avrebbe posto fine alla sua esistenza, così, solo per dare quel tocco in più di drammaticità che alla sua vita mancava.
-Hanno mandato Betty perché si sentono in colpa- Pensò Edison -Non sono mai stati bravi genitori e adesso che sanno che voglio suicidarmi mi mandano la mia amica per convincermi a tornare a casa, vogliono colmare i miei vuoti e nemmeno sanno che sono anni che soffro- disse la ragazza sottovoce senza pretendere che l'amica la udisse e poi aggiunse con tono sfida "e per colpa loro, dopotutto".
L'amica la fissò spiazzata, non aveva capito ciò che Edison le stava dicendo e la guardò ancora più preoccupata, le parole le si bloccarono in gola e dalla sua bocca uscì solo aria.
-L'avranno pagata, come minimo, è impensabile che qualcuno possa venire anche soltanto a trovarmi, figuriamoci a salvarmi di sua spontanea volontà- congetturò ancora la ragazza piena di livore, aveva capito il trucco e non avrebbe ceduto. 
" Lasciami stare, non è affare tuo" 
" Tutto ciò che ti riguarda è affare mio, non ti buttare, pensaci, fallo per me". 
" Ma quanto sei falsa, smettila, vai a casa a scrivere su Facebook che non sei riuscita a salvare la tua 'amica' nonostante i tuoi sforzi di buon angelo custode" disse << amica >> simulando in aria delle virgolette.
" Non sai né quello che stai facendo, né quello che stai dicendo!!"
Adesso la stava scocciando veramente, Edison le si avvicinò a passo felpato e a denti stretti le consigliò di tacere e farsi da parte.
La ragazza tenacemente le ripeté per un paio di volte di smetterla di fare scenate, perché tanto il suicidio non era la via giusta, se i problemi c'erano andavano affrontati da persone mature e non uccidendosi, come facevano i codardi.
Ma ormai era troppo tardi, la decisione era stata presa, forse troppo alla svelta, ma era comunque la sua scelta. Si rispecchiò nell'acqua e fissò rapita il suo riflesso mentre il mare la richiamava a sé. 
L'amica incredula in un impeto di rabbia prese tutto il coraggio che aveva in corpo e si lanciò sulla ragazza, scagliandola lontano e precipitando nel vuoto. Poi giù nel fondo buio del mare, seppellita dalla sabbia mossa dalle onde che la nascosero alla vista dell'amica che carponi si affacciò e guardò in basso. 
Non riusciva a comprendere ciò che era successo. Sentì delle grida rimbombarle in testa, udì uno schianto nell'acqua e dopo il vuoto. La quiete più assoluta. Chiamò Betty a pieni polmoni, ma quella ragazza non poteva più risponderle, Edison incapace di realizzare quello che era accaduto si alzò in piedi pronta a raggiungere l’amica.
Nel buio un braccio la afferrò bloccandola e una voce maschile riecheggiò nell'oscurità: ” Edison, non vedi che non serve a niente, stai annientando te stessa e chi ti vuole bene, smetti per una volta di essere egoista, pensa a chi non potrebbe fare a meno di te”.
La ragazza si girò confusa e vide illuminato dall'argentea luce emanata dalla luna il viso del ragazzo che l’aveva fermata, le loro bocche erano distanti pochi centimetri, i loro occhi si scrutavano insidiosi.
“ Philip, che ci fai qui?”. 
Il ragazzo con un sorriso malizioso rispose portandosi una mano ai capelli come a fingere imbarazzo: ” Eh, beh, venivo a salvare la mia ragazza”. 
Edison lo guardò perplessa e dimenticandosi per un attimo di Betty esanime sul fondo del mare disse: ” Vai a prendere per il culo qualcun altro!”. 
Il ragazzo aveva già immaginato una reazione del genere e le dichiarò il suo amore: ” Ti ho sempre vista di sfuggita. Tu sei come un piccolo particolare di un quadro che va colto o altrimenti il dipinto risulta incompleto, ecco, tu sei quella parte di me. Vorrei averti conosciuta prima. Tu non te ne sei mai accorta, ma hai cambiato la mia vita profondamente e tutte quelle volte che ti ho seguita in silenzio era per non perderti mai, era per assaggiare ogni singolo lato di te. Tu mi sei entrata nel cuore fin dal primo sguardo che ci siamo scambiati. Tu non sei per nulla inutile, tu non ti accorgi di niente, ti lasci scorrere il mondo addosso ignara del valore che hai. Tu sei importante per me come per altre mille persone, e Betty ne è una prova, lei non è stata pagata, come so che te pensi, lei si è sacrificata per una persona che era tutta la sua vita, per te che non sapevi vederti allo specchio senza immaginarti morta. Era lei che si sentiva inutile quando era con te e tu la guardavi con quello sguardo dolce e triste e lei impotente non poteva far altro che sentire le tue paranoie mentre avrebbe voluto che anche tu ti rendessi conto di tutto ciò che gli altri vedono, cioè che sei speciale”.
Non riusciva a capire come facesse a sapere ciò che aveva intenzione di fare, e a conoscere, addirittura, i suoi pensieri più intimi.
Poi tutte quelle parole...
Per la prima volta nella sua vita i suoi occhi s’inumidirono e delle lacrime calde scesero a fiotti. Ora si sentiva più inutile che mai, inutile e assassina. 
Guardando il ragazzo si commosse e Philip tirando fuori un fazzoletto le asciugò premurosamente quelle lacrime che gli facevano male come cento coltellate nella schiena. In un gesto involontario, preso dalla passione del momento Philip poggiò la sua bocca sul quella della ragazza, imprimendole un delicatissimo bacio. Poi come se niente fosse, non potendo fare a meno di prestarle mille attenzioni le consigliò di togliersi le scarpe e la camicia bagnate, porgendole il suo giacchetto e rimanendo in felpa. 
Edison, distrutta dal dolore, si fece guidare dal ragazzo attraverso il percorso che aveva intrapreso per giungere fin là, scesero con accortezza gli scogli e raggiunsero la spiaggia per la quale Edison era passata ed era giunta sino alla scogliera, si sdraiarono stanchi sulla sabbia soffice ammirando le stelle che illuminavano di una luce pallida la terra sottostante.
Lui la abbracciò e lei tra le sue braccia si lasciò assalire dalla fatica e dal dolore. Affranta pianse maledicendosi per tutto ciò che aveva fatto di stupido nella sua vita. 
Il ragazzo la cingeva forte, non l’avrebbe lasciata per nessun motivo al mondo. 
Edison cadendo in un sonno profondo sognò l'amica.
La vide mentre cadeva nel vuoto al posto suo.
Il rumore di uno schianto nell'acqua nell'atmosfera, dopo il silenzio, poi nient'altro, solo lei, il paesaggio e il dolore.
   
 
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